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Cap 12 - Il discorso di Aristofane, parte prima




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Platone, Il Simposio
Il discorso di Aristofane

Le unità individuali erano composte da quelli che oggi sono due uomini, due donne o, nel caso degli androgini, di un uomo e una donna.
Erano straordinariamente vigorosi e superbi, al punto da attaccare gli Dei.
"Che fare di loro?" - si chiese Zeus.
Zeus cominciò a tagliare, chiedendo ad Apollo di girare il volto di ciascuna metà dalla parte del taglio e di ricucirne la pelle a formare l'ombelico, in modo che la sua punizione le fosse sempre sotto gli occhi.
Le metà, però, cercavano disperatamente di ritornare intere tentando di ricongiungersi con l'altra parte, fino a morirne.


10/11 settembre 2023

Terminata la gita in barca, rientro a casa non di ottimo umore.

Se da una parte sono sollevata dal fatto che il buon Garcìa non abbia sospettato nulla, dall'altra ho i coglioni parecchio girati per i comportamenti sempre più ambigui di Anderson. Per quanto affascinante e performante possa essere, non ho intenzione di elemosinare le sue attenzioni e, tantomeno, una scopata.

Mi sembrava decisamente più divertente frequentarlo al Velvet: maschera indossata, regole chiare e prestabilite e, cosa più importante, nessuna rottura di palle. 

Mentre traggo queste mie considerazioni, mi lascio cadere sul divano del mio monolocale. Avrei voglia di chiamare Mare, ma la malefica cugina è ancora in circolazione. Temo che, stasera, il mio livello di sopportazione e tolleranza non sarebbe sufficiente a sopportarla.

Allungo un braccio per prendere il telecomando, accendo la televisione e spero di godermi un po' di sana e meritata tranquillità. Speranza che dura giusto la frazione di qualche secondo.

Lo schermo del mio cellulare si illumina e vedo comparire uno degli ultimi numeri che desidererei vedere: quello di mio padre.

Inizialmente, penso di non rispondere. Stasera, ripeto, non mi sento particolarmente paziente. Tuttavia, nonostante la tentazione di ignorare la chiamata sia altissima, il mio solito senso di responsabilità bussa alla porta della mia testolina, causando un repentino cambio di pensiero e posizione. Del resto, è pur sempre mio padre. E, per quanto stronzo possa essere, se dovesse aver davvero bisogno di me... Conoscendomi, non me lo perdonerei mai.

«Dimmi, papà.»

«Ciao Robbie. Come stai? Mi fa piacere sentirti. È un po che...» non sa come continuare la frase. Un classico.

«Già. Io sto bene, tu come stai? Di cosa hai bisogno?»

«Non mi lamento, direi tutto bene.»

Seguono alcuni secondi di silenzio, spezzati da quelli che sembrerebbero alcuni suoi sospiri.

«Non mi serve nulla, Robbie. Chiamavo per sentirti. Come è andato l'inizio delle lezioni?»

Benissimo, papà. Pensa che coincidenza: il mio professore di Filosofia è l'uomo con cui pratico bondage in un club notturno. Club che ho iniziato a freqneuntare dal momento in cui, soprattutto grazie al tuo bellissimo, ho completamente perso fiducia nell'amore e nelle relazioni sane. Non ti sembra incredibile?!

«Bene, l'Università è parecchio figa e le lezioni mi sembrano molto interessanti.»

Soprattutto i professori, ma questo è un dettaglio.

«Mi fa piacere. Sei sempre stata portata per le lingue...»

«Mi sono iscritta a Filosofia, papà.» mi sorprendo a rispondere senza nemmeno rimanerci male. Brava Robbie, stai finalmente imparando.

«Giusto, giusto. Gli anni avanzano anche per me, Robbie. E la mia memoria gioca brutti scherzi.»

Ruoto gli occhi verso il soffitto e fingo di bermi allegramente quesa ennesima stronzata.

«Senti, volevo chiederti...»

Eccoci, ci siamo. Sentiamo.

«Domani sera è il compleanno di Victoria...»

No, no. Non può essere. Non può chiedermelo davvero.

«Cosa ne dici di venire a cena da noi?»

E invece può eccome. Lo ha appena fatto.

«Non penso sia una buona idea, onestamente...»

«Robbie, so bene che i rapporti tra di voi sono sempre stati tesi. Ma ormai sono passati tanti anni. Perché non provi a darle una possibilità? Per me sarebbe importante.»

Oh, per lui sarebbe importante. Per me, invece, sarebbe stato importante poter cenare con mio padre durante tutta la mia adolescena, al posto di essere relegata in un'altra stanza. Pensa un po'.

Tuttavia, forse a causa di un mio subconscio bisogno di affetto, rispondo:

«Ci penserò su.»

«Ti aspettiamo alle 8.00 p.m. Non immagini quanto ne sia felice.»

E lui non immagina quanto vorrei dirgli che sia riuscito a rovinarmi la serata.

Riaggancio e faccio un respiro profondo, abbandonandomi completamente sul divano. Resto a fissare il soffitto per qualche minuto, ferma immobile, sbattendo a mala pena le palpebre. Per un istante, ho la sensazione di non star pensando a nulla. So benissimo che è impossibile restare senza pensieri, dal momento che pensiamo addirittura durante il sonno. Eppure, la sensazione è esattamente questa. Non sono felice, ma non sono nemmeno arrabbiata o triste. Non capisco quello che provo, non so nemmeno se provo qualcosa.

So solo di essere io, so solo di essere qui. E so di essere da sola.

Con questa amara consapevolezza, sento le palpebre sempre più pesanti. Chiudo gli occhi e, come nei peggior film strappalacrime, mi addormento sul divano, saltando la cena, sola con me stessa.


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Da: ANDERS ANDERSON
A: ROBBIE CLARK
Data: 11 settembre 2024, ore 06.50
Oggetto: Urgente 

Buongiorno signorina Clark, gradirei che ci vedessimo nel mio ufficio prima dell'inizio della lezione di questa mattina. La prego di arrivare il prima possibile.
A presto.

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Leggo questa mail di fronte a una tazza di caffè bollente. Tra un sorso e l'altro ridacchio e penso a quanto possa essere pervertito un uomo che, già alle prime luci dell'alba, pensa a mandare simili mail alle sue studentesse.
In questa circostanza, devo ammetterlo: lo adoro.



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Da: ROBBIE CLARK
A: ANDERS ANDERSON
Data: 11 settembre 2024, ore 06.57
Oggetto: Urgente 

Buongiorno professore, immagino che abbia trascorso una notte tranquilla. Farò il possibile per essere da lei, ma non garantisco.

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La temperatura esterna non è altissima e il clima non è dei migliori, ma decido di fragarmene: indosso una miniskirt blu, non troppo aderente ma decisamente inguinale e una camicetta di seta semitrasparente. Ai piedi porto delle ballerine di cuoio nere. 

Cerco di enfatizzare il trucco degli occhi più del solito e forse più del dovuto, passando e ripassando il mascara più e più volte. Spero di ottenere uno sguardo magnetico e sensuale.

Chiamo un uber, scendo di fronte all'ingresso di Harvard e mi dirigo, di nuovo, verso l'ufficio di Anders Anderson.

«Posso?»

«Buongiorno, signorina Clark. Prego, si accomodi».

Anderson è seduto al di là della scrivania. Indossa una camicia nera e dei pantaloni eleganti, anch'essi neri. Il total black fa risaltare i suoi occhi color smeraldo ed i suoi capelli biondo cenere, mentre i bottoni della camicia leggermente sbottonati enfatizzano i suoi pettorali definiti. Quest'uomo sembra non essere reale. Dio mio, mi fa letteralmente impazzire.

«A cosa devo questo spiacevole ritardo?» sebbene riconosca che sia una battuta, il suo tono e la sua sua espressione non la fanno percepire pienamente come tale.

«Sono stata indecisa fino all'ultimo secondo, professore.» lo provoco.

Anderson si acciglia e i suoi occhi assumono un'espressione a metà tra lo stupore e la preoccupazione.

«Davvero?» domanda inarcando un sopraciglio.

«No.» scuoto la testa provando un leggero disagio «Ho fatto tardi per via del traffico, professore. Ha intenzione di punirmi?»

Le sue labbra si piegano accennando un sorriso quasi sadico.

«Potrebbe essere un'ottima idea, signorina Clark. Ma mi dica... Oggi come si sente? Dominatrice o sottomessa?» si alza dalla poltrona, mantenendo le mani appoggiate sul ripiano della scrivania, e lentamente si avvicina a me. I nostri volti sono a pochi centimentri di distanza.

«Non saprei. Qui non siamo al Velvet. Non ci sono le carte.» le mie labbra si socchiudono e si avvicinano sempre di più alle sue.

«Sono molto indecisa. Si potrebbe fare un mix, cosa ne dice?»

«Non penso proprio, signorina Clark...» percepisco il suo respiro sempre più affannoso «Può scegliere di interpretare la parte che più la aggrada, ma deve esprimersi chiaramente e poi attenersi. Per tutta la durata dell'incontro. Intesi?» con il braccio destro mi cinge la vita e mi attira a sé. La mia vocina interiore è in estasi.

«Non hai mai fatto sesso senza regole?» sussurro al suo orecchio mentre stampo qualche bacio sul collo.

«Lei fa troppe domande, signorina Clark, quando invece dovrebbe darmi solo una risposta.» sibila lui al mio orecchio.

Con impeto, improvvisamente, sposta le mani dai miei fianchi e con un sorriso beffardo esclama: «Molto bene. Sarò io a decidere.»

Lo vedo tornare verso la scrivania, frugare nella sua cartella in pelle nera ed estrarre qualcosa. Non sto più nella pelle.

«Cosa sono?» allungo il collo cercando di capire cosa stringe tra le mani.

«Due sfere vaginali, Robbie. Le hai mai usate?»

Il fatto che si rivolga a me dandomi sia del lei che del tu, ad alternanza, mi scombussola sempre.

Ora che si riavvicina a me, riesco a vederle chiaramente: due palline rosse metallizzate, lucide e di dimensioni non eccessive.

«Sì.» deglutisco, in preda all'eccitazione.

«Al Velvet

Annuisco.

«Solo al Velvet

Annuisco di nuovo. Anderson ridacchia.

«Cosa c'è?» domando ridacchiando a mia volta.

«Ci credo che le tue relazioni passate sono finite male. Cosa facevano i tuoi fidanzati? Sesso alla missonaria una sera sì e una no?» sembra divertito e incuriosito al tempo stesso.

«Non sarà geloso, professore...»

«E di chi? Di uno che non ha mai visto queste?» inarca una sopraciglio e il sorriso divertito si trasforma in sorriso beffardo.

«Magari aveva altre doti. Magari mi faceva impazzire.» sbatto le lunghe ciglia usando il tono di voce più provocatorio possibile.

«Devo usare tutto il mio autocontrollo per non scoparti su questa scrivania seduta stante, solo per mostrarti che in questo momento sei mia.» ringhia.

La mia vocina interiore raggiunge l'apice. E anche la mia voce reale: «Fallo, ti supplico.» mormoro sedendondomi sulla scrivania e avvolgendo le gambe attorno a lui.

«No. Voglio che tu metta queste.» mi porge le due sferette rosso fuoco.

Obbedisco senza ulteriori indugi.

«Mi sembra tu non abbia fatto la minima fatica.» osserva Anderson. Poi, allungando le braccia attorno alla mia vita, aggiunge:

«Ho una curiosità, signorina Clark.» ecco che riprende a darmi del lei.

«Questa è una sua particolarità, una sua dote innata, o almeno in parte è merito mio?» accompagna il suo quesito ad un morso al mio labbro inferiore.

«Non saprei, professore. Qual è la sua teoria? È lei il filosofo qui.»

«La sua risposta non mi è piaciuta affatto.» mi volta con foga appoggiandosi al mio fondoschiena.

«Anche lei mi sembra decisamente pronto, professore.» sorrido sentendo il suo membro vigoroso poggiarsi tra le pieghe della mia miniskirt.

«Questo sempre.» sussurra orgoglioso al mio orecchio.

«Quindi sta dicendo che non è particolarmete merito mio?»

Tenendomi stretta per i fianchi, mi volta di nuovo verso di sé, in modo da guardarmi intensamente negli occhi.

«Come le ho già detto, signorina Clark, lei fa troppe domande.» tenta di assumere un tono e un'espressione seria ma un leggero inarcamento del labbro superiore lo tradisce.

«Sto aspettando con ansia la punizione.» fremo.

«Benissimo. Ci vediamo a lezione.» infila la sua lingua accarezzando dolcemente la mia, preannunciando quello che ha tutta l'aria di essere un saluto.

Che cosa?! Sta scherzando?

«Cosa?!» mi sfugge un tono simile a quello di una supplica.

«Oggi a lezione analizzeremo il Discorso di Aristofane. Ricorda?!

E adesso cosa diavola c'entra?

Resto in silenzio, fissandolo con sguardo allibito.

«Ricorda la leggenda secondo cui Zeus tagliò l'essere intero e invicibile in due metà, ricavando così sia l'uomo che la donna?»

Continuo a non rispondere, sconcertata e piuttosto innervosita. 

«Ricorda cosa facevano, una volta divise e create, le due metà?»

Persevero nel non rispondere ma, a differenza del precedente interrogativo, non conosco realemente questa risposta. Cosa facevano le due metà?

«Lo ricorda?» insiste lui mentre inizia a sistemare i suoi libri.

«Non ricordo.» rispondo secca e sincera io. «Ma che importa ora?!» mi lamento.

Improvvisamente e incosciamente, mi viene quasi da ridere e mi rendo conto del paradosso: la situazione mi sembra talmente assurda che la trovo a tratti divertente.

«Le due metà erano disperate, signorina Clark. E cercavano in tutti i modi possibili di ricongiungersi.»

«Per l'esattezza», continua, «Le metà cercavano disperatamente di ritornare intere tentando di ricongiungersi con l'altra parte, fino a morirne.»

Ok, il fatto che sia così colto e intelligente è dannatamente stimolante per me. Ma tutto questo mi sembra un preliminare infinito! Quando ha intenzione di arrivare al dunque? Perché ha intenzione di arrivare al dunque, vero?!

«E noi saremmo le due metà?» domando spalancando la bocca.

«Sì.» asserisce serio e fermo lui.

«Ci vediamo a lezione.» ripete tranquillamente lui, infilandosi una giacca, anch'essa nera, appoggiata sopra ad un appendiabiti che non avevo notato.

«Ma mi hai appena fatto inserire le sfere vaginali!» sbotto sgranando gli occhi.

«Appunto.» risponde secco ma visibilmente eccitato lui.

Non può farmi questo.

«Il nostro scopo dovrebbe essere il piacere. Questa è una tortura!» protesto esasperata, anche se leggermente divertita ed eccitata.

«E la tortura non può essere piacevole?» solleva un sopraciglio lui. «Se i suoi pensieri sono questi, signorina Clark, mi stupisco del perché frequenti il Velvet

Nonostante i miei occhi supplichino pietà, le mie corde vocali non riescono ad emettere alcun suono sensato. Mi limito a sbuffare, consapevole di risultare una bambina imbronciata.

   Anderson, mentre si sforza di non sorridere, apre la porta del suo maledetto ufficio:

«Dopo di lei, signorina Clark.»

Alzando gli occhi al cielo lascio la stanza. D'altronde, non ho altra scelta.

«Ripeto, ci vediamo a lezione.» questa volta scoppia a ridere.

«A dopo, professore.» borbotto senza rivolgergli nessuno sguardo e nessun sorriso.

Forse cinque anni con Anders Anderson non mi faranno uscire di testa, mi faranno proprio abbandonare gli studi.


SPAZIO AUTRICE 🖊️

Ciao bellissimi e bellissime! Ieri, post sondaggio instagram, vi ho ascoltati! 😂❤️

Non saprei che domande farvi... Sono seriamente preoccupata della mia satbilità mentale per aver creato un protagonista simile ad Anders Anderson ahahah

Un abbraccio grande grande!
Azzurra

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