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Capitolo 7.

Salvatore

L'ennesima notte insonne passata a vagare fra i ricordi che vorrei tornassero, odiavo le giornate così.

Per quanto mi sforzassi non riuscivo a lasciarmi il passato alle spalle, per me era una costante sempre presente.

Non ebbi nemmeno bisogno di spegnere la sveglia quel giorno, visto che non avevo chiuso occhio.

Sospirai e mandai un messaggio a Sara chiedendole se potevamo trovarci nel bar davanti scuola, ovviamente sapevo già che mi avrebbe detto di sì.

Portai le mani dietro al cuscino intenzionato a rimanere a letto ancora qualche minuto, nel fare quell'azione sentii l'oggetto incriminato.

Quello che continuava a farmi ricordare ogni singolo dettaglio.

Lo presi fra le mani, quell'album di foto maledetto.
Lo guardavo con rabbia, sapevo che non mi aiutava e non riuscivo a farne a meno.

Lo lanciai facendolo sbattere contro la porta, avrei voluto distruggerlo.

Mi alzai dal letto, finalmente, e andai a farmi una doccia sperando di svegliarmi almeno un po', non funzionò.

Presi la prima felpa e i primi jeans che trovai e mi diressi verso la porta di casa per uscire.

"Non mi saluti?"

Una manina mi tirò la manica della felpa facendomi fermare, sorrisi vedendola e mi abbassai.

“Ciao sorellina, ci vediamo dopo” le lasciai un bacio sulla fronte facendo sorridere anche lei.

“Fratellone...perché papà ieri è venuto da te urlando...?” mi chiese visibilmente dispiaciuta.

“Era solo arrabbiato perché tuo fratello è stupido, non preoccuparti” cercai di tranquillizzarla e sembrò funzionare.

“Non sei stupido!” ribattè convinta.

“Dai adesso devo andare, a dopo”

Uscii di casa, un po' prima del solito, in questo modo evitai anche di incontrare Martha e suo fratello.

Una volta arrivato al bar vidi subito Sara li ad aspettarmi, appena mi notò venne verso di me sorridente, ma il suo sorriso si spense appena mi fu abbastanza vicina.

“Salvatore, stai bene?” mi accarezzò il viso con la mano.

“Ho solo passato una notte sveglio, niente di che” risposi semplicemente.

“Di nuovo...?” già, non era la prima volta che succedeva, e non sarebbe stata nemmeno l'ultima.

“Lo sai che a distanza di anni vogliono denunciarmi? Dicono che il mio è 'tentato omicidio' e di questo se ne sono accorti soltanto adesso.
Ti rendi conto?” mi sfogai con lei, come sempre.

“Vanessa non gli permetterà di farlo..”
Che cazzata.

“Vanessa mi odia ed è dalla parte dei suoi genitori.
Mio padre è incazzato con me, mia madre non mi rivolge la parola e mi guarda come se fossi un mostro”

Ieri a casa mia era arrivata una lettera, una lettera che informava i miei genitori che sarebbe potuta partire questa denuncia.

“Ma sono passati anni, che senso ha denunciarti adesso lei è viva! E poi non l'hai fatto apposta” continuò lei.

“È la mia parola contro la sua, non vale niente” dissi, lei mi fermò.

“È la nostra parola contro la sua, io c'ero quel giorno”

Quella frase mi fece sorridere, allargai le braccia per abbracciarla e lei si affrettò a buttarsi fra di esse.

“Cosa farei senza di te” la strinsi a me.

“Potresti avere di più se riuscissi a dimenticarla” sussurrò.

Si staccò dall'abbraccio ed iniziò a frugare fra le sue tasche.

“Hai bisogno di svegliarti, tieni” mi passò una canna.

Okay, di solito fumavo solo alle feste, ma questa volta si poteva fare un'eccezione.

Andammo nel retro della scuola fumandone una a testa.

“Andiamo a scuola fatti?” l'effetto iniziava già a farsi sentire.

Lei annuì con un sorriso a 32 denti e, tenendoci per mano, iniziammo a camminare verso l'ingresso.

Tutti i miei problemi con Vanessa e la sua famiglia adesso sembravano più leggeri, come se mi scivolassero addosso.

Quanto avrei voluto sentirmi così sempre.

Allo stesso tempo, però, le mie emozioni erano amplificate e non poco.

Martha era nel suo solito angolino, con i libri in mano e la matita fra i denti intenta a risolvere qualche strano problema.

Se solo si fosse resa conto di quanto era bella avrebbe avuto mezza scuola ai suoi piedi, nessuno si sarebbe fermato al dettaglio delle sue gambe.

Vidi Stefano avvicinarsi a lei, che cosa stava facendo?

Le disse qualcosa, poi scoppiò a ridere.
Lei sembrò ferita, aveva gli occhi lucidi.

L'aveva fatta piangere.

Lasciai la mani di Sara, che cercò inutilmente di fermarmi, e andai verso Stefano.

Appena mi vide mi salutò come se nulla fosse, ma non era questo il giorno per essere amichevoli.

Lo strattonai per la felpa e lo bloccai contro al muro.

“Che cazzo le hai fatto?!” gridai, non ero in me.

“Ma di cosa stai parlando amico?” mi domandò cercando di mantenere la calma, Giuseppe si stava avvicinando a noi.

“Perchè sta piangendo?!” spostai Stefano da li e lo lanciai a terra per poi subito dopo mettermi su di lui e tenerlo fermo.

“Non le ho fatto niente calmati!” cercava di liberarsi.

“Salvatore...ti prego, basta” questa volta la supplica proveniva da Martha, mi guardava spaventata, come si guarda un..
Mostro.

Mi bloccai a guardarla, ad un certo punto sentii due braccia sollevarmi liberando Stefano, era Giuseppe.

“No! Lasciami, mollami!” iniziai a dimenarmi, ma non mi lasciava.

“Smettila Salvatore, prima di quella scommessa di merda non te ne fregava un cazzo di lei!”

Aveva detto della scommessa, Martha era li.

Mi guardò per un secondo, poi abbassò lo sguardo pieno di lacrime, si voltò e se ne andò.

Io rimasi fermo, senza sapere cosa fare.

Avevo ferito anche lei.

Ogni ragazza che si avvicinava a me ne usciva distrutta, ferita, infelice ed era solo colpa mia.

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