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Capitolo 1 - Coronavirus, il Nuovo Padrone del Mondo [Parte 2]


"Ehi, non dirmi che hai pianto di nuovo. Ti ho visto gli occhi quando sei entrata." – "Cazzo, Marco!..." – Istintivamente indossa la mascherina – "...Non venirmi dietro all'improvviso! Pensavo fossi un superpositivo venuto da fuori!"

Solleva lievemente la testa per colmare i dieci centimetri d'altezza tra lei e quel sopravvissuto alto uno e settantatré, dal fisico cinque volte più robusto del suo. Gli occhi ancora umidi e infiammati si specchiano in altri due castano scuri, profondi ma spenti, i quali vengono enfatizzati da una mascherina di stoffa nera dalle corde mediamente spesse ma molto strette. Nonostante quest'ultima copra naso e bocca, si nota chiaramente la carnagione olivastra.

"Andiamo, Lucia! Siamo qui da più di un mese e nessuno ha mai bussato a quel peso piuma di porta, tranne te ogni volta! Ho fatto tanto per scassinarla, e ora tu vuoi buttarla giù definitivamente?" Lui ha tentato di ironizzare, mentre sfiorava i suoi lunghi capelli lisci e neri con la mano destra, esattamente verso il ciuffo tendente verso la sinistra della sua fronte spaziosa; lei invece annuisce. "Sì, lo so..."

Marco abbassa lo sguardo verso la larga maglietta a mezze maniche azzurra presente sul corpo femminile. Nota che ha vari strappi in più punti, e che le scopre una piccola parte del pancino. "Perché continui a indossarla? Questa non era di Laura? La vuoi rovinare ulteriormente? Hai pianto ancora per lei, giusto? Oppure per Xine?"

Solo dopo queste parole, Lucia si riprende dallo spavento e tenta invano di nascondere la sua tristezza. "No, non ho pianto per nessuna delle due!" La risposta è poco convincente; dunque, vedendola titubare, insiste. "Ormai ci siamo abituati a questo mondo vuoto di persone, lo so che non piangi più per la solitudine sulle strade. E perché allora a parte scarpette bianche e blu, sei ancora vestita uguale a lei nei suoi ultimi giorni di vita?"

La ragazza di media statura non regge più alla pressione. Volge lo sguardo prima sulla bandana di un marrone chiaramente rovinato dalla polvere, la quale è legata al collo stile cowboy; poi sul maglione nero in fibra sintetica. "E anche se fosse? Poi voglio vestirmi così perché mi piace come vestiva lei." Lui compie un paio di passi indietro, risuonando i suoi stivali neri volo suit. "No, non c'è niente di male..."

Un'ulteriore lacrima riga il sott'occhi, per poi fermarsi sulla mascherina. Stavolta fissa i pesanti pantaloni a zampa di elefante, in minima parte coperti dal maglione. "Perché così... è come se lei fosse sempre con me!"

Il ragazzo non sembra molto sorpreso della drammatica affermazione; di conseguenza torna freddo. "Questo è ammirevole, ma lo dici tutte le volte. Così finirai per doverla buttare, e allora addio ricordo..." – non arriva la risposta – "...lo dico per te. Così penserai sempre a lei, e non possiamo permettercelo dati i tempi duri. L'ho capito subito che hai pianto per la tua più cara amica di sempre".

La fragile ragazza reagisce a quelle parole, mentre una seconda lacrima cade sul lato sinistro della protezione di naso e bocca. "E tu? E TU? Hai dimenticato Elena? DIMMI!" L'espressione del giovane muta completamente, da giudice a quella di un agnello in fuga. "N... no. Come potrei mai..." – tenta di ricomporsi – "...ma io non ci ho passato anni interi come te con lei, quindi hai ragione, dovrei dimenticarla..."

Inconsciamente, Lucia riconosce un pizzico di onestà in quelle parole, dunque recupera la sua normale voce argentina. "Tu l'hai stalkerata fino all'esaurimento. Anche se non eri l'unico." Il suo volto muta nuovamente, e assume tratti da pacifista. "Calma, ora non mettiamo il piede sulla ferita. Intanto andiamo di là, qui puzza".

Mentre si avvia, la risposta non tarda ad arrivare. "Tu hai insistito nel calpestarmi il cuore per primo." Lo segue voltando a sinistra, verso uno stretto corridoio dai parati giallastri e rovinati. Per poi ritrovarsi in una larga stanza, dove il ragazzo si è appena seduto su di un divano malconcio di colore rosso aragosta. Posiziona le mani sulla mascherina nera, sperando di riprendere ulteriore razionalità.

Giunta sullo stipite della porta assente, continua ad aggredire con moderazione. "Vuoi farti gli affari degli altri ma non vuoi che si faccia lo stesso con te." Lui si priva della protezione del viso, aggiusta la bandana e appare più composto. "Lucia, ripeto... io non posso dimenticare il mio primo amore, e forse neanche tu, ma pare che Laura e Xine siano il tuo unico mondo. Io ne ho perduti di cari, tra cui i miei compagni fratelli del centro, ma non sto ad invocarli la media di due volte a settimana. Ho la fortuna-sfortuna di non avere più nulla di loro, ed è inutile che te lo ridico: anche io non ricordo molti miei cari quando se ne sono andati. Ma cazzo, vado avanti".

Lei china il capo per oltre un minuto, incapace di un botta e risposta. Dentro di sé è consapevole del realismo di quelle parole. Si sente protetta con quei vestiti, ma allo stesso tempo si strappano in proporzione alla sua psiche devastata.

Ha perso la cognizione del tempo. Non ricorda quanti mesi siano passati dall'ultima volta che ha potuto vivere una giornata con un singolo familiare, su di un tavolo pulito, imbandito di cibo d'alta qualità.

Da quel lontano passato parte una risposta più decisa della precedente. "A proposito, ma secondo te com'è che abbiamo dimenticato tutti e due qualcosa del nostro passato? Io so di aver perso i miei: papà, mamma e mia sorella. Ma non ricordo quando. Dico le date, il periodo preciso al di là della terza ondata..."

Marco rialza la mascherina, e torna a fissarla negli occhi. "Non lo so proprio, come cazzo si fa? Okay, a me poco fregava di loro, sempre a dirmi quello che dovevo fare. E neppure quando ho lasciato la scuola... Ma tu come diavolo facevi ad andarci con piacere, a parte aver conosciuto la super altissima e bellissima mora?" Il primo sorriso emerge dagli occhi azzurri, enfatizzati dalla mascherina. "Sì, me lo domando anch'io spesso. Forse l'educazione fisica, forse il cambiare aria da casa, vedere la città di primo mattino. La DAD mi fece riflettere molto su questi aspetti..." L'ennesimo momento di nostalgia viene interrotto. "Sì, e ti dirò, io sento di dover fare qualcosa per recuperare la memoria. Non è possibile. Fosse il trauma che ho avuto... allora capirei. Però siamo in due, stesso trauma stesso danno?" – "Anch'io vorrei ricordare. Ma io desidero molto di più un'altra cosa, forse ancora più difficile".

Il giovane compagno si alza di scatto, alzando lievemente la voce. "Xine. Cazzo, lei è cinese, è nella residenza del male! Se è ancora viva, chissà in quale chilometro quadrato di quel mezzo continente si trova! E non dimentichiamoci della grande cupola!" Alza la voce con gran sforzo, nonostante l'ennesima frase che non cambierà la realtà delle cose. "Io sento che è ancora viva. Prima o poi con o senza te, laggiù ci voglio andare!"

Il ragazzo dai capelli neri mostra un cenno di dissenso con la testa, ma la risposta non è quella che ci si aspetterebbe. "A proposito, hai trovato un altro supermercato nella zona? E un altro palazzo dove intrufolarci? Qui vicino stanno finendo le scorte, e non sappiamo finché qui durerà la corrente e l'acqua." Avanza di alcuni passi nella stanza e manifesta il suo sconforto. "No, ho camminato almeno otto ore da quando il sole è alto, ma niente. Ora ho bisogno di riposarmi, non ce la faccio più..."

All'improvviso, i due giovani odono il rumore della porta d'ingresso aprirsi. I loro occhi s'incrociano per lo stupore. Il primo cenno d'intesa da quando hanno iniziato a litigare.

Tempestivamente, Lucia si posiziona di spalle al muro, a fianco lo stipite della porta, mentre Marco si avvicina lentamente a una sporca e degradata cassettiera in legno. Allo stesso tempo, avvicina l'indice destro al naso, per indicare alla compagna di rimanere in silenzio.

Non appena fa cenno con la testa di aver compreso, risuonano due passi. Il ragazzo si volta verso la cassettiera, e apre con molta cautela e lentezza uno dei piani di essa.

Dopo cinque secondi, un altro passo.

Impugna una pistola, Beretta modello 92' nera, e si avvia lentamente verso il divano.

I successivi passi divengono irregolari, ma ai due è ormai chiaro il suono di scarpe con tacco basso.

Marco si è appena seduto sul lato del divano ove può scrutare l'ingresso della stanza, mentre Lucia inizia a tremare. (Oddio, chi è?... Ho paura, ma devo provare a reagire...) Contemporaneamente cambia posizione, per preparare un eventuale pugno destro.

Non appena sulla visuale del moro appare un braccio completamente scoperto, molto magro e di carnagione medio chiara, capisce che è una donna. Con un cenno del capo, indica all'amica di allontanarsi, per poi tuonare contro l'eventuale nemico. "Ferma dove sei!"

Uno stridio di giovane ragazza spaventata rimbomba in tutta la casa. "Metti la mascherina se non ce l'hai già, e avvicinati lentamente fino a farti vedere completamente da me. Fallo, altrimenti sarò io a venire da te, sono armato!"

Intanto, la biondo cenere si posiziona al centro della stanza. (Che sollievo, è una ragazza... se era un uomo, mi prendeva e chissà cosa m'avrebbe fatto...)

Dal corridoio risuona una voce ricolma di terrore. "Vi prego, non fatemi del male... sono sola, ho tanta fame... Vi prego... se mi date da mangiare, in cambio posso darvi informazioni che molti sopravvissuti al Coronavirus non sanno..."

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