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Settanta: Un pranzo in famiglia.

Nella foto: Amanda Seyfried e Channing Tatum, rispettivamente nei ruoli di Elizabeth Black Mann, sorella maggiore di Tom, e Caleb Mann, suo marito.

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«E così l'esame del vostro anno è stato sorteggiato per mercoledì... sei preoccupata?»

Scuoto il capo.

È sabato e fra pochi minuti arriveremo a casa di Elizabeth e di Caleb. Tom mi ha detto che abitano in una zona residenziale di Coretville da poco, solo perché lei lavora all'ospedale ed è più comodo vivere qua, rispetto a Glacias. Per l'occasione ho indossato dei semplici jeans neri e una camicia bianca molto sofisticata. Lydia si è gentilmente offerta di raccogliermi i capelli in una treccia olandese laterale, che mette molto in risalto la tinta della mia chioma. Avrei voluto far vedere ad Aiko la mia acconciatura, ma è partita stamattina presto, quando ancora stavo dormendo. Spero che stasera riuscirò a parlare con lei di ciò di cui discuterà con sua madre e di ciò che accadrà fra me, Caleb ed Elizabeth. Non sono per nulla agitata, ma l'idea che qualcosa possa rovinare questo pranzo mi ha tormentata a lungo, stanotte. Elizabeth è una gran bella persona e mi ha ispirato fin da subito molta gentilezza e sincerità – a differenza di Adèle. Caleb, invece, ha quindici anni più di me e so che di professione è avvocato.

Appena l'autista svolta verso la zona sud di Coretville, decido di non pensare alla sorella e al cognato di Tom finché non ce li avrò davanti.

«E voi? Quando avrete gli esami?»

«Lunedì» risponde, un po' infastidito.

In effetti, lunedì interrogheranno i Maghi del primo, secondo e terzo anno. Martedì toccherà alle Fate, mercoledì alle Streghe e il giovedì ai Guerrieri. Venerdì mattina, invece, decideranno i voti comuni e nel pomeriggio affiggeranno i cartelloni.

«È ingiusto far parte del gruppo che aprirà le danze» si lamenta, sospirando.

«Già, ti ci vedevo proprio a lezione di Charlotte, o in camera con qualche bella fatina»

Mi rifila un'occhiataccia, poi scoppia a ridere, seguendomi a ruota. Sono sicura che andrà tutto bene, perché Tom è uno studente meritevole e nella sua carriera scolastica non si è mai permesso di andare male. Questo perché la sua famiglia gli ha imposto delle rigide e ferree regole da seguire.

«Aiko era agitata stamattina?»

Scuoto il capo. «Non l'ho neanche vista. Mi ha dato il buongiorno alle sette, poi l'ho sentita vestirsi e un'ora dopo è tornata. Puzzava, quindi deduco che sia andata a correre e, dopo essersi fatta una doccia, è uscita e non è più tornata. Forse dopo colazione è partita senza tornare in camera»

Tom annuisce. «Sono preoccupato per lei. Jill è una tosta, da quel che hai capito»

Sorrido, incontrando il suo sguardo.

«È solo un po' rigida. Penso che la morte di Ayato l'abbia cambiata moltissimo, anche se prima non la conoscevo. Già solo il fatto che fosse amica di mia madre e di mia zia e che non mi abbia mai detto niente, significa qualcosa. Le morti la sconvolgono, la plasmano. Ha perso fin troppe persone nella sua vita e non mi sorprenderei se sta adottando questo comportamento per tenersi stretta la figlia. Forse adesso sta facendo un po' troppo terrorismo psicologico, ma fra dieci anni Aiko comprenderà le sue vere intenzioni»

Tom mi guarda a lungo prima di lasciarsi andare ad un sospiro. Jill è il tipo di donna che sulla Terra paragonerei alla classica madre in carriera, che nell'armadio ha solo tailleur di grandi marche. La differenza fra queste donne e Jill è che lei si comporta in questo modo perché ha paura di perdere la figlia maggiore, che un giorno farà da guida alla piccola Yukino.

«Ah, volevo dirti un paio di cose, prima di entrare in casa di mia sorella» dice, all'improvviso.

Lo guardo, con un sopracciglio alzato. «Intendi dirmi quali gaffe non fare?»

Annuisce, con un movimento lento del capo. «Proprio così»

Prendo un gran respiro e lo invito a continuare.

«Anche se Lizzie e Caleb sono sposati da undici anni, non hanno mai espresso alcuna posizione riguardo all'ipotesi di avere figli. Questo perché Lizzie ha impiegato nove anni per studiare Medicina e Caleb ben dieci per ultimare gli studi di Giurisprudenza. Ha solo trent'anni, è vero... ma mia madre ha avuto la prima figlia a venti e le cambiava il pannolino mentre organizzava i meeting dei Rappresentanti. Il fatto è che nessuna delle mie sorelle ha sviluppato dai miei genitori l'amore per i figli o per la famiglia, motivo per il quale hanno deciso di studiare, piuttosto che di metter su famiglia... ora, perlomeno»

Fa una pausa e sospira.

«So che non lo farai, ma non chiederle quando ti regalerà un nipotino o se è incinta, d'accordo?»

Scoppio a ridere. «Nonna Adele Zane faceva così?»

È la prima volta che nomino sua nonna materna, nonostante sia morta quando Tom aveva due anni. So che era la tipica nonna che aspettava di ricevere pronipoti per rimpinzarli di cibo e di soldi, ma è morta prima che tutto questo potesse accadere.

«Già» mormora Tom amaramente, «e il lato negativo di essere nato troppo tardi, è essersi perso le rispostacce di Lizzie»

Scoppio a ridere, divertita. Gli prendo la mano e sorrido. Sono molto contenta di essere qui con lui e mi piace l'idea che trascorrerò le prossime tre ore con parte della sua famiglia. Non ho motivo di essere preoccupata perché non succederà niente di male: sarà un normale pranzo al quale ho deciso di partecipare perché trovo che Elizabeth sia una donna onesta e molto simpatica.

Appena la macchina si ferma, sento il cuore accelerare il battito. L'autista apre la portiera ed io scendo, cercando di non inciampare. Oggi non fa molto caldo, perciò ho optato per una giacca in panno nera. Dopo aver ringraziato l'austista del passaggio, mi volto e rimango folgorata dalla bellezza e dalla grandezza della casa.

È costruita in legno bianco, con il tetto in tegole marrone nocciola. Dalla macchina all'entrata della casa c'è un sentiero seminato di ciottoli e contornato da cespugli perfettamente tagliati e curati, che dividono la stradina dal giardino, dove due grossi aceri sono stati piantati. Due colonnine bianche di fronte all'entrata, sorreggono un piccolo balconcino al secondo piano, costruito in ferro battuto e di color nero. Di fianco al balconcino e alla porta ci sono due paia di finestre, con i battenti neri in legno e le tapparelle bianche semi abbassate, al secondo piano.

Tom mi prende per mano e, dopo averla stretta, ci avviamo verso l'entrata, percorrendo il viottolo. Quando arriviamo di fronte all'entrata, pigia sul campanello dorato mentre io mi soffermo ad osservare la striscia dorata ove sono incisi i nomi dei residenti: Elizabeth Josephine Black e Caleb Marcus Mann.

Qualche istante dopo, una coppia palesemente sui trent'anni, con abiti di classe, profumati e ben stirati, apre la porta. Elizabeth non porta più il camice da dottoressa, ma un vestito nero da cocktail un po' troppo sprecato per questo pranzo; ha i capelli lunghi raccolti in una coda di cavallo, che mettono in risalto i colpi di sole appena rifatti. Caleb, invece, è un omone alto cinque centimetri più di Tom, con due grosse e forti braccia. Indossa una camicia bianca a maniche corte e dei jeans blu chiaro, pagati con una somma che io spenderei per comprarmene dieci.

«Malia, Tom! Prego, entrate pure!» esclama Elizabeth, spostandosi dall'entrata.

Dopo aver passato la giacca ad una minuta cameriera, noto subito sulla sinistra una scala che porta su al secondo piano, con i corrimani di legno pregiato e gli scalini in marmo bianco. Esattamente di fronte ad esse, la piccola cucina dove alcune cameriere stanno sistemando le pietanze nei piatti argentati. Sono così puliti che penso potrei specchiarmici.

«Prego, sedetevi pure nella sala da pranzo»

La sala da pranzo è una stanza in fondo alla casa, che si può raggiungere sia dalla cucina che dall'ingresso. Un tavolo quadrato è stato allestito con piatti di ceramica bianca, calici e posate scintillanti. La tovaglia è bianca e non c'è una macchia.

Caleb mi rivolge un sorriso.

«Immagino tu sappia che sono il marito di Elizabeth»

«Certo. Ehm, io sono Malia»

Ci stringiamo la mano energicamente, mentre Tom ed Elizabeth stanno discutendo su quanto cibo abbia fatto preparare. La sorella si lascia andare in un risolino un po' troppo civettuolo.

«È un'ottima occasione per festeggiare, Tommy»

Lo sento sbuffare, così gli rifilo un'occhiataccia. Decide di sedersi al fianco di Caleb, solo perché ha paura che possa tirargli un calcio durante il pranzo. Spero che non rovinerà questo incontro con alcuna frasetta sarcastica, che potrebbe infastidire qualcuno. L'ultima volta che sono stata ad un pranzo di famiglia, i miei quasi nonni adottivi hanno preso molto male il fatto che potevo essere loro nipote e che presto ne avranno un altro.

«Guenda! Puoi servire l'antipasto, cortesemente?»

Una ragazza dai capelli rossicci, raccolti in una coda alta, entra nella sala da pranzo con un vassoio. Dopo avermi sorriso, lo lascia sul tavolo. Il mio sguardo finisce sulle fette di prosciutto ben allineate e sui quadratini di formaggio.

«Prego, servitevi pure» esclama Caleb.

Tom allunga la forchetta verso il prosciutto e sposta due fette nel suo piatto. Dopo avermi sorriso, mi passa la posata e mi servo. Non ho molta fame, perché ho fatto colazione un po' tardi, ma ero molto stanca e non avevo alcuna voglia di studiare. Senza Aiko che mi sprona fino all'esaurimento mi sento un po' svogliata.

«Allora, so che questa settimana avrete gli esami» esclama Elizabeth, arrotolando la fetta di prosciutto sul grissino al sesamo.

Tom annuisce. «Sì, io andrò lunedì, mentre Malia mercoledì»

Elizabeth sorride. «Ricordo ancora i miei esami! Erano il giorno del mio compleanno ed ero completamente in trance! Ma sono andati bene, alla fine»

Caleb annuisce, in modo vistoso.

«Beh, ho assistito ai suoi esami del terzo anno e devo ammettere che era parecchio preparata»

Sorrido.

«Vi siete conosciuti in Accademia?»

«In realtà» continua Caleb, «ci conoscevamo fin da bambini, perché mio padre andava a scuola con John, ma non siamo mai stati molto uniti per via dei due anni che ci separano. Tuttavia, quand'è entrata in Accademia era una delle Streghe più popolari e ci ho impiegato solo due mesi per conquistarla»

Lizzie arrossisce violentemente.

«Avevo sedici anni! Ero ancora piccola per uscire con uno di diciotto!»

Caleb ride. «Non scherzare. Le tue amiche hanno cominciato ad uscire con i miei amici dopo neanche una settimana!»

Tom ridacchia.

«Comunque, dopo il mio diploma» riprende Caleb, «non ho smesso di frequentarla. Tornavo da lei ogni sabato pomeriggio e trascorrevamo insieme un bel po' di tempo. Quando finalmente anche lei si è diplomata, siamo andati a convivere. Ci siamo sposati l'ottobre seguente e... beh, oggi siamo ancora qua»

Sorrido loro. Sono felice che stiano ancora godendo di questa felicità, nonostante si siano sposati undici anni fa.

«So che la mamma e il papà andranno in vacanza di Olanda, quest'estate. Pensate di unirvi a loro?»

Quasi mi va di traverso il formaggio. Che cosa ha detto? Certo che ho pensato alle vacanze con Tom, ma non credevo che... che sarebbero arrivate così presto. Qualcosa mi aveva già accennato, ma avevo accantonato la conversazione perché non avevo voglia di pensare all'estate e alla probabile idea di passare qualche giorno insieme a lui. Non è che non voglia, solo penso che sia presto. Avrò diciassette anni, ma mi sembrerebbe un po' strano passare del tempo con loro. E poi penso che sarebbe giusto tornare sulla Terra, da Paul e da Theresa, e unirmi a Adam e a Charlotte per le vacanze.

«Sei mai stata in Olanda, quand'eri sulla Terra?» mi chiede Caleb all'improvviso.

Scuoto il capo. «No. Gli unici Paesi che ho visitato sono stati l'Italia, l'Austria, l'Inghilterra e l'America... ma solo New York»

Elizabeth mi lancia uno sguardo compassionevole. La sua famiglia vive nell'oro da generazioni, perciò è normale che vivano in questa casa e che abbiano visitato quasi tutti i Paesi della Terra.

«Dovresti accettare. L'Olanda è un gran bel Paese e poi... beh, saresti sola con Tom e sarebbe la vostra prima vacanza! È un passo importante, no?»

Mi soffermo a guardare Caleb per un lasso di tempo un po' lungo, finché alla fine mi ritrovo ad annuire. Non riesco ad aprire bocca, perché sono in difficoltà. Ho paura che se non accetterò di trascorrere le vacanze insieme a Tom, lui possa offendersi o infastidirsi e questo non mi piacerebbe affatto. Ma penso che se ci andassi solo per farlo felice, non sarebbe giusto nei miei confronti. Non ho mai pensato di star correndo con lui, ma se fossi stata sulla Terra non staremmo insieme: penso che sarei troppo timida per intraprendere una relazione con qualcuno. Devo a Magics Souls il cambiamento repentino della mia personalità.

Quando Guenda serve gli spaghetti con tonno, olive nere e capperi, Elizabeth chiede a Tom come sta andando la scuola. L'argomento si propaga per un bel po' di tempo, così cerco di tranquillizzarmi e di non pensare all'imminente estate. Dovrei solo concentrarmi su questo pranzo, quindi provo a gustarmi il primo. Dubito che sia stata Elizabeth a cucinare, perciò Guenda ha fatto un gran bel lavoro.

Quando serve il dolce, mi sento piena. La pasta era decisamente buona, ma per non sembrare scortese decido di prendere una fettina di torta alle pesche. Mentre Caleb sta parlando di un caso che ha risolto la settimana scorsa, torno alla realtà e provo ad ascoltare i loro discorsi. Devono aver notato che mi sono eclissata, perché altrimenti avrebbero provato a farmi qualche domanda.

«Penso che dopo questo pranzetto avrò bisogno di un caffè!» esclama Elizabeth, appena finisce di spazzolare la generosa fetta di torta che si è tagliata.

Tom ridacchia. «Sei così magra che potresti concedertene un'altra»

Oh, no. Sarà anche magra, ma era talmente grande che probabilmente valeva tre volte la mia.

Alla fine, fortunatamente, opta per il caffè. Ci spostiamo nel salotto, mentre le cameriere sistemano la sala da pranzo e lavano i piatti, e mi accorgo che il colore che prevale è il beige. Ci sono tre divani e una poltroncina, di fronte ad un televisore un po' troppo innovativo. Ci sediamo sul divano e, un minuto dopo, Guenda ci raggiunge con il vassoio e i quattro caffè.

Caleb mi chiede qualcosa sui miei genitori adottivi e cosa facessi quand'ero sulla Terra. Mi piace questa domanda, perché me lo sta chiedendo a puro scopo informativo e perché non gli ha fatto piacere che restassi in silenzio durante il pranzo. Così, comincio a raccontargli di come hanno deciso di adottarmi, di come mi hanno cresciuta, di quali fossero le nostre abitudini, dei loro impieghi e di come ci teniamo in contatto.

È un argomento che mi piace così tanto, che rimango a parlarne per una mezz'ora buona. Perlomeno finché sento Tom dirmi che sarebbe ora di tornare in Accademia.

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