Uno: il presentimento.
NELLA FOTO: Sophie Nelisse nel ruolo di Malia Collins.
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La luce calda del sole di fine agosto penetra dalle finestre della mia cameretta. Sbuffo sonoramente quando un raggio raggiunge i miei occhi, ferendoli. Non so che ora sia e non ho la forza di allungare il braccio per guardare l'orario sul mio cellulare.
Dopo cinque minuti – che per me potrebbero anche essere tre ore – sento qualcuno bussare alla porta.
«Avanti» borbotto, tirando il lenzuolo fin sopra la mia testa.
La porta si apre e l'inconfondibile profumo di fiori di mia madre aleggia per tutta la stanza.
«Tesoro, sono le undici passate. Capisco che tu abbia voglia di goderti gli ultimi giorni prima che ricominci la scuola, ma... dovresti alzarti»
Mia madre, la tipica madre di un qualsiasi sedicenne. Si chiama Theresa, ha da poco compiuto quarantadue anni ed è la proprietaria di un negozio di fiori, a due passi da casa nostra.
«D'accordo» borbotto.
Mi libero del lenzuolo e mi metto a sedere sul letto. La camera è un completo disastro: vestiti ovunque, libri aperti sul pavimento e sulla scrivania, un'anta dell'armadio è persino aperta... ecco cosa pensavo fosse un mostro, stanotte.
«Potresti sistemare la tua stanza? Ah, e fai partire la lavatrice, dopo pranzo»
Sbadiglio e mi trascino fino al bagno, senza risponderle. Manca una settimana esatta all'inizio della scuola e non sono pronta psicologicamente. Sono sempre stata un'ottima studentessa, ma anche una gran dormigliona.
«Malia?»
Vedo mia madre riflessa sullo specchio, affacciata nel bagno, che mi sta fissando.
«Eh? Ah... sì sì, faccio tutto io»
«Bene» ribatte, allontanandosi, «tuo padre tornerà poco prima di cena»
«Okay»
Mi sciacquo il viso con l'acqua gelida, un po' perché sto morendo di caldo, un po' perché è l'unico modo che ho per svegliarmi e per essere in grado di raggiungere la macchinetta del caffè senza cadere dalle scale o senza sbattere contro il muro.
«Ehm... tesoro? Dove hai preso questo?»
Esco dal bagno, legandomi i capelli in uno chignon, e noto che mia madre ha fra le mani un libro, quello che sto leggendo. Dovrei rimetterlo dove l'ho trovato, visto che da quando l'ho preso in mano me ne sono successe di tutti i colori...
«L'ho trovato in soffitta, in uno dei vostri scatoloni. Che ci facevate con quella roba in America? Magia? Stregoneria?»
Mia madre sbianca.
«I-in soffitta? Malia, ti abbiamo detto tante volte che non devi curiosare nei nostri scatoloni!»
Sbuffo. «Mamma, è solo un libro»
«Quel... quel libro è importante, ecco!»
Incrocio il suo sguardo e, dopo un altro sbadiglio, faccio spallucce.
«Importante quanto?»
«Molto!» dichiara.
La sua reazione mi sembra così strana e curiosa. Stiamo parlando di un libro che avrà almeno quindici anni e che parla di cose talmente assurde che è impossibile crederci. Eppure, qualcosa di strano ce l'ha...
«Allora raccontami la storia che c'è dietro» ribatto, mentre raccolgo da terra i calzini sporchi di ieri.
Mia madre sbuffa. «Non mi sembra il caso. E comunque non è così importante come credi. È solo un libro»
Mi scappa una risatina. «Proprio perché è solo un libro, dovresti dirmelo. Avanti» continuo, sedendomi sul letto e facendole cenno di imitarmi, «abbiamo un po' di tempo prima che tu vada a lavorare»
Theresa alza un sopracciglio e, dopo qualche secondo, si lascia andare in un sospiro.
«Non ci penso neanche» ribatte, secca, «sistema la tua camera, fai partire la lavatrice e prepara qualcosa per pranzo! Mi raccomando, Malia!»
«Signorsì signore!»
Il suo sguardo contrariato finisce su di me e io guardo ovunque, tranne che nei suoi occhi. Non vorrei che mi mettesse in punizione per questa rispostina...
Io e mia madre andiamo abbastanza d'accordo, ma è mio padre il mio migliore amico. Si chiama Paul, ha la stessa età della mamma ed è un carabiniere. Di certo non ho preso da lui la disciplina, ma il coraggio sì.
Finisco di sistemare la mia camera, dopodiché scendo in cucina. Sono già le undici e mezza, perciò penso che aspetterò di pranzare.
Accendo il televisore, senza seguirlo veramente, e ascolto i movimenti di mia madre, alle mie spalle. Si sta vestendo per andare a lavorare, nel suo magnifico negozio di fiori. Durante il mese di giugno l'ho aiutata molto, siccome le commesse erano in vacanza, e devo ammettere che è stato divertente. A luglio, invece, sono stata in Inghilterra con un'attività organizzata dalla mia scuola e mi è servito molto per imparare meglio l'inglese. Anche se, a dirla tutta, lo parlo già molto bene, visto che i miei genitori sono americani.
Prima di uscire di casa, mamma viene verso di me e mi bacia la fronte.
«Ci vediamo per cena, okay?»
Annuisco, poi cambio canale.
La fame comincia a farmi sentire, così raggiungo la cucina e metto su l'acqua per la pasta. So che è presto, ma non posso aspettare. Mentre preparo della carne da mangiare per secondo, accendo il televisore della cucina e faccio partire qualcosa su Netflix, solo per tenermi compagnia.
Da quando mamma ha lasciato la casa, però, ho un brutto presentimento, un insopportabile dolore allo stomaco. È leggero, ma pur sempre insopportabile. Dopo averlo ignorato per altri dieci minuti, metto in pausa l'episodio e torno in camera, alla ricerca del libro.
Mamma deve averlo lasciato da qualche parte, mentre sistemavo. Ci impiego un po' più del dovuto a trovarlo, finché finalmente lo vedo, sulla mensola del corridoio. Mi alzo in punta di piedi per prenderlo, ma mi scivola dalle mani e cade a terra, aprendosi.
«Merda»
Mi chino per prenderlo e scopro che si è aperto su una pagina che non avevo ancora letto, perché mi sembrava così stupida. È una formula per spegnere incendi dolosi.
«Che cosa stupida» commento.
Chiudo il libro e mi giro per scendere le scale, ma una fitta dolorosa allo stomaco mi blocca. Quando chiudo gli occhi, vedo mia madre e il suo negozio.
«Ma che cosa...»
E se... e se fosse un qualcosa di premonitore? La mia vita è sempre stata ordinaria e metodica, ma da quando ho preso in mano quel libro ho vissuto tante volte dei momenti particolari e decisamente fuori dal normale. Come questo.
Prima che finisse la scuola, ero in soffitta alla ricerca di qualcosa di significativo circa la vita dei miei genitori, prima che si trasferissero in Italia. Era uno degli stupidi compiti che il nostro insegnante di psicologia ci dava, quando non aveva voglia di aprire il libro di testo e spiegarci qualcosa. Mentre rovistavo tra i vari scatoloni, ho trovato quel libro. E da quel giorno, me ne sono successe di ogni.
Ho cominciato a leggere tutte le pagine, rapita dalle parole e dal suo contenuto, in modo assiduo. Uno degli ultimi giorni di scuola ero alle macchinette, alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare prima della verifica di matematica, ma quello stupido aggeggio mi ha mangiato i soldi. Non ho nemmeno provato a prenderla a calci, tanto non serviva a niente. Ho sbuffato e ho girato i tacchi, ma proprio in quel momento ho sentito qualcosa cadere. Quando mi sono girata ho visto un pacchetto di patatine, così l'ho raccolto e, sgranocchiandole, sono tornata in classe.
All'inizio non ho dato troppo peso a questa cosa, ma quando gli eventi hanno cominciato ad aumentare, ho capito che c'entrava il libro.
Quand'ero in Inghilterra e ho visto una ragazza cadere dalle scale, prima che questo accadesse veramente. Mi sono precipitata fuori dalla mia stanza e l'ho afferrata appena in tempo, prima che decidesse di togliersi la vita, saltando giù dal quinto piano.
Faccio un bel respiro e allontano quei pensieri dalla mia testa, quindi corro giù in cucina e spengo il gas, dopodiché risalgo in camera e mi vesto con gli abiti di ieri: jeans blu e T-shirt bianca. Metto le scarpe senza prima sciogliere le stringhe e mi avvio verso la porta.
Comincio a correre verso il negozio di mia madre, consapevole che stia per succedere qualcosa. Il dolore allo stomaco, man mano che mi avvicino, aumenta inesorabilmente. Poco prima di svoltare a destra, un camion dei pompieri mi supera, spaventandomi. Mi fermo, sperando con tutta me stessa che non si fermi davanti al negozio di mia madre.
Il cuore si arresta, all'improvviso. Sento un calore indefinito invadere il mio corpo. Stringo i pugni e, dopo aver ricacciato indietro le lacrime, riprendo a correre verso il negozio. A pochi metri mi accorgo del fumo che sta emanando.
Supero la folla, sgomitando, e nel frattempo cerco mia madre con lo sguardo. Non c'è, non la vedo. All'improvviso mi accorgo che una delle sue assistenti è in lacrime, a sinistra della folla. La raggiungo, correndo.
«Gabriella!» grido, «dov'è mia madre? Dov'è?»
Non risponde, si limita a singhiozzare. Il suo sguardo si rivolge verso il negozio, completamente in fiamme.
«Cazzo»
Lancio un'occhiata al fumo e ai pompieri che stanno cercando di spegnere le fiamme. Ed è proprio adesso che realizzo che non ce la faranno mai, perché quel fuoco è diverso da quello a cui gli umani sono abituati.
Senza dire niente, ignorando le grida dei pompieri e della folla, comincio a correre verso le fiamme e mi lascio avvolgere. Quando sono dentro, mi rendo conto che non sto bruciando e che qualcosa mi sta proteggendo. Non saprei dire che cosa con certezza, ma... sono viva e sto respirando.
«Mamma! Mamma! Rispondimi! Dove sei?»
Guardo in ogni angolo del negozio, nella speranza di poter notare qualche suo particolare, visto che ho seri dubbi che possa sopravvivere con tutto questo fumo e questo caldo.
«Mamma!»
All'improvviso mi torna in mente il libro di mia madre, la pagina che ho visto dopo che mi è caduto dalle mani. La formula per spegnere incendi dolosi. E chi se la ricorda? Non ci ho mai dato importanza, perché credevo che fosse una cazzata, invece adesso potrebbe salvare la vita a mia madre.
«Merda. Mamma, dove sei?»
La sua risposta, però, non mi arriva.
Stringo i pugni e, tra una lacrima e l'altra, riesco a localizzarla. Un rumore, un suono quasi impercettibile, che miracolosamente riesco a sentire.
Mi fiondo subito dietro al bancone e trovo il corpo di mia madre sdraiato a terra, con i vestiti un po' strappati e qualche bruciatura sul viso e sulle mani.
Piangendo, la raccolgo da terra e cerco di trascinarla fuori dal negozio, ormai completamente bruciato. Quando riemergo dal fumo grigio, la folla grida. Io cado a terra, esausta.
Prima di svenire, riesco solamente a scorgere un paio di infermieri e qualche pompiere che continua, invano, a spegnere l'incendio.
«Non ce la farete mai» sussurro.
Poi alzo un braccio e dalla mia mano escono tante piccole palline blu, che luccicano. Dopo aver raggiunto la nuvola di fumo, essa si disintegra. E i miei occhi si chiudono.
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