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Prologo.

"E dunque alla fine sarà l'ultimo fuoco a bruciare, quello nato dal sangue della vera Fenice, la sola in grado di risorgere dalle ceneri del suo Regno distrutto."

Inspiro ed espiro. Riprendo fiato...

L'odore. È l'odore a destabilizzarmi più di tutto il resto. Il puzzo terribile della morte mi fa lacrimare e di certo non sono d'aiuto la polvere, che si innalza dal terriccio smosso, e le gocce di sudore, le quali stillano fastidiose lungo la fronte. Nonostante questo non mollo, proseguo e colpisco il mio avversario con lo scudo, sorprendendolo.

Inspiro ed espiro. Riprendo fiato...

Tutta la mia esperienza in combattimento viene meno di fronte al caos della vera battaglia, della guerra. Non appena mi libero da un soldato, eccone un altro pronto a sostituirlo.

Finisco l'uomo di fronte a me con l'aiuto di Nemesi.

Inspiro ed espiro. Riprendo fiato...

Confusa. Stordita. Vado avanti soltanto grazie all'istinto e alla mia fedele compagna, se non ci fosse lei, sarebbe molto peggio. Il leopardo, incrostato di sangue, sembra un mostro pronto a ghermirti per trascinarti nell'oblio del sonno eterno. Entrambe uccidiamo all'unisono, senza esitazione, senza pietà.

Fuori uno, avanti un altro.

Inspiro ed espiro. Riprendo fiato...

La spossatezza probabilmente è il nostro nemico più temibile. L'armatura, l'elmo, le armi, tutto diventa insostenibile e pesante con lo scorrere del tempo. Sono esausta. Gli arti indolenziti vanno avanti per inerzia, grazie alla memoria muscolare, alla volontà di sopravvivere. Tento più volte di deglutire, ma ho la bocca impastata, la gola riarsa e una sete terribile.

Schivo un colpo che per poco non mi arriva alla gola. Nemesi contrattacca squarciandogli un polpaccio rimasto senza gambale. Io lo finisco.

Inspiro ed espiro. Riprendo fiato...

Dopo un tempo che sembra infinito, finalmente una speranza; un'opportunità. Le legioni dei traditori stanno per essere aggirate, rinchiuse, prese in mezzo dalla manovra a tenaglia. Intravedo quasi il suo seguito, le sue guardie personali.

Per la Domina, sono così vicina!

Un energumeno spunta di fronte a noi.

Inspiro ed espiro. Riprendo fiato...

Paro un fendente appena in tempo con lo scudo. Il colpo è potente. La spada avversaria rimane incastrata nel metallo. Provo a sfruttare il vantaggio cercando con tutte le forze di strappagliela dalle mani. Inutile. È troppo forte. Un suo strattone e sono costretta a lasciar andare la mia protezione per non rischiare danni al braccio.

Inspiro ed espiro. Riprendo fiato, ma è tutta una questione di secondi...

Nemesi tenta un agguato disperato puntando al braccio armato, ma l'uomo di fronte a me, con il suo enorme scudo, la colpisce in pieno allo stomaco. Un rumore secco, orribile. Con il cuore che mi sta uscendo dal petto, vedo la mia compagna accasciarsi al suolo. Gli occhi chiusi.

Non riesco più a inspirare ed espirare...

I miei assi nella manica di fronte agli energumeni sono la velocità, il fiato, la resistenza, ma sono troppo stanca ormai. Solo la rabbia per aver fatto del male a Nemesi mi sostiene.

Mi avvento su di lui, paro, affondo e non mollo, ma non cede di un passo. Per di più, senza uno scudo a coprire il fianco sinistro, sono vulnerabile.

Lancio uno sguardo fugace alla mia compagna, sempre distesa a terra, per controllarla e quell'attimo, quel mezzo secondo, mi è fatale...

L'avversario mi colpisce a sinistra. Schivo, ma un secondo troppo tardi. La spada non penetra nell'armatura, troppo resistente, ma il colpo è abbastanza forte da lasciarmi senza fiato. Un altro calcio e cado a terra. L'elmo rotola via e perdo presa sull'elsa della mia arma. Tenta di nuovo un affondo. Lo evito rotolando di lato.

Con i polmoni svuotati faccio forza sui polpacci e mi rialzo. Stringo i denti. Veloce estraggo un pugnale mettendomi in guardia, anche se una lama del genere non ha nessuna speranza contro uno spadone. Per l'ennesima volta mi avvento su di lui.

Il soldato intercetta l'attacco. Perdo anche il pugnale. Proprio nell'attimo in cui credo di sentire la lama trapassarmi da parte a parte, una spinta mi allontana dalla sua traiettoria.

Sbatto la testa al suolo. Sono di nuovo a terra.

Tento di rialzarmi. Non ci riesco.

Scuoto il capo per disperdere i puntini bianchi davanti ai miei occhi mentre un rivolo, caldo e appiccicoso, scorre lungo la fronte. Una lingua rasposa lo lecca via. Intravedo la sagoma di Nemesi. Tiro un sospiro di sollievo.

Dura poco...

Riprovo a mettermi in piedi. Finalmente la nebbia si disperde e riesco a mettere a fuoco le immagini, anche se forse sarebbe stato meglio non farlo.

Nonostante la battaglia continui a infuriare ancora intorno a noi, io mi blocco. Tutto il resto svanisce, rimangono di fronte a me solo due corpi a terra, trafitti. Da ognuno spunta una lama insaguinata.

Il primo è quello del mio avversario. Quando mi rendo conto a chi appartiene l'altro, il cuore si ferma.

«Nooo!»

Una voce gracchia in preda alla disperazione; la mia voce. Anche se non la riconosco più come tale. Mi suona estranea. Roca. Distrutta. Disperata. Esausta.

Poco lontano da noi vedo Cassandra, anche lei ferma, immobile come una statua, con una smorfia carica di dolore a distorcerle i bei lineamenti del viso.

Torno a concentrare la mia attenzione su di lui.

Non so cosa fare. Mi accovaccio sul corpo esanime e cerco di risvegliarlo urlando, tento di riportarlo in qualche modo da me. Provo a tamponare la ferita con le mani, ma tutto ciò che faccio è vano, inutile.

La disperazione prende il sopravvento. Mi si serra la gola. Ho dimenticato come calmare il respiro, come inspirare ed espirare.

«Domina! Mia Domina! Non puoi portarmi via anche lui, no! Non è giusto! Ti prego, ti prego, ti supplico! Non puoi farmi questo, non di nuovo!».

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