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7. Aiace

"«[...] l'onore, la rispettabilità, l'onestà, la nobiltà, non hanno nulla a che fare con il ceto sociale. E non c'è niente di male nel preferire gli uomini, nell'amare qualcuno del proprio sesso. Il fatto che una legge ti impedisca di farlo, non significa che tu debba vergognartene. Il fatto che intorno a te gli altri non lo capiscono, non vuol dire che tu debba odiarti. È qualcosa che non puoi cambiare, né mostrare, ma non significa che tu non possa esprimerti, attraverso l'arte, attraverso la vita. Sei quello che sei. Sii quello che sei.»"

Cit William, Come Anima Mai, Rossana Soldano

Giro e rigiro nel letto senza tregua. Non riesco a trovare una posizione comoda e per giunta ho freddo. Ci rinuncio. Apro gli occhi incerto, frastornato, li stropiccio, mentre libero un sonoro sbadiglio. Quando la vista si fa nitida e riesco a guardarmi attorno, mi ricordo di non essere nella mia stanza.

Accidenti all'Uno!

Non ci voleva proprio, sono rimasto addormentato. Mi volto sul fianco e osservo Prometeo dormire tranquillo, il suo profilo rilassato, il corpo tutto attorcigliato alla coperta che mi ha rubato nel sonno.

Dalle grandi vetrate alla mia destra, non completamente oscurate dai tendoni, deboli raggi lunari si intrufolano timidi, arrivando a illuminare, di un grigiore argenteo, la barba brizzolata del mio amante assopito. Le palpebre, abbassate sui suoi vivaci occhi verdi, sono appena increspate dal movimento dell'iride coperta.

Chissà cosa starà sognando o, meglio, chi?

A giudicare dal lieve sorriso sulle sue sottili labbra, potrei quasi scommettere di essere io il protagonista delle sue fantasie!

Le piccole rughe d'espressione, che durante il giorno segnano la pelle scura del suo viso, spariscono grazie alla rilassatezza del dolce dormire. Sembra persino più giovane dei suoi quasi cinquant'anni. Abbiamo ventotto anni di differenza, ma a me non importa, io lo amo e lo amerò sempre. È soltanto grazie a lui se ho saputo accettarmi allora per quello che ero e perdonarmi per quello che sono sempre stato.

Scivolo senza fare rumore dal suo letto e mi infilo, pigramente, gli abiti sparsi sul pavimento. Il tappeto morbido sotto ai piedi attutisce i passi, ma, prima di andarmene, non resisto alla tentazione di salutarlo. Lo bacio, sfiorandogli appena le labbra. Scorgo un leggero movimento.

Un bisbiglio quasi incomprensibile, la voce roca, impastata dal sonno, «Ace? Ma che ore sono?»

«È tardi, 'Teo, non svegliarti. Io torno nella mia stanza.»
Spalanca appena gli occhi.
«Fai attenzione a non incontrare le guardie.»

Sorrido e gli accarezzo la guancia barbuta.
«Sì, non ti preoccupare, sarò silenzioso come un gatto. Ti amo.»

Usa le mani per appoggiarsi al materasso e mettersi seduto.
«Anch'io. E fai attenzione durante il viaggio, mi raccomando, torna presto da me.»
«Come sempre.»

Mi afferra dalla nuca e mi conduce alle sue labbra. Dopo un altro bacio, più profondo e passionale di prima, e con il cuore pesante, mi accingo a lasciare la stanza dell'uomo che amo per tornare nella mia.

Odio dovermene andare via ogni volta, eppure, che altro potremmo fare? Dobbiamo mantenere le apparenze. Nessuno ci accetterebbe, verremmo emarginati e ridicolizzati se questa storia dovesse venire fuori, o peggio. A me è bastato doverlo subire una sola volta questo genere di trattamento, tanto tempo fa...
E senza contare che lui è pure sposato.

Scuoto la testa per tentare di scacciare i brutti ricordi e i pensieri intrusivi. Non è il momento di rimuginare su vecchi rancori e passate sofferenze.

Spalanco di poco la porta di servizio di questa lussuosa camera e mi assicuro di avere via libera. Percorro il corridoio deserto e quasi completamente buio. I lucernari sono spenti, essendo ormai notte non incanalano più i raggi solari. Al loro posto, le rosse pietre dell'Uno, incastonate su ogni parete laterale, emettono un baluginio aranciato, non permettono di avere un raggio visivo lungo, ma quel tanto che basta a indicare la via verso le varie stanze. Avrei dovuto portarmi appresso un candelabro, ma non importa, quello che i miei occhi non riescono a vedere, lo compensa la memoria.

A non farmi far rumore, attutendo i miei leggeri passi, ci pensano i maestosi tappeti araniani -orgoglio dell'esportazione della famiglia Tarantule di Aranea- che ricoprono i pavimenti del ricco mercante di cui ho abbandonato il letto poco fa.

Quasi nemmeno respiro pur di non rischiare di farmi trovare da qualcuno.

Non manca molto...

«Aiace!»

Una voce mi colpisce alle spalle e il mio cuore comincia a battere all'impazzata.

Ce l'avevo quasi fatta, accidenti all'Uno!

Mi volto e scorgo la moglie di 'Teo. Avanza con una portacero di fronte a sé, la candela illumina il suo viso scarno e spigoloso, che irradia odio da tutti i pori. Gli occhi ovali, dalle iridi verdognole, stretti in una smorfia di disgusto, mi fissano implacabili.

Inghiotto un groppo in gola prima di parlare.
«Signora Leda, buonase-»
Mi interrompe, «È dalla stanza di mio marito che stai uscendo?»

«Io,» Alla fine di questo corridoio ci sono solo le due camere signorili, la sua e quella di Prometeo, quindi è facile fare due più due. «Io-noi stavamo discutendo sugli ultimi dettagli per il viaggio.»

I suoi occhi sono stretti in due fessure.
«Non offendere la mia intelligenza, Aiace.»
Sospiro, devo cercare di essere più convincente.
«Signora, i-»

Alza una mano per interrompermi.
«Non aggiungere nient'altro. Ti ricordo che è sposato! Per amore dell'Uno!»

Abbasso la testa e stringo i pugni, ormai è inutile provare a mentire. Ha ragione, ma io e lui ci amiamo, invece a lei non è mai importato nulla di suo marito. È stato un matrimonio di convenienza.
«Lo so, lo so, credetemi, mi dispiac-»

Mi rivolge uno sguardo colmo di disprezzo e disgusto.
«Basta, fermati, non me ne faccio niente del tuo dispiacere! Torna nelle tue stanze! L'Uno non voglia che qualcuno venga a conoscenza di questa storia! Hai idea di che fine farebbe la nostra reputazione?!»
«Io-»

Di nuovo alza la mano per zittirmi.
«No! Spero per te che non ti farai mai più trovare in una situazione del genere, disgustoso invertito! Lui è mio marito!»

Prendo coraggio, ormai il danno è fatto.
«Mia Signora, mi dispiace, ma...» Tenta di silenziarmi un'altra volta, preso dalla rabbia non mi fermo. «Ma noi ci vogliamo bene e io non minaccio e non minaccerò mai il vostro status di moglie, sono e rimarrò per sempre solo un'ombra...»
Alla fine mi si spezza la voce.

Mi sorpassa spedita, senza guardarmi in viso, ignorando le mie ultime parole. Soltanto prima di voltare l'angolo, si volta, sorridendomi maligna, poi infierisce con un'ultima stoccata.
«Ah, se fossi in te incomincerei a valutare un possibile nuovo lavoro, non si sa mai... Non vieni forse da Ignis? Non ti manca casa tua?»

Il mio cuore si ferma.
«Che cosa vorreste dire con questo?»

Non mi degna di una risposta, ma continua a guardarmi soddisfatta.

Ritento, tante mogli convivono con la seconda vita del proprio marito in cambio di altre concessioni.
«Mia Signora, non è un capriccio il nostro! Mi dispiace che siete venuta a scoprirlo così, ma noi non saremo i primi, né tantomeno gli ultimi a intessere relazioni nascoste! Giuro sulla mia vita che non vi metterò mai in ridicolo! Siamo sempre stati attenti!»

«Pensi veramente che non l'avessi capito già da un po' di voi due?» Ride. «Mi ha sempre fatto orrore l'inclinazione di mio marito, non è naturale, non mi interessa se crede di amarti, gli passerà.» Torna sui suoi passi, accarezzandosi il ventre in maniera ostentata, con un sorriso vittorioso sulle labbra. «Attendevo soltanto di avere il potere di fargli cambiare idea.»

La guardo sempre più scioccato.
«Cosa intendete?»
Di nuovo si accarezza il ventre, enfatizzando il gesto.
«Se tutto andrà come previsto, di ritorno dal tuo viaggio, avrai una bella sorpresa, ho atteso apposta che uscissi dal letto di mio marito per avvisarti.»
Se ne va, ridendo come una bambina dopo aver fatto una marachella.

Io rimango impalato sul posto, interdetto. A testimoniare il suo recente passaggio, rimane solo una dolciastra scia di profumo.

Cosa voleva insinuare? Prometeo non rinuncerebbe mai a noi, nemmeno se lei fosse davvero incinta... credo. Spero.

Finalmente raggiungo la mia stanza, mi sento esausto. Spalanco piano la porta e la richiudo alle mie spalle. È esattamente come l'ho lasciata qualche ora fa. Il letto sfatto, una spada abbandonata sul tavolo, accanto alla finestra, con a fianco il fodero, la porta dell'armadio spalancata. In realtà, però, niente è più come prima. Sospiro, una volta tornato dal viaggio dovrò discuterne con 'Teo. Il pensiero di perderlo...

No!

Mi dirigo nel mio piccolo bagno privato per darmi una sciacquata, prima di stendermi. Accendo le candele del candelabro appoggiato sul mobiletto, faccio scorrere un po' di acqua tiepida nel catino sotto allo specchio e mi detergo mani e viso. Mi osservo un attimo, la barba chiara si è allungata parecchio, devo accorciarla. La folta criniera bionda è senza un senso, indomabile e gli occhi nocciola sono contornati da profonde occhiaie a causa del poco sonno. Dovrei decisamente provare a dormire di nuovo, manca così poco all'alba.

Mi trascino stanco sul letto e chiudo gli occhi. Non passa molto tempo che il sonno prevale sulle veglia e sulle preoccupazioni.

*

Le prime luci dell'alba penetrano dalla finestra lasciata scoperta, svegliandomi. Ci metto un po' a prendere coscienza e quando finalmente le mie capacità mentali si districano dall'obnubilamento del sonno, mi alzo. Tutto ciò che è successo stanotte mi crolla di nuovo addosso, ma non posso fermarmi, devo far fronte ai miei doveri.

Spazzolo e raccolgo i capelli in una piccola coda per rendermi presentabile, indosso vestiti puliti, fisso la spada al fianco e mi dirigo normalmente verso la Sala da pranzo del mio amante e datore di lavoro -chissà ancora per quanto- per consumare una veloce colazione prima di partire.

Oggi dovrò accompagnare e proteggere un carico di preziose spezie feliniane in viaggio verso la vicina Cauda. Fortunatamente non sarà un lungo tragitto, ci impiegheremo due settimane, massimo tre e poi potrò tornare a casa da 'Teo. Ieri sera ci siamo salutati come si deve, ma mi mancherà e dopo quello che ha detto sua moglie...

Scuoto la testa, cercando di dissipare i brutti pensieri. Non è il momento per rimuginare. Saluto i domestici che mi preparano da mangiare, consumo veloce il pasto e mi dirigo verso le stalle a salutare la mia cavalla Vespera. È bellissima, ha il manto bianco e grigio, il muso diviso perfettamente dalle due sfumature quasi stesse indossando una maschera. Ne sono stato attratto fin dal primo istante in cui l'ho scorta, ancora puledra. Mi sembrava quasi di rispecchiarmi in lei, perché anche a me pare sempre di indossare una maschera.

Quando mi sente arrivare inizia a scalpicciare nel suo box. Le porgo una carota che accetta e che sgranocchia felice mentre l'accarezzo.

«Ciao, bella. Tra poco dobbiamo partire.»

Terminato lo spuntino la preparo, sistemo sella e redini e la porto fuori in attesa che i domestici finiscano di caricare il carro. Antenodoro e Demetrio, due gemelli mercanti Superiori, mi salutano con un cenno del capo.

«Ben arrivati.»

È Antenodoro a rispondere, Demetrio rimane sempre abbastanza sulle sue.
«Sgià-sgià. Tu scei pronto a partire? Attalo invesce?»
La cadenza feliniana è prepotente nel loro modo di parlare.
«Tra poco arriva, sapete che è un dormiglione.»

Poco dopo, sbadigliando, fa la sua comparsa Attalo. I suoi capelli corti, dorati, hanno impresso ancora la piega del cuscino. Si stropiccia gli occhi, fino a quando le sue iridi rossastre incominciano a mettere a fuoco me e i gemelli.
«Ah, siete già tutti qui?»

«Scei in ritardo, ragazzo! Muoviti! Partiamo!»
Salgono poi entrambi sul carro.

Mi sistemo sulla groppa di Vespera, la quale è vogliosa di iniziare a trottare. Le do una delicata pacca sul possente collo.
«Andiamo, piccola.»

Un leggero colpo alle staffe e precediamo all'istante i nostri compagni. Attalo invece chiude la fila stando dietro alla carovana.

L'unica pausa che facciamo è per consumare un veloce pranzo freddo, poi, in seguito, ci fermeremo solo all'imbrunire per accamparci, mangiare qualcosa e, a turno, dormire. Se riusciremo a mantenere questo ritmo, nel giro di domani sera saremo vicino al fiume e al ponte che ci consentirà di raggiungere il territorio di Cauda. Una volta lì, Antenodoro e Demetrio potranno vendere le spezie di Prometeo e una parte del ricavato lo utilizzeranno per comprare un grosso carico di oli e profumi di cui il paese è il maggior produttore.

Speriamo di fare in fretta e che tutto vada per il meglio, o... forse...

Forse dovrei sperare di metterci più tempo, così da poter rimandare il confronto?
Non lo so... Non so esattamente cosa sperare.

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