6. Cassandra
I cinque ragazzi si avvicinano con atteggiamento predatorio. Ombrus scalpiccia sul posto nervoso, piccole nuvole di polvere si alzano a causa degli zoccoli.
Vorrei intervenire, vorrei fare qualcosa di concreto; provo a parlare per tentare di mediare, ma mi fuoriesce dalle labbra soltanto una voce insicura e spaventata: «Mio fratello stava solo scherzando, per favore, l'unica cosa che vogliamo è tornare a casa senza dare fastidio a nessuno!»
Mi ignorano, come se non avessi parlato...
Aleggia un silenzio innaturale attorno a noi. I pochi clienti del locale sgangherato si stanno godendo la scena da dentro, al sicuro. Le povere casupole attorno sembrano invece prive di vita. Sono tutti ben consapevoli che in questi casi è meglio farsi i fatti propri.
«Cass!» sibila Ettore, scocciato, invitandomi a: "chiudere il becco".
Mi porge le redini, smonta e si para davanti a me.
Accidenti, si mette male!
«Avanti, fatevi sotto! Non mi fate paura!»
Si scrocchia le mani con fare spavaldo, mentre il gruppetto, fra schiamazzi e parole volgari, comincia ad accerchiarci. Io non so né come aiutarlo né cos'altro dire per tentare di allentare la tensione.
Ho il cuore tachicardico, un groppo in gola, il cervello paralizzato e un velo di sudore freddo mi ricopre la schiena appiccicandomi addosso i vestiti. Mi sembra quasi di assistere alla scena da un'altra prospettiva, al di fuori del mio corpo.
Odio sentirmi così sopraffatta, debole e, soprattutto, inutile.
Quando le cose sembra che stiano per degenerare, una voce interrompe lo svolgersi degli eventi.
La sua voce... sia ringraziata la Domina!
«Cosa sta succedendo qui?»
Ares, sporco e impolverato, di sicuro appena uscito dal lavoro, si avvicina stringendo i pugni. Sulla spalla porta la logora sacca di pelle che si trascina sempre dietro per il pranzo. Incede rigido, i muscoli in tensione ancora più evidenti al di sotto della leggera casacca.
«Ae!»
Uno squittio impaurito sfugge traditore dalle mie labbra. In un attimo, gli occhi glaciali del nostro amico si soffermano su di me, esaminandomi. Soltanto un suo leggero e fugace cenno del capo riesce a placare in parte il mio cuore impazzito. Torna poi a concentrarsi sugli uomini di fronte a lui, soppesandoli.
«Oh, è arrivato anche il tuo amichetto, contadinello? Vorresti giocare anche tu con noi?»
A parlare è sempre e solo uno di loro, quello che credo sia una specie di "capo". L'ho già visto, ma non mi ricordo come si chiama. È alto, snello e muscoloso, ma con un qualcosa che gli dona un'aria un po' malaticcia. Quando apre la bocca si nota che gli mancano diversi denti, nonostante la sua giovane età. Gli occhi sono spenti, blu e cerchiati da profonde occhiaie. La pelle è secca, tirata. I capelli stopposi, di un color prugna slavato, rimangono appiccicati alla fronte per via dell'unto.
Gli altri mi sembrano tutti uguali uno con l'altro: capelli scuri, occhi cupi, ma forse sono io che non riesco a fissarmi su altri dettagli, perché la mia attenzione è rivolta verso quello che parla, verso colui di cui seguiranno gli ordini.
«Ettore, che sta succedendo?»
Mio fratello, senza distogliere lo sguardo dai suoi avversari, gli risponde: «Hanno fatto un po' troppo i simpatici con mia sorella, quando sanno benissimo di doversene stare alla larga!»
«Cosa credi, contadinello, di poterci dare ordini?»
Risate sguaiate si diffondono fra i suoi compari, mentre un ghigno minaccioso si fa strada sul viso di Ares. Gli occhi freddi e calcolatori, proprio come quelli di un predatore, sono calmi, ma impegnati a controllare ogni movimento.
«Il mio amico ha ragione, dovete stare alla larga da lei.»
La sua voce è un sibilo che percorre la mia schiena, riempiendola di brividi, ma questa volta di piacere. Un carezza calda che coccola il mio cuore impaurito.
«Oh, un *Pupillos che crede di essere chissà chi! Ti senti solo? Vuoi unirti a noi? Guarda che ce n'è anche per te!»
Di nuovo risate.
Ares, con ancora in mano la sacca del pranzo, si avvicina lento, ma con passo deciso, verso il suo interlocutore. Parla con tono sicuro, «Se proprio hai voglia di alzare le mani, ci sarebbe un modo molto più divertente e che almeno ci farebbe guadagnare tutti, beh... almeno a noi.»
«Che cosa intendi dire con questo?»
Il ragazzo si fa subito più attento; non appena si parla di denaro, qui a Inferius, tutti immediatamente si interessano.
«Semplice, domani sera, all'Inkubus, con un incontro la risolviamo. Chi vince si prende i soldi.»
Lo sdentato si lecca le labbra, «E la ragazza.»
La mascella di Ares si tende, i pugni si stringono ancora di più, portando in rilievo le vene, ma, prima che possa dargli una risposta, è mio fratello a sbottare: «Lei non c'entra niente!»
Ettore prova ad avventarsi sull'uomo. Con un braccio, Ae lo trattiene e riprende in mano la situazione, «Cassandra è fuori dalla discussione, o si fa così, o ce la vediamo adesso.» Poi sogghigna beffardo, «In questo modo però tu potresti rischiare di perdere quei due denti che ti restano senza averci guadagnato un bel niente sopra!»
Il ragazzo, fuori di sé, viene trattenuto dalla sua combriccola, «Oppure potremmo pestarvi adesso e prenderci la ragazza senza tante cerimonie. Noi siamo in cinque, fossi in te non farei tanto il galletto...»
A quella minaccia, mi risale un reflusso acido che brucia l'esofago.
Ares abbandona la presa su Ettore e tutti e due si pongono di fronte a lui minacciosi. È di nuovo il nostro amico a interporsi, mi sembra quasi che quelle iridi glaciali possano prendere fuoco da un momento all'altro, talmente sprizzano odio, «A vostro rischio e pericolo.»
Di nuovo con tono basso e minaccioso.
La tensione si potrebbe tagliare con un coltello. Sembra tutto sospeso, in attesa.
Il bruto, con gli amici disposti ai lati a fargli da spalla, prende una decisione: «Va bene, poveracci. Ci vediamo domani sera all'Inkubus, ma la posta in gioco sarà molto alta. Vi converrà svuotarvi le tasche!»
Sputa ai piedi dei miei difensori e con il resto del gruppo torna dentro alla baracca a bere. Alla fine l'aspettativa per il denaro, per il possibile guadagno, l'ha avuta vinta su tutto.
Un sospiro lascia le mie labbra. Quasi la testa inizia a girarmi dopo questo improvviso calo di adrenalina.
Sia ringraziata la Domina!
In un mesto silenzio, io a cavallo, i ragazzi a piedi, ci avviamo a Parvus, verso casa nostra. Una volta arrivati, Ares mi porge una mano per smontare da Ombrus. Ringraziandolo, afferro di nuovo le redini e conduco il mio destriero sul retro della nostra abitazione, dove si trova la sua piccola stalla. Lo libero e gli do da mangiare prima di andarmene.
Quando ritorno da loro, i ragazzi smettono di discorrere e mi osservano. Il primo a rivolgermi la parola è Ares, «Stai bene, Cass? Petro è solo un povero stupido!»
Gli sorrido grata, perché se non fosse stato per lui...
«Sì, grazie.»
Si avvicina, mi scompiglia i capelli e mi avvolge fra le sue braccia.
«Per te, questo e altro!»
Il suo respiro caldo mi soffia sul capo, rendendomi di gelatina nella sua stretta possente.
Rapida, lascio che le mie ciocche argentate, sciolte, mi coprano il viso, e tento di nascondere ancora meglio il rossore appoggiandomi al suo petto.
Domina mia, quando mi parla così mi fa quasi sperare...
«Ehi, guarda che sono stato io a prendere le tue difese!»
La voce lamentosa di mio fratello mi riporta alla realtà e, a causa dello stress accumulato, perdo le staffe. Mi stacco da Ares e mi fiondo su Ettore, iniziando a percuoterlo con la mia scarpina come arma.
«Le mie difese?! Io ti avevo chiesto di lasciar perdere! Volevo solo tornare a casa! Brutto idiota che non sei altro!»
Ae mi afferra per la vita, mi trascina via da lui, accarezzandomi di tanto in tanto per tranquillizzarmi.
«Calma, ora calmati! Hai ragione, però anche tuo fratello l'ha fatto solo perché ti vuole bene.»
Il suo sussurrare, le sue mani su di me, il fiato che mi accarezza il collo, il suo odore mascolino di sudore spezzato dal profumo persistente della calendula, tutto mi provoca mille emozioni diverse. Il cuore ricomincia di nuovo a palpitare all'impazzata. Lo stomaco si imbriglia. La saliva si azzera. Mi immobilizzo.
Lui nota che il mio corpo non oppone più resistenza, crede di avermi sedata e mi lascia andare. Non si rende nemmeno conto dell'effetto che mi fa, né di avermi abbandonata in uno stato di agitazione, forse, addirittura peggiore rispetto a quello di prima.
«Grazie, fratello!»
Non appena Ettore pronuncia quelle parole, si guadagna uno scappellotto da parte dell'altro.
«Guarda che ha ragione! Cosa credevi di fare da solo contro cinque! Ringrazia la Domina che ti stavo cercando!»
«Ehi!»
Mio fratello si massaggia imbronciato il collo. Io scuoto la testa fra me e me, esausta ed esasperata dal suo comportamento.
Con la speranza di avere intorno ancora un po' quel gioiello di amico che ci ritroviamo, provo a invitarlo: «Vuoi fermarti a mangiare con noi?»
Mi sorride, «No, grazie. Devo tornare a casa, stamattina ho promesso a mamma di aiutarla.» Mi lascia un tenero bacio sul capo, prima di rivolgersi a mio fratello, «'Tore, allora ci vediamo domani sera, tieniti pronto e cerca di stare fuori dai guai!»
Ettore gli fa una smorfia, «Sì, certo! Comunque, ti ricordo che papà stanotte metterà i nostri nomi in lizza per entrare nell'esercito.»
L'espressione di Ares si accende, «Bene, secondo te quando sarà la prova?»
«Non sono sicuro, ma credo la mattina dopo l'Inkubus, queste liste non ci mettono molto a riempirsi.»
«Accidenti all'Uno!» impreca Ae, portandosi una mano alla fronte.
'Tore sogghigna e alza le spalle, «Non possiamo farci niente.»
«Lo so, vorrà dire che almeno dovremo cercare di non farci spaccare la faccia!»
Entrambi scoppiano a ridere, io alzo gli occhi al cielo, mordendomi la lingua. Ormai li conosco, una volta che decidono di fare qualcosa, è impossibile fermarli.
Salutiamo Ares, mio fratello rientra e io rimango impalata, ferma sul primo gradino del mio portico a fissare inebetita quel magnifico ragazzo tornare a casa. Le spalle larghe, dritte, la sacca che gli penzola dietro e che sbatte a ritmo della camminata.
Mi piacerebbe capire se, ogni tanto, capiti anche a lui di pensare a me in un modo più profondo.
Forse dovrei soltanto prendere la forza e farmi avanti, buttarmi e vedere cosa succede, ma per farlo bisognerebbe essere provvisti di una buona dose di coraggio, cosa che io non ho.
E se dovesse rifiutarmi? Come potrei ancora continuare a parlargli? O anche solo riuscire a guardarlo di nuovo in faccia!
«Cassandra! Che fai ancora fuori?»
Scuoto la testa, la stupida voce di mio fratello mi ha riportata sulla terra, «Arrivo!»
Sospiro, stufa, ed entro in casa. Ho una pila di panni sporchi che mi aspettano in bagno, in attesa di essere lavati.
Non so decidere se odio di più usare ago e filo alla "Bottega della Moda" o fare i lavori di casa. È una bella sfida, ma posso concludere che detesto la mia vita!
Quanto vorrei essere nata dall'altra parte della Galleria, sotto al Sole di Superius, invece di stare di Sotto. A quest'ora, magari, sarei servita e riverita, in mezzo al lusso e agli agi, senza alcun tipo di pensiero...
Basta fantasticare! È ora di tirarsi su le maniche!
*Pupillus= orfano
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