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24. Nausicaa

"«Potere. Il potere è la capacità di ottenere quel che si vuole. Il potere è la capacità di essere colui che prende le decisioni. E come si conquista il potere?»
«Il potere è di chi se lo prende.»"

Cit Madoc, Il re malvagio, Holly Black

«Mi raccomando, Nausicaa, cerca di non comportarti in maniera avventata mentre sono via e prenditi cura di tua sorella.»

Alzo gli occhi al cielo un po' irritata, ma poi sorrido e abbraccio papà, «Non preoccuparti e fai attenzione lungo il tragitto.» Lui mi accarezza il capo e poi abbraccia Penny, «A presto, piccola.»

Prima di salire si rivolge a Tancredi, «Donicus, conto su di te per tenerle al sicuro mentre sono via.»

Il comandante, poco dietro di noi, si inchina, «Come sempre, mio re.»

Papà rivolge un ultimo sguardo a Paride, il quale si inchina silenzioso, poi si ritira in carrozza e, con tutto il seguito, si mette in marcia.

Sospiro, sono in pensiero per quello che l'Unum avrà da comunicargli, ma devo mettermi in testa che è inutile continuare a rimuginarci sopra. Mi dirigo verso la scalinata d'entrata, seguita da mia sorella, quando Paride mi blocca, afferrandomi il polso. «Vieni con me?»

Nel frattempo scorgo sopraggiungere Ares ed Ettore con indosso le loro nuove divise. Si affiancano a Tancredi. Mi sento osservata sia da loro che da Penelope ed è infine lei a "salvarmi" dall'impiccio, «Nanà, mi avevi promesso di venire a darmi un consiglio sul mio abito per il ballo, ti ricordi che sono indecisa?» Mi prende sottobraccio.

Dentro di me la ringrazio per avermi coperta, «Ti chiedo scusa, cugino, magari domani?»

Mi sembra di scorgere i suoi lineamenti irrigidirsi, le pupille stringersi, ma è solo un attimo fugace. «Non c'è problema, divertitevi.» Lascia andare la presa sul mio polso. Io e Penny ce ne andiamo. Percepisco una marea di occhi diversi puntati sulla mia schiena. Una volta entrate, percorriamo svelte i corridoi, fino a giungere dentro alla mia camera, al riparo da occhi e orecchie indiscrete, dove la posso ringraziare.

«Perché mi è parso di percepire qualche strana vibrazione fra te e nostro cugino?»

Esito qualche secondo prima di risponderle. Nemesi ha il tempo di entrare attraverso il balcone, mia sorella, sempre felice di coccolarla, inizia a grattarle il capo.

«Prima giura di non dirlo a nessuno, nemmeno a papà.»

Mi osserva seria, gli occhioni blu spalancati, smette persino di dedicare attenzione al leopardo, poi annuisce.

«Paride ieri sera mi ha baciata e mi ha chiesto di diventare sua moglie.»

Rimane a bocca aperta, si lascia cadere sul mio letto. Io prendo posto accanto a lei.

«Che notizia! E tu? Cosa provi al riguardo? Te lo aspettavi? Sei felice?»

Scuoto la testa, pensierosa.
«Io non avevo capito che provasse qualcosa per me ed è pur sempre nostro cugino... anche se non sarebbe la prima volta che due ricchi Superiori, imparentati, decidono di sposarsi.»

Penny annuisce, «Quello che conta davvero è se tu pensi che potresti sentirti a tuo agio a condividere la vita con lui.»

La guardo e sorrido mesta, «Posso aspettare a prendere la mia decisone dopo il ballo, dopo aver sentito le altre proposte, ma non credo di riceverne una migliore... Per lo meno lui lo conosco e mi vuole bene. In effetti sarebbe una buona soluzione per tutti.»

Lei annuisce e mi stringe la mano, sorridendo «Sei la persona più forte che io conosca, so che farai la cosa giusta.» Poco dopo si mette a sghignazzare, «Hai ancora tempo prima dell'allenamento, ora sei costretta a venire con me veramente. Oh, quanti abiti indosserò!»

Mi unisco alla sua risata, «Andiamo, prima che cambi idea!»

***

Mi sto spogliando nella casupola d'allenamento, quando la porta improvvisamente si apre e compare la testa di un imbarazzato Ares. Il ragazzo tenta di fare marcia indietro, inciampandosi sugli scalini, «Vi chiedo scusa, vostra Altezza, non sapevo che vi stavate cambiando... io... non volev—»

Lo interrompo, ridacchiando, «Ares, non ti devi preoccupare, non sono nuda, non mi hai mancato di rispetto, entra, davvero.»

Lui esegue, con la pelle lattea del viso più rosa del solito a causa della vergogna.

«Gli altri dove sono?» chiedo per provare a distrarlo.

Si schiarisce la gola, «Il comandante ha ordinato a Ettore di andare a procurarsi delle spade di legno per cominciare.»

Annuisco, «E Tancredi?»

Lui alza le spalle, «Non me l'ha detto, mi ha solo ordinato di raggiungerti, Eleno oggi non c'è.»

Nemesi, che fino a poco prima era rimasta appollaiata sul ring, scende e, con movenze sinuose, si avvicina al ragazzo che non conosce.

Ares, che evidentemente subito non l'aveva notata, si irrigidisce.

«Non ti spaventare, non ti aggredirà, è solo curiosa.»

«Curiosa, dici?» Parla con un filo di ironia, condita da una nota di tensione.

Poi fa una cosa per me inaspettata, prende un respiro, si china piano e allunga le mani, con i palmi rivolti verso l'alto. Nessuno sconosciuto ha mai reagito così in sua presenza, di solito tendono tutti a rimanere impalati in piedi.

Nemesi dapprima si blocca, poi riprende a camminare verso di lui, gli annusa cauta le dita, fino ad arrivare vicino al viso. Il moro rimane sempre immobile. Infine lei, con mio stupore, comincia a strusciarsi contro di lui, facendogli perdere persino un poco l'equilibrio a causa della mole, per poi tornare verso le mani. Ares, con movimenti lenti, gli accarezza il capo e lei sembra gradire.

«Per l'Uno!» Non posso fare a meno di esclamare, «É raro che si faccia coccolare da qualcuno che non ha mai visto prima, le devi piacere parecchio! Di solito si limita a finire l'ispezione e ad andarsene.»

Il ragazzo sorride di sbieco, «Non mi conosci ancora, ma ho molte qualità, principessa.»

L'inflessione che mette per calcare quel titolo mi causa un brivido, mi fa venire la pelle d'oca, solo per un attimo. «Sei un po' pieno di te, voglio vedere se manterrai questa sicurezza anche dopo l'allenamento con me.» Sorrido, un po' sadica.

Lui sghignazza e, sempre accarezzando il mio leopardo, si siede a terra. «Hai mantenuto la promessa con Ettore, ti ringrazio.»

Scrollo le spalle, «Non ce n'è bisogno, non è niente in confronto a quello che hai fatto tu per me.»

Per un momento cala il silenzio e con esso un poco di disagio. Lo osservo, il braccio scoperto tatuato che accarezza avanti e indietro il pelo di Nemesi, i muscoli che si tendono ben definiti. Noto solo ora che la pelle al di sotto del disegno non sembra liscia, ma è come se il colore nero nascondesse al di sotto qualcos'altro, una cicatrice forse?

La sua voce mi riscuote, è tentennante «Chi era l'uomo che ti ha bloccata oggi, mentre stavi rientrando con tua sorella? Se posso chiederlo.»

Abbasso lo sguardo e mi mordo le labbra, «Mio cugino, Paride.»

Lui mi pare un poco stupito, «Non mi aveva dato quell'impressione.»

Improvvisamente sento caldo, «Lui—»

L'entrata in scena di Ettore mi salva da ulteriori spiegazioni.

«Principessa!» urla per salutarmi. Le spade di legno quasi gli cascano a terra dopo aver notato la presenza del leopardo.

Io ridacchio, «Ettore, ti presento Nemesi.»

Posa piano le finte armi a terra, poi allunga una mano e schiocca dita e labbra per richiamarla, anche se la voce risulta tremolante, «Vieni qui, gattina, piacere di conoscerti, bella miciona.»

Il felino, che si era scostato dalle carezze di Ares per dirigersi verso il nuovo arrivato, all'esortazione poco lusinghiera, si ferma, alza il pelo e comincia a soffiare indispettita.

Prima che io possa intervenire, ci pensa il pugile: «Ehi! Per la Domina, smettila! Persino un gatto qualsiasi ti aggredirebbe con un approccio del genere!»

Ettore si congela sul posto, «Non sapevo che fossi diventato un esperto di fauna selvatica!»

Siccome si percepisce nervosismo nell'aria, intervengo. Mi muovo, spostandomi al fianco dell'ultimo arrivato, «Nemesi, basta.» Lei smette di emettere quel ringhio soffiato. Afferro una delle mani del ragazzo e lo costringo a piegarsi e ad allungarla, come prima aveva fatto spontaneamente il suo amico. «Vieni qui.» le ordino.

Lei si avvicina, ancora titubante, dopodiché comincia ad annusarlo e, una volta conclusa l'ispezione, se ne va ad accomodarsi sul ring. Lo sguardo attento rivolto verso di noi e la coda a penzoloni.

La tensione nella stanza scema in una risata liberatoria.

Tancredi entra proprio in questo momento.

«Dove sono finito qui? In un parco giochi per caso? Perché sento ridere invece di lavorare?» la sua voce è colma di irritazione.

L'ilarità si spezza, i due ragazzi, in piedi, abbassano il capo: «Sì, signore.» Per poi cominciare con il riscaldamento.

Io lo osservo pensierosa, non è normale per lui un approccio così burbero per una sciocchezza, soprattutto quando ci alleniamo qui.

Poggio le mani sui fianchi e lo osservo: «Cosa ti prende?»

Non mi guarda negli occhi e, scacciando la mia domanda con una mano, mi risponde: «Altezza, non perdete tempo e unitevi agli altri.»

Stringo gli occhi e incrocio le braccia, impuntandomi, «Deve essere successo qualcosa di particolare per farti perdere la pazienza così, per favore, dimmelo, magari posso fare qualcosa.»

Scuote la testa e si porta una mano alla fronte. Sospira preoccupato prima di parlare, «Te l'avrei detto a fine allenamento, ma non puoi fare niente, nemmeno tu.»

Questo passaggio dal "voi" al "tu" di fronte ai cadetti mi fa insospettire ulteriormente.

«Oggi tuo padre avrebbe dovuto presiedere il Concilio, per discutere delle tasse, ma l'ha annullato vista la convocazione urgente.» Stringe i pugni nervoso, Ares ed Ettore non fiatano nonostante gli esercizi, «Parmenide è riuscito a convincere tutti i membri che non si poteva aspettare, tra meno di mezz'ora si riuniranno e, senza la presenza del re, il risultato sarà sicuramente a sfavore degli Inferiori. Nemmeno gli Innovatori, o almeno non tutti, si opporranno a una maggiore tassazione se questo andrà in loro favore.»

La rabbia divampa, originandosi dal mio stomaco, «Questo è tradimento bello e buono!»

Tan scuote la testa, «No, cavilleranno su qualche problematica, facendola risultare più grossa per renderla grave abbastanza da giustificare ciò che stanno attuando e l'unica cosa che potrà fare tuo padre al suo ritorno sarà multarli e sospenderli dal Concilio per un po', ma intanto avranno ottenuto ciò che vogliono.»

Persino i cadetti si fermano e ci osservano inorriditi, io prendo un respiro prima di parlare, «Perché hai detto tutto questo di fronte a loro?»

Il comandante scrolla le spalle, «Una volta terminato il Concilio, tutta la popolazione saprà che avranno deliberato senza il re, non sarà un segreto.»

Poco a poco prendo consapevolezza di ciò che sta succedendo, «Vogliono minare l'autorità di papà, ma perché? Bisogna richiamarlo! Qualcuno deve andare ad avvertirlo!»

Tancredi mi rivolge uno sguardo sconfortato, «Perché credi che Eleno non sia qui ad allenarsi? È lui che ho subito spedito... ma non riuscirà mai ad arrivare in tempo con il re.»

Cerco di respirare, per calmarmi e ragionare, fino a quando mi tornano in mente le parole della Maxima: "Non ho detto che vi troviate in una situazione semplice, ma in una posizione più favorevole rispetto ad altre. Possedete abbastanza volontà per lottare?"

Prendo una decisone, non ho idea se migliorerò o peggiorerò la situazione, ma devo pur provare a fare qualcosa per la gente come An, Ares... e poi non posso permettere che si facciano beffe di mio padre.

Mi volto verso Ettore, «Corri a palazzo, trovami Andromaca e aspettatemi nelle mie stanze, dille di preparare il mio abito nero e il corsetto, lei intuirà che cosa mi serve.»

Il ragazzo non esita un istante, si inchina e parte correndo.

Tancredi mi osserva con espressione confusa, «Perché? Cosa vuoi fare?»

Lo guardo decisa, «Non permetterò tutto questo, parteciperò io al posto di mio padre, gli eredi dopotutto lo fanno di solito.»

Il mio mentore sgrana gli occhi, «Gli eredi maschi, Nausicaa! Non te lo lasceranno fare!»

Sorrido, «Non mi presenterò da sola, al mio fianco ci sarà Nemesi e voi, se ve la sentite...»

Tancredi scuote la testa: «È una sciocchezza, ti prenderanno ancora più di mira! Non aiuterai tuo padre creando questo scandalo.»

Il cuore batte inferocito, la paura di star prendendo la decisione sbagliata mi attanaglia le viscere, tento di mantenere ferma la voce: «Se non aiuterò papà, almeno avrò provato ad aiutare loro, se non lo faccio io, chi? Fino a prova contraria sono la Fenice ufficiale e nessuno può negarlo. Li fermerai se proveranno a non farmi accedere alla sala?»

Tancredi mi stringe le mani nelle sue, «Anche se non sono convinto della tua decisione, non significa che mi tirerò indietro, non permetterò a nessuno di sfiorarti o di intralciarti.»

Gli sorrido e lui continua, «Ma Cordis e Ferdus non sono pronti per questo.»

Ares tossisce ed entrambi ci voltiamo verso di lui, «Se posso permettermi, sarò più che ben disposto a coprire le spalle alla principessa e credo di poter parlare anche per il mio amico. Ce la caveremo, si tratta anche del nostro futuro dopotutto.»

Il comandante si porta di nuovo le mani in fronte, massaggiandosi le tempie. «Bene, non c'è tempo per organizzarsi meglio, punteremo tutto sulla facciata. Cordis, vai a procurare due uniformi con copricapo e spade. Spero vivamente che non si scaldino troppo gli animi...»

Ares esce di corsa, io sorrido a Tan, «Non si arriverà a tanto, non preoccuparti. Sarò conciliante, ma decisa. Voi mi servite come forza di supporto, come Nemesi, per farmi prendere sul serio, ma nemmeno loro oseranno così tanto da mettere in pericolo la mia persona solo per non farmi accedere alla riunione. Chi oserebbe colpire la Fenice?»

Il mio mentore sospira, «Sì, credo tu abbia ragione dopotutto. È solo paranoia la mia.»

Anche noi usciamo e, senza farci notare, ci dirigiamo verso la mia camera.

Quando entriamo, Andromaca mi sorride, sventolando l'abito nero con una fenice rossa ricamata sul corsetto, poi si gira verso gli uomini imbarazzata, «Per preparare la principessa ho bisogno che voi usciate.»

Tancredi ed Ettore ci lasciano il nostro spazio.

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