2. Nausicaa
Giunte di fronte alla sala da pranzo, i domestici, impeccabili nelle loro divise nere, si inchinano e ci spalancano le immense e pesanti porte in legno battuto. Mia sorella mi lancia un ultimo sguardo preoccupato, io tento di rassicurarla, stringendole la mano, prima di entrare.
L'ambiente è abbastanza grande da poter essere usato tranquillamente per pranzare o cenare con una ventina di persone. Il tavolo rettangolare al centro è coperto per la sua intera lunghezza da una tovaglia bianca, bordata di pizzo, anche se in realtà sono apparecchiati solo tre posti, di cui uno a capotavola già occupato da mio padre.
Il re non porta la corona in questo momento, visto la cena informale, ma è abbigliato, come sempre, in maniera elegante. La camicia bianca sotto alla casacca blu, stretta, evidenzia il suo corpo longilineo e mette in risalto la sua carnagione scura. I capelli folti, castani, con qualche filo grigio, sono raccolti all'indietro in una coda. Gli occhi nocciola, stanchi, sono contornati da due evidenti occhiaie e striati ai lati da diverse rughe. Ha un anno in più di Tancredi, ma sembra più vecchio a causa dei dispiaceri e delle preoccupazioni accumulate negli anni.
Non appena ci nota, perde il suo normale cipiglio austero e si apre in un enorme sorriso. Noi ricambiamo chinando la testa in segno di rispettoso saluto.
«Vi prego, figlie mie, accomodatevi.»
I camerieri, pronti, ci scostano le sedie imbottite. Noi prendiamo posto, una di fronte all'altra, entrambe al suo fianco. Nemesi invece si sistema accanto a me e inizia a divorare il bel pezzo di manzo che trova nella ciotola posata a terra appositamente per lei. Di solito preferisce procurarsi il cibo da sola, ma questa sera si accontenta.
La servitù ci serve acqua e vino e io, nonostante debba fare attenzione alla mia fastidiosa e perenne gastrite, decido di concedermi un calice di fresco bianco, perché ho come la sensazione che ne avrò bisogno.
«Serviteci la portata maggiore e poi lasciateci soli.»
La voce potente del re impartisce l'ordine e donne e uomini obbediscono. Poco distante da noi viene deposto un vassoio, con sopra un grosso e succoso arrosto già affettato, affogato nella salsa e accompagnato da patate gialle, patate nere e fagiolini. Il profumo è molto invitante, mi provoca un istantaneo, e poco principesco, gorgoglio allo stomaco. I camerieri proseguono riempiendoci i piatti, per poi rabboccarci un'ultima volta i calici, infine si congedano, concedendoci la riservatezza richiesta.
Nostro padre addenta per primo la carne, lasciandosi sfuggire un verso di profondo apprezzamento.
«Avanti, assaggiate, è buonissimo.»
Attacchiamo anche noi voracemente l'invitante cibo che abbiamo di fronte.
Il tintinnio delle posate è l'unico rumore che ci accompagna, almeno per un po', fino a quando il re prende parola.
«Allora, Penelope, com'è andata la lezione con il maestro?»
Prima di rispondere mia sorella mi guarda, poi torna di nuovo a rivolgersi a nostro padre.
«Come al solito... interessante.»
Mi scappa un singulto. Entrambi si girano verso di me, Penny cercando di trattenere una risata, papà con il suo cipiglio severo.
«Hai qualcosa da aggiungere, Nausicaa?»
«No, niente.»
«Non mi sembrava...»
«Lo sai come la penso sulle lezioni di Socrate.»
«Ricominciamo?»
Mi mordo la lingua per non ribattere, prendo un respiro, un goccio di vino e lascio cadere il discorso.
«Non importa, papà.»
Annuisce soddisfatto.
«Ragazze, volevo avvisarvi che ho intenzione di ingrandire l'esercito. Quindi non vi stupite se in giro noterete un numero maggiore di soldati rispetto al solito.»
Lo osservo indagatrice.
«Come mai?»
Alza le spalle in maniera disinvolta.
«Non fa male circondarsi di sangue nuovo, ogni tanto.»
«Mmm... dimmi perché, papà?»
Posa la forchetta e punta i suoi dolci occhi castani chiari dritti nei miei.
«Diciamo solo che il Concilio ha in mente di farmi approvare qualche manovra che non mi convince... purtroppo, se sarà la maggioranza a volerlo, avrò le mani legate.»
«Sei il re, se non ti va giù qualcosa non lo fai e basta.»
Sospira esausto.
«Lo sai bene che non è così semplice.»
Inarco un sopracciglio.
«Il Concilio dovrebbe imparare a restare al suo posto, può proporre, ma non può emettere alcuna mozione finale.»
«Hai ragione, ma il vero problema è che i Radicati stanno conquistando un maggior numero di consensi rispetto agli Innovatori.»
Abbasso gli occhi nel piatto delusa.
«Questo è un male sia per noi donne che per gli Inferiori.»
«Lo so, tesoro, ce la sto mettendo tutta per contrastarli.»
Torno a guardarlo con un po' di speranza.
«Paride non può aiutarti?»
«Tuo cugino?! Nausi, mangia e lasciamo perdere...»
Lo osservo stupita e contrariata.
«Perché?»
«Davvero, ne parliamo un'altra volta.»
Il re si schiarisce la gola e ingolla un sorso di vino rosso.
Di nuovo silenzio. Penny non ha smesso un attimo di mangiare, stando rassegnata ad ascoltare il nostro dibattito. Io torno a piluccare, fino a quando mio padre parla di nuovo.
«Comunque... non era solo per questo che stasera stiamo cenando soli, c'è un altro motivo.»
Questa volta, entrambe dirigiamo la nostra completa attenzione su di lui, lasciando perdere l'arrosto. Afferro il calice e, quando lo vedo soffermarsi su di me, ingurgito una generosa sorsata per farmi coraggio.
«Nausicaa, è arrivato il momento per te di trovare marito.»
Quasi sputo il delizioso vino che mi si è incastrato in gola, tossisco, annaspando in cerca d'aria. Quando torno a respirare normalmente, guardo fissa mio padre.
«Perché adesso? Ho ancora tre anni prima di essere considerata una *"exclusa" dalla società!»
Mi studia serio.
«Non riesco più a tenere buono il Concilio e l'Unum fa pressione. Io non ringiovanisco e il non avere una nuova Fenice per Ignis lo rende nervoso.»
«Io sono l'Erede, io sono la Fenice!»
Mi osserva preoccupato.
«Nausicaa-»
«No, papà! Posso ereditare il regno, ho le capacità, lo studio! Sono in grado di combattere proprio come te alla mia età!»
«Lo so, figlia mia, cosa credi? Lo so, ma non è questo il punto. Il Trono deve andare a un uomo, come l'Uno ha deciso e fatto trascrivere all'Unum nei suoi comandamenti secoli orsono.»
La rabbia mi accende. L'addome si contrae e lo stomaco si attorciglia.
«L'Uno, l'Unum? Che siano dannati quei maledett-»
La voce di mio padre si fa dura.
«Nausicaa! Chiudi quella bocca! Non essere blasfema!»
Mi conficco le unghie nei palmi.
«Chiudi la bocca? È un'intera vita che devo chiudere la bocca! Dovrei perdere la mia libertà perché un vecchio decrepito a chilometri da qui ha deciso questo per la mia vita!»
Sono livida e senza fiato. Ho sempre saputo che sarebbe arrivato questo giorno, ma credevo di avere davanti a me ancora tre anni di libertà, tre anni in cui avrei tentato di far cambiare idea a tutti mettendo in mostra le mie capacità.
Che illusa...
Osservo mio padre, con una mano si massaggia la fronte contratta da mille preoccupazioni. I suoi occhi nocciola, sempre allegri quando la mamma era ancora in vita, ora, per la maggior parte del tempo, rimangono seri e cupi.
Prima di riprendere parola, sospira stanco.
«Organizzeremo un ballo simbolico la prossima settimana. Verranno uomini dai più disparati Regni per chiedere la tua mano. Già ora sto ricevendo numerose proposte, anche dall'interno, ma vorrei che tu avessi una più ampia scelta... almeno questo volevo concedertelo.»
Non gli rispondo, è inutile. Fiato sprecato. Stringo ancora di più i pugni in grembo, fino a ferirmi i palmi con le mie stesse unghie. Mi sforzo e sotterro dentro di me la rabbia, l'ansia e la disperazione. La mia vita sarà presto posta tra le mani di qualcun altro, come alla fine avevo sempre immaginato.
Nemesi al mio fianco inizia ad agitarsi, la coda si muove da una parte all'altra senza posa.
Pensavo che, giunto il momento, mi sarei messa a piangere, a urlare, a disperarmi. Invece non faccio nulla, ormai allenata, reprimo i miei sentimenti. Ingoio il groppo che mi si è fermato in gola e soffoco tutto, come sempre, giù, in fondo, dove non può far male, schiacciando un senso opprimente di impotenza che rischia di mandarmi nel panico. Solo un alone di pesantezza aleggia sulle mie spalle, insieme a una sensazione soffocante, come quella di un enorme masso annidato sulla gabbia toracica. Mi ci vorrebbe un incontro o l'allenamento per scacciarli.
Ora capisco perché oggi Tancredi non ha voluto dirmi niente...
Quando mio padre tossisce per richiamare di nuovo l'attenzione, sollevo gli occhi che, non mi ero accorta, stavano di nuovo puntando sul piatto. Noto, fugace, lo sguardo preoccupato che Penelope mi rivolge, prima di focalizzarmi su di lui.
«Ragazze, non è tutto-»
Serro la mascella.
«La mia vita che va a rotoli non basta?!»
Forse rispondo con più acidità di quanto avrei dovuto, alla fine lo so che tutto questo non dipende da lui. Tutti i Dieci Regni sono condizionati e rendono conto all'Unum. Tenuti insieme e soffocati dalle spire della nostra bigotta religione.
Di nuovo sospira, prima di ricominciare a parlare.
«Dovete tenervi pronte al fatto che, probabilmente, durante l'evento mi verranno offerte anche delle proposte di matrimonio per quanto riguarda te, Penelope-»
Spalanco gli occhi, il respiro si ferma, ma il mio corpo scatta alzandosi. La sedia dietro di me produce un rumore sinistro mentre gratta sul pavimento di lucido marmo beige. Nemesi si alza rapida con me.
«NO!»
La mia voce è quasi un urlo d'angoscia.
Mio padre si alza a sua volta.
«Nausicaa, siediti!»
«No, padre, questo non te lo permetto! Dannazione! Ha solamente quindici anni! No, questo non lo permetterò!»
«Nanà,» La voce delicata di Penny mi interrompe e mi distrae, «non ti preoccupare per me. Se devo farlo, lo farò. Alla fine sono stata educata e allevata per questo, no?»
Le mie povere orecchie sanguinano a sentirle pronunciare quelle parole, una furia incontrollata divampa di nuovo dentro di me.
«Penny, cosa diamine stai dicendo?! Hai quindici anni, maledizione! Potresti vivere ancora dieci anni almeno in pace, senza che qualcuno ti aliti sul collo o ti riempia di bambini! Dieci anni di libertà, capisci?!» Mi interrompo solo per riprendere fiato, «Oltretutto sei una secondogenita, con un po' di fortuna potresti tirarla talmente tanto alle lunghe da non doverti sposare mai! Meglio essere una exclusa ricca che una moglie! Per la Domina, lo comprendi questo?!»
Si zittisce e gli occhi le si colmano di lacrime in procinto di scaturire.
Il re alza una mano per tentare di calmare gli animi, ma la mia rabbia ormai è esplosa, un conto è dover rinunciare alla mia di libertà, un conto è pensare alla mia piccola sorella in mano a qualche disgustoso uomo.
«Nausicaa, ora siediti, basta!»
«No, papà! Questo non te lo permetto, non lei! Non è necessario!»
Il suo sguardo si fa severo e austero.
«Ho detto di sederti!»
«Chi me lo sta ordinando? Il re o mio padre?»
Gli riservo uno sguardo deluso, colmo di sfida, e lui ammorbidisce i lineamenti, rattristandosi.
«Tuo padre, ovviamente, Nausi...»
«Bene.»
Scosto la sedia in preda alla rabbia e do loro le spalle.
«Dove stai andando? Devi ancora finire di mangiare!»
«Mi è passato l'appetito, padre. Nemesi, vieni!»
Mi dirigo verso l'uscita, tallonata dal leopardo. Lui prova ancora a trattenermi.
«Nausi-»
«NO! Per stasera ne ho avuto abbastanza!»
Apro e chiudo la porta senza guardarmi indietro.
Mi sembrava quasi di non poter più respirare lì dentro.
Ci dirigiamo verso la mia camera. Non faccio nemmeno caso alle guardie di fronte alla stanza che mi accolgono, inchinandosi. Mi rifugio dentro, chiudo a chiave la porta e mi ci appoggio sopra. Sono esausta, ma non soltanto per l'allenamento di oggi, soprattutto per quello che sono appena venuta a sapere.
Controllo il mio anulare sgombro, senza un anello a imprigionarlo. Vado verso l'imponente e preziosa specchiera per osservarmi, appoggio le mani sul ventre ancora piatto e intatto.
Chissà per quanto ancora lo sarà...
Presto qualcuno mi vedrà soltanto come una sforna-eredi. Verrò rinchiusa fra queste mura. Relegata a crescere la mia prole. Senza libertà di movimento.
Senza libertà di parola...
Mi manca il respiro...
Inspiro ed espiro lentamente.
Devo riprendere il controllo. Nemesi si avvicina sfiorandomi delicata. Il suo tenue contatto mi calma. Mi riporta al presente.
Papà ha detto che mi lascerà scegliere il marito... bene. Vedrò di trovare qualcuno di malleabile, per poterlo manovrare a piacimento. Sì, potrebbe essere l'unico modo per conservare un po' di potere qui dentro.
Magari, così facendo, potrò tenermi Penny vicina e proteggerla. Per sicurezza però dovrei portarla con me agli allenamenti con Tan. Non le piacciono ma -per la Domina!- se li farà piacere! Deve assolutamente imparare a difendersi, almeno le basi. Ha solo quindici anni, ma non è più una bambina. Gli uomini iniziano a vederla e la maggior parte solo come un pezzo di carne su cui conficcare gli artigli. Sarò egoista, ma se la saprò in grado di guardarsi le spalle, potrei forse vivere più serena.
Mi riscuoto. Inizio a togliermi di dosso il vestito e, con un po' di fatica, il corsetto.
Così si respira decisamente meglio.
Indosso una tunica da notte in seta e mi infilo a letto, poco dopo vengo raggiunta da Nemesi. L'abbraccio e inalo il suo dolce odore ferino. Il mio cuore si placa. Il suo ronfare in sottofondo mi rilassa.
«Oh, Neme. Non voglio sposarmi...»
Così, al buio, accoccolata al mio leopardo, permetto a silenziose lacrime di sfuggire al mio controllo. Il tragitto è breve, una lingua rasposa, pronta a raccoglierle, le fa sparire, cancellandone ogni traccia salata dietro di di sé.
*exclusa: zitella
*Uno: L'unico Dio (maschio) in cui i Superiori credono fermamente
*Unum: colui che è a capo della religione e che parla a nome del Dio Uno. La massima carica che un uomo può ottenere ne "La Terra Dei Dieci", può permettersi di interferire nel governo di ogni stato.
*Domina: la controparte femminile del Dio Uno, culto a cui i Superiori non danno quasi alcun peso, seguito per lo più dagli Inferiori.
Ciao a tutt*!
Scusate se ci metto sempre un po' a postare, ma la vita fuori da Wattpad è abbastanza frenetica 😅
Comunque...
Due capitoli della nostra protagonista, vi siete già fatti qualche opinione su di lei? 😊
A presto 😘
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