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15. Ares

"Si dice che le donne siano creature delicate, come fiori, come uova, come qualsiasi cosa che possa essere schiacciata in un momento di negligenza. Se mai ci avevo creduto, non era più così."

Cit Circe, Circe, Madeline Miller

Davanti a noi compaiono dal nulla due soldati e io me ne rendo conto troppo tardi. Uno di loro scocca una freccia.

Prima che io possa reagire in qualche modo, mi sento calciare sul retro del ginocchio e spingere a terra. La ragazza mi ha costretto ad abbassarmi, spostandomi dalla pericolosa traiettoria.

Mi ha appena salvato la vita!

Lei ne sfugge per un pelo, ma noto, a causa di smorfia sul suo viso, che non ne esce indenne... È stata colpita di striscio al braccio destro.

Accidenti all'Uno! Non dovevo permettere che fosse lei a farsi male!

Non solo dalle sue labbra non sfugge un lamento, ma contrattacca svelta afferrando uno dei suoi pugnali. Lo lancia con maestria usando la sinistra. Io non posso fare a meno di pensare che il soldato di fronte a noi sia spacciato. Con sorpresa però la lama non lo trafigge. Viene solo disarmato. La bionda al mio fianco ha colpito l'arco, facendoglielo sfuggire dalle mani.

Rimango per un attimo incredulo, proprio come le guardie di fronte a me. Eppure, dopo tutto ciò che le ho visto fare, non dovrei più esserlo.

«Datti una mossa, idiota, io non so da che parte dobbiamo andare!» La ragazza, innervosita, mi sferza. Sorvolo sull'insulto, mi rialzo, la riafferro al polso e ricominciamo a correre. Anche i soldati ripartono all'inseguimento, ma, grazie all'effetto sorpresa ottenuto da lei, guadagniamo un leggero vantaggio. Nel frattempo, gli uomini che ci rincorrevano nel vicolo hanno scavalcato la staccionata e si sono ricongiunti ai colleghi.

Dentro di me spero che Ettore e l'altra ragazza se la stiano cavando meglio di noi e che siano già arrivati a casa sua.

Mi infilo in un'altra strettoia per rendere più difficoltoso l'inseguimento ai soldati, sovraccaricati dalle loro armature, e la faccio passare avanti a me.

«Va' sempre dritta!» l'avverto e la osservo. Sta correndo mentre si stringe la spalla destra. Vorrei poter fare subito qualcosa per lei, ma non dobbiamo fermarci, una volta al sicuro potremo dedicarci alla sua ferita.

Occorre per prima cosa seminare i soldati per non condurli con noi a Parvus. Tra meno di qualche metro giungeremo nei pressi di un'abitazione abbandonata di cui voglio approfittare.

Mi do una veloce occhiata alle spalle e mi accorgo che, grazie a una semi curva, seppur per pochi secondi, spariremo dalla vista delle guardie.

Quando arriviamo nei pressi della casa e siamo finalmente protetti dai loro sguardi, le intimo di fermarsi. La afferro per il polso e la trascino dentro alla baracca. La porta cigola e fa un po' di resistenza, ma poi si apre. Attorno a noi aleggia un silenzio profondo che viene ben presto spezzato dal rumore dei nostri ansiti affannati e dalle urla dei soldati in lontananza.

Questa era la dimora di un vecchio spacciatore. Mi dirigo al centro del soggiorno abbandonato e pieno di polvere. L'unica briciola di luce proviene da una Blu della Domina tutta impolverata ed è fioca, quasi del tutto inutile.

Mi muovo con cautela, per non sbattere sui pochi e vecchi rimasugli di mobili che non sono stati rubati. Appoggio piano le scarpe sul pavimento dalle assi di legno bucate e logorate dal tempo. Se l'illuminazione fosse migliore, qua e là, si potrebbero intravedere le fondamenta dell'abitazione.

Quando capisco di essere giunto sopra a un tappeto sgualcito, comprendo di aver trovato il punto che cercavo. Al di sotto di esso infatti so che vi è una botola nascosta, dove lo spacciatore nascondeva la merce e, con un po' di fortuna, questi soldati non ne conoscono l'ubicazione. Di solito spediscono le reclute Superiori nelle retate, che quindi non hanno abbastanza esperienza del mondo di Sotto.

Mi chino.

«Cos'hai intenzione di fare?» Percepisco la presenza nervosa della ragazza alle mie spalle.

«Dobbiamo nasconderci per far perdere le nostre tracce prima di arrivare a destinazione.»
Al di sotto del tappeto incollato alle assi vi è la botola. Sollevo il tutto, causando l'alzata di una fastidiosa nuvola di polvere a cui si aggiunge una zaffata tremenda di sporco e marcio. Dietro di me la ragazza tossisce convulsamente.

«Shh!» Al mio avvertimento cerca di trattenersi, fino a quando riesce a placarsi del tutto.

Mi calo all'interno e tengo il coperchio alzato per farla passare.

«Non penserai mica che entri lì dentro, vero?»

È troppo buio e non riesco a cogliere la sua espressione, ma dal tono si intuisce bene che è disgustata dalla cosa; ma dove crede di essere questa ragazza?

«O così, principessa, o torni fuori a farti arrestare dai soldati, a te la scelta.»

Avverto il suo cambiamento d'umore in un istante, poiché si congela sul posto. Forse l'ho spaventata ricordandole cosa le può succedere se viene catturata dalle guardie.
Meccanicamente si avvicina, lascio per un attimo le mani dalla botola per afferrarla in vita e calarla accanto a me. Lei si irrigidisce ancora di più al mio tocco, «Ma che fai?! Guarda che ci riesco da sola!»

«Scusa se ho pensato di aiutarti!»

Accidenti che antipatica, meglio quando non apre bocca. «Abbassati!» le ordino più rude, poi afferro il coperchio e lo richiudo sopra di noi.

Siamo completamente al buio in questo spazio angusto, cerco di sistemarmi appoggiando la schiena meglio contro alla parete, tentando di lasciarle più spazio possibile. La percepisco in ginocchio, contro ai miei piedi, raggomitolata su se stessa. Scuoto la testa e sospiro.

Mi allungo e la afferro. Vorrei farla sedere sopra alle mie gambe e lasciarla appoggiare al mio petto, solo per farla aspettare in una posizione più confortevole visto che dovrà passare un po' di tempo. Inoltre in questa maniera le limiterei il contatto con questo lurido posto, forse infestato dai topi.

«Che pensi di fare?» Si ribella, scacciandomi.

«Niente, volevo solo darti l'opportunità di stare più comoda!»

«Certo, in mezzo alle tue gambe!»

Accidenti all'Uno, ma per chi mi ha preso? Sono finito in questo buco per colpa sua!

«Se avessi voluto farti qualcosa non avrei corso tutti questi pericoli per te!» La lascio andare arrabbiato e torno ad appoggiarmi al freddo muro. «Per quanto mi importi, puoi stare lì a comprimerti, ma non lamentarti se e quando poi dovremo uscire di qui, non riuscirai a muovere le gambe, principessa

Di nuovo si irrigidisce e le si spezza il respiro.
«Perché mi chiami "principessa"?»

È questo che la turba? Che la sto prendendo un po' in giro? Questa ragazza oltre a essere piena di incredibili sorprese è anche piuttosto permalosa.
«Mi sembra ovvio... per come ti comporti da viziata.»
Si rilassa, è proprio strana.

Nel frattempo sentiamo lo scalpiccio delle guardie davanti alla porta e dal rumore che si allontana capiamo che proseguono.

«Ora possiamo uscire?» La bionda prova a chiedere speranzosa.

«No, è ancora troppo presto.»

Sarà anche stranamente brava a combattere e a maneggiare i coltelli, ma in queste cose è proprio una principiante. È un mistero, come fa a essere in grado di lottare e reagire, ma al tempo stesso non sapere come comportarsi qui a Inferius? Chi accidenti è questa ragazza? Dove è rimasta nascosta fino a questo momento?

La sento tentare di cambiare posizione, le gambe devono averle cominciato a dolere. Sospiro e mi sporgo di nuovo verso di lei.
«Vieni, giuro sulla Domina che non ho alcuna sporca intenzione nei tuoi confronti.»
Finalmente cede e mi si avvicina. Si accomoda in mezzo a me e in maniera rigida si appoggia al mio petto. Il cappuccio con cui si copriva il capo deve esserle sfuggito, perché in questo momento il mio naso si ritrova a essere conficcato in mezzo ai suoi setosi capelli.

Di nuovo, proprio come mi era successo tenendola fra le braccia lungo il tunnel, vengo sommerso dal suo profumo. Sa di fiori e frutta dolce, sa di Superius, di fresco e aria frizzante, come se in questo momento non fossi intrappolato in una botola piena di muffa, ma fossi di Sopra, in mezzo a prati verdi e aria pulita.

I miei sogni a occhi aperti si interrompono quando, con una mano, le sfioro la spalla destra ed entro in contatto con qualcosa di viscoso.

Accidenti all'Uno, mi ero dimenticato della ferita!

In maniera maldestra mi strappo un pezzo di canotta, prendo un punto che non è entrato in contatto con le mura circostanti.

«Cosa stai facendo?» Di nuovo la sua voce petulante.

«Sta' ferma! Ti blocco l'emorragia. Almeno fino a quando arriveremo a destinazione e potremo fare di meglio.»

Questa volta rimane zitta e mi lascia fare, cerco di stringere la benda improvvisata senza però farle troppo male, ma, anche in questo caso, nessun lamento fuoriesce dalle sue labbra.

«Grazie

Dopo minuti di interminabile silenzio, mi prende alla sprovvista con questa timida parola. Mi afferra titubante una mano, posso sentire i suoi palmi gelidi, ma non ne sono disturbato, anzi, gliele stringo di rimando mentre un sorriso involontario nasce sulle mie labbra. Allora questa ragazza è capace anche di riconoscenza.

Si rilassa, appoggiandosi in maniera più disinvolta al mio petto e ricomincia a parlare, «Non tutti avrebbero avuto il coraggio di intervenire, parlo di prima, all'Inkubus.»
Digrigno i denti al ricordo di quello che quei due schifosi avrebbero voluto far loro.

«Non avrei mai potuto assistere senza provare a fare qualcosa.» Senza volerlo mi avvicino ancora di più a lei e, anche se non la vedo, capisco che ha voltato il capo nella mia direzione. Non so come, ma intuisco che le sue labbra sono a un soffio dalle mie, il suo respiro cozza contro alla mia pelle riempiendomi di strani brividi. Tento di mantenere la concentrazione e continuare a parlare, distraendomi da questa nuova e strana sensazione, «Non volevo arrivare alla violenza, ma non mi sarei di certo aspettato che fossi tu a dare inizio allo scontro.»

Volta di nuovo il capo indispettita, frustandomi con la treccia e strappando la mano dalla mia presa. Che reazione spropositata per un piccolo rimprovero!

«Tu non hai idea di cosa ci fosse in ballo!»
Il suo tono è malevolo e velenoso.

Sogghigno sprezzante, «Ah, sì? Credi veramente che non mi rendessi conto che ci fosse la tua vita in gioco? Mi reputi così stupido, principessa
Di nuovo si irrigidisce.

«Smettila di chiamarmi "principessa"!»
È furiosa.

«Perché, se no cosa mi fai, principessa
Fa per urlarmi qualcosa, proprio quando percepisco un rumore provenire fuori dalla porta. Subito le tappo la bocca con una mano per silenziarla, lei mi morde di rimando per allontanarla. Trattengo al contempo un gemito e una bestemmia e gliela richiudo.
«Shh...» la zittisco, sussurrandole all'orecchio.

Presto si rende anche lei conto del pericolo e si immobilizza, il suo respiro aumenta e si scontra caldo contro alle mie nocche. Con l'altro braccio l'avvolgo in vita in un abbraccio, per tentare di darle conforto. Lei me lo afferra con entrambe le mani.

La porta d'entrata scricchiola. Il mio cuore aumenta i battiti. I soldati cercano di muoversi circospetti, ma le assi vecchie li smascherano a ogni passo. A un certo punto si fermano proprio sopra alle nostre teste e io non posso fare a meno di sentirmi come un ratto che si è infilato in un buco senza uscita. Mi auguro che le mie supposizioni siano esatte e che questi giovani guardie non conoscano la storia di questa abitazione.

«Voi andate a controllare al piano superiore. Non possono essere andati da altre parti.»
Uno impartisce gli ordini e gli altri eseguono. Noi rimaniamo immobili, le unghie della mia compagna si conficcano leggere sul mio braccio sinistro, l'ansia rischia di divorarla. La stringo di più a me in risposta, cercando di trasmetterle sicurezza.

Poco dopo sentiamo gli altri uomini scendere e ricongiungersi al capo.
«Qui dentro non c'è nessuno. Probabilmente l'hanno solo attraversata per uscire dalla porta principale.»

«Gli altri però li avrebbero notati.»
«Non è detto, magari hanno imboccato qualche altra scorciatoia, o si sono nascosti in qualche casa vicina.»
«Va bene, andiamocene! Questo tanfo mi sta soffocando!»
Iniziano a muoversi.
«Speriamo che gli altri abbiano catturato qualche altro topo di fogna, altrimenti ai piani alti non saranno soddisfatti di noi.»

La porta si apre e sbatte. Il vociare si fa via via più lontano. Mi rilasso e tolgo la mano dalla sua bocca. Non ci muoviamo né parliamo, ancora per un po', per paura di una trappola.

Dopo un tempo che sembra infinito decido che è il momento di uscire allo scoperto. Con calma faccio scostare la ragazza e comincio ad alzare di poco il coperchio, non percepisco nessun movimento sospetto.

La spalanco ed esco. La ragazza mi segue. Tutto attorno a noi è tranquillo. Mi dirigo verso la porta da cui siamo entrati e accosto l'orecchio, poi anche dall'altra, quella principale. Non sento niente.

«Andiamo, ma facciamo attenzione, potrebbe non essere finita.»

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