𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝟐𝟒
10 agosto 2023
ENRICO
Conoscevo Brando da diciannove anni, dieci mesi e ventuno giorni; dei quali, senza contare le pause, tredici anni, sei mesi e ventidue giorni li avevamo passati insieme come coppia. Un totale di quattromila novecento quarantanove giorni, per l'esattezza. Il tempo passato lontani l'uno dall'altro poteva essere stato, approssimativamente, uno scarso dieci percento del totale. Non di più.
Quante volte ci eravamo baciati in quegli anni? Quante avevamo fatto l'amore, o litigato per poi fare subito pace? Difficile calcolarlo, ma in ogni caso quei numeri erano destinati a fermarsi per sempre.
Erano passati solo cinquecento ottantadue giorni da quando avevo posato per la prima volta gli occhi su Filippo: un anno, sette mesi e cinque giorni. In quel lasso di tempo ci eravamo visti solo nove volte, baciati due e fatto sesso una. Eppure, quei pochi momenti erano bastati a strappare via i cespugli di rovi che stavano avvelenando la mia esistenza, rimpiazzandoli con nuovi germogli di qualche pianta curativa miracolosa.
Tutti quei conti erano frutto del mio nervosismo, che mi portava ad aprire un foglio di calcolo Excel e inventare le formule più inutili che mi passassero per la testa. Quel giorno sarebbe stato il giorno, quello decisivo, di svolta definitiva e... nonostante tutte le certezze che avevo ormai acquisito, ero comunque spaventato.
Con Filippo non mi vedevo da quasi una settimana, da quando gli avevo aperto il mio cuore e tra noi era iniziata ufficialmente una relazione ancora clandestina. Avevamo deciso di mantenere le distanze finché non avessi risolto il mio conto in sospeso, perché era chiaro che non saremmo riusciti a evitare qualunque tipo di contatto fisico. Non che così fossimo meno colpevoli nei confronti di Brando, viste le porcate che combinavamo al telefono, ma quell'allontanamento forzato sarebbe servito da sprono a non procrastinare ulteriormente la rottura con il mio compagno.
Controllai l'ora sul PC, e abbandonai la testa contro le braccia incrociate sulla scrivania. Era appena mezzogiorno e Brando non sarebbe tornato prima delle tre. Come avrei dovuto accoglierlo dopo dieci giorni che non ci vedevamo? Gli avrei concesso di disfare le valigie? Forse, sarebbe stato meglio trovare una scusa e non farmi trovare a casa al suo rientro, in modo da dargli almeno il tempo di fare una doccia. Non sapevo, però, se avrei resistito ad aspettare così tanto. Volevo affrontare quella situazione il prima possibile, per poi correre da Filippo e dirgli che ero libero.
Per porre fine alle mie seghe mentali e ingannare l'attesa, decisi di andare a trovare mia nonna. Chiusi il computer, presi il cellulare e le chiavi di casa, e andai a casa sua. Mia madre e mio padre si trovavano in vacanza in Giappone; perciò, in quei giorni ci alternavamo io e mia zia per dare assistenza alla vecchietta di famiglia.
La trovai in cucina che condiva un enorme ciotola di riso freddo. Non alzò neanche lo sguardo, ma riconobbe la mia presenza prima ancora che la salutassi.
«Speravo proprio che venissi a farmi compagnia per pranzo.»
Sorrisi tra me e me con affetto. Mia nonna era l'angolo di paradiso in cui trovavo la mia pace interiore. La abbracciai da dietro e le schioccai un bacio sulla guancia.
«Come stai?» le chiesi, tenendola ancora stretta e appoggiando il mento sulla sua spalla.
«Bene, gioia. Anche se sto caldo è soffocante e non vedo l'ora che tua zia mi porti in montagna.»
«Quando parti?»
«Dopodomani, così almeno non mi perderò il pranzo di ferragosto dell'albergo.»
Erano anni che mia nonna passava il mese di agosto in un hotel a Courmayeur. Quest'anno aveva dovuto tardare la sua partenza a causa di un'infezione alle vie urinarie che ci aveva messo un po' di giorni a guarire. Ci eravamo un po' spaventati ma, per fortuna, sembrava essersi risolta del tutto.
«E tu, invece, come te la passi? Oggi torna Brando, vero?»
«Sì, nel primo pomeriggio.» Mi bloccai con le parole, incapace di aggiungere altro.
Avrei voluto confessarle cosa sarebbe capitato da lì a qualche ora, ma la bocca mi si impastò al punto che dovetti sciogliere l'abbraccio per procurarmi un bicchiere d'acqua.
«Enri, prima di sederti a tavola, prendi per favore due piatti e le posate.»
Feci quanto richiesto, dopodiché nonna preparò una porzione abbondante di riso per ciascuno. Scartai il mais che odiavo, e iniziai a mangiare. Il pranzo procedette silenzioso, tanto che mi trovai nuovamente perso nei miei pensieri. Mi ridestai solo quando notai il cellulare illuminarsi sul tavolo. Sbirciando, vidi che la notifica proveniva da Filippo ma non volevo aprire il messaggio mentre stavamo a tavola. Il desiderio di sentirlo, però, era talmente forte che i miei occhi iniziarono a muoversi dal piatto al telefono. Mia nonna dovette accorgersi del mio improvviso nervosismo.
«È un messaggio importante che hai ricevuto?» indagò.
«No, non è nien...» esitai, ma la voglia di condividere la mia nuova felicità con la donna più importante della famiglia ebbe finalmente la meglio. «Nonna, ti ricordi quando mi hai detto di pensare a cosa volessi esattamente dalla mia vita?»
«Certo, tesoro. È una domanda che dovresti porti ogni giorno.»
Mi spostai con la sedia per posizionarmi più vicino a lei, e le presi una mano rugosa tra le mie. Nonostante l'età, aveva la pelle morbida, perché non dimenticava mai di trattarla quotidianamente con la sua crema speciale.
«Ho trovato la risposta. Oggi lascio Brando. Lo faccio davvero, non come quando gli ho chiesto solo una pausa. Porrò fine alla nostra relazione, senza ripensamenti.»
Cercai di trasmetterle tutta la mia determinazione, senza mai abbassare lo sguardo dai suoi occhi ingialliti dalla vecchiaia. Per diversi secondi non reagì alle mie parole, tanto che temetti di averla turbata. Poi, come se avesse finito di metabolizzare quanto avevo detto, sorrise felice.
«Oh, gioia! Finalmente hai capito quale sia la strada più giusta per te. Non ti aspetta una rottura facile, soprattutto se Brando non immagina quanto hai intenzione di fare, ma ricorda sempre che la priorità è il tuo benessere. Lui ne verrà fuori in qualche modo.»
Un brivido mi corse lungo la schiena a quel monito. Avevo valutato diversi scenari possibili di come sarebbe andata a finire, e quasi tutti comprendevano esplosioni di rabbia e dolore da parte di Brando. Mi ero preparato psicologicamente, ma c'era comunque il rischio che potessi vacillare. In quel caso, avrei avuto le parole di mia nonna a incoraggiarmi, accompagnate dall'immagine sorridente di Filippo che non mi abbandonava mai.
«Nonna, c'è un'altra cosa di cui vorrei parlarti.»
Mi strinse la mano per invitarmi a proseguire, ma non ebbi neanche il tempo di pensare a un discorso di senso compiuto, che le parole sgorgarono fuori dalla mia bocca come se non potessi più trattenerle dentro di me. «C'è una nuova persona nella mia vita. Si chiama Filippo e sono sicura che lo adorerai.»
Le raccontai tutto, dal nostro primo incontro a Capodanno di un anno fa, all'ultimo di una settimana prima. Le descrissi nei minimi dettagli il suo splendido viso da ragazzino, l'intensità del verde dei suoi occhi, la morbidezza che sentivo tra le dita quando gli arruffavo i capelli. Mia nonna mi ascoltava mostrando vero interesse, come si fa con i bambini quando credono di aver scoperto l'ottava meraviglia del mondo.
Ero nel pieno del mio entusiasmo, quando un dubbio improvviso mi assalì, ammutolendomi di colpo.
«Nonna... quando ho conosciuto Brando non avevo occhi che per lui e ne sono diventato dipendente. Credi che con Filippo farò la stessa cosa? Mi ossessionerò fino al punto di soffocarlo e rovinare tutto?» Quel pensiero mi terrorizzò tanto che avrei potuto vomitare il pranzo, e l'ansia si fece strada dentro di me. Come potevo evitare di compiere gli stessi errori che avevo commesso con Brando? Lui e Filippo erano due persone diametralmente opposte e impossibili da paragonare, ma io? Sarei riuscito a cambiare il mio approccio verso una relazione?
«Enri,» la voce carezzevole di mia nonna ebbe un immediato effetto calmante sul mio cuore, «il fatto che tu riconosca di aver fatto degli errori in passato è il primo passo per evitare di ripeterli in futuro. Da come me lo descrivi, Filippo sembra un ragazzo in gamba e che sa badare a se stesso; dunque, datti la possibilità di scoprire insieme a lui che tipo di persona sarai, senza pressioni o aspettative. Ok?»
Ancora una volta, i consigli della nonna scacciarono via le nubi che mi adombravano l'umore.
«Vuoi vedere una sua foto?» Le proposi, chiedendomi perché non ci avessi pensato subito.
«Certo, aspetta solo che metta gli occhiali.»
Intanto che li cercava, guardai cosa mi avesse scritto Filippo poco prima:
Scheggia: Ti penso! 💞 In bocca al lupo.
Ebbi un tuffo al cuore per l'emozione e posai le labbra sul suo messaggio. Comunque fosse andata, dopo sarei stato con lui.
«Allora, fammi vedere questo giovanotto che ti ha fatto perdere la testa!»
Aprii il suo profilo Instagram dove c'erano diversi suoi selfie. Nonna era abbastanza tecnologica per selezionare e cambiare da sola le foto da analizzare, perciò le affidai direttamente il telefono.
«Beh, ha un viso molto dolce e solare. Mi fa piacere che non abbia proprio niente in comune con Brando.»
«Forse, è proprio per questo che mi ha colpito.» Scherzai.
Lei rise e mi riconsegnò il cellulare.
«Un giorno, invitalo a pranzo che mi piacerebbe conoscerlo. Nel frattempo... prima che te ne vada, vorrei darti una cosa. Seguimi.»
Salimmo al piano superiore fino alla sua camera. Tolse un quadro dalla parete, scoprì la cassaforte e, dopo averla aperta, ne estrasse una lunga scatola di velluto.
«Tieni. Sono sicura che questa sarebbe perfetta per Filippo.»
Aprii l'astuccio e strabuzzai gli occhi per lo stupore.
«Ma... È stupenda.» Ammirai il girocollo costituito da tante piccole perle. Era una collana molto fine, perfetta per adornare un collo stretto e lungo, dalla pelle chiara. Potevo già immaginarlo addosso a Filippo, che lo avrebbe sfoggiato con una fierezza piena di grazia.
«Nonna, non so se posso accettarla. È troppo preziosa!»
Mi rispose con un gesto della mano, come a scacciar via la mia protesta.
«Non dire sciocchezze, gioia! Quella collana è stata uno dei primi regali che ho ricevuto da tuo nonno. Si è conservata benissimo, ma da diversi anni è diventata troppo stretta per me. Merita di essere indossata da una persona speciale.»
Abbracciai mia nonna, che sembrava molto soddisfatta dell'idea che aveva avuto.
«Sono senza parole. Grazie davvero.»
Non vedevo l'ora di trovare l'occasione giusta per regalarla a Filippo. Adesso era ancora un po' troppo precoce per qualcosa di simile, ma magari a Natale...
Ringraziai mia nonna per la milionesima volta, dopodiché tornammo al piano di sotto e l'aiutai a sistemare la cucina. Una volta finito, non mi restava altro che tornare a casa e affrontare il ritorno di Brando.
L'ansia iniziò a prendere di nuovo il sopravvento.
***
Se qualcuno avesse controllato la mia cronologia di Google dell'ultima settimana, avrebbe trovato ricerche tipo: "come lasciare il proprio ragazzo dopo tredici anni", "come non far soffrire una persona soggetta ad attacchi di rabbia", "comunicazione assertiva durante la chiusura di una relazione sentimentale", eccetera eccetera.
Ovviamente, non avevo trovato nessuna risposta soddisfacente al mio problema, e centinaia di storie raccontate attraverso libri e film dimostravano che, indipendentemente dall'approccio utilizzato, sarebbe stato un disastro. Perciò, mi ero rassegnato a farmi guidare dall'istinto, provando e riprovando nella mia testa tutte le cose che avrei voluto dire a Brando.
Il rumore delle chiavi nella toppa, seguito dallo sbattere della porta d'ingresso, fu il segnale di inizio della battaglia. O meglio, dell'imboscata che avevo teso.
«Enri? Sei a casa?» Brando mi chiamò, le sue parole seguite dal tonfo del borsone che cadeva a terra. Lo raggiunsi nel salone, ma non mi avvicinai a lui per baciarlo e dirgli "bentornato! Mi sei mancato". Rimasi appoggiato allo stipite della porta della cucina, sulla parete opposta rispetto al punto dove si trovava lui per togliersi le scarpe.
«Brando!» Il tono della mia voce risultò talmente greve che alzò su di me un'espressione preoccupata.
«Che hai? È successo qualcosa? La nonna sta bene?» Cercò di abbracciarmi, ma io arretrai scansando il suo tocco.
«La nonna è in grandissima forma, tranquillo. Ma qualcosa è successo...» Dovevo mantenere il contatto visivo, evitare di balbettare e di lasciare che il mio corpo iniziasse a tremare. Insomma, dovevo cercare di non perdere il controllo, anche se il mio istinto era quello di scappare il più lontano possibile.
«Dimmelo, allora! Sono in viaggio dalle sette di stamattina e voglio solo buttarmi sul letto a dormire.» La preoccupazione si era trasformata in irritazione. Inalai tutta l'aria che i miei polmoni potevano trattenere, e mi lanciai nel vuoto.
«Brando, io e te dobbiamo lasciarci. Non solo per un periodo, ma per sempre. È finita.»
Le mie parole lo avevano lasciato a bocca aperta, incapace di reagire come se non avesse capito bene.
«Enri, che cazzo stai dicendo? Ti sei forse fumato il cervello? Io e te non ci lasciamo, non esiste proprio! Perché dovremmo farlo?»
Mi guardai alle spalle per assicurarmi di avere una via di fuga. In cucina, la porta finestra dava sul giardino. Se mi fossi sentito troppo sotto pressione sarei uscito da lì.
«Non mi sono fumato niente,» risposi, riprendendo in mano la discussione, «e potrei elencarti una lista molto lunga di motivazioni per cui io e te non funzioniamo più come coppia.»
«Va bene, spiega. Sono tutto orecchie.» Sputò con sarcasmo, e alzando di un bel po' il tono della voce.
Non avere paura. Qualunque cosa accadrà, di sicuro non ti farà del male. Respira, Enri. Più facile a dirsi che a farsi. Non avevo mai provato un terrore simile e, per la prima volta, misi in dubbio il fatto che si sarebbe limitato a rompere qualcosa di fragile che avrebbe trovato a portata di mano.
Non essere sciocco! È pur sempre Brando, lo conosci da vent'anni e non ha mai osato alzare un dito su di te.
Perché non ne ha mai avuto davvero motivo, risposi alla mia coscienza, anche quando mi ha trovato con Filippo sembrava non nutrire alcun dubbio che sarei tornato da lui.
Quel giorno, però, le cose sarebbero andate diversamente.
«Allora?» Incalzò, sbattendo il palmo della mano contro il muro. Il colpo riecheggiò per alcuni secondi.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
«Non possiamo continuare a stare insieme, perché da anni non siamo più felici e io non ti amo più. Hai capito?» gli urlai in faccia, ma era troppo scioccato per rispondermi prontamente; perciò, continuai implacabile.
«Perché è assurdo che continuiamo a trascinarci in un rapporto spento, morto stecchito. Una relazione che arranca per abitudine e affetto reciproco, ma che si costruisce sulla base dei tuoi continui tradimenti, dei segreti sul tuo passato che non sei mai riuscito a confessarmi, del disprezzo che provi verso i cambiamenti del mio corpo, delle aspettative che nutrono i nostri genitori nei nostri confronti... vorrebbero che facessimo un figlio, ti rendi conto? Non sappiamo amarci noi due, come pensano che potremmo essere in grado di crescere un bambino? Solo loro potevano pensare a una cazzata simile!»
Mi sentivo irrefrenabile, arrabbiato, deluso e ferito. Non c'era più un solo sentimento positivo che riuscissi ancora ad associare a quello che eravamo stati io e Brando. Dov'erano finite la gioia, la spensieratezza e la tenerezza? Si erano dissolte in silenzio, senza che noi ce ne accorgessimo, troppo impegnati ad aggrapparci l'uno all'altro per non restare soli.
«Ora, Brando, rivolgo a te una domanda: quali sono le ragioni per cui io e te dovremmo stare ancora insieme? Perché io giuro di non riuscire a vederne neanche una.»
Lacrime ustionanti stavano scendendo copiose lungo le mie guance, infradiciandomi il viso. Tirai su con il naso, chiedendomi quando fossi passato a quel pianto isterico carico di dolore. Per quanto fosse la cosa giusta da fare, la rottura tra me e Brando non poteva avvenire senza che si sarebbero creati cicatrici e strascichi emotivi. Quei vent'anni insieme avrebbero sempre pesato sul mio cuore.
Di fronte a me, Brando stava provando le mie stesse emozioni, aggravate dal fatto che tutto quello non stava avvenendo per scelta sua. Anche lui piangeva, consapevole del fatto che questa volta stavo facendo sul serio. Aveva iniziato a muoversi avanti e indietro per la stanza, come un animale braccato, e apriva e chiudeva i pugni in un chiaro segno di stress. Stava arrivando il suo turno di esplodere.
«Io... io...» incespicò a lungo su quella parola, ripetendola diverse volte, senza trovare le successive. Alla fine, scelse le peggiori.
«Io ti amo, cazzo!» Gridò, disperato, e questa volta non riuscii a impedirgli di afferrarmi per la vita e stringermi a sé. «Non è mai cambiato l'amore che provo per te. Non sei un'abitudine, sei la mia vita! Ti prego, Enri. Cambierò. Non ti tradirò mai più e cercherò il coraggio di parlarti del mio passato. Lo giuro, cambierò per te, ma non lasciarmi.»
Eccolo. Il momento che temevo. Quello in cui avrei vacillato, di fronte alla sua sofferenza, al bisogno che aveva di me. Lo stavo abbandonando, quando gli avevo promesso che mi sarei preso cura di lui.
«Enri?»
Avevamo nove anni.
«Ti prego, non mi lasciare.»
Un giuramento.
«Me lo hai promesso.»
Io e lui.
«Tu e io. Ricordi?»
Per sempre.
«Brando... io...» Stavo esitando, stretto nella sua morsa che mi toglieva il fiato. Gli posai una carezza sui capelli scuri, raccolti in un man-bun. Sentivo il suo veleno risalire dalla punta delle mie dita e scorrere inesorabile verso il cuore.
Brando mi stava di nuovo intossicando, e io avevo bisogno del mio antidoto.
Ti penso! 💞 in bocca al lupo!
Scheggia.
Il mio raggio di sole.
La mia seconda occasione.
Il mio futuro.
«Brando, non possiamo proprio continuare così. Tu pensi di amarmi, ma stai solo ingannando te stesso, oltre che me.» Ora, mi sentivo di nuovo sicuro e determinato. «Se ti interroghi con attenzione, capirai che questa è la cosa migliore per entr...»
«Non dirlo!» Un urlo rabbioso sovrastò le mie parole. All'improvviso i miei piedi si sollevarono da terra e fui sbattuto contro il muro.
Sentii la mia schiena impattare con violenza, ma fu dalla mia mano incastrata tra i nostri corpi che scaturì un dolore acuto, strappandomi un gemito di sofferenza.
Fu solo a quel punto che realizzai cosa fosse appena successo, e il dolore emotivo fu più atroce di quello fisico. Al mio lamentarmi, Brando si scostò immediatamente da me.
«Mi... mi dispiace...» Balbettò confuso.
I suoi occhi erano fuori dalle orbite, terrorizzati per quello che aveva osato farmi: aveva riversato la sua rabbia su di me. Mi aveva spinto contro il muro, accecato dalla furia che gli era montata dentro nel giro di pochi secondi.
«Enri, ti giuro, è stato un incidente. Non volevo!» Piagnucolò, cercando di toccarmi, ma io scappai verso la portafinestra. Avevo il cuore in gola per l'adrenalina che si era generata, e tenni la mano dolorante con l'altra. Mi aveva rotto un dito?
Ero sconcertato.
Ma era troppo.
«Non volevi, ma lo hai fatto!» Sbraitai con tutta la frustrazione che avevo accumulato negli ultimi cinque anni. «Brando, cazzo, hai bisogno di aiuto. E non sono io a potertelo dare. Sei una persona traumatizzata dall'infanzia, non puoi continuare a ignorarlo e vivere così. Non vedi come ci ha ridotto tutto questo? Non posso più starti accanto nel modo che desideri, io e te non siamo più niente.»
«Mi dispiace...» Si era accasciato in ginocchio sul pavimento, prendendosi la testa tra le mani. Aveva iniziato una litania tra i singhiozzi e non capivo se stesse ascoltando le mie parole.
«Ti lascio tre giorni di tempo per prendere tutte le tue cose e tornare dai tuoi. Se non lo farai, me ne andrò io stesso.»
Aprii la portafinestra e feci per uscire, quando un moto di compassione mi spinse ad aggiungere un ultimo augurio.
«Ti prego. Cerca l'aiuto di cui hai bisogno e impegnati a stare bene. So che puoi farcela senza di me. Non sono così indispensabile come hai sempre creduto.»
Nessuna risposta, solo gemiti di dolore. Questa volta, me ne andai sul serio.
Era finita.
***
Ancora profondamente scosso e incredulo, mi nascosi nel mio garage. Avrei voluto chiamare subito Filippo, ma non potevo farlo con quello stato d'animo addosso e un dito potenzialmente rotto. Gli mandai un messaggio:
Sono libero. Ti ho sentito vicino a me per tutto il tempo. Non vedo l'ora di vederti e stare insieme alla luce del sole <3
Poi, asciugando le lacrime che non avevano ancora smesso di scorrere, chiamai l'unica persona che poteva soccorrermi in quel momento:
«Pronto, Paolo? Ho bisogno dell'ennesimo favore. Potresti venire a prendermi al garage? Ti racconterò tutto strada facendo...»
***
SPAZIO AUTRICE: Buongiorno! 💕 Ebbene sì, Enri ce l'ha fatta e ha lasciato Brando! Gioia e giubilo! 🥳 sono un po' offesah (sì, con la h!) che nessuno abbia avuto la minima fiducia in lui... anzi, avete anche pensato che solo Brando avrebbe potuto lasciarlo 🙄😒
Ovviamente, le cose non sono andate alla "è stato un piacere, buona vita"... Brando l'ha presa decisamente male ed è arrivato al punto di fare del male fisico a Enrico 🤧 Ci spezza un po' il cuore vederlo arrivare a tanto ma per la prima volta vediamo quanto effettivamente lo stesso Brando sia altrettanto dipendente da Enrico ❤️🩹
Come andrà d'ora in poi?
Se il capitolo vi è piaciuto lasciate una stellina e ricordate che ogni feedback è sempre gradito! 💕
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