𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝟏𝟔
ENRICO
31 dicembre 2021
«Abbiamo tutto?» Guardai i borsoni davanti alla porta d'ingresso e cercai di fare mente locale su cosa potesse mancare: tuta da sci, presa; scarponi, presi; magliette termiche, prese. Ero pronto a trascorrere il Capodanno nella casa di famiglia a Courmayeur.
«Hai preso le chiavi?» Mi domandò Brando raggiungendomi nella sala.
«Sì, sono nella tasca dello zaino.»
«Perfetto. Tra quanto arrivano gli altri?»
«Mi ha scritto Paolo che ha recuperato adesso la sua ragazza e il fratello a Castelletto. Quindi, dovrebbe arrivare tra un quarto d'ora al massimo.»
«Va bene, inizio a portare fuori la roba. Ti lascio solo i tuoi sci.»
Si caricò il bagaglio addosso e si chiuse la porta alle spalle. Prima di seguirlo, controllai di aver chiuso il gas, l'acqua e le luci in tutte le stanze. Tirai giù le tapparelle e mi sedetti al buio sul divano in attesa Brando mi citofonasse. Solo a quel punto sarei uscito di casa anche io.
Non vedevo l'ora di arrivare in montagna. Sciare era la mia più grande passione dopo la moto e amavo quella casa che mi consentiva di dedicarmi allo sport durante i weekend invernali. Se Brando aveva i turni in palestra, non mi facevo problemi ad andarci da solo. Del resto, una volta sulla pista eravamo io, la neve e l'adrenalina causata dallo sfrecciare in discesa a tutta velocità, zigzagando tra la folla di sciatori. Mi ero abituato alla solitudine, e ultimamente la cercavo più spesso.
Brando aveva mantenuto la promessa di dirmi quando mi tradiva. Mi avvisava in anticipo, perché lasciava casa nostra per qualche giorno e si rifugiava nella dépendance della villa dei suoi genitori. Era diventata l'alcova dei suoi incontri occasionali. Quando si stufava, mi mandava un messaggio: "Sto tornando". Facevamo l'amore e si tornava alla solita vita. Fino alla sua fuga successiva.
In tre anni e mezzo era già successo cinque volte, quasi sempre d'estate. Pensavo che avrei sopportato quella situazione per sempre, come se il fatto che ogni volta tornasse e scegliesse me fosse sufficiente a rendermi felice. Ma non poteva essere così: ogni sua fuga mi feriva, e mi allontanava sempre di più da lui. Eppure, non riuscivo a chiuderlo fuori dalla mia vita. In qualche modo dipendevamo l'uno dall'altro, e quello non sarebbe mai cambiato.
Il suono del citofono mi avvisò che Paolo e il resto della compagnia erano arrivati. Io e Brando eravamo la seconda tappa, poi saremmo dovuti passare a prendere Giada e Martina, le mie uniche due amiche di lunga data che da quando si erano trasferite a studiare a Bologna vedevo troppo poco.
Presi gli sci, chiusi casa e uscii in giardino. Erano appena le sette e mezza del mattino ed era ancora buio, ma in lontananza vidi il pullmino che avevamo noleggiato e Brando che stava caricando le borse nel bagagliaio. Lo aiutai a finire di sistemare e salimmo in macchina. Lui, che era molto più grosso, si sedette davanti vicino a Paolo che guidava, mentre io andai dietro accanto ai due fratelli. Al centro, c'era Noemi che si presentò con grande entusiasmo. Aveva una cascata di riccioli rossi lunghi fino alle spalle e una marea di efelidi che le decoravano tutto il viso. Era davvero carina e potevo capire perché Paolo avesse perso la testa per lei.
Mi sporsi oltre di lei per salutare anche il fratello, rannicchiato contro il finestrino.
«Ciao, sono Enrico.» Gli dissi tendendogli la mano.
Lui si avvicinò e, finalmente, potei vederlo meglio sotto la luce fioca dell'abitacolo della macchina. Il mio cuore perse inspiegabilmente un battito. Se Noemi mi era parsa carina, lui lo era decisamente di più. Erano gemelli, ma il ragazzo dimostrava almeno un paio di anni in meno rispetto alla sorella. Se non avessi saputo che avevano diciannove anni, avrei creduto senz'altro che fosse minorenne. Per qualche strana ragione, fui felice che non lo fosse. Mi incantai qualche secondo a osservare il suo viso pallido e lentigginoso da liceale, sul quale erano incastonati due smeraldi che risplendevano di luce propria. Ero talmente perso in quelle iridi magnetiche che non mi accorsi che aveva stretto la mia mano ancora sospesa tra noi. La scossa generata da quel contatto mi ridestò in tempo per ascoltare il suo nome.
«Piacere, io sono Filippo.» La sua voce cristallina mi sembrò il suono più bello del mondo.
"Filippo... perché ho l'impressione che mi sarà molto difficile averti intorno nei prossimi giorni?"
29 giugno 2023
Il mio cuore lo aveva capito subito, anche se il cervello aveva continuato a fare l'ottuso, ignorando i segnali che riceveva ogni volta che Filippo entrava nel mio campo visivo.
Quel Capodanno, avevo avuto un maledetto colpo di fulmine. Non avevo mai creduto in questo fenomeno ma, con il senno di poi, dovevo ammettere a me stesso che era proprio quello che avevo vissuto. Quale altro nome si poteva dare all'improvvisa sensazione di farfalle nello stomaco? Al desiderio irrefrenabile di avere Filippo accanto per poterlo sfiorare, parlarci e conoscerlo meglio? A quella chimica che si era innescata con un solo scambio di sguardi, con le nostre mani che si erano toccate e quel "ciao" scambiato per la prima volta?
Avrebbe potuto essere una cotta passeggera, della durata della vacanza invernale. Una fiamma destinata a estinguersi una volta tornato alla vita di tutti i giorni. Il ricordo da costudire gelosamente di un ragazzino con cui avevo condiviso una divertentissima sciata, durante la quale avevo coniato il soprannome Scheggia, che tanto gli si addiceva, e per una mattinata intera mi aveva reso felice e spensierato.
Dopo quei giorni, avevo pensato che non lo avrei più rivisto, ma non avevo tenuto in considerazione il legame che aveva con Paolo. Così, lo avevo incontrato per la seconda volta alla festa di laurea di mio cugino... e avevo capito che il fuoco che avevo dentro non si era spento. Si era assopito sotto una coltre di cenere, pronto per essere nuovamente attizzato.
13 marzo 2022
Erano le tre del mattino e gli ultimi ospiti della festa se ne stavano andando. Il giorno dopo io e Paolo avremmo avuto molto lavoro da fare per rimettere la casa in ordine, o nostro nonno ci avrebbe ucciso. Avrei dovuto supervisionare la serata, ma ero stato distratto da Filippo che mi aveva intrattenuto a chiacchierare per ore, interrompendoci solo per la torta e il brindisi. Mi aveva permesso di non pensare neanche per un secondo a Brando, impegnato in uno dei suoi periodi "ho-bisogno-di-provare-nuove-emozioni".
Per la prima volta, sentivo che non me ne importava e il merito doveva essere per forza di quel folletto dai capelli rossi e arruffati che si era addormentato sulla mia spalla e mi stava sbavando sul maglione. Seduti sul vecchio divano in stile barocco che arredava la sala d'ingresso, avevamo passato la serata a parlare di cinema, letteratura e reciproche passioni, lui dei manga e io delle moto, fino a al momento in cui Filippo non aveva iniziato a sbadigliare e si era addormentato.
Quando in casa erano rimasti solo i festeggiati e chi si fermava a dormire per la notte, Paolo e Noemi ci raggiunsero piazzandosi in piedi davanti a noi a osservare la scena.
«Cazzarola, mio fratello sa essere proprio l'anima della festa. Lo sai che sarebbe in grado di rimanere in quella posizione per tutta la notte?»
«Beh, allora non avrò alternative e mi toccherà rimanere seduto così per fargli da cuscino.» Le risposi sorridendo.
Noemi ghignò e si avvicinò al fratello per scuoterlo, ma l'istinto mi portò a fermarla.
«Aspetta, lascialo dormire. Non mi dà nessun fastidio, davvero.»
«Non potete dormire su questo divano tutta la notte,» si intromise Paolo, «ti ricordo che hai quasi trent'anni e domani ti ritroveresti pieno di dolori.»
«Ehi, guarda che sono ancora in forma e mi alleno più di te! Comunque, va bene, avete ragione. Lo porto su in una delle stanze libere.» Con la massima attenzione, feci scivolare un braccio dietro la nuca di Filippo e l'altro sotto le sue ginocchia. Appena fui sicuro di potermi muovere in sicurezza, mi diedi una spinta e mi alzai tenendolo in braccio.
«Te l'avevo detto che non si sarebbe svegliato! Sembra un bambino.» Constatò Noemi divertita.
In effetti, non aveva tutti i torti. Era molto tenero con la testa abbandonata all'indietro e la bocca aperta. Provai un moto d'affetto nei suoi confronti che quasi mi commosse.
Quando arrivai ai piedi delle scale, mi arrestai per far passare Valerio che stava scendendo. Lo avevo conosciuto per la prima volta quella sera, ma Paolo viveva con lui da tre anni e me ne aveva parlato spesso. Sapevo, perciò, che era un ragazzo dalla battuta facile e, infatti, appena ci vide, non poté trattenersi dal farne una.
«Oh, lo hai sedato per farlo stare zitto?» Tappò il naso a Filippo con due dita fino a quando non iniziò a dimenarsi infastidito. Lo strinsi più forte per impedirgli di cadere e dopo qualche secondo tornò ad accoccolarsi quieto.
Percepii addosso lo sguardo di Valerio, sembrava mi stesse studiando e mi sentii in soggezione.
«Vuoi che lo porti io su di sopra? Ti avrà già disturbato abbastanza per stasera...» Propose tendendo le braccia verso di me.
Pensai di affidargli Filippo come richiesto, ma immaginarlo avvolto da quel corpo massiccio mi scatenò un insensato moto di gelosia. Quella notte, non mi sarei separato da lui per nulla al mondo.
«Ti ringrazio, ma ce la faccio a reggerlo. E non è affatto un disturbo, anzi.»
«D'accordo, come vuoi. Trattalo bene, mi raccomando. Lui è prezioso.» Me lo ero sognato il tono minaccioso con cui lo disse?
«Lo so.» Ribattei lapidario, prima di superarlo e salire le scale.
Avevo l'impressione che Valerio fosse uno di quei tipi che non avresti voluto metterti contro.
Raggiunta una delle camere libere, depositai Filippo sul letto il più delicatamente possibile e, senza che potessi fermarmi, gli accarezzai i capelli. Indugiai qualche secondo con le dita affondate tra le sue ciocche, ammirando quel viso beato che non si era accorto di nulla di ciò che gli era accaduto intorno.
Sarei dovuto uscire dalla stanza e lasciarlo dormire da solo, ma la pazzia prese il sopravvento su di me. Così, chiusi la porta e mi distesi accanto a lui, tenendomi comunque a distanza di sicurezza. Mi sarebbe bastato averlo vicino e inebriarmi del suo odore di shampoo all'albicocca. Lo avrei conservato per le prossime settimane, sperando svanisse il più tardi possibile.
Stavo quasi per assopirmi, quando un braccio avvinghiò il mio fianco. Quel che era peggio, però, era che Filippo era rotolato su stesso tanto da ritrovarsi con il viso vicinissimo al mio, al punto che i nostri nasi erano entrati in contatto. E... Dio, la sua bocca era a un bacio di distanza. Quanto avrei voluto svegliarlo e chiedergli il permesso di annullarla, di posare le mie labbra sulle sue, di invaderlo con la lingua e assaporare tutta la sua essenza.
Cazzo, cazzo, cazzo! Perché mi ero cacciato in quella situazione? Cosa credevo di fare? Se Filippo me ne avesse dato la possibilità avrei tradito Brando? Io non ero come lui. Non avrei ceduto alla tentazione. Perché se lo avessi fatto io... Cazzo! Come diavolo faceva Brando a farsi delle scopate occasionali e tornare da me come se nulla fosse? Possibile che nessuno dei partner che aveva avuto lo avesse colpito abbastanza da fargli mettere in discussione la sua relazione con me? Nessuno gli aveva mai chiesto di lasciarmi per sceglierlo? O sceglierla, visto che non sapevo neanche il genere dei suoi amanti. Se io avessi assaggiato Filippo ero sicuro che qualche dubbio sulla mia relazione me lo sarei posto. Per questo, sarebbe stato meglio tenermi alla larga dal frutto proibito.
Inalai un'ultima volta il suo respiro caldo e poi, con delicatezza, lo feci nuovamente girare sull'altro lato, in modo che mi desse le spalle. Muovendosi, aveva afferrato la mia mano e intrecciato le dita con le sue. Sapevo che erano tutti gesti involontari, ma questo non impedì di farmi sentire un sacco di farfalle nello stomaco. Non volevo lasciare quel corpo caldo e tentatore che aderiva perfettamente al mio; perciò, affondai la faccia nel suo collo e mi arresi a una nottata di cui non avrei mai voluto vedere l'alba.
29 giugno 2023
Il mattino dopo mi ero svegliato con una gomitata nelle costole da parte di Filippo ma, quando mi ero ripreso del tutto, lui si era allontanato da me e mi aveva scrutato con diffidenza.
Non aveva accennato alla posizione in cui avevamo dormito per tutta la notte; perciò, avevo deciso di fare finta di niente e dargli il buongiorno come se non avessi voluto, in realtà, placcarlo contro il materasso e baciare ogni punto del suo corpo che fossi riuscito a raggiungere. Con l'erezione che mi ero ritrovato tra le gambe, sarebbe bastato poco da parte sua perché mettessi in pratica tutto quello che mi era passato per la testa. Non potevo sapere, però, quali fossero stati i suoi pensieri in quel momento.
Ci eravamo visti appena due volte e sarebbe stato decisamente prematuro tirare a indovinare; quindi, ero stato grato che avesse messo quella distanza tra noi. A prescindere da tutto, sapeva che ero fidanzato e lo aveva rispettato senza mettere nessuno dei due in imbarazzo. Ero stato tentato di parlargli, di capirci di più, ma durante la colazione era arrivato il messaggio di Brando e il senso di colpa mi aveva schiacciato. Non avrei buttato via anni di relazione per la tentazione verso qualcuno che era ancora uno sconosciuto.
Questo era ciò che avevo pensato quel giorno. Nel frattempo, era già passato più di un anno, un lasso di tempo durante il quale la mia infatuazione per Filippo era cresciuta in maniera esponenziale a ogni nuovo incontro, alimentata anche dal fatto che adesso sapevo cosa volesse dire averlo. E, soprattutto, non averlo più. Un lasso di tempo durante il quale la mia relazione con Brando aveva continuato a seguire un innegabile declino.
E allora cosa stavo aspettando esattamente? Cosa mi tratteneva ancora dal seguire il mio cuore?
Guardai per l'ennesima volta la foto di Filippo e Noemi. Era il giorno del loro compleanno e io lo scoprivo solo in quel momento. Non gli avevo ancora fatto gli auguri, perché non sapevo se rientrassero nel concetto di "stammi lontano". Era stato molto categorico a riguardo e io non ero bravo a leggere tra le righe. Però, ci tenevo a fare qualcosa per rendere il suo giorno speciale...
Spensi il PC, che avevo fissato inutilmente per un'ora mentre la mia mente si era persa nei ricordi, e chiamai l'unica persona che potesse aiutarmi in quel momento.
«Oh, chi non muore si risente!» Il tono di Paolo era decisamente sarcastico. Come potevo dargli torto? Non mi facevo vivo con lui da settimane.
«Hai ragione,» ammisi, «sono stato un cugino stronzo e farò in modo di farmi perdonare, ma avrei bisogno di parlarti di una cosa importante. Sei libero per pranzo?»
«Mmm... Sì, dai. Avevo appuntamento per mangiare con i miei compagni di università ma non ho l'impressione che sarà più interessante vedermi con te. Offri tu, però. Dove e quando?»
«Grazie, spero di non deludere le tue aspettative allora! Facciamo tra mezz'ora? Sono a casa in smart quindi possiamo vederci qua in Albaro.»
«D'accordo, allora potresti venire direttamente al bar dell'università?»
«Va bene. A più tardi allora.»
«Ciao.»
Chiusi la comunicazione e abbandonai la testa contro le braccia incrociate sulla scrivania dello studio. Dovevo pensare bene a come approcciare il discorso con Paolo e supplicarlo di aiutarmi. Eccolo il primo passo verso la mia nuova vita.
***
A Genova, i dipartimenti delle varie Facoltà erano sparsi per tutta la città. Ad Albaro c'era quella di Ingegneria, che si suddivideva tra due edifici moderni e Villa Cambiaso, una storica dimora nobiliare corredata da una ridotta porzione di parco pubblico. Se avessi fatto scelte diverse, avrei potuto vivere tutto il periodo universitario a dieci minuti da casa mia. Invece, avevo fatto la triennale di Ingegneria Gestionale al Politecnico di Milano, specializzandomi con la magistrale in Management di Impresa alla Cattolica. Durante quei cinque anni io e Brando avevamo vissuto insieme in un bilocale a pochi passi dai Navigli. Lui aveva fatto dei corsi per diventare personal trainer e aveva trovato facilmente lavoro in una palestra rinomata. Col senno di poi, la vita universitaria era stata una delle tante occasioni sprecate per poter essere più indipendente da Brando.
Paolo, invece, aveva deciso di rimanere a Genova e stava frequentando la magistrale di Ingegneria Biomedica. Ci incontrammo al bar del suo dipartimento, dove ordinammo due panini e cercammo un tavolo libero dove potessimo parlare tranquilli. Fu lui ad avviare la conversazione.
«Allora, cosa mi racconti?»
Decisi di andare subito al sodo: «Devo farti una confessione che non ho mai espresso a voce alta, e avrò bisogno della tua sincerità perché se ragiono da solo su questa cosa i miei pensieri si ingarbugliano troppo e mi sale l'ansia.» Stavo già sudando e non avevo ancora iniziato a dire niente di serio. Paolo dovette percepire la mia agitazione perché mi posò una mano sul braccio in un gesto di conforto.
«Dimmi tutto, con calma e respirando, possibilmente.»
In effetti, ero in apnea. Rilasciai l'aria che avevo trattenuto e feci un paio di respiri profondi.
«Credo di provare qualcosa per Filippo», buttai fuori.
Paolo alzò un sopracciglio, per nulla stupito dalla notizia. «Beh, mi sembra palese, no? Lo ritenevo un dato di fatto che ti piacesse da quando hai deciso di andarci a letto.»
Arrossii al ricordo di quella notte meravigliosa.
«Sì, ma... ciò che provo da quella volta è qualcosa che va oltre la semplice attrazione fisica. So che ti sembrerà assurdo perché ci siamo visti davvero poche volte ma... quando parlo con lui, quando lo vedo, il sesso non è la sola cosa a cui penso. Se fosse solo quello credo sarei in grado di gestirlo, invece non riesco a togliermelo dalla testa.»
«Sono quasi commosso che finalmente ci sia qualcun altro che ti ossessioni quanto Brando. Stavo cominciando a perdere le speranze.»
«Quali speranze?» Chiesi confuso.
«Di lasciare Brando.» A quel punto fu lui a mostrarsi dubbioso. «Perché lascerai Brando a questo punto, no?»
«Io...» balbettai. «E se lo lascio, ma poi con Filippo non dovesse funzionare? Non mi stupirei se una persona solare come lui capisse presto che sono un caso disp...» Non finii la frase, perché Paolo diede una manata sul tavolo, facendo girare le persone verso di noi. Sussultai, mentre lui si scusava per il rumore improvviso.
«No, Enri. Allora non hai proprio capito un cazzo. Tu Brando lo dovresti lasciare indipendentemente da Filippo. Non devi farlo solo se sarai sicuro di metterti con lui dopo. Devi farlo per te stesso, perché non sei più felice con Brando da anni, ed è sotto gli occhi di tutti tranne che dei vostri. È una vita che sei chiuso in una gabbia da cui hai una fottuta paura di uscire e che sei legato a una persona dalla quale siete ormai reciprocamente dipendenti. Non dico che sarà facile affrontare un cambiamento così drastico. Ammiro che avevi già provato a farlo, anche se poi è finita in un fallimento, ma devi farlo per le motivazioni giuste, non solo perché ti tira il cazzo per un altro ragazzo.»
La sua schiettezza mi spiazzò. Era la prima volta che mi sentivo dire le cose in faccia senza peli sulla lingua. Neanche mia nonna era mai stata tanto brutalmente onesta. Il problema era che io lo sapevo che aveva ragione ma... avevo comunque bisogno di tempo per elaborare tutto questo.
«Va bene, ho capito.» Mi era passata la fame e mollai il mezzo panino avanzato sul tavolo. «Quindi come mi suggerisci di comportarmi con lui?»
«Facile. Finché avrai un armadio a quattro ante che ti sta addosso e che può farlo a pezzettini, come hai già rischiato che accadesse, lascialo in pace. Prima disintossicati dall'energumeno, poi potrai provarci con il mio cognatino adorato.» Insomma, mi stava confermando le stesse cose che mi aveva detto Filippo. «Sappi che se lo farai soffrire Noemi se la prenderà con me.»
«E noi non vogliamo far arrabbiare Noemi...» Lo canzonai tornando a sorridere.
«Esattamente. E non solo lei... sai cosa ti farebbe Valerio? In uno scenario del genere non ci sarebbe alcun Samuele a trattenerlo, anzi lui stesso te lo aizzerebbe contro.»
«Non stento a crederlo... Comunque va bene, mi hai convinto mi impegnerò a seguire il tuo consiglio. Cercherò di risolvere i miei casini, però ti chiedo due favori.»
Mi guardò scettico ma mi invitò a proseguire.
«Per prima cosa, ti supplico, non dire nulla di tutto questo a Noemi. Lo so che ti chiedo tanto ma vorrei davvero che rimanesse una confidenza tra me e te.»
Ci pensò qualche secondo agitandosi sulla sedia, e per un attimo temetti che non avrebbe accettato. «Ok, posso farlo. Vedi di non farmene pentire. Il secondo favore?»
A quel punto, fui io ad agitarmi. Era una follia quello che volevo fare e probabilmente mi sarei beccato una nuova carica di insulti.
«Mi daresti il loro indirizzo di casa?»
«Cosa?! Sei pazzo? Vuoi stalkerarlo?»
«Ma no, scemo! Oggi però è il loro compleanno.»
«E quindi? Vuoi fargli la festa sotto casa? Cosa non era chiaro del lascialo-in-pace?»
«Non gli vado sotto casa, per chi mi hai preso? Vorrei solo mandargli un regalo. Anonimo, così sei contento. Posso farlo o mi vieti anche questo?» Sbuffai spazientito da quei continui attacchi.
«Mi sembra una mezza cazzata, ma mi sembri già sufficientemente disperato. Va bene, te lo mando per messaggio.»
«Grazie, Paul. Ti sono debitore!»
«Non c'è di che. Ricordati di ospitarmi quando Noemi inizierà a darmi la caccia per uccidermi.»
Risi, rendendomi conto di quanto mi fosse mancato passare un po' di tempo con qualcuno che reputassi un vero amico, e Paolo era sempre stato molto di più di un semplice cugino.
Passammo un'altra mezz'ora insieme aggiornandoci sugli ultimi due mesi di vita e chiacchierando del più e del meno. Quando ci salutammo, ci promettemmo di riprendere a sentirci più spesso.
11 giugno 2022
Stavo marciando con Brando e il suo gruppo di amici della palestra alla parata del Pride. Lui mi avvolgeva le spalla con il suo braccio muscoloso e io tenevo la mano infilata nella tasca posteriore dei suoi jeans. Camminavamo guidati dalla folla di gente che cantava, gridava slogan e batteva le mani. Il rumore era assordante ma coinvolgente, mi faceva sentire parte di qualcosa che avrebbe sempre afferrato la mia mano se io l'avessi tesa in cerca di aiuto. Mi sentivo protetto e accolto.
Era un periodo positivo, anche perché avevo ritrovato un buon equilibrio con Brando, che mi aveva fatto sperare per il futuro. Tutto sommato, dunque, stavo bene ed ero riuscito ad allontanare dalla testa il ricordo di...
Cazzo, come non detto!
Con la coda dell'occhio vidi Filippo che ballava su uno dei carri che sfilava accanto a noi. Sorrideva e mandava baci alla folla. Era splendido, e il suo volto truccato brillava come una stella. Dio, come mi era mancato vederlo. Come facevo a dimenticarlo se mi bastava posare gli occhi su di lui per un solo secondo per perdere i contatti con la realtà?
A un certo punto, finalmente, mi notò, alzai un braccio per salutarlo ma... con un'espressione di orrore dipinta sul volto sparì alla mia vista.
Dove diamine era finito? Si stava nascondendo da me?
No, non mi sarei accontentato di così poco.
«Brando?» Gli tirai la canottiera per richiamare la sua attenzione.
«Che c'è?»
«Ehm... ho visto una persona che conosco sul carro. Ti dispiace se vado a salutarla?»
«Perché dovrebbe? Basta che non ci metti troppo o rischiamo di perderti nella folla.»
«Faccio veloce.»
Mi divincolai dalla sua stretta e tra un "scusa" e un "permesso" raggiunsi la mia meta. Il carro procedeva lento, perciò non avrei avuto problemi a salire. Accettai la mano di una Drag Queen che mi aiutò a issarmi per poi scoccarmi un'occhiata di apprezzamento.
«Tesoro, sei il benvenuto tra le dive!»
La ringraziai e cercai Filippo. Lo trovai seduto con le ginocchia piegate e la schiena appoggiata alla paratia del carro. Sembrava così piccolo che avrebbero potuto schiacciarlo per sbaglio. Aveva gli occhi chiusi e stava facendo dei respiri profondi.
Mi accucciai davanti a lui e gli appoggiai le mani sulle ginocchia nude. Indossava degli short che gli lasciavano scoperte le gambe pallide e una maglia di rete che non lasciava nulla all'immaginazione... e la mia era già partita per la tangente.
«Ciao, Scheggia!»
Aprì gli occhi e finalmente potei ammirare le sue iridi verdi che non riuscivano a nascondere alcuna emozione. Intuii, così, che la mia presenza lo agitava. Potevo capirlo, perché provavo lo stesso
«Ciao, che ci fai quassù?» Mi domandò con un misto di ansia e stupore nella voce.
Bella domanda! «Ti ho visto e volevo salutarti, ti dispiace?»
«No, è che... ti ho notato con Brando.»
«Quindi non posso passare a salutare gli amici?»
«Siamo amici?»
"Vorrei essere ben più di un amico, ma è un desiderio che non posso permettermi neanche di pensare." Questo era ciò che avrei voluto dirgli, e invece risposi dubbioso: «Beh, credevo di sì... no?»
«Penso di sì... è che non ci conosciamo da molto tempo e tu sei molto più grande.» In effetti, non aveva tutti i torti ma non lo vedevo come un ostacolo a instaurare un qualunque tipo di rapporto.
«Vero, ma considerando che tua sorella e mio cugino ormai sembrano un'unica entità, avremo sicuramente tante altre occasioni per incontrarci.»
"Bravo Enri, ottima scusa! Adesso, però, è meglio se scappi via."
«Ora devo andare, o i miei amici pieni di testosterone mi lasceranno indietro.» Mi alzai e mi persi ancora qualche secondo ad ammirarlo. Non riuscii a trattenermi dal dirgli: «Stai benissimo vestito e truccato così. Sei la stellina più luminosa di tutte.»
E dopo un'affermazione del genere, non potei davvero far altro che voltarmi e andarmene, senza assistere all'effetto che le mie parole avevano provocato.
29 giugno 2023
"Stellina luminosa", non rendeva abbastanza quello che era Filippo: lui era un raggio di sole, splendido e incandescente. Mi abbagliava e mi scottava, ma avrei sempre cercato il conforto della sua luce. Ero pronto a dimostrarglielo.
Entrai nel fioraio che avevo scelto per comprargli il mio regalo. Sapevo esattamente cosa volessi, perciò raggiunsi direttamente il bancone con la cassa, dove la proprietaria del negozio stava confezionando un cesto di piante grasse.
«Buon pomeriggio. Posso aiutarti?» Domandò con gentilezza.
«Sì, desidererei comprare dei girasoli. Fate consegne a domicilio?»
«Certo. Quanti e per quando ti servono?»
«Per oggi, e ne vorrei sette.»
«Perfetto. Scrivimi l'indirizzo su questo cartoncino. Credo potremmo consegnarli intorno alle diciotto.»
«Grazie mille. Le lascio anche il biglietto da metterci insieme.»
Tirai fuori la piccola busta verde dentro alla quale avevo scritto un semplice bigliettino che non firmai, nella speranza che capisse che ero io.
Una volta concordato tutto, pagai la signora e lasciai il negozio. Avevo tante cose su cui riflettere e decidere come affrontare, ma un primo piccolo passo lo avevo fatto e mi fece sentire davvero bene.
***
SPAZIO AUTRICE: Buonasera! 💕 ve lo avevo detto che questo sarebbe stato un capitolo molto lungo (per questo sono magnanima e l'ho un po' anticipato)... ma, ammettetelo, vi siete un po' emozionati a ripercorrere gli incontri tra Enri e Filippo in Sunrise? 🥹 in questo caso, abbiamo proprio la primissima volta in cui Enri posa lo sguardo su Fil, e ci dà la conferma che anche per lui è stato un palese colpo di fulmine (ogni tanto capitano) 😍
A parte per l'episodio del Pride, ho scelto di mostrare momenti diversi ma comunque significativi di quegli incontri. Questo per non annoiare chi ha già letto Sunrise... se, invece, siete approdati direttamente a Sunshine spero che vi verrà la curiosità di tornare indietro e recuperarlo 🤭
Tornando al presente, Enrico continua a ricevere schiaffi morali! Vi piace Paolo nella veste di confidente? A me molto 💕
E ora che Enrico si è deciso di agire (Alleluja Alleluja 🙌🏻) e ha pure comprato dei fiori meravigliosi, cosa accadrà?
Se il capitolo vi è piaciuto lasciate una stellina e ricordate che ogni feedback è sempre gradito! 🫶🏻
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