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Capitolo 7: Insicurezze

Adosso ho più insicurezze che vestiti

«Summer hai portato quello che ti avevo chiesto la scorsa volta?» mi dice dolcemente la psicologa e le faccio cenno di sì.
Dovevo fare un elenco delle mie qualità e avevo passato pomeriggi a cercare di trovarle, come se fosse stata una caccia al tesoro.
«Si.»
«Vuoi leggermele?»
Faccio un respiro profondo prima di iniziare a leggere.
«Le mie qualità le ho perse tutte, ho cercato di trovarle ma non ci sono riuscita. Ma le mie qualità una volta erano: solarità, gentilezza e ottimismo.»
Lei mi guarda cercando di fare un lievo sorriso, prima di guardarmi negli occhi e parlare.
«E adesso non le hai più?»
Le faccio cenno di no. Esse sono sparite da un bel po' per la precisione.
«Secondo me Summer tu le hai ancora, semplicemente per doverti diffendere le hai nascoste. Ma adesso puoi recuperarle. Tu sei ancora la ragazza solare, gentile e ottimista. Io lo vedo.»
Non dico nulla.
Ha ragione! Essere ottimisti significava rimanere sempre deluse e lo stesso valeva per l'essere solare. Essere gentile significava farsi mettere i piedi di sopra, anche se in quello non ho mai smesso di farlo.
«Quali sono i tuoi difetti, Summer?»
Questa domanda è indubbiamente più semplice. Io ho tanti di quei difetti, che potrei fare un elenco infinito.
«Sono testarda, orgogliosa, infantile,  troppo sensibile, ignorante, noiosa, appiccicosa ma allo stesso tempo troppo distante, brutta...»
Lei mi fa segno di fermarmi e mi porge un fazzoletto.
Non mi ero neanche accorta che avessi iniziato a piangere.
«Lo vedi quanto sei dura con te stessa? Non riesci a trovare una cosa bella su di te ma sei riuscita a trovare difetti anche se non vi erano. Perchè lo fai?»
«Perchè sono un mostro.»
«Allora immagina di avere davanti  te quando eri bambina. Ora di a quella bambina quello che hai detto tu di te stessa. Dille che è un mostro, che è brutta, dille che tutto ciò che pensi di te adesso.»
Non ci riesco e scoppio a piangere.
Lei mi si avvicina e mi abbraccia.
«Andrà tutto bene. Devi solo ricordarti che tu non sei neanche una delle cose negative che hai detto, che ognuno di noi può avere dei difetti ma l'importante è lavorarci. E ciò significa essere umani e l'umano non è mai perfetto.»
E mi lascio andare a quell'abbraccio mentre cerco di farmi cullare dalle sue parole rassicuranti.

All'uscita trovo, nuovamente, Mason ad aspettarmi.
Ma quando mi avvicino a lui, il suo sorriso si spegne.
«Hai pianto?» mi chiede e gli faccio segno di no. Non voglio che si preoccupì, lo fa troppo spesso.
«Summer non mentirmi. Con me non devi fingere che vada sempre tutto bene e piangere non significa essere deboli.»
«Lo so.»
«Posso abbracciarti?» mi chiede, sapendo che io non amo il contatto fisico.
«Provaci e ti taglio le mani.» lo vedo girare gli occhi e sorridere.
«Lo vuoi il gelato?» mi chiede e gli faccio cenno di si.

Ci avviamo verso la gelateria considerata da Mason la migliore di Los Angeles. Quando arriviamo lui ordina Strawberry Honey Balsamic w/ Black Pepper , mentre io ordino Peanut Butter Brownie Cereal Puffs.
Dopo che ci sono stati dati i nostri coni con il gelato, andiamo a sederci fuori.
«Me lo fai assaggiare?» mi chiede Mason.
«Neanche per sogno. È tutto mio!» gli dico, puttandogli un dito contro.
«E dai non fare la bambina, moon. Fammelo assaggiare!» cerca di avvicinarsi per prendere il mio cono ma riesco a spostarmi velocemente.
E ciò lo fa sia ridere che innervosire.

«Ti faccio assaggiare il mio, che dici?»
«No!»
Lo sento sbuffare, anche se dal suo volto il sorriso non sparisce.
«Sei più snervante di mia sorella, che ha dieci anni.»
«Lo prendo come un complimento.» dico sorridendo.
Rispetto a prima inizio a sentirmi un po' meglio.
«Ti sei sporcata!» dice Mason, scoppiando a ridere e facendo girare la gente verso di noi.
E quando abbasso lo sguardo vedo che ha ragione e che un po' del gelato è andato a finire sui miei pantaloni e in quel momento scoppio anche io a ridere.
E per la prima volta non mi importa se vi è della gente che mi osserva o meno.

Successivamente scendiamo in spiaggia e io mi sdraio sul telo da mare, che Mason ha portato.
«Non ti va di fare un bagno? Ci sarò io con te, non ti accadrà nulla di male.»
«Forse dopo.» dico e lo vedo alzarsi e iniziare a spogliarsi, per poi correre verso il mare.
E vedo come lo guardano le altre ragazze, come se fosse il loro sogno erotico. E non ne capisco motivo, anche se Mason può essere un bel ragazzo non è poi così tanta bellezza.

«Allora moon, vieni te o ti devo trascinare io?» urla ma non gli do risposta, così esce dall'acqua e si dirige verso di me.
«Non provarci?»
«A fare cosa?» mi chiede con un sorriso che dovrebbe essere innocente ma che di esso non ha nulla.
E, infatti, mi ritrovo sulla sua spalla a gridare di essere messa giù senza ricevere nessuna risposta.
Gli prendo a pugni la schiena ma non ha nessun effetto, sembra fatto di marmo.

«Eccoti accontentata.» mi dice mentre mi immerge nell'acqua.
«Questa me la paghi!» gli urlo contro ma ciò lo fa ridere.
Ho notato che in realtà Mason ride per qualsiasi cosa.
Letteramente per qualsiasi cosa.
«E come vorresti farmela pagare, moon?» mi chiede mentre si avvicina a me e mi sormonta con la sua altezza.
«Devo ancora pensarci.»
«Uhm, allora ti lascio a pensare.» mi dice, prima di tuffarsi.

Dopo qualche secondo lo rivedo riemergere e solo in quel momento mi accorgo di aver trattenuto il respiro.
«Vieni anche tu qui! Nuotandò però. Allunga le gambe, da brava.»
«Non ci riesco.»
Era più forte di me, non ci riuscivo.
«Fidati del tuo corpo, se non dovessi farcela sarò pronto ad intervenire.»
«Non mi fido del mio corpo!»
Come potevo fidarmi di qualcosa che mi stava portando al lastrico?
«Allora prova a fidarti di me. Non ti ho fatto morire due settimane fa e non lo farò ora, fidati di me.»

E anche se fidarmi delle persone mi viene difficile, con lui ci provo.
Ci provo davvero tanto, come se lui potesse essere il savalgente che mi aiuterà a salvarmi.
E ci provo a fare quello che mi ha detto, allungo leggermente le gambe ma non si allungano del tutto.
«Va bene anche così, a piccoli passi.»
E facendo così riesco ad arrivare a lui e mi butto tra le sue braccie come se potesse proteggermi da qualsiasi tipo di paura. Ed è così.
Lui mi stringe a sé e mi accarezza leggermente i capelli.
«Sei stata bravissima oggi, anche se dobbiamo ancora lavorarci.»
E quando mi distacco, i miei occhi rimangono incastrati nei diamanti neri che ha al posto degli occhi.
I suoi occhi mi guardano e sembrano ammirarmi, non ho mai visto quello sguardo su di me da parte di nessuno.
Per un instante sembra che si siano fermati sulle labbra ma è stato un instante così breve che non sono riuscita a capire se fosse o meno così.
Alla fine è lui ad allontanarsi completamente da me e a girare il suo sguardo altrove.
«È meglio se andiamo. Oggi mangi a casa mia, vero?»
Me l'aveva proposto ieri e anche se io volevo rifiutare, mia madre è riusciuta a convicermi ad andare.
Perchè a detta di lei così faccio "amicizia" ed "esco di casa".
«Si.»
«Perfetto, allora andiamo.» mi dice e ci diregiamo verso la spiaggi per asciugarci e preparci ad andare via.

Quando arrivo a casa di Mason sento già il rumore di risate, cosa che non sento mai quando arrivo a casa mia.
Ci dirigiamo verso il soggiorno dove vi è Rachel in braccio a una ragazza dai capelli biondi, che le sorride.
E qualche metro più lontano vi è Elijiah che le guarda sorridendo.
La ragazza immagino sia la fidanzata di quest'ultimo, lo si vede anche dal modo in cui la guarda.

«Summer!» urla la bambina appena mi vede e scende dalle gambe della ragazza per venirmi ad abbracciare e anche io la stringo a me.
Mi era mancata.
Questa bambina ha una luce e una purezza che solo i bambini della sua età possono avere.
«Mi abbandoni così?» le dice la ragazza sorridendo.
Poi si avvicina a me e mi porge la mano, che decido di stringere.
«Ellen.»
«Summer.»

«Ora che le presentazioni sono finite, ci vogliamo accomodare?» chiede Mason, facendo sbuffare Ellen e me.
«Sempre simpatico vedo.» gli dice Ellen, faccendogli alzare le spalle.
E lo guardiamo mentre si va a sedere sul divano, vicino a suo fratello.
Io ed Ellen ci guardiamo e scoppiamo a ridere, così tanto che non mi accorgo di essere tirata dal braccio.
«Summer ti va di giocare con me a Just Dance?» mi chiede Rachel, facendomi sorridere.
«Certo, quale canzone vuoi ballare?»
« I knew you were trouble di Taylor Swift.» mi dice e corre a prepare il gioco.

«Stai attenta moon, che mia sorella è super brava in questo gioco. In più è competitiva.» mi dice Mason.
«Competitiva? Ciò è un eufenismo. È molto più di competitiva.» mi dice Elijiah.
Ma non mi faccio fermare dalle loro parole, anche perchè anche io sono molto competitiva.
Dopo che la canzone è stata messa, iniziamo a ballarla.
All'inizio facevo fatica a tenere il passo e la meglio l'ha Rachel, ma verso la metà inizio a prendere ritmo e a superarla.
Nel frattempo sento Mason che fischia da dietro, facendo il tifo per me.
Alla fine ho vinto io e Rachel ha messo il broncio e si fa consolare da Ellen.

«Bravissima!» urla Mason, prendendomi in braccio e facendomi girare. Dovrei arrabbiarmi ma non ci riesco, anzi, mi viene da sorridere e abbracciarlo a mia volta.
«Sei riuscita a portare sulla terra ferma mia sorella. Solitamente non perde mai.» mi dice e ciò mi fa sorridere.
Immagino che essendo la più piccola e anche l'unica femmina l'abbia molte volte vinta.
«Stai dalla sua parte?» mi chiede Rachel con il broncio e senza dire nulla vado da lei e la stringo forte.
«Ma certo che no! Sei stata bravissima.» le dico e le bacio i capelli.
«Ma non ho vinto.»
«Nella vita non si può vincere sempre ma nella perdita vi è anche la vittoria.»
Lei mi guarda con i suoi occhioni, cercando di capire a cosa mi riferisco ma senza risultato.

«Per vincere devi anche perdere e il fallimento colui che ti porta alla vittoria.»
«Quindi se ora ho perso, la prossima volta vincerò?» mi dice, facendomi un sorriso a trecentosessanta gradi e alzarsi in piedi.
«Da vedere.» lei sbuffa e poi esce dalla stanza.

«Hai confuso mia sorella.» mi dice Mason, sedendosì vicino a me e mettendomi un braccio dientro il collo che gli tolgo mentre lo guardo male.
«Vado a vedere dove si è cacciata.» dice Elijiah, prima di uscire dalla stanza.
«Allora Summer, da quanto tempo stai insieme a Masy?» mi chiede Ellen e mentre io cerco di non guardarla male, vedo che Mason sta cercando di trattenere le risate.
«Non stiamo insieme.» le dico e vedo il suo imbarazzo che si impossessa del suo viso.

Conosco Mason da due settimane come potrei starci insieme? Anche se vi è gente che si fidanza dopo aver conosciuto un tizio in discoteca.
Ma io non sono il tipo. Ho bisogno di conoscere bene chi ho davanti e per questo motivo ho bisogno di anni.

«Mi dispiace! Pensavo che... Oh, mi ha appena chiamato Elijiah, vado a vedere che cosa vuole.» dice e non ho neanche il tempo di dirle che non è vero che è corsa fuori dalla porta.
«Sei riuscita a far fuggire tutti.»
«Peccato che non sia riuscita a far fuggire anche te.» gli dico sorridendo.
«Oh, mia piccola moon. Io non andrò da nessuna parte, mi dispiace.» e lo vedo mentre si avvicina a me.
Vorrei spostarmi ma il mio corpo sembra fermo come se aspettasse qualcosa, che però non arriva.
«Il telecomando.» mi dice lui, facendomelo vedere.

«Vuoi vedere un altro horror?»
«Per poi vederti piangere nuovamente, anche no.» dico e mi alzo dal divano.
Non voglio stare in questa stanza da sola con lui, anche se è da giorni se no settimane che sto da sola con lui.
«Mi abbandoni, moon?»
«Esattamente!»
«Ma così mi offendi.» dice lui con lo sguardo da cane bastonato.
Non lo trovo tenero ma l'espressione che sta facendo mi fa ridere.

«Ridi del dolore altrui, moon?»
E dopo questa domanda non riesco proprio a trattenermi e scoppio completamente in una risata fragorosa.
«È arrivato papà!» urla la piccola Rachel, entrando nel soggiorno e iniziando a saltellare.
«Tu non conosci mio padre, vero?» mi chiede e le faccio cenno di no.
«Vedrai ti piacerà, mio padre è fantastico! L'uomo migliore che possa esistere sul pianeta!» e al suono di quelle parole mi viene da piangere.
È questo quello che dovrebbe provare una figlia nei confronti del proprio padre? E perchè io non riesco a provarlo? Anzi, l'unico sentimento che provo per lui è una forma di odio ma non si dovrebbe odiare il proprio padre, vero? Allora perchè io non riesco neanche a volergli un po' di bene?

«Summer?» mi sento richiamare da una voce e sbatto le palpebre per mettere nuovamente a fuoco chi ho davanti.
«Lui è mio padre, Michael Parker.» mi dice Mason, indicandomi un uomo sulla cinquantina, con i capelli neri e gli occhi scuri.
Ecco da chi ha preso Mason e più vedo i due affianco all'altro e più mi accorgo della loro somiglianza.
«Piacere mio, signor Parker.»
L'uomo mi guarda dall'alto verso il basso, per poi fermarsi a guardare i miei occhi e a sorridermi.
«Chiamami pure Michael, non amo le formalità.»
«Va bene, Michael.»

«Ora andiamo in cucina che sto morendo di fame. Tu sai cucinare, vero Summer?» mi chiede Mason, spingendomi verso la cucina.
«Più o meno.»
«Allora molto male, visto che dovremo metterci tutti in cucina.»
In che senso con tutti in cucina?
Lui guarda la mia espressione stranita e mi sorride dolcemente prima di parlare.
«Da noi la cena la si prepara tutti insieme, non vi è un membro che non aiuti nel suo piccolo. È un modo per stare insieme e anche per non far prepare tutto a un'unica persona.»
«Quindi anche tu, tuo fratello e tuo padre aiutate?»
«Certo, perchè non dovremo farlo? Anzi, eliminando mio fratello che non sa cucinare per nulla. Io e mio padre siamo molto bravi.»

Un'altra cosa che nella mia famiglia non funziona così. Da me è mia madre a fare tutto, al massimo ad aiutare siamo noi figlie ma mio padre non alza mai un dito.

«Scusate il ritardo, ma ho perso un po' di tempo con l'ultimo paziente.» dice la madre di Mason, entrando in stanza.
«Tranquilla cara, non avevamo neanche iniziato.» le dice il signor Parker, avvicinandosì a lei per darle il bentornato. E guardandoli capisco il significato della parola amore. Si vede che i due si amano ancora, lo si vede dagli sguardi che si lanciano, dal modo in cui si parlano.
Mi posso considerare invidiosa se dico che lo vorrei vedere io ogni giorno, ciò? Che sarei voluta crescere con due genitori così? Molto probabilmente si, sono invidiosa.

«Guarda mamma! Oggi cucinerà con noi anche Summer!» dice Rachel, correndo verso la madre.
«Ho visto tesoro.» le dice lei abbracciandola.
«Cosa mangiamo stasera?» chiede Mason e in quel momento ognuno inizia a proporre qualcosa di diverso ma alla fine si opta per della pizza fatta in casa.

«Hai mai fatto una pizza?» mi sussurra all'orecchio il ragazzo dagli occhi neri e gli faccio cenno di no. Infatti, non saprei neanche da dove iniziare.
«Tranquilla tesoro, ti insegno come si fa. Non è difficile.» mi dice sua madre, venendo verso di me e spiengandomi passo per passo quello che devo fare.
«Rachel e Mason smettetela di mangiare gli ingredienti!»
«Ma ho fame!» dicono i due contemporaneamente facendo ridere tutti.

Passiamo il tempo a cucinare, a parlare delle nostre giornate e a scherzare. È per la prima volta mi sento parte di una famiglia, che anche essendo un'estranea mi ha trattato come se non lo fossi.
Successivamente ci mettiamo a giocare a dei giochi da tavolo.
Io sono in squadra con Ellen e Rachel, dove alla fine riusciamo a vincere per la poco gioia di Mason, il quale ho scoperto essere molto competitivo.
Dopo i giochi, saluto tutti e Mason è pronto ad accompagnarmi, quando Rachel mi ferma.

«Puoi leggermi il libro per la buonanotte, perfavore?»
«Rachel hai dieci anni, quale storia della buonanotte?» le chiede Mason ma lei lo ignora completamente.
«Rachel, tesoro. Summer deve andare a casa, un'altra sera te la leggerà.» le dice la madre e il suo volto si intristice prima di sibiliare un lieve "va bene".
Vederla con quell'espressione mi rattrista e, poi, non ho tutta questa fretta di tornare a casa.

«Va bene, posso restare un altro po'» le dico e il suo sorriso a trentadue denti ritorna.
«Così la vizi ulteriormente.» dice Mason ma lo ignoriamo e ci dirigiamo di sopra, dove Rachel mi mostra la sua stanzetta.
La stanza ha un letto a una piazza e mezza, con lenzuola rosa e ricolmo di cuscini pelosi.
Vicino al letto vi è un tappeto altrettanto rosa con delle poltroncine bianche e davanti vi è un maxi schermo.
Dall'altra parte della stanza vi è una scrivania e i suoi giochi.

«Voglio che mi leggi il Piccolo principe.»  mi dice, andando a sdraiarsi sul letto.
«Ti piace il Piccolo principe?» le chiedo e mi fa cenno di si.
«E anche il mio libro preferito.» le dico e vedo i suoi occhi illuminarsi.
«Sai Summer, tu mi piaci. Saresti perfetta per Mason, tanto più per quanto ne ha passate.»

In che senso per quante ne ha passato? Di che cosa sta parlando?
«Di che parli, Rachel?»
«Non te l'ha detto?» mi chiede e quando le faccio cenno di no, la vedo coprirsi con il lenzuolo delle coperte e quando mi giro verso la porta: lui è qui.
Da quanto tempo stava ascoltando? Dalla reazione della bambina non sembra da molto.

«Summer alzati, si sta facendo tardi.»
Guardo l'orologio e vedo che ha ragione. Do un bacio della buonanotte a Rachel ed esco dalla stanza.
Aspetto di arrivare dentro la macchina e di vederlo partire prima di iniziare la conversazione.
«Di cosa parlava Rachel?»
«Nulla, parla continuamente di cose senza senso.»

Ma so che non è vero. Molte volte i bambini mentono e raccontano storie non vere ma Rachel non sembrava che stesse fingendo.
«Non mentirmi!»
«Non ti sto mentendo. Non devo mica dirti tutti i cavoli miei!» urla e frena bruscamente prima di finire su una macchina.

E io mi blocco.
Inizio a sudare freddo e non capisco più nulla, sento tutto ovattato.
La vista inizia a sfocarsi per via delle lacrime e la mia mente rivede mio padre che urla e colpisce qualcosa.
Il corpo inizia a tremarmi e non riesco a gestire nulla. Non dovrei mostarmi così davanti a qualcuno che non vuole aprirsi con me ma non riesco a controllare il mio corpo. È lui che mi possiede e non più viceversa.
E non mi sono mai odiata più di questo momento per non riuscire a superare nulla di quello che mi circola nella mia testa. Mi acconteterei di superarne anche una ma come sempre non ci riesco.

«Summer!» mi chiama Mason e cerca di toccarmi ma mi sposto.
«Non azzardarti a toccarmi!» stavolta quella ad urlare sono io e mi faccio schifo. Critico chi lo fa ma sono finita per farlo anche io.
«Mi dispiace, non volevo gridare. Semplicemente non voglio che tu mi veda come ciò.» mi dice e quando vede che non gli rispondo, riprende a guidare.

Dopo una decina di minuti arriviamo davanti a casa mia.
«Buonanotte, moon.» mi dice ma non gli rispondo ed esco dalla macchina sbattendo la portiera.
Non mi importa se una macchina costosa o meno.
In questo momento non mi importa più di nessuno.

Entro in casa e vedo mio padre davanti alla porta e dietro di lui vi è mia madre.
«Hai visto che ora è?» mi grida lui.
«Lasciala stare.» dice mia madre, mettendosi davanti a me.
«Togliti! Deve capire che qui non è un hotel, che può fare tutto quello che vuole! E questo è colpa tua che le hai educate male.» urla e le lacrime iniziano a rigarmi nuovamente gli occhi. Perchè urlano tutti? Io ho bisogno del silenzio, della calma. Perchè non lo capiscono?

«L'ha capito e non accadrà più. Adesso lasciala andare sopra.» gli dice mia madre e sembra che questa volta l'ascoltì perchè mi lascia andare.
E quando chiudo la porta della mia stanza, come sempre ritorno a piangere come se fosse un circolo senza fine, se non quella della mia esistenza.

Scusate per la lunga attesa ma sono stata impegnata con la scuola e con progetti extra scolastici.
Spero che questo capitolo vi piaccia e che in generale state apprezzando la storia, anche se a me sembra a volte elementare e noiosa.
Che ne pensate di Mason e Summer?
Cosa pensate che accadrà successivamente?

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