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Capitolo 1:Vuoto

Il suicidio è una
condanna a morte
della cui esecuzione
il giudice incarica
il condannato.
Guido Morselli

"A quelle ragazze che sono così forti che riescono a trovare la felicità anche nel dolore più profondo"

La parola vuoto significa letteramente privo di contenuto.
Con essa ci possiamo definire diverse cose, un bicchiere può essere vuoto o una stanza lo può essere.
Ma il termine vuoto può indicare anche qualcosa di più profondo, terribile, che ti lascia senza fiato.
Mi riferisco al vuoto dell'anima.
Un'anima può essere di vari colori, piena di gioia e di vita ma quando queste spariscono rimane solo il vuoto.
Quel vuoto che ti consuma ogni giorno di più.
Non ti fa respirare, non ti fa vivere.
Ti guardi allo specchio e non ti riconosci più. Sei diventata il tuo peggior nemico: apatica, triste, senza sogni o motivazioni per il domani.

Mi sono stancata di svegliarmi e di sentirmi un macigno, di guardarmi e di vedere solo lo sporco che ho dentro.
Mi sono stancata di sentire le urla, le dite puntate contro di me, gli insulti.
So di non essere all'altezza di questa vita, non vi è bisogno di farmelo notare.
So di non essere bella, troppo intelligente, simpatica o altro.
Ma soprattutto hanno ragione quando dicono che devo morire, che il mondo sarebbe migliore senza di me.

Motivo per il quale sono uscita di nascosto da casa e mi trovo sul Vincent Thomas Bridge. La mia famiglia starà meglio senza di me, forse l'unica che soffrirebbe sarebbe mia madre ma anche lei starà meglio più avanti.
Sarò il suo angelo custode e farò in modo che sarà così.

Guardo verso il basso, dove vedo solo l'acqua gelida che mi aspetterà.
Faccio un respiro.
Posso farcela.
Delle lacrime iniziano a rigarmi il viso e non faccio nulla per asciugarle.
Allungo una gamba, pronta a buttarmi.
Chiudo gli occhi.

«Si può sapere che cazzo ti prende?» mi sento una mano che mi tira verso il ponte e mi accoglie tra delle braccia muscolose.
Cerco di sprigiornarmi.
«Che cosa hai fatto? Lasciami
andare!» inizio ad urlare.
Non posso crederci!
Sono le tre di notte non ci dovrebbe essere nessuno a quest'ora, motivo per il quale l'avevo scelta.

«Io cosa ho fatto? Ti volevi uccidere, cazzo! Ti ho salvato la vita.» urla il ragazzo e le lacrime iniziano a scorrermi senza freni.
«Non volevo essere salvata! Volevo morire!» mi siedo sull'asfalto e continuo a piangere come una bambina.
Il ragazzo si siede vicino a me.

«Scusa se ho usato dei modi burberi. Vuoi spiegarmi perchè lo volevi fare?» mi chiede gentilmente.
Giro il volto ma non riesco a vederlo bene per via delle lacrime che mi offuscano la vista.
«La mia vita fa schifo! Hanno tutti ragione sul mio conto, dovrei morire e basta.» dico e le lacrime aumentano.
La scuola è finita da due settimane, dovrei sentirmi meglio ma non è così.
Gli insulti dovevano cessare almeno per quei tre mesi ma non è stato così.
Come non sono cessate le urla dentro casa.

«Chi ha mai detto una cosa del
genere?»chiede il ragazzo, dal tono della voce sembra infastidito.
«Tutti i ragazzi della mia scuola e hanno ragione.»
«Non hanno ragione, sono solo dei deficienti la cui vita fa più schifo.»
Vorrei sorridere a ciò ma non riesco.
Penso di avere smesso di sorridere da un bel po'.
Ho perso la gioia o dovrei dire che me l'hanno tolta lasciandomi senza niente.

Il ragazzo si alza, sembra che se ne voglia andare anche lui.
Si sarà stancato di sentirmi deprimere.

«Dai, alzati. Ti porto in un posto dove fanno il miglior kebab di Los Angeles. Ti piace il kebab vero?»
Alzo lo sguardo e vedo il ragazzo porgermi la mano.
La guardo con circospezione ma alla fine la prendo.

«Quindi ti piace il kebab?»
Gli faccio cenno di si e chiama un taxi per venirci a prendere.
«Allora come ti chiami?» mi dice e ora che lo guardo meglio io lo conosco.
Il ragazzo che mi trovo davanti è Mason Parker, il ragazzo più popolare della mia scuola.
«Lo sai già.» dico con tono burbero.
Lui alza il sopraciglio.
«Non sono un vegente, quindi non lo so.»
«Andiamo nella stessa scuola, cazzo! Frequentiamo Algebra, storia e chimica insieme!»
Lui mi guarda come se si stesse cercando di ricordare ma non ci riuscisse.
Sono davvero così trasparente?

«Scusa ma non mi ricordo.»
Ciò fa uscire nuovamente le lacrime.
Da quando sono così sensibile?
«Ovvio, che non ti ricordi. Sei così preso da te stesso e dagli scimpanzé dei tuoi amici che non puoi accorgerti di altro.»
Lui mi guarda di traverso.
«Scusami tanto.» dice e il suo volto si addolcisce.

«Possiamo sempre ricominciare, ti va? Ti giuro che di solito non sono così preso da me e dagli scimpanzé.»
Mi porge la mano e nello stesso momento vediamo arrivare il taxi.
Inizio a dirigermi e vedo Mason che mi cammina dietro.

Quando ci sediamo gli do il mio indirizzo.
«Avevamo detto che saremo andati a mangiare il kebab e ci andremo. Sto morendo di fame.»
Giro gli occhi e lui da il nuovo indirizzo al taxista, che sembra scocciato e non ha torto, sono quasi le quattro del mattino.

«Allora accetti il mio patto?»
Mi giro verso di lui.
«No.» e mi rigiro nuovamente verso lo specchietto.
So come andrebbe a finire.
Ora fa il gentile perchè si sente in colpa ma poi da domani non mi guarderebbe più e al ritorno da scuola diventerei nuovamente trasparente.

«Perchè no?» mi chiede con la faccia di un cane bastonato.
«Non mi piaci.»
Si tocca il cuore con fare drammatico.
«Così distruggi il mio povero ego, moon.»
Mi ha chiamata moon, davvero?
«Mi dispiace ma qualcuno doveva distruggertelo, Mason.» accentuò l'ultima parola per far comprendere il disprezzo che provo.
Sembra così perfetto ma è uguale a tutti gli altri: gli interessa solamente di se stesso.

«La vuoi smettere di fare la stronza, moon. Se continuii così ti apparirano delle rughe proprio in questo punto.» mi dice e mi tocca la fronte.
Lo guardo in cagnesco e mi allontano.
Odio il contatto fisico più di qualsiasi cosa. Mi fa sentire di non avere il controllo del mio corpo, come se fossi imprigionata in quel contatto e l'odio.
«Ho capito, non ti sto simpatico. Ma potresti darmi almeno una change per farti vedere che ti sbagli?» chiede e in quel preciso attimo il taxista si ferma nel luogo indicato da Mason.
Scendiamo e Mason gli da una banconata da cinquanta dollari, ringraziando il taxista.

«Ti dovrò dei soldi.»
«Non mi devi nulla, moon. Ora andiamo, che sto morendo di fame.»
Sicuramente vi sarà qualcosa di sotto ma per il momento non ci faccio caso, sto morendo di fame anche io.
Ordiamo e ci sediamo sul marciapiede.

«Cosa ci facevi da quelle parti?» gli chiedo, visto che è una cosa insolita.
«Oggi è il mio compleanno ma alcuni miei amici hanno voluto fare una festa la sera prima, poichè oggi non potranno essere presenti. Ma me ne sono andato prima, ho chiamato un taxi e sono andato al porto. Amo quel posto, è calmo e poi vi è la barca di mio padre. Ero stato lì per un po' e quando mi sono deciso ad andarmene ti ho visto lì. Mi hai fatto prendere un infarto.» parla a raffica e inizio a sentirmi in colpa.
Non deve essere bello vedere qualcuno che la vuole fare finita.
Da un morso al suo kebab e poi ritorna a parlare.
«Ti andrebbe di partecipare alla mia festa di compleanno? Mi piacerebbe davvero che tu venissi.»

Mi giro verso di lui con gli occhi spalancati.
«Mi stai invitando al tuo
compleanno?»
Adesso starà pensando che io sia una stupida ma nel suo sguardo non c'è nulla di tutto ciò.
Mi fa cenno di sì.
Non penso di accettare.
Mi starà invitando per via dei sensi di colpa ma alla festa mi guarderebbe due minuti per poi dedicarsi ai suoi amici e so che finirebbe con me che mi sento a disagio. Le feste non fanno per me, tanto più quelle dei compleanni.
Ogni volta che vi è un compleanno deve accadere per forza qualcosa: gente che sta male, dramma, piagnucolii.
«Non mi va, grazie.»

Lui mi guarda e sembra dispiaciuto.
«Si può sapere perchè sei troppo restia nei miei confronti? Cosa ti ho fatto?»
«Mentre tutti mi rendevano la vita un inferno, mi prendevano in giro, facevano sparire le mie cose, tu non hai mai fatto nulla. Non sei mai intervenuto e ora fai tanto il gentile quando non ti importa nulla! Quindi smettila di fingere, accompagnami a casa e chiudiamola qui.»
Lui mi guarda con i suoi occhi che sono di un colore così scuro da sembrare neri.
«Non sapevo nulla di tutto ciò e sono stato un idiota a non accorgemene. Ma credimi quando ti dico che non so cosa ti hanno fatto. Forse avevi ragione tu, sono concentrato troppo su di me.»
Sto per rispondere che non deve fare la vittima ma non mi da il modo di farlo perchè continua a parlare.
«Non sto fingendo nulla. Questo sono io e mi piacerebbe davvero averti al mio compleanno ma non lo dico tanto per dire. Voglio che tu venga, mi stia vicino, conosca i miei amici e ti diverta. Ora ti prego smettila di guardarmi come se fossi un serial killer che sta cercando un modo per farti andare con lui per poi ucciderti.»

Non dico nulla e continuo a mangiare.
Stavo davvero morendo di fame.
L'ultima volta che avrò toccato cibo sarà stata a pranzo.
«Sei troppo silenziosa, moon. Comunque non mi hai ancora detto il tuo nome.»
Vorrei dirgli che solitamente non sono silenziosa, che la Summer di una volta non faceva altro che parlare e non la smetteva più ma non ci riesco quindi continuo a rimanere in silenzio.
«Allora visto che non hai un nome continuerò a chiamarti moon.»
Faccio un respiro profondo e decido di rispondergli.
«Mi chiamo Summer.»

Lui mi porge la mano e aspetta che io gle la stringa, quando lo faccio mi regala un sorriso.
«Piacere mio Summer, io mi chiamo Mason.»
«Lo so già, idiota.»
«Oppure puoi chiamarmi idiota, come più ti agrada.»
A quella battuta mi sfugge un sorriso e lui sorride a sua volta.

«Sono riuscito a farti sorridere, moon. Dovresti regalarmi la tua presenza al mio compleanno questa sera. Si terrà al Spire 13.»
«Non verrò lo stesso.»
Perchè non smetteva di essere così testardo? Non volevo andare al suo compleanno ne andare da nessun'altra parte. Almeno per quel giorno l'unico posto dove volevo stare era il letto.

«Vedremo.» mi fa l'occhiolino, prima di prendere il telefono dalla tasca dei jeans e rispondere a una chiamata.
«Dimmi Elijiah! Si, ho avuto un contratempo. No, nulla di grave o almeno non lo è più. Se ti invio la posizione ci vieni a prendere? Va bene, grazie. Poi ti spiego tutto dopo.» chiude la chiamata e si gira verso di me, dopo avermi specificamente chiamata un contratempo.
«Abbiamo il passaggio.» mi dice e mi giro dall'altra parte. Finalmente potrò tornare a casa mia e stendermi sul mio letto.

Qualche minuto dopo davanti a noi si ferma una Porsche.
Mason si alza e mi porge la mano per farmi alzare ma la rifiuto e mi alzo da sola.
Entriamo nella macchina.
«Si può sapere cosa ci fate qui a quest'ora?» chiede un ragazzo che sembra avere sui venti anni e che in qualche modo mi ricorda il ragazzo al mio fianco.
«Te lo racconto dopo, ora portaci a casa nostra.»
Mi giro verso di lui per cercare una spiegazione.
In che senso a casa nostra?

«Voglio andare a casa mia!» gli urlo ma lui mi guarda nuovamente male.
«In questo stato non ti lascio da nessuna parte, a proposito dovresti chiamare tua madre e dirle che sei ancora viva.»
Quanto è insopportabile?
«Questo è un rapimento!» dico.

«Mason si può sapere cosa stai combinando? Se la tua amica vuole andare a casa sua falla andare.»
Cerco di fare un sorriso al ragazzo, di cui penso il nome sia Elijiah.
«Lei viene con noi, punto.»
Lo guardo male e mi fa il segno di stare in silenzio ma chi si crede di essere?
Dovrò chiamare il 911 e dire che sono stata rapita.
Ok, che volevo morire e una parte di me lo vuole ancora ma non ci tengo a essere rapita da questa faccia da schiaffi che mi trovo al fianco.

Prendo il telefono e cerco di comporre il numero senza farmi vedere.
«Davvero stai chiamando il 911? Per dirgli cosa per esatezza? Oh poliziotto ho cercato di farla finita e un tizio meraviglioso mi ha salvato la vita e ora vuole guardare se sono sana di mente o meno.» finge la mia voce e prende il mio telefono.
«Riddamelo!» urlo.
Elijiah ci guarda dal finestrino ma non dice nulla, forse per ciò che Mason ha detto prima.
«Te lo darò quando te lo meriterai. Te l'hanno mai detto che non sei per nulla sana di mente?»
Dopo ciò vorrei strangollarlo con le mie mani ma non lo faccio.
Mi giro verso il finestrino,nel lato opposto al suo, e delle lacrime iniziano a rigarmi gli occhi.
Cerco di asciugarle senza risultato.
Perchè sto diventando troppo emotiva?

Sento Mason avvicinarsi ma non mi giro a guardarlo.
Mi prende il viso e inizia ad asciugarmi le lacrime.
«Mi dispiace sono stato uno stronzo, perdonami.»
«Ti dispiace per troppe cose.»
Ma non fai nulla per cambiarle, vorrei dirgli ma resto in silenzio.
«Lo so.»
E mi abbraccia.
Cerco di dinvicolarmi ma aumenta la stretta.
Finirò per impazzire con questo ragazzo.
«Lasciati andare, moon.» mi sussurra all'orecchio e ciò mi provoca una scossa in tutto il corpo.

Cerco di dinvicolarmi ancora un po' ma quando capisco che non servirà a nulla, mi lascio andare e devo amettere che non è male essere abbracciati.
Odoro il suo profumo.
Profuma di bergamotto, mi piace.
«Mi dispiace.» mi sussurra all'orecchio.
Vorrei credere davvero che gli dispiacia ma non ci riesco. Non riesco più a fidarmi di nessuno.

Passiamo il resto del viaggio nel più totale silenzio e quando Elijia ferma la macchina posso vedere l'enorme villa che si trova davanti ai miei occhi.
«Tu vivi qui?» chiedo a Mason, mentre scendo dalla macchina.
«Viviamo, ci vive anche lui. Mi stavo dimenticando che non vi ho presentato lui è mio fratello Elijiah.» dice e il ragazzo mi porge la mano.
Ecco perchè mi ricordava Mason, sono fratelli.
«Summer.»

«Piacere mio Summer.» apre la porta della maestosa villa e vedo un atrio enorme, Elijiah si dirige verso una stanza e io lo seguo.
La stanza in questione è il salone.
Il divano è bianco e ad l. Davanti al divano vi è un'enorme televisore.
Quanti pollici sarà?
Il pavimento è di parquet e le mure bianche sono piene di foto di famiglia.

«Fai come se fossi a casa tua ma non fate troppo rumore, stanno dormendo ancora tutti.» dice Elijiah e lo ringrazio mentre mi siedo sul divano.
Ormai sono quasi le sei del mattino, tra un po' si dovrebbe svegliare mia madre e quando leggerà la lettera che le ho lasciato sul tavolo le verrà un infarto.
Ma se la chiamassi ora penserebbe che sia accaduto qualcosa di grave.
La chiamerò tra mezz'ora, quando si sarà alzata.

Elijiah lascia la stanza e Mason si siede vicino a me.
«Cosa vuoi guardare, moon?»
«La vuoi smettere di chiamarmi
moon?»
Lui fa finta di pensarci, facendomi girare gli occhi.
«No.»
Gli do un pugno sul braccio e se lo tocca.
«Agressiva.» dice e vedere la sua espressione da finto dolorante mi fa ridere.
Ed è la prima volta che lo faccio da tanto tempo.
«Sono riuscito proprio a farti fare una risata, wow.»

Smetto di ridere e mi giro a guardare la televisione.
«Di quanti pollici è?» chiedo, cercando di cambiare argomento.
«Ottantotto pollici. Vuoi vedere qualcosa in particolare? Non so qualche commedia romantica.» mi chiede mentre inizia a scorrere la varietà di film.
Come mai tutti pensano che alle ragazze piacciono solamente le commedie romantiche? A me piacciono ma non guardo solo quelle e insinuarlo è maschilista.
«Ho voglia di un horror.»
Lui mi guarda e sorride.

«Ne vuoi vedere uno in particolare?»
«Countdown.»
Mi fa cenno di si per poi alzarsi ed uscire dalla stanza senza dire nulla.
Dopo qualche minuto torna con una ciotola piena di popcorn.
«Non si può vedere un film senza i popcorn.» me li porge e aziona il film.

Guardiamo il film e nel mentre mangiamo, ogni tanto vi è Mason che commenta il film facendomi sorridere.
«Non può essere morto! Mi ero affezionato a lui.» dice e vedo che due lacrime gli scendono e gli rigano le guancie.
Sta davvero piangendo per un film? Ma soprattutto per un horror dove muoiono sempre tutti?
«Non c'è bisogno di piangere, è un film.»
Lui mi guarda in cagnesco.
«Non è soltanto un film.»
Giro gli occhi e prendo un altro po' di popcorn.
«E poi nella vita non ci si può affezionare più a nessuno. Finiranno per deluderti tutti.»

Lui mi guarda.
«Chi ti ha ferito così
profondamente?»
«La vita.» prendo un altro po' di popcorn.
Lo vedo girarsi verso di me e spegnere il film.
«Perchè lo hai spento?»
«Perchè tu sei più importante di un film e non voglio vederti soffrire.»

Quelle parole erano troppo gentili.
Lui sembra fin troppo perfetto e si sa che le cose perfette non esistono.
«Ma se neanche mi conosci.»
«Tutti sono più importanti di un film e nessuno dovrebbe soffrire. Se la vita ti ha tolto tutto, faró in modo che ti dia il triplo di quello che hai perso.»
Lo guardo sbalordita.
Non può essere serio. Adesso si che ho una voglia matta di ridere.
«Cosa vuoi? Felicità? Farò in modo che tu l'abbia. Amici? Puoi avere i miei. Un'altra famiglia? Puoi avere la mia. Lusso? Te lo darò. Fama? L'avrai. Qualsiasi cosa desideri ti meriti di averla e io farò in modo che ciò accada. Vedimi come il tuo genio dei desideri.»

Sto ridendo come una matta e lui mi guarda con il sopraciglio alzato come se non si fosse accorto delle cretinate che ha detto.
«Ma ti rendi conto di ciò che ti esce dalla bocca?»
«Si, ti prego lasciami entrare. Anzi, no. Cercherò di fare in modo che tu mi faccia entare, un modo per meritarmelo.» mi dice sorridendomi, sto cercando di ribadire ma rimette il film e quando provo a parlare mi dice di fare silenzio. Come se lui non avesse parlato per tutto il film.

Finiamo il film e Mason sta piangendo tutte le sue lacrime.
«La smetti di piangere!»
«Come fai a non piangere?»
Giro gli occhi e nella stanza vedo entrare una donna bellissima.
Dai lunghi capelli castani e occhi azzurri.

«Hai visto un altro film triste Masy?» le chiede la donna, che penso sia la madre.
«Ha visto un horror.» le dico io e vedo la donna sorridere.
«Si, prendetemi pure in giro. Non è colpa mia se sono sensibile.»
La donna gli accarezza la guancia e, infine, si gira verso di me.
«Piacere cara, sono la mamma di Mason.»
«Piacere mio, sono Summer.»

«Mamma posso parlarti un
momento?» le chiede Mason alzandosi e sua madre gli fa cenno di sì e mentre si stanno allontanando lo fermo.
«Se le devi parlare di me puoi farlo qui.»
«Va bene.» e si risiede.
«Tutto bene ragazzi?» ci chiede lei.
«Più o meno. L'ho trovata che si voleva buttare dal ponte e per fortuna sono riuscito a salvarla prima che lo facesse. Ha bisogno di aiuto.»
Giro gli occhi.
«Non ho bisogno di aiuto.»
La madre di Mason ci guarda per capire se sia uno scherzo o meno ma quando capisce che non è così si abbassa alla mia altezza.
«È accaduto qualcosa che ti ha spinto a volerlo fare?» mi chiede lei dolcemente, mentre mi accarezza i capelli.

«Vi lascio soli.» dice Mason ed esce dalla stanza.
«Sei al sicuro qui.» mi dice, mentre si siede sul divano affianco a me.
Ha un espressione dolce, sembra uguale a quella di Mason.
E non so perchè ho nuovamente voglia di piangere e le lacrime ricominciano a scendere.
«Andrà tutto bene, tesoro.» mi dice, mi stringe a sé e mi accarezza i capelli.
E vorrei tanto credere a quelle parole ma non ci riesco. Ogni volta che mi sono convita che sarebbe andato tutto bene non è mai così.

La mamma di Mason continua a stringermi a sé con fare protettivo e ad accarezzarmi i capelli.
Stiamo così per un po', fin quando non escono più lacrime.
«Quando ne vorrai parlare io sarò qui.» mi accarezza una guancia e mi sorride dolcemente.
E ci provo davvero a fare un sorriso ma non so come sia venuto.

«Ti squilla il telefono. È tua madre.» dice Mason, entrando nella stanza e porgendomi il telefono. Mi ero dimentica che l'aveva lui e rispondo.
«Mamma sto bene.» devo allontanare il telefono dall'orecchio per non udire le urla.
Mason mi fa cenno di passargli il telefono e poco convinta gle lo passo.

«Signora sono Mason, il salvatore di sua figlia. Ora sta bene. Si, la vengo a lasciare. Va bene, a dopo.» mi consegna il telefono e la chiamata è già chiusa.
«Tua mamma ti vuole a casa, andiamo.» mi dice e mi alzo.
Salutiamo sua madre e lui le lascia un bacio sulla guancia prima di dirigerci verso la sua BMW.

«Stai bene?» mi chiede e gli faccio cenno di si.
«Mia madre è la migliore psicologa di Los Angeles. Vedrai che riuscirà ad aiutarti.»
Ecco sua madre era una psicologa. Ora si capiscono tante cose.
«Mi vuoi dare l'indirizzo di casa
tua?» mi chiede e gle lo do.

Dopo qualche minuto arriviamo davanti a casa mia e scendo dalla sua macchina.
«Moon, questo pomeriggio ti vengo a prendere. Ci prepariamo insieme e andiamo alla mia festa. E non accetto un no come risposta.»
Com'è testardo!
Scende anche lui dalla macchina e mi accompagna fino alla porta che si spalanca e trovo mia madre pronta ad aspettarmi.

«Oh, la mia bambina! Cosa ti è saltato in mente?» mi urla.
Sembra che sia riuscita davvero a farle prendere uno spavento.
«Vai in camera tua.» mi dice e si gira verso Mason.
«Grazie per averle salvato la vita. Ti sarò sempre debitrice.»
«Non mi deve nulla. A dopo moon!» mi grida e prima che possa andarsene lo chiamo e lui si gira.
«Auguri!» lui mi sorride e se ne va.
Dovrò segnarmi questa giornata sul calendario.
Il 17 giugno la data in cui non sono riuscita a morire e la data in cui è nato il mio salvatore.

Questa storia ha un significato molto importante per me e spero che piacerà anche a voi.
Cosa ne pensate dei nostri nuovi protagonisti? Non vedo l'ora di leggere i vostri commenti.
Volevo ringraziare DreaminfofNewYork05 per avermi aiutato nella scelta della dedica e per aver creduto in questa storia.
Grazie❤
Al prossimo capitolo, che uscirà domani.
Kiss kiss!💋💋

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