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R - Il mito della caverna

Pubblicazione 13/04/2022

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« Conoscete il mito della caverna? » chiese Carlisle ai suoi interlocutori, disposti a semicerchio difronte a lui. Tra le prime file: i miei genitori, Esme, Emmett e Rosalie, a seguire Jasper e Alice e, tra le ultime file, io, Margaret e Arthur. Per meglio dire, Leonard era l'ultimo, spaparanzato su due grandi tronchi d'albero in dormiveglia. Invece, io mi ero mimetizzata dietro la grande stazza di Arthur, in modo tale da non essere chiamata per prima. Rifilare a Carlisle e Leonard il ruolo di "imperatore" e "generale" era stato più che azzeccato da parte di Emmett. Quella descrizione calzava loro a pennello: Carlisle aveva un tono molto più autoritario e perentorio quando dava ordini; Leonard dal canto suo aveva dei modi alquanto semplici quando imponeva l'esecuzione di un'azione specifica o di una tattica. Rivolgeva lo sguardo a ogni suo singolo interlocutore, gesticolava lentamente, qualora fosse necessario, e camminava in modo tale da dare un peso particolare a ogni singola parola che proferiva, cambiando la direzione del suo baricentro, o fermandosi nel mezzo della radura. Contrariamente Carlisle stava dritto, immobile, con lo sguardo fisso solo su chi voleva rivolgersi.

Tuttavia, nonostante il caffè, Leonard si stancò subito delle lezioni di nonno Carlisle e si dedicò a un altro pisolino mattutino, lasciando all'imperatore il compito più difficile: spiegare da dove traesse origine l'Iniziazione. L'origine dei vampiri coincideva con l'origine del mondo, in particolare, i primi che ne parlarono furono gli antichi Greci. Un vecchio filosofo di nome Platone, la penisola più famosa fra tutte, l'antica Grecia e un mito, quello della caverna. Ripensai alla notte trascorsa con Jake e mi immedesimai in quegli schiavi incatenati, che brancolavano nel buio.

« Non è il mito della Riserva? » domandò Rosalie fingendosi sarcasticamente interrogativa.
« Immaginate tanti uomini costretti a vivere fin dall'infanzia in una grotta, ciò che conoscono del mondo è dato da una serie di ombre proiettate sul muro della stessa. Le proiezioni sono ad opera di alcuni uomini, i quali, per puro piacere personale, mostrano oggetti del mondo esterno ai prigionieri col solo scopo di illuderli sulla realtà delle cose. Un giorno, uno dei prigionieri riesce a uscire dalla caverna, ritrovandosi davanti al sole, ovvero il bene. Svelando la verità su quelle illusioni fatte di luci e ombre, l'ex prigioniero, spaesato e confuso, deve impiegare tutte le sue forze per abituarsi e farsi spazio nel nuovo mondo. I Volturi amano le allegorie e hanno reso loro quest'ultima, per la contrapposizione bene-male. In questo caso, i prigionieri sono i vampiri non-iniziati, tra cui lo stesso Nadhim. Quando i Volturi decideranno di far calare le tenebre sulla Sala, lui dovrà liberarsi dalla sua condizione di schiavitù e raggiungere il bene, il nostro sole ossia il sangue. Per natura, siamo portati a bere e Nadhim dovrà scegliere la sua vittima sacrificale tra le tante ombre nell'oscurità. Per far ciò, sarà guidato soltanto dai suoi sensi: l'olfatto, l'udito e il tatto. Per poter scappare dalla caverna, dovrete nascondere il più possibile il vostro odore, muovervi come se non toccaste terra e raggiungere un unico punto: la porta. » concluse il suo discorso indicando con un dito una pseudo-porta costruita con tronchi spezzati e messi al loro posto da Jazz ed Emmett. Quei tronchi avevano poco a che fare con una porta, sembravano il letto di Leonard. Invidiavo la capacità che aveva di addormentarsi anche in contesti molto rumorosi o luminosi, volevo dormire come lui.

La spiegazione di Carlisle fu il sottofondo perfetto per poter parlare sottovoce con Arthur, il migliore amico che potessi avere o desiderare. Lui mi mise un braccio attorno alla spalla e mi bisbigliò: « Bel tatuaggio. » riferendosi al graffio che avevo occultato con cura nella felpa del fratello.

« Bella camicia. » risposi a tono, adocchiando la traccia di rossetto sul colletto azzurro.

« Bella felpa. » continuò quel botta e risposta, annusando la felpa e divertita, gli bisbigliai all'orecchio: « Bel fratello. »

« Perché non è come te? » chiesi indicandolo, ma la mia domanda fu fraintesa. Ingenuamente, mi riferivo alla sua vecchia condizione di mezzosangue e lui si riferiva al suo carattere e al suo aspetto fisico. Non c'era tanto da dire sull'aspetto fratello minore, era un bel vampiro bruno dagli occhi dorati, così bello da mozzare il fiato. Il viso dolce, i suoi modi garbati e la sua dolcezza erano in netto contrasto con quelli del fratello così come i loro corpi.

Eppure, non riuscivo a smettere di guardare il maggiore. Ero incuriosita da tutti quegli aspetti caratteristici dei mezzosangue ma tanto storpiati. Era come se ogni azione eseguita da Leonard fosse più che amplificata, come se ogni movimento gli costasse un certo sforzo. Anche in quel momento, dormire lo affaticava: si lamentava, si svegliava di soprassalto e poi, come se nulla fosse si riaddormentava.

« Perché di Arthur ce n'è uno solo. Due sarebbero troppi. » disse lui furbescamente. Poi mi propose: « Se mi dai un bacio, ti vendico volentieri. Per la sigaretta, intendo. » scena che non era passata inosservata ai suoi occhi. L'unica cosa che i due avevano in comune, era la voglia di fare a pugni, oppure quella di scherzare o di ridere anche in momenti poco appropriati come quello.

« Mi sembra un po' eccessivo. » dissi immergendo nella stoffa e inavvertitamente, annusandola, sentii che puzzava di un odore sgradevole, un misto di alcol e fumo.

« Lasciami difendere l'onore di una donna, Nessie. » mi circondò le spalle e io gli baciai la guancia, con il solo obiettivo di divertirmi alle spalle di quell'arrogante animale dormiglione. Dopo aver parlottato sottovoce su come mettere in atto il nostro piano diabolico, staccò un ramo a forma di Y, mi sfilò l'elastico per capelli e alla svelta, costruì una fionda con cui gli lanciò un sasso dritto in testa. Quello fu colpito e di botto smise di russare, lamentandosi: « Un bacio è troppo poco, potevi farti dare qualcosa in più. » ammiccò, stropicciandosi gli occhi.

Naturalmente, oltre lo sghignazzo degli zii, la risata allegra di Alice e quella timida di mia madre, ci avevano sentiti tutti. Anche Jake, che era da poco arrivato per assistere al mio allenamento, si era reso conto che ero stata un'altra volta oggetto delle attenzioni dei fratelli Winslear.

Arthur alzò gli occhi al cielo, infastidito dal fratello, e Jake si insinuò in quella conversazione per imporre la sua autorità di maschio alfa: « Sono stufo di vederti prendere in giro Nessie. Se le dai ancora fastidio, giuro che ti sbranerò pirata. »

C'erano varie ragioni per cui avrei avuto motivo di sotterrarmi. Tutte ottime ragioni, nessuna esclusa. La gelosia di Jake per un nonnulla, o forse il fatto che aveva dato del pirata a Leonard in modo tale da suscitare in Maggie sete di vendetta, oppure perché ero stata così sciocca da credere di poter scherzare con Arthur senza essere notata.

Ecco, eravamo alle solite. Jake aveva abbagliato ma piuttosto che rispondere con la stessa moneta, Leonard si alzò e si rivolse direttamente a me: « Credo che Renesmee abbia una lingua e una bocca, gradevoli al tatto e alla vista quanto alle orecchie. Ti ho dato fastidio? »

Presuntuoso e sfacciato, aveva ignorato Jake e suo fratello per cosa? Per rendermi ancora più ridicola? In palese imbarazzo negai, vergognandomi per Jake e per quel suo fare troppo protettivo.

Carlisle si intromise, seccato da quel battibecco tra mocciosi, ricordando ai tre: « Direi che la fanciulla non è in pericolo. »

Lapidario, Leonard rassicurò Carlisle: « Possiamo riprendere. » e strappò di mano la fionda al fratello mentre Arthur gli strappò via una fiaschetta dalla tasca dei pantaloni, e i due presero a disturbarsi a vicenda, lanciandosi frecciatine e occhiatacce.

Nel frattempo che Arthur, Emmett, Jasper e mio padre fissavano i tronchi al terreno, il più antipatico e stronzo aveva deciso che lo sbrilluccichio dei vampiri al sole, non era di suo gradimento e piuttosto che distogliere lo sguardo, preferì fare a modo suo; spostarli all'ombra per evitare che quelle gemme preziose potessero accecarlo. L'unica cosa che imparai durante quell'allenamento, era che tutti, in un modo o nell'altro, gli davamo fastidio, eccetto Margaret, Esme e Carlisle.

Trasferì anche me, accanto al mio licantropo, prendendo dalla sua felpa il suo pacco di sigarette. Se ne accese una, sfumacchiandomi addosso e facendo sparire la sua scia. Scia, che in condizioni normali, era quasi inesistente e il fumo non fece altro che limitarne ulteriormente la percezione. Il suo sangue non aveva nessuna fragranza caratteristica, non era nè prelibato nè disgustoso. Leonard era inodore e, probabilmente anche insapore, un po' come l'acqua.

Si portò al fianco di Carlisle e prese la parola: « Metterò una benda sugli occhi a ciascuno di voi per 15 minuti. Uno alla volta proverete a raggiungere la porta, che sarà pattugliata nella realtà da due Volturi della Guardia. Anche le guardie possono essere predatori, sono obbligati a non far uscire nessuno una volta chiuse le porte. Nadhim avrà a disposizione 5 minuti per saggiare il terreno e scegliere la preda, i restanti 10 per intrappolarla. Io sarò la vostra Guardia, una specie di portiere ai rigori. Chi vuole iniziare? » aprì leggermente la bocca per rimettere la sigaretta al suo posto, si portò lentamente verso le due querce lesionate, dove poggiò una spalla su un tronco restando quasi inclinato.

"Non ci riuscirò mai", ricordai a me stessa.
"Smettila sei una Cullen", rispose mio padre intrufolandosi nella mia mente. Purtroppo, sebbene mio zio si fosse proposto per primo, non riuscì a salvarmi da un'altra figuraccia perché mio padre decise che ero io la prima a dover iniziare: « Renesmee, è il tuo turno. » mi spinse in avanti e mi ritrovai faccia a faccia con quel pirata.

Avrei preferito tutto. Tutto.

Avrei preferito che un fulmine mi colpisse seduta stante, piuttosto che dare prova delle mie scadenti abilità difronte a tutti. Lanciai un'occhiataccia a mio padre e lui ricambiò. Sapevo cosa voleva dire quello sguardo serio, era una specie di rimprovero per la gelosia di Jake e per la mia mancanza di coraggio. Distolsi lo sguardo e mi misi in posizione, provando a memorizzare quella scia così labile.

Eppure, dove il naso non riuscì ad aiutarmi, fu la vista a darmi qualche risposta o qualche interrogativo in più. Analizzai il portiere e notai che il suo corpo ripeteva una sequenza di sintomi inconciliabili tra loro, ma con una caratteristica in comune, l'ordine: tosse, costrizione al petto, affanno, tachicardia. Il battito del suo cuore era più che accelerato e ad ogni sua mossa, ad ogni suo sforzo fisico, si aggiungeva un'extrasistole, simile a un rintocco in più.

Quando prese il suo orologio da tasca e disse: « Dimmi quando sei pronta. » capii che Leonard era, a tutti gli effetti, un orologio rotto.

Tic toc.
Tic toc tic.

« Dacci dentro ragazza! » fischiò Margaret allegra, incoraggiandomi come una cheerleader.

E se fosse un mezzosangue invecchiato? In fondo aveva la stessa età del fratello, solo che uno era un vampiro e l'altro no. E se invecchiassi anch'io in quel modo? Poteva essere plausibile, certo. Però non potevo divagare, dovevo concentrarmi sul suo punto debole. Potevo attaccarlo al petto o all'occhio bendato, ma sarebbe stato corretto sferrargli un attacco in un punto in cui forse provava dolore? No, avrei giocato in modo scorretto...

"Non è detto che sia per forza un orologio rotto." intervenne mio padre, distraendomi dalle mie fantasie cliniche.
Avanzai adagio verso Carlisle, avendo il tempo di memorizzare il nostro campo di combattimento, scrutando quali potessero essere le migliori vie di fuga. Tra valutare la condizione fisica di Leonard e capire se ne potessi approfittare, oppure uscire da uno dei due varchi, il sinistro o il destro, optai per la seconda strategia. Quando mio nonno mi coprì gli occhi e non vidi più nulla, dovetti fare affidamento solo ai miei sensi. Sentivo i commenti degli spettatori, il fruscio degli alberi, gli sbadigli di Margaret e l'aritmia di Leonard.
Mi avvicinai con calma verso quell'orologio scassato, balzando lateralmente, disegnai una semicirconferenza, servendomi della mia velocità. Il piano B non ebbe successo. Non appena mi avvicinai a Leonard, mi passò un braccio attorno al collo fintanto che il suo gomito non coincise con il mio mento, creando quindi una V attorno al collo con il bicipite e l'avambraccio. Avvertivo il suo fiato: breve e irregolare, la puzza di fumo, la barba ispida che mi grattava la guancia, e la sua aritmia galoppava frettolosamente. D'un tratto smise di respirare, come se stesse trattenendo il respiro e al tatto, la sua pelle era così fredda, quasi quanto quella dei vampiri...

« Morta. » mi sussurrò.

Provai a svincolarmi, ma ero intrappolata e domandai « Hai freddo? »

A quel punto, Leonard afferrò la parte interna del gomito dell'altro braccio e, se solo avesse spinto la testa in avanti, avrebbe bloccato il mio flusso di sangue al cervello, facendomi perdere i sensi in pochi secondi. Mi tolsi la benda e lo stesso fece il mio rivale.
« Questa la voglio proprio imparare! » disse Jasper, guardandolo interessato e spostando l'attenzione su un altro argomento di conversazione.
« Si chiama mata leao, è una sottomissione sanguigna. »

« Vacci piano. » lo rimproverò Jake, facendosi avanti.

Leonard rimise gli occhiali da sole e si rivolse di nuovo a me: « Ti ho fatto male, Renesmee? » mi chiese cordialmente e negai, rassicurando il mio licantropo.

« Hai visto? Quella bocca è utile anche per parlare. »

Anche se quella mossa poteva essere fatale, se eseguita frettolosamente, non provai fastidio ma rimasi con un punto interrogativo: come faceva ad essere così delicato anche nelle manovre più complesse? Continuai ad osservarlo e notai un altro particolare: calibrava la forza in base al suo avversario. La finezza del movimento era nettamente maggiore quando affrontava le donne mentre con gli uomini la forza era rude, era molto più impulsivo e meno calcolato. Quando dovette bloccare mia madre, si limitò a bloccarla in ginocchio con riguardo su dove e come poggiava le sue dita, su quali parti del corpo stesse toccando e tutto questo anche se bendato.

"Sei il nuovo giocattolo." mi avvertì mio padre.

"Odio giocare. Posso andare a casa?"

"In quale casa intendi nasconderti: la nostra o quella di Jacob? La risposta è no."

"È inutile."

"È inutile nasconderti. È utile provarci."


Ispirazione: Il mito della caverna, Platone

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