L - Venatores et praede
Pubblicazione 27/05/2022
XIX
I triumviri si ergevano su tre poltrone barocche stringendo le teste animali dei loro braccioli in pelle. Aro, il leader assoluto, sedeva sul trono più grande e alto, Caius e Marcus erano ai suoi lati, intenti a osservare la rossa accarezzare le ceramiche dai mille significati.
Così, commisi un altro errore. Mosso a compassione, aiutai nuovamente quella kozà a farsi avanti, muovendo le sue gambe al suo posto con l'uso della telecinesi. Quando raggiunse i suoi nonni, Esme mi fece l'occhiolino e rimasi lusingato dalle sue attenzioni.
« Leonard, questo non è il tuo posto. » mi ricordò Caius, picchettando il bracciolo e chinai la testa fingendo un pentimento che non provavo.
Mi assalii il caldo e allentai il colletto della camicia, sudando nell'aria stantia di prede. Dissimulare l'agitazione data dall'impellente sete, era stato complicato. L'unico escamotage fu poggiarmi sulle piastrelle fredde per raffreddare i miei impulsi. Felix e Demetri imitarono il mio gesto rivolgendo lo sguardo altrove, ma, in un modo o nell'altro, tornava sempre verso quella profumata fragranza. Era dolce tanto quanto un'umana e il drappo color crema, ai cui piedi svettavano le trame broccate da ghirlande intrecciate di cremisi e di azzurro, mi incantarono... volevo strapparlo, dissanguarla... avrei messo fine alle sue sofferenze. Frenai le mie fantasie convinto che di lì a poco Edward mi avrebbe redarguito. Ma non arrivò nessun rimprovero, la sua consorte mi aveva concesso un po' di privacy.
Quindi, potei vagare con la fantasia e ripensare a quella notte in cui Renesmee decise di rendermi partecipe - inconsciamente - del suo dolore fisico e psicologico, raccontando a un perfetto sconosciuto di essersi bruciata tra le braccia del suo amante, di non aver provato nulla nel concedersi a un uomo e di essere stata schiacciata dalle aspettative altrui, tanto da volerci annegare dentro. Su di lei, l'alcol aveva agito da siero della verità e, gettandosi tra le mie braccia, mi mostrò cosa la avesse turbata tanto.
Ma Renesmee si spinse oltre il semplice raccontare.
Il suo strabiliante potere mi fece accapponare la pelle perché inspiegabilmente le sue mani divennero le mie mani, la sua pelle bruciacchiata la mia e divenni Renesmee per una manciata di minuti, il tempo di una scopata. Mi aveva dato modo di rivivere il suo dolore in prima persona, vestendo i suoi panni e fu incredibile, sconvolgente.
Il suo fu il racconto più nitido e vivo che avessi mai udito o, per meglio dire, vissuto.
Sì, il suo punto di vista divenne il mio punto di vista e mi ritrovai a immedesimarmi in lei, a essere lei. Disgraziatamente, mi fece inalare salsedine e puzza di cane bagnato, dandomi modo di provare cosa significasse voler urlare e non riuscirci, cosa volesse dire provare piacere e poi pentirsene. Sperimentai cosa comportasse ustionarsi con un bacio e trasalii nell'ascoltare le sue preghiere, le suppliche di una donna che implorava Dio pur di provare qualcosa. Provai il suo sfinimento fisico e il torpore emotivo e a quel punto, mi schifai di quanto potesse essere vile il nostro sesso. Affondai, come lei, nel silenzio che derivò da quella violenza, vagando tra il ronzio delle zanzare e lo sciabordio delle onde.
Immagine dopo immagine, sensazione dopo sensazione, il suo tormento la fece addormentare in fretta con gli occhi umidi e le dita impresse sul mio volto. A testimoniare la mia ribellione e il suo strazio mi lasciò il volto pieno di unghiate e io le lasciai dei lividi bluastri sui polsi.
Ricordo la t-shirt verde e i jeans zuppi d'acqua, l'asciugamano in spugna bianco con cui impedii che il suo parquet si inzuppasse e infine l'arrivo di Maggie a cui regalai un'ottima scusa: "È solo una sbronza".
Ero nauseato dall'essermi sentito come lei, violato e debole. Il mio corpo e la mia anima vennero sopraffatte da tutto quello che avevo visto. Vomitai sangue e veleno e mai prima di allora confidai in una morte prematura.
Quella notte, spudoratamente, provai invano a dormire e quando notai di essere stato travolto da uno tsunami di sensi di colpa e dolore, mi si presentarono due alternative: uccidere il lupo facendogli esplodere il cuore - sarebbe sembrato un infarto, un omicidio coi fiocchi - oppure scappare a gambe levate. Quella kozà era un bravo medico e avrebbe di certo svelato il trucco; così, da codardo scelsi la seconda, mentendo a Carlisle sul motivo della mia partenza anticipata.
Mi maledissi per aver visto fin troppo, per aver ascoltato qualcosa che mi aveva lacerato. Ma il mio errore più grande fu restare incastrato in quel tramonto. Ignaro di ciò che le fosse accaduto, ero stato spettatore della morte di una parte di lei. L'avevo vista spezzarsi, frantumarsi in un giorno di primavera e frastornato da quello spettacolo, credetti che nasconderla fosse sinonimo di aiutarla.
Sarei potuto andar via piuttosto che restare con lei sulla scogliera, avrei potuto evitare di riaccompagnarla a casa fingendo di non aver visto niente. Stupidamente, però avevo obbedito al suo ordine, a quel tocco tremolante con cui mi impose: "Non farne parola con nessuno, fai sparire le mie tracce"
Senza chiedermi se fosse giusto, senza domandarmi cosa le fosse successo, avevo eseguito ogni parola scandita da quelle labbra screpolate. Avevo spazzato via le sue impronte per nascondere le sue tracce, avevo lasciato il mio sangue sui punti che aveva toccato, sui rami su cui si era arrampicata e sugli alberi su cui si era appoggiata. Quella stessa sera ero tornato indietro, in cima alla scogliera sulla quale l'avevo trovata, e avevo ricontrollato che tutto fosse in ordine, che tutto dimostrasse che Renesmee non aveva mai visto quel tramonto.
Ero rimasto in silenzio anche quando nei giorni a seguire lei non si era presentata agli allenamenti, finché non venne quella fottutissima notte.
Non mi ero opposto al suo volere, non ci fu una volta in cui mi ero opposto veramente a lei. Non mi ero opposto alla sua dannata curiosità, alle sue sfide, ai suoi patti e non mi ero opposto alla sua sofferenza.
Ero proprio stupido. Così stupido e assorto da non essermi reso conto che il colloquio era già iniziato.
« ...viviamo sempre a Forks, nello stato di Washington. Stiamo valutando una sistemazione alternativa per gli anni a venire. » spiegò Carlisle con tono cordiale. Spiccando nel panciotto grigio grafite, mi sembrò più alto e imponente.
« Avete avuto minacce, duelli, scontri? » domandò Marcus.
« Niente del genere. »
« Intrattenete ancora rapporti con i mutaforma? » e Carlisle annuii, chiarendo: « Manteniamo rapporti di buon vicinato. »
Alla parola "mutaforma", lei trasalì e il viso di madreperla si accese di un rosso scarlatto che suscitò anche l'attenzione di Demetri. Spinto dal desiderio fece per avvicinarsi e repentinamente lo bloccai tirandogli il cappuccio del mantello. Felix, infastidito dal nostro scarso autocontrollo, mise le grosse mani sulle nostre spalle ripetendoci: « Abbiate contegno. Non è l'ora di cena. »
« La ragazza si è fatta donna. » ci interruppe Aro, interessato a quel profumo e lei chinò piano la testa, con il terrore negli occhi marroni.
« Renesmee è un'appassionata di scienza, è veloce come il padre e ha imparato a difendersi. » disse suo nonno, intanto che la schiera di rondini si aprì per mostrare la specie più rara, che venne osservata dalla testa ai piedi. I boccoli ramati raccolti, il collo tirato in sù e l'abito color crema sembravano fatti apposta per essere assaggiati, strappati con violenza e bagnati del suo sangue...
« Questo lo vedremo. Non mi sembra in salute. » notò Aro a cui non potè sfuggire che quella fragranza era troppo umana per poter appartenere a un mezzosangue in salute. Il veleno, essendo stomachevole, agisce da repellente e lei ne aveva troppo poco in circolo.
« È colpa del jet-lag. » riprese Esme con un mezzo sorriso e lui avanzò verso di lei, le prese la mano e quella di lei sulla sua sussultò tanto che la decisione di Aro fu presa in un batter d'occhio. L'impegno impiegato dal suo clan per renderla più forte e l'allenamento non erano serviti a nulla. Carlisle ci aveva visto giusto nel propormi il protettorato, sapeva che sua nipote non avrebbe retto la sfida ma non sapeva che non ce l'avrebbe fatta a causa della grottesca passione di un lupo.
Aro si disinteressò alle visioni di Alice, alla lettura della mente di Edward e ai piani di Carlisle, perché questo avrebbe potuto compromettere la sua decisione e quella decisione era già stata presa.
Lui le accarezzò il polso e le disse: « Spero solo che il nostro Cacciatore non sia stato troppo rude. » mi guardò di sottecchi e le baciò la mano e con un gesto li congedò.
Quando uscirono, lui esordì chiamandola preda e gli altri due si trovarono d'accordo.
« Dì ad Heidi di preparare un telegramma per fare le condoglianze ai Cullen. Scrivi: "Affranti per la dolorosa circostanza, partecipiamo al vostro dolore. Chi nasce preda non può morir predatore." » ordinò Marcus a Demetri che uscì rapidamente per consegnare il messaggio.
« Mi dispiace per la giovane Cullen, ma oltre ad avere un buon profumo, non ha alcun tipo di talento utile. È un'insignificante preda. » riflettè Caius ad alta voce.
« È deliziosa, ne convieni Leonardo? » mi chiese Aro, prendendosi gioco della mia sete e storpiando il mio nome.
« Chi è il prossimo? » domandò Caius a Chelsea, piegata su uno scrittoio, ai lati della sala, a controllare la lista degli ospiti. Srotolò una lunga pergamena e dopo aver letto rapidamente rispose: « Gli ultimi sono i Winslear. »
Incuriosito, mi avvicinai allo scribacchino, e la vidi depennare il nome di clan e famiglie oppure di singoli invitati. Aveva inserito una V per indicare i venatores (i predatori) e una P per le praedae (le prede). Intinse il calamo nel calamaio e il fruscio del pennino di rame sul papiro zittì tutti.
« Da una famiglia di Cacciatori mi aspetto un predatore. » disse Aro annoiato e deluso.
Nessuno aprì le porte a Sebastian. Si fece strada da solo, avanzando con tutta la regalità che lo contraddistingue. Al suo fianco, Margaret camminava decisa, a testa alta e mento fiero, sicura di sè senza la benché minima traccia di ansia o paura. Per ultimo, Arthur adocchiava tutti per valutare le loro espressioni al profumo di Maggie.
Fece una riverenza ai tre e quelli ne rimasero affascinati. Soprattutto dal suo odore, una fragranza inesistente, quasi inodore. Ma c'era un trucco: l'avevo avvelenata, giorno dopo giorno, facendole bere il mio sangue. Qualche goccia, non le aveva fatto male ma le aveva dato modo di nascondere la sua scia e di essere considerata uno strabiliante predatore.
In realtà, la salvezza di Margaret l'avevamo comprata io e mio padre con il nostro servizio. Tuttavia, alcune cose sono difficili da acquistare, come la sua serenità dopo la mia morte. Ma a quello ci avrebbero pensato i Cullen.
« È un piacere fare la vostra conoscenza. » disse sfoderando un malizioso sorriso sulle sue piccole labbra a cuore. La sua pelle era neve e i suoi capelli d'oro pendevano sulla schiena nuda, lasciata scoperta dal lungo abito aderente blu marino e d'argento.
« Il piacere è nostro, giovane creatura. È inutile chiedervi di dissidi, sono informazioni che già abbiamo. » Caius, colpito dalla sua astuzia, rispose per primo meditando su cosa le si potesse chiedere.
« La ragazza ha sviluppato qualche talento? » domandò Marcus a Sebastian e lui fece per rispondere ma Maggie aveva la lingua troppo lunga per far rispondere un uomo al suo posto. « Sì, lo stesso di mia madre. Ve lo mostrerei volentieri, ma senza materia prima è impossibile. Il mio nome è Margaret, ma potete chiamarmi Maggie. »
La figlia di un giocatore di poker sapeva come giocare le sue carte e come bluffare anche nella vita. Però aveva l'insana tendenza paterna ad accettare le sfide, correre il rischio e - cosa più pericolosa tra tutte - sottovalutare, sempre chi aveva davanti a sè.
Aro rimase colpito dalla sua gentilezza e sincerità, chinò il capo complimentandosi silenziosamente per la tenacia. Arthur cercò di tirarla a sè frenando il suo coraggio ma lei si svincolò in fretta.
« Vivo con mio fratello Arthur a Victoria, in Canada. Sono un'artista e... » fu interrotta con un gesto da Caius che le disse « Sei così scaltra da sapere perché sei qui, quindi ti chiedo: cosa credi che basti per convincerci? »
« Non ho bisogno di convincervi, io so già chi sono. » e Aro rise di gusto, alzandosi e applaudendo.
« Sebastian, non mi avevi detto che era così determinata. Cuor di leone, più che fanciulla di neve. » si alzò, spolverò la sedia e la fece accomodare al suo posto. Si mise dietro di lei, poggiando i gomiti sullo schienale dicendole: « Miss Winslear, ho una domanda per te. Poc'anzi, abbiamo avuto il piacere di conoscere un tuo simile del gentil sesso che ha avuto una reazione totalmente opposta alla tua. Secondo te, voi mezzosangue nascete prede o predatori? »
« Nasciamo predatori. L'umanità ci indebolisce rendendoci prede. » la risposta mi lasciò di sasso. Se avessi dovuto rispondere alla stessa domanda, avrei detto "nessuna delle due".
Da preda a predatore è un attimo, è questione di secondi, una manciata o poco più. Da predatore a preda è più raro e ci vuole più tempo, tanto tempo. Io e lei - anzi, quelli della nostra specie - avevano la possibilità di scegliere tra l'essere preda o predatore.
Però, era troppo riduttivo definirci soltanto prede o predatori. Non eravamo né l'uno né l'altro.
Non potevamo essere esclusivamente prede per il nostro sconsiderato bisogno di bere sangue, di cacciare, di stringere tra le mani un'animale ancora caldo pronto a spegnersi.
Invece, i predatori sono cacciatori per mestiere non per natura e le prede sono tali allo stesso modo. Un mestiere lo si affina con la tecnica, con il tempo. Così come accade ai vampiri che hanno trascorso parte della loro vita umana da prede e la loro morte da predatori.
Non potevo essere predatore, non dopo aver provato cosa volesse dire essere preda di un uomo e della sua foga. Durante l'Iniziazione, non sarei stato né preda, né predatore. Avrei continuato ad essere una semplice pedina al servizio delle visioni di Alice.
Felice di quella risposta, Aro le tese la mano e la accompagnò personalmente nella Sala degli Iniziati, scortata da suo padre e suo fratello.
Poi tornò e disse raggiante: « Che strepitoso e amabile predatore! Appena arriverà la stagione giusta, ne vedremo il talento. »
Ispirazione:
Quadri di Malcolm Liepke
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