1. Le Lettere
I was enchanted to meet you
~ Taylor Swift - Enchanted
Ero seduta in riva al mare, osservando con la coda dell'occhio Samira, che proprio in quel momento veniva con una pallina in bocca.
E lì pensavo a come godermi la mia estate, molto probabilmente sarebbe stata l'ultima, ed il fatto che fossi da sola con i miei genitori non aiutava affatto.
<<Ciao bellissima.. Come ti chiami?>>
Una voce maschile sconosciuta mi fece girare. Insomma, che maniere! 'Bellissima', almeno un po' meno arroganza.
Quando guardai meglio però, mi accorsi che il saluto era rivolto alla mia unica ragione di vita di questi tempi: il mio cane, Samira.
Forse così potrei anche accettare il 'bellissima', dopotutto lo è. L'unica cosa di cui mi vanterò mai nella vita è la bellezza interiore ed esterna di Samira.
<< Si chiama Samira>>
Mi alzai per evitare brutte figure, e mi soffermai su ogni dettaglio del volto di lui: i suoi occhi verdi spiccavano sul volto, e le lentiggini non troppo forti li facevano risaltare. I capelli marroni mossi si muovevano insieme al vento, e il sorriso sul suo volto formava delle fossette abbastanza evidenti.
Lui sembrò notare il mio sguardo su di lui, perché sussultó per poi presentarsi:
<< Oh scusa, non mi sono presentato, sono Luke, piacere>> mi porse la mano come per invitarmi a stringergliela.
<< Violet, piacere mio>> gli feci un leggero sorriso per sembrare meno asociale in ansia di quanto sembrassi.
Di solito me ne stavo chiusa in camera a leggere uscendo solo per la scuola, Samira e per andare in libreria, quindi per me era abbastanza complicato comunicare con altri esseri umani.
Ok. Un passo alla volta.
<<Vedo che ti piace Samira, piace a tutti>>
Poteva andare in due modi: mi rispondeva di sì ma non conosceva bene l'argomento, e quindi addio primo e unico argomento di conversazione; oppure potrebbe mostrarsi interessato per non fare brutte figure perché non gli interessava.
Io punto alla numero due, nel migliore dei casi potrei anche scappare. E nel peggiore scapperebbe lui, o la va o la spacca.
<<Si, è davvero simpatica. Vorrei avere anch'io un cane, ma se ne prendessi uno i miei proverebbero a uccidermi>>
Per qualche secondo notai il suo sguardo triste, tuttavia sparì appena riprese a parlare:
<<Di dove sei? Non ti ho mai vista da queste parti qui a Dover>>
Ok, un'altro argomento di conversazione, per mia fortuna. Almeno a questa domanda potevo rispondere facilmente.
<<Si, in realtà vivo a Londra, ma siamo in vacanza qui. Tu quindi sei della zona. Com'è vivere qui?>>
Ecco. Il discorso più lungo che abbia fatto nella mia vita con qualcuno al di fuori dei miei genitori e di mia sorella.
<<È bello in estate per il mare, ma poi in inverno è tutto normale, non è niente di speciale. Per quanto resterai?>>
Sembrava.. Interessato; forse avrei potuto avere un'amico dopo tanto tempo.
<<Starò qui per 2 mesi, poi a fine luglio tornerò a casa. Sinceramente non sono molto felice di essere qui>>
Stupida. Stupida, stupida Violet che non sei altro. Come sempre rovini tutto. Non posso chiudere quella fogna che ho in faccia ogni tanto?
Lui ridacchió, come se il mio pensiero lo avessi detto ad alta voce.
Un attimo. L'ho fatto?!
Forse mi si leggeva in faccia, perché lui cambiò argomento:
<<Sei qui in un villaggio vacanze?>>
Parlammo un po', e gli dissi che ero in una casa vacanze che i miei genitori avevano comprato. Scoprii che vivevamo l'uno di fronte a l'altro, quindi ci saremmo visti spesso.
<<Ma non senti caldo con la felpa? Siamo a metà giugno, io sono a maniche corde e mi sto sciogliendo>>
E lì mi blocco. Lui non doveva sapere. Per la prima volta dopo tanto tempo mi stavo facendo un'amico, non permetterò che lui pensi da subito che sia pazza per colpa dei miei problemi.
<<Aspetta ma che ore sono?>> chiedo un po' in ansia.
La navetta che portava in città partiva alle 18:30, perché alle 7 finivano le corse, infatti era l'ultima. Non potevo tornare a casa se la perdevo.
<<Sono le 19:10, perché?>>mi risponde dopo aver guardato l'orologio nero che portava al polso.
Merda. Ho perso la navetta. E ora come torno?
Qualche secondo dopo mo resi conto della cruda realtà. Lo avevo detto ad alta voce. Merda.
<<Ti posso accompagnare se vuoi, ho la macchina>> Fù così che quelle otto parole mi salvarono dall'ira dei miei genitori.
____
<<Grazie per il passaggio, veramente. Come posso sdebitarmi?>> dissi scendendo dall'auto.
<<Tranquilla non mi devi nulla. Che ne dici se ci scambiamo i numeri? Così ci possiamo vedere più spesso>>
Il mio cuore fece un balzo. Mi ero trovata un'amico.. Era bella questa sensazione.
Gli diedi il numero ed entrai in casa. La situazione era quella che era.
Samira che corre al piano di sopra, mia sorella Leila che guardava True crime dal suo telefono - un video già visto dalla sottoscritta - mia madre che cucinava non so ché, è mio padre se ne stava sul divano a vedere la partita.
Tutto nella norma in pratica.
In teoria c'era qualcosa di strano.
<<A tavola>> annuncia mia madre sfoggiando delle cotolette dorate.
____
Siamo a tavola da circa 20 minuti, e nessuno ha proferito parola, nemmeno Leila, che è solita vantarsi di essere più grande di 1 anno.
Qui la situazione è peggio di quel che pensassi.
<<Avanti. Spuntate il rospo. Che cosa mi dovete dire? >> dissi spaxientita dalla tensione creatasi. Mia madre, Jenny, parló.
<<Guardavo nel tuo cassetto, e ho trovato dei fogli.. Delle lettere.>
Lei.. Cosa?
Mi alzai dal tavolo presa dalla rabbia, sbattendo le mani su di esso.
<<Tu. Non posso credere che tu abbia invaso la mia privacy. È la mia privacy cazzo. Non importa cosa era scritto in quelle lettere, non mi importa quello che pensate di sapere, o di che pensiate di avere il diritto, ma se riguarda me non avete il diritto di fare niente. Niente, è chiaro?! >>
Mia madre mi interruppe: <<Si ma quello che era scritto nelle lettere, insomma, tu volevi->>
<<Non mi importa di quello che contenevano le lettere. E ranch è se fosse quello che avete capito, è un affare mio, una cosa mia. La mia privacy. >>
Mio padre proferí parola:
<<Quando si tratta di te, e scrivi in delle lettere per i tuoi conoscenti "se leggi questa lettera vuol dire che ho fatto la scelta sbagliata..">>
Non ascoltai più, mi diressi semplicemente in camera mia. Non volevo più ascoltare, né sentire emozioni.
E sapevo come non sentire più nulla.
Lo dovevo fare.
Chiusi la porta dietro di me, e rimasi a guardarla, rendendomi conto del silenzio.
Finché qualcosa lo interruppe. O meglio, qualcuno.
<<Nervosa eh?>> quella voce era di.. <<'Luke come sei entrato?' la tua finestra si può aprire da fuori, è stato abbastanza semplice entrare>> quando mi girai aveva già richiuso la finestra e mi guardava con un'espressione curiosa.
Non sapendo assolutamente cosa dire rimasi in silenzio. Poi finalmente gruppi il silenzio.
<<Da quanto sei qui? >> una domanda semplice, piccola e veloce. Stupida, stupida, stupida Violet.
<< Neanche 2 minuti; bella la tua stanza. Era come me l'aspettavo. Non lo so perché ma la immaginavo così>> la mia camera era un po' piena di libri, giusto due librerie che ricoprivano ognuna una parete della stanza. Forse so anche io perché questa è la mia stanza.
<<Perché sei qui? Insomma non fraintendere, ma non è un a cosa da tutto giorni ritrovarsi una persona conosciuta da neanche 3h dentro camera tua, e che ti dice che è salito dalla finestra>>
Lui, come mi aspettavo facesse, ignoró completamente la mia domanda, anzi, inizio a guardare gli oggetto in camera mia. Fino a che non arrivò a quel cassetto.
Mi misi davanti a lui con uno sguardo serio: <<Questo no. >> all'inizio pensava stessi scherzando, ma quando vide la mia espressione seria, capí che era il momento di fermarsi.
<<Ho avuto un litigio abbastanza grande con i miei genitori, e non sapevo dove andare>> disse guardano da un'altra parte. Credo volesse essere sincero con me.
<<So che è una pazzia ma, ti va di rimanere? Non tutta la notte, ma puoi rimanere qui fino a tardi se ti va>> alla mia proposta, sul suo viso comparí un sorriso. Così parlammo, e scherzammo; fino a quando vedemmo le luci dell'alba.
Da lì inizio tutto questo.
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