Rosso = Sangue
DEMI
-Allora, Demi, sei pronta? Mancano pochi minuti!-, esclamò Care, la mia migliore amica.
-Mi manca solo il mascara poi arrivo!-.
Sentii la mia altra migliore amica, Sofia "Zof", ridacchiare poi entrò nel bagno e mi guardò estasiata. Indossavo un abito nero corto, molto sexy, che arrivava fino alle coscie, i capelli ricci e biondi li stirai e li fermai con una molletta, mentre il viso era messo in risalto dalle mie labbra rosse e dai miei occhi neri.
-Cristo, Dem, sei meravigliosa!-, gridò.
-Grazie Zof, pure te-.
Lei aveva un abito rosa shocking come il mio, i capelli neri ricci in disordine come sempre e gli occhi messi in risalto dall'eye-liner nero.
Ridendo uscemmo dal bagno e Care ci guardò sorpresa.
-Siete fantastiche, piccole mie!-. Care usava quel nomignolo in quanto lei era più grande di noi di un anno, ma per via del suo trasferimento in Italia la inserirono nella nostra classe.
Le sorrisi, poi la squadrai. Aveva un abito blu, con le maniche lunghe, che arrivava fino alla coscia. I suoi occhi azzurri erano invisibili dietro lo strato di maquillage e i suoi capelli biondi erano disordinatamente arricciati.
Scendemmo le scale della casa di Care e ci incontrammo fuori con il taxista.
-Ci porti alla Deutch-, esclamò porgendogli una banconota da cinquanta.
-Ok-, rispose l'uomo.
Salimmo e in pochi minuti ci trovammo davanti il bar. Più che un bar era un appartamento con tante piccole stanze dove pomiciare allegramente, e questo era ciò che aveva detto Care.
Lentamente entrammo, cercando di non cadere sui tacchi. Care mostrò i biglietti d'entrata ad uno Stewart e lui sorrise.
-Hai impegni dolcezza, per questa serata?-.
-Sì, pomiciare con qualcuno che non sei tu!-, rispose lei ridendo.
Lo guardai sorridendo poi entrammo alla festa e subito delle nostre compagne ci raggiunsero.
-Ciao Alessia! Ciao Flavia-, esclamò Zof.
-Ciao Sofia, anche tu qua?-, chiese Alessia.
-Sì, pure io-, rispose con aria dura.
Io e Care tossimmo, poi portammo via la nostra amica, verso il tavolo delle bevande. Optai per una semplice coca-cola, in quanto minorenne, e Zof seguì la mia via. Care invece prese una bottiglia di birra, la strappò come un'ubriacona e cominciò a bere. A volte il suo modo di fare mi dava sui nervi; si credeva l'Alison DeLaurentis della situazione e questa cosa la odiavo! Gli stessi capelli biondi, lo sguardo penetrante, il bel viso paffutello...era quasi la Perfezione, e quel "quasi" perché la perfezione non esiste.
-Andiamo, Demi, prendi una birra-, mi disse.
-No. Basta e avanza quella in casa, grazie!-, risposi io.
Poco dopo giunsero dei ragazzi di diciassette-diciotto anni e accerchiarono la mia amica. La solita faccia da mezza troia le apparve in volto e così, sbuffando e alzando gli occhi al cielo, presi Zof per un polso e andammo in pista a ballare. Rimanemmo in silenzio per un po, senza dire niente, poi lei sospirò e mi fissò.
-Ti da fastidio quel suo comportamento?-, mi chiese.
-Abbastanza. Insomma, sa che odio la birra..soprattutto a quest'età! Justin è... In balìa dea birra e in generale di tutte le bevande alcoliche..-.
-Certo. Ti capisco-.
Eccome se mi capiva! Fino a pochi anni fa Justin non era così. Era il perfetto fratello gemello che amava il basket, aveva la media del nove a scuola e tanti amici. Ora invece gioca a basket per "farsi figo", ha la media del tre ed è stato bocciato due volte e per giunta ha solo amici "alcolisti", proprio come mamma, papà e Jennifer, mia sorella più grande. Eccola la mia splendida famiglia!
-Sai se..Justin ha smesso?-, mi chiese Zof.
-Due anni fa ti avrei promesso di farti da testimone al matrimonio con mio fratello, ma oggi ti dico di stargli alla larga perché potrebbe solamente portarti sulla cattiva strada-.
Zof sospirò, poi guardò a terra.
-L'amavo davvero, io-, sussurrò.
-Già, lo so. Ma ora le cose sono cambiate e anche tanto!-, dissi i.
Zof respirò a fondo poi con un sorriso esclamò:-Smettiamola di fare le melodrammatiche, almeno godiamoci la festa!-.
Le battei il cinque e insieme ricominciammo a ballare.
Qualche istante dopo, due ragazzi della nostra età s'avvicinarono a noi. Uno era così... Affascinante.
Aveva i capelli castani, era alto, magro, con un bel fisico. Aveva gli occhi verdi, nascosti da occhiali a montatura nera. Un viso roseo e una bocca piccola ma con labbra carnose. Indossava una camicia bianca, arrotolata fino al gomito e dei jeans neri.
-Ciao, bellezze. Io sono Davide e lui è Mattia. Avete già un accompagnatore?-, domandò l'altro che non avevo nemmeno calcolato.
-Io sono Sofia e lei è Demi-, disse Zof allungando la mano verso il ragazzo.
Lui le cinse un fianco e l'attirò a sé. L'annusò e poi sorrise.
-Hai impegni questa sera? Mancano ancora tre ore al nuovo anno..che pensi di fare?-, chiese.
-Trascorrerlo con te-, rispose Zof con voce sognante.
Davide sorrise e ci salutò per poi andarsene. Rimasi imbambolata a guardare Mattia: cazzo, che figo assurdo!
-Ti arrabbieresti se ti dicessi che le tue gambe mi fanno fare film mentali sulla nostra nottata?-, mi chiese.
-No, perché provo lo stesso quando guardo i tuoi occhi-, risposi io.
Mattia mi sorrise, poi mi attirò a sé e mi cinse un fianco. Insieme camminammo verso le scale che portavano al secondo piano. Entrammo in una stanza e lui chiuse la porta. Mi sedetti sul letto e attesi che lui arrivasse. Si accomodò al mio fianco e mi cinse il fianco con una mano.
-Allora, mi parli un po di te?-, mi chiese.
-Mi chiamo Demetria...ok, Demi va più che bene! Ho 15 anni e ho un fratello gemello di nome Justin e una sorella di 18 anni che si chiama Jennifer-.
-Wow..io, ehm.. Mi chiamo Mattia, ho 15 anni. Sono figlio unico, ma mi piacerebbe avere una sorella-.
-Dici davvero? È solamente una rottura di palle, fidati-.
-Ahaha. Ma che carina!-.
-Io e mia sorella non andiamo per niente d'accordo. Io e lei siamo completamente diverse..siamo il contrario esatto del pane e della nutella-.
Mattia ridacchiò, poi mi sorrise.
-Che fai dopo scuola?-.
Lavoro, lavoro, lavoro! Dovrei rispondergli ma..
-Ehm...danza moderna-, mentii io.
-E ti piace?-.
-Molto. E tu che fai?-.
-Basket-, rispose.
-Anche mio fratello-.
Rimanemmo abbracciati per un po', quando ad un tratto la porta si spalancò. Era Zof!
-Sbrigatevi! Fra dieci minuti scatta la mezzanotte!-.
Mi alzai e Mattia mi prese per mano. Mi aiutò a scendere le scale e poi entrammo nel salone principale. In fondo alla sala c'era un maxischermo con il conto alla rovescia.
Mancavano otto minuti.
Allo scattare dei sei, Care tornò verso di noi e guardò stupita i ragazzi.
-Lei è Caroline, la nostra migliore amica, mentre loro sono Davide e Mattia-, disse Zof.
Le rivolsi uno sguardo acido, ma lei mi afferrò per un polso.
-Ascolta. Mi dispiace per prima! Sono stata una gran puttana! Mi perdoni?-.
-Uff, sì, Care, ma che sia l'ultima volta!-.
Lei annuì sorridendo, poi mi concentrai sul maxischermo. Mancavano venti secondi.
Mattia mi strinse la mano ed io lo guardai.
-Voglio che tu sia il mio primo pensiero del nuovo anno-.
Gli presi il volto fra le mani e sorrisi.
Ai dieci secondi cominciammo a contare e quando arrivammo a zero, tante coppie cominciarono a baciarsi. Anche Mattia lo fece ed io mi sentii felicissima.
-Di un po', il primo pensiero ero io oppure la tua lingua nella mia bocca?-.
-Tutte e due-, rispose.
Risi, poi convenni che era ora di tornare a casa.
Mattia e Davide uscirono con noi e quando ci ritrovammo sul marciapiede gli diedi il mio numero con la speranza che mi chiamasse.
×××
Appena entrai in casa vidi le luci completamente spente. Un odore acre di fumo m'invase il naso ma resistetti. Appena accesi la luce vidi i miei genitori in piedi, appoggiati al muro.
-Ciao, sgualdrinella-, mi disse mio padre con una bottiglia di birra in mano.
Era ubriaco fradicio, come ogni sera del resto.
-Dove sei stata? A casa di quelle mezze troie delle tue amiche?-, chiese mia madre.
-Sì, perché?-, domandai.
-Sfigate! Non siete uscite?-, domandò papà.
Non potevo dirgli che ero andata ad una festa, mi avrebbero uccisa!
-No, siamo rimaste in casa e basta-, tagliai corto io oltrepassandoli.
Mio padre mi afferrò per un polso e mi sbatté contro il muro. Nemmeno il tempo di capire cosa fosse esattamente successo che mi ritrovai la testa che colava di sangue.
-Porca troia! Ma sei impazzito?-, urlai.
-Dove cazzo sei stata brutta puttana dimmelo!-, urlò mio padre.
-A casa di Caroline Evans, lo sapevi!-, gridai io.
-Cazzate! Da la verità, troia!-.
Gli insulti dei miei genitori non mi facevano male. Erano cinque anni che li sentivo e ormai ero abituata.
-Parla, sgualdrina!-.
Mio padre alzò la bottiglia in aria e tutta la birra cadde lentamente lungo il suo braccio. La schiena venne percorsa da un brivido; spalancai gli occhi e pensai: Non può farlo. Non può farlo.
Ma poi lo fece.
Mi tirò in testa la bottiglia e tutto quello che sentii fu il mio urlo, un dolore atroce, puzza di sangue e poi ci fu il vuoto più totale.
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