35. Baciami
Adrien Leroy è partito da quattro ore, cinquantatré minuti e ventisei secondi, e io mi sento morire.
Sono stesa sul suo divano, nel suo appartamento, con una sua maglietta addosso, senza di lui però.
È praticamente scappato via, senza darmi il tempo di fare niente. Mi ha lasciata così, senza spiegazioni, senza risolvere quella sottospecie di litigio, e soprattutto; senza salutarmi. Ha preso ed è partito per Parigi, di punto in bianco, senza una ragione apparente.
E io ho ancora addosso quella sensazione di impotenza che mi fa tremare.
Mi sento persa, completamente inutile e sofferente.
Non so cosa mi ha fatto, ma non ho più ragioni apparenti di vita. Non so che diavolo io abbia, ma lo voglio indietro, con me. Voglio sentire il suo profumo, vedere i suoi capelli color miele, gli occhi azzurri che fanno invidia all'oceano e la pelle ambrata. Voglio sentire ancora la sua risata, perché mi sembra di non sentirla da una vita. Voglio abbracciarlo di nuovo, perché mi sembra di essere sempre al freddo se non sono tra le sue braccia. Voglio baciarlo ancora, perché adesso mi manca l'aria senza le sue labbra. Ho solo bisogno di saperlo ancora mio. Mi è successo qualcosa, e ora non riesco più a tornare indietro.
È un brutto effetto collaterale, quello che ho addosso ora.
È come un rimpianto terribile, l'amaro dopo un bicchiere di liquore, i conati nauseanti quando ti senti male, è un macigno che mi appesantisce il petto oscurando tutto il resto.
Fisso inespressiva il soffitto, stesa sul divano bianco, circondata dal suo odore, dalle sue cose, dai miei pensieri contrastanti. È come se qualcosa si fosse rotto.
Marco mi ha baciata, e io l'ho respinto perché non era lui chi volevo sulle mie labbra. Non era il suo dopobarba quello che volevo inspirare, ma l'odore naturale di Adrien perché lui non ne mette di nauseanti dopobarba. Non erano le sue braccia quelle che volevo intorno a me, ma altre, che ormai mi stavano addosso come un guanto. E nonostante io abbia fatto ciò che avrei dovuto fare, tra me e Adrien si è incrinato qualcosa. È un dubbio strano, subdolo, che adesso sembra un muro tra noi, come in quel momento. Si è arrabbiato, e lo capisco, ma non sarebbe dovuto essere arrabbiato con me.
E forse neanche lo era, ma si è comportato come tale.
Nonostante questo, non riesco ad odiarlo né ad irritarmi. Non posso andare oltre lo sguardo gelido che mi ha rivolto, non posso oltrepassare l'istante in cui si è ritratto dal mio tocco.
Mi volto lentamente, prona sul tessuto morbido dei cuscini.
Finisco per addormentarmi così, con una sua maglia addosso e le lacrime che minacciano di traboccare dai miei occhi. Al mio risveglio la luce che filtra dalla portafinestra del salotto mi infastidisce al punto che tiro un urlo di frustrazione. Afferro il mio cellulare, che segnala l'arrivo di un paio di messaggi con due driiin fastidiosi al pari della luce. E l'ennesimo urlo mi sfugge quando il mittente si rivela essere la Tim invece che Adrien. Apro comunque la sua chat e digito le prime parole che mi vengono in mente, senza badare al mio orgoglio, ormai sprofondato da la marea di nostalgia che mi allaga il petto.
Amanda-
Mi manchi.
Adrien visualizza solo dopo un paio di minuti, sveglio anche se sono le sei di mattina. Digita per un paio di secondi, prima che mi arrivi un messaggio che mi scalda il cuore dopo una notte di gelo.
Adrien-
Anche tu mi manchi.
Mi sfugge un sorriso, e non riesco a trattenermi dal lasciarmi andare sui cuscini, contenta come non pensavo più di potermi sentire per un fottuto messaggio.
Amanda-
Come ti senti?
Non ho dimenticato neanche per un secondo che aveva la febbre, e sono sicura che con un volo e il freddo di fine ottobre sarà salita e lui si sentirà uno schifo.
O magari no, perché non sembra sensibile a nulla, certe volte.
Adrien-
Sempre peggio.
Ho un tuffo al cuore, mentre rileggo quelle due parole.
Amanda-
Non puoi riposarti un po'?
La sua risposta è un "no" secco, con tanto di punto fermo. E poi lui smette di essere online e a me torna quella sensazione orribile che mi perseguita per tutta la mattina. Non mangio nulla, non bevo, non faccio letteralmente niente. Il sabato trascorre come il giorno peggiore dell'ultimo decennio, lasciando che io sprofondi in un mare di incertezze e dubbi.
Magari si sta sta divertendo con qualche modella come quella Stella.
Scommetto che le parigine sono molto più disinibite di me a letto.
Ecco, sicuramente se ne starà facendo almeno tre insieme.
Dio, non potrei odiare di più Marco e le parigine al momento.
Verso le otto di sera non potrei essere più devastata, quindi mangio una mela, abbandonata sul bancone della cucina, e poi torno a deprimermi sul divano. Passo le ore a fissare il soffitto, ripercorrendo con la mente le nostre conversazioni, immaginando dov'è, con chi, e perché.
Lui non si fa sentire fino a l'una passata, e quando, già sulla sua chat da ore, vedo che sta scrivendo, alla fine rimango tremendamente delusa dal fatto che non invii niente. Detesto questa sensazione che mi accompagna da ieri sera, ma non riesco a scacciarla. Infine, mi addormento solo alle tre, stremata.
La domenica mattina vengo svegliata a mezzogiorno, da un messaggio di Grace. Mi chiede di uscire, per parlare. Accetto senza neanche pensarci, bisognosa di staccare da questa tremenda situazione di pena.
Alle quattro mi vesto e la raggiungo al chiosco di Colle Oppio, sedendomi davanti a lei attorno a un tavolino con l'aria distrutta.
«Ciao» la saluto secca, senza togliermi gli occhiali da sole che celano le mie occhiaie.
«Ciao, Amy. Hai l'aria distrutta»
«Grazie tante. Mi dovevi dire questo?» replico acida. Non sono per niente bendisposta e ho addosso un'insofferenza che purtroppo verrà rovesciata sul primo che passa, alias Grace.
«Non respingermi in questo modo, per favore. Non puoi trattarmi male perché sto con tuo fratello» allunga una mano, posandola sulla mia, abbandonata sulla tovaglia a quadretti.
«Questo è quello che ti fa credere lui. C'è cascata pure Anita prima di te»
«Ma anche se fosse, perché tratti male me se ho deciso da sola di correre questo rischio?» la sua domanda mi fa riflettere, e una sola risposta emerge dalla marea di bugie che vorrei rifilarle.
«Perché ti voglio bene. Non voglio che tu soffra»
«Tu invece ci stai bene, in questa situazione?» mi chiede con una punta di malinconia nel tono della voce. Anche lei ha delle brutte occhiaie, e i suoi riccioli ramati sembrano sfibrati, quasi quanto la mia lunga chioma castano scuro che da venerdì sera è ridotta a un cespuglio.
«Ormai mi sono rassegnata a soffrire», tento di tenere in piedi la mia facciata di indifferenza, picchiettando le dita su una bustina di zucchero.
«Non fare così, dai. Piega l'orgoglio, Amy. Io sono sempre la stessa» avvicina la sedia alla mia, allungando le braccia per abbracciarmi. Mi invade con il suo profumo al mughetto, e io resisto per i primi cinque secondi, prima di stringerla a me. Dopo i due giorni che ho passato credo che il mio orgoglio si sia suicidato direttamente.
«Grazie» mi sussurra Grace all'orecchio, scoccandomi un bacio sulla guancia.
Si allontana da me per ordinare due caffè e poi mi sorride, spazzando via l'aria malinconica che prima l'avvolgeva.
«Come sta il coglione?» le chiedo quando arrivano i caffè al nostro tavolo, mescolando lo zucchero nella tazzina con una punta di stizza.
«Non benissimo. Ci siamo preoccupati tutti quando sei sparita quella notte. Adrien si è venuto da noi quindici minuti dopo che eri scappata via. Ti ha cercato tutta la notte mentre Edoardo chiamava tutti i vostri parenti»
«Guarda, non parliamo di Adrien» sbotto sistemandomi gli occhi sul naso.
«Che è successo?» mi chiede allungando una mano verso di me. Mi sfila delicatamente gli occhiali, passandomi le mani sulle guance. «Dio, Amy. Ma come sei ridotta? Sembri uno zombie». Io tiro su con il naso in tutta risposta, mentre le sue dita delicate mi portano via i residui di mascara da sotto gli occhi.
«Marco mi ha baciata, venerdì sera» le confesso abbassando lo sguardo.
«Marco Cagliari?» mi chiede lei, incredula.
«Proprio lui. E Adrien ci ha visti, perché nel bel mezzo di tutto questo casino io e lui ci siamo messi insieme» prendo un sorso di caffè, fissando il vuoto come una sopravvissuta di guerra. Dio, ma come ci finisco in queste situazioni?
«E?»
«E si è arrabbiato, poi è venuto fuori che doveva partire per Parigi e mi ha mollata sul ciglio della strada come un salame» mi passo frettolosamente una mano sotto gli gli occhi umidi, tenendo lo sguardo fisso su un gatto randagio che cammina sul muretto di cinta.
«E?» a volte mi chiedo come faccia a sapere che c'è altro sotto.
«E, mettendo da parte il fatto che sono due giorni che sembro un'anima in pena e lui si è ritratto quando ho provato a toccarlo, adesso ho paura che sia con qualche modella strafiga con delle gambe chilometriche» il mio tono rasenta l'isterismo mentre stringo convulsamente la tazzina, assottigliando lo sguardo per trafiggere con gli occhi il gatto, che al momento sta impersonificando la modella con cui Adrien starebbe scopando.
«E?»
«Cosa stai aspettando che ti dica?» mi volto verso di lei, innervosita.
«Che te ne sei innamorata» replica con una smorfia. «I segnali ci sono tutti»
«Ma non dire stronzate» sbotto io.
Come arrivare a negare l'evidenza; guida semplice e veloce.
«Amy, ci perdi solo tu a non ammetterlo» la voce della verità, guarda.
«Va bene, ammettendo ipoteticamente che me ne sono innamorata, che dovrei fare?»
«Tenertelo. E intendo con le unghie e con i denti. Quando torna degli fargli passare la voglia di trascorrere anche tre minuti con qualsiasi altra donna»
«Ma se abbiamo litigato»
«Proprio per questo! Non fare in modo che piccolezze come Marco che ti bacia dopo otto anni di adorazione plateale si mettano tra voi». Il suo tono mi strappa una risata, mentre scuoto la testa.
«E per la cronaca, è lui che mi ha fatto passare la voglia di passare la notte con qualsiasi altro uomo» ammetto poi, affranta.
«Potrei fare una battuta sui francesi e le baguette, ma mi tratterò» ride lei, facendomi ridere a mia volta.
«Sai che ho scoperto che lui e Anita non erano scopamici?»
«Una ragione in più per tenertelo incatenato addosso. Devi sfinirlo» l'occhiata tra il malizioso e il determinato che mi lancia scatena un'altra risata, mentre finisco il mio caffè.
«Vabbè, ho capito. Spero di farci pace, piuttosto» commento poi, un po' amareggiata.
«Se si è fatto tutta Roma di notte per cercarti non credo che un bacio non ricambiato sia un grande problema. Tu pensa solo a mettere da parte l'orgoglio», Grace scrolla le spalle, sorridendo. «Sono contenta che tu ti sia resa conto che l'amore esiste» mi dice lasciandomi un buffetto sulla guancia.
«Non esageriamo. Potrei prenderlo in considerazione» ribatto io, senza volermi sbilanciare troppo.
«Sempre qualcosa è» replica lei, alzando le spalle.
«Senti» comincio cambiando argomento. «Ma Giovanni?».
Grace accenna una smorfia, bevendo un sorso del suo caffè.
«Che vuoi che ti dica? Ci siamo lasciati. Lo sai come sono io, sempre alla ricerca dei sentimenti più forti»
«Vorrei non avere dei pregiudizi sul tipo di emozioni che può darti mio fratello, ma ti giuro che proprio non ci riesco», a lei sfugge un mezzo sorriso, mentre mescola il nulla nella tazzina ormai vuota.
«Tu lo guardi con occhi diversi»
«Vedi di non farti spezzare però, Grace».
***
Il lunedì mattina, solitamente, è la mia sveglia a richiamarmi dal sonno pieno di sogni assurdi in cui sono sicuramente caduta. Stamattina è il mio cellulare, che squilla senza sosta da qualche secondo. Biascico qualche imprecazione mentre allungo una mano verso terra, dove giace il mio telefono.
Un numero sconosciuto alberga sullo schermo, ma nel dubbio e nell'idiozia della dormiveglia rispondo, accostando il cellulare al mio orecchio.
«Pronto?» mi passo una mano sugli occhi, cercando di far riprendere lavorare il cervello.
«Amanda? C'est Xanvier»
«Eh?» è la mia replica brillante.
«Xanvier. Ti ricordi di me?» l'accento francese si fa sentire più dell'ultima volta, mentre io deglutisco a vuoto con la gola secca.
«Certo. Che c'è?»
«Scusami se ti chiamo alle sei di mattina, davvero, ma-»
«Le sei?» mugolo io, rotolando sulla schiena.
«Sì, le sei. Mi dispiace svegliarti, ma Adrien ha fatto un'incidente e-»
«Che cosa?!» salto a sedere appena le parole Adrien e incidente mi arrivano alle orecchie nella stessa frase, con la voce più alta di tre ottave. «Oddio! Sta bene? Che è successo?». Per un'attimo perdo il controllo, invasa dal panico più totale. Mi sembra di non riuscire a respirare mentre aspetto la sua voce in risposta.
«Non è successo nulla di grave. Ha accumulato troppo stress e credo abbia avuto una svista per strada. Stai tranquilla, è solo svenuto» tenta di rassicurarmi con la voce più calma che riesce a ottenere, ma a me sembra letteralmente di impazzire.
«Si è fatto male? Ma dove siete?» mi alzo di scatto, iniziando a camminare avanti e indietro con il vano proposito di rimanere calma.
«Ha un'escoriazione sulla spalla e qualche punto sul gomito, ma davvero-»
«E me lo dici adesso?! Dove siete?»
«Amanda?»
«Cosa?» la mia voce rasenta l'isterico mentre piombo in camera in cerca delle mie scarpe.
«Devi stare tranquilla. Volevo sapere se eri a casa così passavo a prendergli un cambio»
«Ve lo porto io! Dimmi dove stracazzo siete e gli porto il cambio. Arrivo in dieci minuti» arrivo quasi a piagnucolare mentre mi si appanna la vista e un'orribile ansia si fa strada nel mio petto.
«Amà, lui non voleva che ti chiamassi. Ora dorme, ma mi ammazza se-»
«Sono io che lo ammazzo, quel coglione! Aveva la febbre quando è partito, ma come diavolo gli è venuto in mente di prender un'aereo? 'Tacci tua» sbraito poi, raccattando i miei calzini da terra.
«Siamo al San Giovanni. È stata una tua idea se te lo chiede, io non ti ho mai chiamata»
«Arrivo» soffio io prima di chiudere la chiamata.
Quando arrivo in ospedale sono abbastanza sicura di aver già avuto tre infarti e aver svaligiato l'armadio di Adrien. Piombo nella sala d'attesa completamente sconvolta e chiedo subito a un'infermiera la stanza. Appena intravedo Xanvier, fuori dalla camera con il telefono contro l'orecchio, mi rincuoro un po'.
«Amanda» mi saluta con l'accenno di un sorriso.
«Ciao. Ho avuto tre infarti e gli ho svuotato l'armadio. Dici che basta?» gli mostro il borsone pieno vestiti e lui si lascia scappare una risata.
«Direi di sì. Vieni, dovrebbe svegliarsi tra poco» mi apre la porta della camera d'ospedale, dove campeggia un letto. Adrien spicca tra le lenzuola bianche, addormentato. Lo affianco subito, mollando il borsone a terra prima mi osservarlo attentamente. Ha una spalla fasciata, e il gomito dell'altro braccio avvolto in garze. Qualche graffio leggero costella il viso, ma non è effettivamente niente di grave. Eppure il mio cuore non vuole saperne di rallentare.
Gli accarezzo la fronte in silenzio, guardando con un misto di malinconia e preoccupazione i lineamenti rilassati. Quando passo un dito sulla mascella definita i suoi occhi finalmente si schiudono, incrociando i miei. Mi guarda per qualche lungo istante confuso, prima di schiudere le labbra.
«Mon Dieu, c'est un rêver» soffia con una smorfia di dolore.
«Nessun sogno, si è presa un'infarto per te», Xanvier, noncurante dell'incidete, molla uno schiaffo sul viso del biondo, quasi amareggiato.
«Cosa non ti è chiaro di "mi sono fatto il raccordo anulare con il culo, non chiamare Amanda"?» ringhia l'altro, sfregandosi una mano sul viso per svegliarsi.
«Tutto» sbotta Xanvier.
«Mi ricordi perché ho chiamato te?» borbotta lui, con una smorfia sofferta.
«Perché eri talmente andato che non riuscivi a chiamare un'ambulanza» ride l'amico. Adrien lo fulmina con un'occhiataccia.
«Amà, vai a casa» tuona poi il biondo, muovendosi nervosamente sul materasso.
«No» ribatto secca. «Come ti senti?»
«Una merda» sbraita lui, che sicuramente non ha perso l'irascibilità nell'impatto.
«Ma che è successo?» chiedo poi, rivolta a Xanvier.
«I medici hanno detto che ha avuto una svista a causa dello stress. È molto stressato»
«Io non sono stressato» ringhia l'altro, guadagnandosi un'altra occhiataccia.
«Mais oui, bien sûr, vous faites trois jobs mais vous n'êtes pas stressé! Pensez-vous vraiment que je le crois? Tu dois apprendre à dire non, bite! Ta mère ne peut pas te traiter comme ça! Tu es fatigué et je sais que tu t'es évanoui à l'hôtel!» oddio no, ricominciano a parlare in francese.
«Je me suis évanoui parce que je n'avais pas mangé depuis douze heures! pas pour le stress!», sbotta l'altro tirandosi a sedere a fatica. Xanvier lo spinge di nuovo sul materasso, incazzato nero.
«Et pourquoi n'avez-vous pas mangé? Pourquoi travailles-tu! tu ne fais rien d'autre!»
«Alors? Quel est le problème?», Adrien, con un gesto di sfida del mento, si alza a sedere di nuovo. Non saprei dire chi è più incazzato tra i due.
Dov'è google traduttore?
«Le putain de problème c'est tu ne t'arrête jamais! Et Amanda? Voulez-vous vraiment tout he cacher? Combien de temps?! Mois? Années?» Xanvier alza la voce, attirando l'attenzione di un'infermiera di passaggio.
«Tutto bene qui?» chiede timorosa.
«Sì!» gridano all'unisono i due francesi. La ragazza alza le mani ed esce dalla stanza, lasciandomi di nuovo sola.
«Vi dispiace parlare in italiano?» chiedo con una punta di acidità nella voce.
«SÌ!» urlano di nuovo.
«Tu te tues comme ça! Ce n'est pas un jeu!» Xanvier si avvicina al viso di Adrien con un'espressione tale da fare paura. L'altro lo spinge indietro, alzandosi in piedi di scatto.
«Je le dis quand c'est un jeu!» ringhia torreggiando su Xanvier, che indietreggia.
«Ne peux pas tout contrôler!» sputa l'altro, con un cenno del capo alle fasciature che ricoprono la spalla di Adrien.
«Pensez-vous que j'aime cette situation? Pensez-vous que j'aime vivre dans l'ombre? Pensez-vous que je monte et descends en Europe pour le plaisir? Je suis détruit, mais je ne peux pas m'effondrer» il tono di Adrien si fa più serio, mentre il moro si passa le mani sul viso.
«Vous êtes déjà effondré» replica Xanvier, lugubre.
«Non sai nulla, non capisci» sputa il biondo.
«Capisco tutto, invece. E tu devi finirla di respingermi» ringhia lui, prima di spingerlo verso il letto.
«Avete finito?». Il mio tono rasenta l'isterismo, dopo una conversazione di cui ho capito solo Amanda e il principio di una rissa ben piazzata.
«Vattene a casa, Amanda» sbuffa Adrien, rimettendosi a letto con le braccia incrociate.
«Col cazzo. Si può sapere che ti prende? Avevi la febbre! Non puoi prendere e partire così!».
Adesso è il mio turno di cazziarlo.
«Vuoi farmi la ramanzina anche tu?», si volta dall'altra parte mentre io mi siedo sul bordo del materasso, abbandonando a terra la mia borsa.
«Mi hai fatta preoccupare. E sono stati due giorni di merda, senza di te, pure con un litigio in sospeso» con due dita riporto il suo viso verso di me, e finalmente incrocio i suoi occhi. Lui sembra addolcirsi, quindi Xanvier lascia la stanza in fretta e furia borbottando qualcosa in francese.
«Sì, beh, avevo bisogno di tempo. Non è stato un bello spettacolo vederti con Matteo» aggrotta le sopracciglia, contrariato.
«Spero che questo "tempo" non abbia coinvolto delle parigine tutte gambe e niente cervello, perché in quel caso sei già morto» mi sfugge un mezzo sorriso divertito, mentre arrivo a un soffio dal suo viso.
«Mi sei mancata» sorride lui, accarezzandomi il viso con due dita. «Non sai quanto» mormora ancora, prima di baciarmi.
Mi bacia, e lo giuro, ogni suo bacio è tempesta. Mi bacia come se dovessimo morire domani, senza freni, senza inibizioni. Mi fa sua così, con un bacio.
Assaggia le mie labbra come se sapesse che sono già persa di lui, perdendosi con me, cadendo con me invece che portarmi in salvo. Sembra non avere paura di nulla mentre mi stringe a sé, lasciando che io mi sciolga tra le sue mani. È lento, è passionale, è fuoco. Mi fa patire le fiamme dell'inferno e il gelo tirandomi su di lui, mordendomi il labbro con una lascivia che mi sembra quella di Lucifero. Affondo le dita nei suoi capelli con un sospiro, in estasi.
Ma come fa? Come fa a ridurmi così con un bacio?
Insinua la lingua nella mia bocca, stringendomi i fianchi fino a farmi gemere. E lui sorride sulle mie labbra, quando si accorge delle mie reazioni. Lo sa adesso, che riesce a sciogliermi con un bacio, e vorrei sentisse anche il disastro che mi scatena dentro ogni volta che mi sfiora. Lo spingo sulla mia bocca con desiderio, affamata del veleno più dolce di tutti. Voglio che sia mio, per davvero, per sempre.
Solo essere tra le sue braccia mi manda in estasi, invadendomi di uno strano sentimento; un misto di possessività e piacere che mi annebbia la mente.
«Sta arrivando l'infermiera stronza» la voce di Xanvier mi arriva alle orecchie come un'eco lontano, mentre tiro di capelli di Adrien.
«Mandala via» mugugna lui, passando i palmi aperti sui miei glutei.
«E come?!»
«Non so, rimorchiatela. Chiudi la porta?», scende a baciarmi il collo, stringendomi a sé fino a farmi stendere su di lui.
«Stai scherzando, spero. Adrien? Oh, sei insopportabile!» la porta alle mie spalle sbatte, e la voce di Xanvier viene attutita. Io mi spingo su Adrien, completamente fuori di testa. Sto attenta a non toccare la spalla ferita e affondo le dita nei suoi capelli, premendo le mie labbra sulle sue. Le voci dell'infermiera e Xanvier spezzano il silenzio, ovattate e confuse. Mi volto verso la porta di scatto, posando le mani sul suo petto per trattenerlo.
«Baciami. Ti prego» la sua voce, roca e seducente mi costringe a riportare gli occhi su di lui. E prima che me ne possa capacitare le mie labbra sono di nuovo sulle sue.
Preme una mano sulla mia nuca prima di schiudere le labbra in dolci affondi; spinge la lingua nella mia bocca e mi fa semplicemente perdere la testa. Finisco incastrata tra il suo corpo e il materasso, ancora confusa e affamata. Mi bacia con un trasporto, un desiderio che mi appanna la vista. Insinua un ginocchio tra le mie gambe e mi morde il labbro inferiore, lasciando che io affondi le dita nei suoi capelli. Mi fa letteralmente sgretolare tra le sue mani, mi scioglie, mi confonde e mi inebria del suo profumo, iniettandomi la libido nelle vene.
«Mi sa che è meglio se vado» ansimo sulle sue labbra, con il cervello liquefatto.
«Cinque minuti»
«Cinque» lo ammonisco io.
«Dieci, dai».
Alors, parliamone:
Mettendo a parte le denunce che mi sono arrivate a casa per colpa di Marco-Matteo, hanno risolto secondo voi?
Io AMO alla follia Xanvier, che è un po' il papà del papà della situazione: alias Xanvier che va dietro ad Adrien che va dietro a Alexis che boh, si fa i cazzi suoi.
Qui sotto trovate la traduzione del dialogo in french...leggetele perché sono importanti.
MA VOGLIAMO PARLARE DELLA POVERA AMANDA, CHE SI È FATTA UN WEEK-AND DI MERDA? Adrien deve recuperare, e pure alla svelta. Così, tanto per vendetta, l'ho mandato in ospedale.
Ok, ok, l'ho quasi ammazzato, però dai, è sopravvissuto bene al volo sul Raccordo Anulare. Mi sembra si sia ripreso bene.
E poi, voi apprezzate che Grace sia dedita a Edoardo solo per "amore" oppure la considerate una cazzata?
Che poi, la povera amanda, si è depressa sul divano e mi sa che si è un pochino innamorata, viste le sue reazioni🤦♂️🤦♂️🤦♂️🤫
Vi volevo avvisare che vado in vacanza. Tipo tanto. E il mio cellulare è morto, l'iPad non ha internet, e dove vado non c'è un cazzo.
Quindi in attesa che mi ricomprino un cellulare, per non farvi mancare Amanda e Adrien (che a dirvela tutta se la meriterebbero una vacanza), pubblico adesso e stasera (o domani mattina), così che abbiate un capitolo extra con cui cimentarvi durante la mia mancanza. Vi mancherò? No? Crudeli.
Tra l'altro mi accorgo che manca sempre meno alla fine di Sugar, e voglio piangere ma NON È QUESTO IL MOMENTO.
Vabbè ho capito, meglio che vado.
Andate in pace
Vi amo
Lily❤️❤️
CONVERSAZIONI=
Mon Dieu, c'est un rêver= Mio Dio, è un sogno.
Mais oui, bien sûr, vous faites trois jobs mais vous n'êtes pas stressé! Pensez-vous vraiment que je le crois? Tu dois apprendre à dire non, bite! Ta mère ne peut pas te traiter comme ça! Tu es fatigué et je sais que tu t'es évanoui à l'hôtel!= Ma sì, certo, fai tre lavori ma non sei stressato! Pensi veramente che ci creda? Devi imparare a dire no, cazzo! Tuo madre non può trattarti così! Sei stanco, e lo so che sei svenuto in hotel!
Je me suis évanoui parce que je n'avais pas mangé depuis douze heures! pas pour le stress!= sono svenuto perché non ho mangiato per dodici ore! Non per lo stress!
Et pourquoi n'avez-vous pas mangé? Pourquoi travailles-tu! tu ne fais rien d'autre!= e perché non hai mangiato? Perché lavori! Non fai altro!
Alors? Quel est le problème?= allora? Dov'è il problema?
«Le putain de problème c'est tu ne t'arrête jamais! Et Amanda? Voulez-vous vraiment tout he cacher? Combien de temps?! Mois? Années?= il fottuto problema è che non ti fermi mai? E Amanda? Vuoi nasconderle davvero tutto? Per quanto tempo? Mesi? Anni?
Tu te tues comme ça! Ce n'est pas un jeu!= ti ammazzi così! Non è un gioco!
Je le dis quand c'est un jeu!= lo dico io quando è un gioco!
Ne peux pas tout contrôler!= non puoi controllare tutto!
Pensez-vous que j'aime cette situation? Pensez-vous que j'aime vivre dans l'ombre? Pensez-vous que je monte et descends en Europe pour le plaisir? Je suis détruit, mais je ne peux pas m'effondrer= pensi che mi piaccia questa situazione? Pensi che mi piaccia vivere nell'ombra? Pensi che che faccia su e giù per l'europa per piacere? Sono distrutto, ma non posso crollare.
Vous êtes déjà effondré= sei già crollato.
Mi scuso per eventuali errori❤️
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