30. Contaci
«Non voglio entrare. Vai da sola, ti aspetto qui» Grace si pianta in mezzo al marciapiede, con le braccia incrociate al petto e le sopracciglia aggrottate.
«Stai scherzando, spero»
«Sono serissima. Io lì dentro non ci entro», guarda con un brutto cipiglio l'entrata del centro estetico, e io sbuffo afferrandole un polso.
«Tu mi hai fatto prendere appuntamento, e tu ora vieni con me» ribatto trascinandola dentro l'ingresso dalle mattonelle chiare. Ci sediamo accanto a una ragazza dai tratti orientali, che sfoglia un'edizione di Vogue con occhio critico, fotografando qualcosa che non riesco a vedere, visto che c'è Grace di mezzo.
Quando arriva il nostro turno ci alziamo insieme, e seguiamo una ragazza fino alla stanza. Grace manda me per prima, quindi mi sfilo i pantaloni e la fulmino con un'occhiataccia.
«Certo che dovresti fare qualcosa per quella cellulite» esordisce la mia coinquilina, seduta sulla sedia accanto al lettino, mentre piego i miei pantaloni color panna.
«Quale cellulite, scusa?»
«Questa» replica lei, indicando il retro della mia coscia sinistra. L'entrata dell'estetista pone fine all'accurata analisi del mio fondoschiena, quindi mi sistemo sul lettino e fulmino con lo sguardo la mia amica, che sorride divertita.
Quaranta minuti dopo ho di nuovo i pantaloni addosso ed è Grace ad essere seduta sul lettino questa volta. Ignoro le sue imprecazioni e cerco su internet donne con la cellulite, cercando delle mie foto in costume nel rullino per confrontarle. Poi scopro che anche Alessandra Ambrosio ha la cellulite, e mi si apre un mondo. Prendo atto che è un difetto pressoché impossibile da eliminare e che le modelle ne sono terrorizzate. E che la buccia d'arancia non piace ai ragazzi.
Ma che cazzata, dai. Quelli non si accorgono neanche se ti sei rasata a zero.
Il mio umore scende comunque sotto il livello degli scavi romani, mentre scorro la galleria di foto scattate durante il VS fashion show. Intanto Grace sta urlando mentre minaccia di denuncia l'estetista. Neanche il messaggio di Adrien, che mi chiede di andare a casa sua dopo il mio importantissimo impegno, mi rallegra.
Ok, va bene, ho sorriso.
Ma il pensiero di andare da lui con la cellulite mi ha subito abbattuta.
Quando usciamo da centro estetico comunque, non posso fare a meno di ritornare sulla questione.
«Non mi sento la pelle. E le gambe. E l'inguine» sbraita Grace mentre risaliamo insieme via Merulana. Io alzo gli occhi al cielo, battendole una mano sulla spalla.
«Dai che tra un po' andrà meglio» la rassicuro, cercando di distrarla dal dolore. «Posso chiederti una cosa?» continuo poi, con la parola cellulite stampata nelle palpebre.
«Dimmi»
«Scherzavi sulla cosa della cellulite?», svoltiamo a sinistra, avvicinandoci al nostro palazzo.
«Perché?»
«Perché è una cosa seria! Parliamo di cellulite» replico sbuffando. Lei ridacchia, facendo scattare la serratura del portone.
«Dai Amy, è una cavolata» mi conforta prima di entrare e chiudersi il portone alle spalle. Io mi volto, sconsolata, e inizio a camminare verso casa di Adrien. Il mio cellulare prende a squillare a metà di via Bonghi, quindi lo tiro fuori dalla tasca e sospiro, scorgendo il nome di mia madre sul display.
Nonostante tutto rispondo, perché sono due settimane che non la sento neanche.
«Pronto?»
«Amanda, tesoro» esordisce con tono melenso.
«Mi chiami per chiedermi di aiutarti a scegliere l'abito?» le chiedo sarcastica. Lei sospira rumorosamente, cercando forse le parole giuste.
«Mi dispiace di essere stata così irruente con voi. Non avrei dovuto, e ho sbagliato, anzi, ho proprio fatto una cazzata. Per farmi perdonare vorrei presentarti Riccardo»
«Riccardo?» guarda, tu sì che sai proprio come farti perdonare.
«Sì. Sai, ci tiene tanto a conoscere te e Edoardo»
«E io dovrei perdonarti?» le chiedo spietata.
«Non lasciare che la rabbia tramonti su di te, Amy. Abbiamo l'occasione per stare insieme ed essere felici. Ci penserai?» mi chiede poi, quasi implorante.
«Ci penserò» mormoro senza riuscire a rifiutarla.
«Oh, lo conosco io, il tuo cuore d'oro. Adesso ti lascio, sono sicura che avrai tantissime cose da fare. Ti voglio bene, cucciola. Ciao».
E poi chiude la chiamata, esaltata. Io rimetto il cellulare in borsa e scrollo le spalle, riprendendo a camminare.
Devo solo accettare la realtà. Nulla di più, nulla di meno.
Quando arrivo da Adrien suono il citofono appoggiandomi al muro chiaro mentre scruto il cielo annuvolato di ottobre. È la voce di Asia a salutarmi, e io non mi chiedo neanche perché sia lei ad aprirmi. Salgo le scale lentamente, e arrivo all'ultimo piano con il respiro corto e l'aria affranta.
«Ehi, come va?» mi saluta lei, aprendo la porta con Mr.Sammy in una mano e una saliera nell'altra.
«Male, tu?»
«Bene» sorride, facendosi da parte per farmi entrare. «A te che è successo?»
«Ho paura di avere la cellulite» sbotto togliendomi il cappotto per appenderlo all'attaccapanni. Di Adrien intanto, neanche l'ombra.
«Ahia» commenta lei, mentre io la seguo in cucina. «Ma sei sicura?»
«No» ribatto incrociando le braccia al petto. «È questo il problema»
«Allora dopo controlliamo dai. Io stavo prendendo un po' di sale, il mio ragazzo lo ha rovesciato tutto a terra» mi spiega posando il gatto rossiccio a terra. «Ringrazia che ci sia io, sennò rimanevi fuori dalla porta»
«Adrien dov'è?»
«Sotto la doccia» replica scrollando le spalle, mentre apre un'altra saliera. «Tanto per cambiare»
«Che fai, lo pedini?» mi scappa una risata, mentre Asia recupera un cucchiaio da un cassetto.
«La mattina ci si addormenta praticamente, nella doccia. Quando torna alle cinque di mattina dorme in doccia. È un genio» commenta ironica, travasando il sale da un baratto all'altro. E io decido di indagare di più.
«Sai dove va?»
«Non ne ho idea. Esce verso le undici certe sere, e se torna alle cinque, se non dopo. E lo so perché la mia stanza ha una parete condivisa con il suo bagno. Si mette in doccia alle sei e lascia scorrere l'acqua fino alle sette meno un quarto, e poi-»
«Viene a lavoro» concludo senza riuscire a immaginare cosa faccia fino alle cinque di mattina. Adrien ha sempre i capelli umidi di doccia, ed è in ritardo buona parte delle volte. Non può essere immischiato nelle faccende di mio fratello perché lui non è mai tornato oltre le tre, ma forse c'entra qualcosa comunque.
O forse sono io che sono paranoica e lui va solo a letto con Anita.
«Allora, questa cellulite?» Asia chiude le salierie, con un sorriso divertito.
In poco tempo siamo davanti alla finestra, io con i pantaloni sotto le ginocchia, e lei che mi scruta con occhio critico.
«Guarda, io non vedo nulla. Possiamo provare con la lente d'ingrandimento»
«Eppure io ne avevo vista un po' nello studio» replico muovendo la gamba.
«Sai, alcune volte le luci al neon fanno brutti scherzi. Hai fatto la ceretta?»
«Appena fatta» le dico appoggiandomi al muro.
«Che cera avete usato?»
«Quella azzurra per pelli sensibili»
«Ah sì, la usa anche mia sorella. Sei andata dalla ragazza all'angolo con via Bonghi?» si sposta un po', per cambiare angolazione.
«No, quando ho chiamato era tutto pieno. Sono andata in viale Manzoni, hai presente il negozio per animali?»
«Sì»
«Ecco, lì vicino. Ora non mi viene in mente il nome, ma comun-»
«Cosa mi sono perso?» la voce graffiante di Adrien mi fa sobbalzare, mentre mi tiro su i pantaloni a velocità flash. È appoggiato allo stipite della porta, con i capelli bagnati e solo dei pantaloncini della tuta addosso.
«Controllavamo la cellulite» spiego mentre Asia si alza, recuperando il barattolo per il sale.
«Io ho preso un po' di sale, grazie eh. Dopo controlliamo con la lente» passa accanto a Adrien ed esce, scomparendo alla mia vista. Lui mi guarda divertito, mentre io accenno un sorriso.
«La lente?» mi chiede perplesso.
«Per la cellulite»
«Asia ha la cellulite?» mi chiede avvicinandosi lentamente.
«Io ho la cellulite. Credo» replico alzando il mento per guardarlo in viso.
«Tu?» mi chiede trattenendo una risata.
«Non ridere» lo ammonisco puntandogli un dito contro. «È una faccenda seria»
«Mh» replica soltanto, attirandomi a sé. «Posso controllare, allora» mormora con voce roca, mentre a me tremano un po' le gambe, quando mi si figurano nella testa immagini che non hanno decisamente niente a che fare con la cellulite.
«Se ti va» sussurro sotto i suoi occhi attenti.
«Dovrai toglierti i pantaloni» mormora facendo scivolare le mani dai miei fianchi ai glutei, abbassandosi per baciarmi il collo. Il profumo del suo bagnoschiuma mi invade le narici, mentre reclino la testa di lato. Ogni volta che mi sfiora mi sembra di perdere la testa tanto vengo investita dalle sensazioni.
«Contaci» sussurro con un sorriso divertito, quando lui lascia una scia di baci bollenti sulla mia pelle, prima di mordermi avidamente il lobo dell'orecchio, iniettandomi pura libido nel sangue. Passo le mani sui bicipiti definiti e duri, passando poi ad accarezzare le spalle muscolose. È snello e muscoloso, ma non palestrato, dal fisico asciutto e divino. La pelle ambrata riluce, calda sotto il mio tocco. Infilo le mani nei capelli umidi, quindi assaporo il momento con calma, sospirando sotto il peso della sua bocca sulla mia pelle.
E poi scatta qualcosa, perché le sue labbra sulle mie all'improvviso mi incendiano più di prima. È diverso, è potente, è determinante.
Non riesco più neanche a respirare tanto sono travolta dalle sensazioni. Lo spingo sulla mia bocca, pretendendo sempre di più.
Adrien fa scivolare le sue mani fino alla mia schiena; una risale per la spina dorsale, l'altra utilizza un dito per passare all'interno della mia cinta, accarezzandomi la pelle del ventre. Fremo sotto il suo tocco, desiderando ardentemente di non aver mai rimesso i pantaloni, quindi mi spingo su di lui, strappandogli un sospiro. Intreccia una mano con i miei capelli sulla mia nuca, premendo con bisogno le dita per portarmi ancora più vicina. Mi circonda la vita con un braccio, eliminando qualsiasi tipo di spazio tra noi. I nostri petti corazzano, le mie mani tirano i capelli chiari, la sua lingua si insinua tra le mie labbra, facendomi gemere. E poi, all'improvviso, si stacca.
«Cazzo» sospira posando la fronte contro la mia. «Cazzo, je suis un idiot» mormora alzando gli occhi al cielo.
«Tutto bene?» gli chiedo muovendo delicatamente le dita sepolte trai capelli folti.
«No, no. Mi sono dimenticato di dirti una cosa» mi dice mordendosi il labbro.
«Mi devo preoccupare?»
«No, mais je suis juste un crétin. Mi devo vestire» si allontana da me, trascinandomi fuori dalla cucina praticamente correndo.
«Ma che ti prende?» domando aggrottando le sopracciglia. Lui piomba in camera sua, lasciandomi la mano per spalancare l'armadio.
«Prima ha chiamato Chiara» mi dice aprendo un cassetto a caso prima di richiuderlo con un imprecazione. «Ha detto che dopodomani c'è l'inaugurazione del nuovo negozio e che dovevamo andare a preparare le torte da esposizione» continua a rovistare in cassetti a caso, cercando qualcosa che evidentemente non trova.
«Quando?»
«Adesso» mi fa lui, lanciando un paio di jeans e una felpa sul letto.
«Che vuol dir-oddio!» mi copro gli occhi con le mani, voltandomi quando lui si spoglia, rimanendo in boxer.
Cristo.
Questo non lo avevo calcolato.
«Gesù, ora che c'è?»
«Avvisa prima di spogliarti» sì, che poi vengo.
«Tu ti vesti da vestita, Amà?» ride lui, mentre io premo le mani sugli occhi. «Puoi aprire gli occhi, eh» mi fa poi, ridacchiando ancora.
Certo, io cerco di preservare la mia sanità mentale e tu ridi.
Allargo un paio di dita per guardarlo mentre tira su la zip dei pantaloni.
«Quindi siamo in tremendo ritardo?» gli chiedo togliendo definitivamente le mani da davanti gli occhi. Lui, ancora a petto nudo, armeggia con la cintura annuendo.
«Le avevo detto che ti avvisavo io, ma poi sei arrivata, ti sei tolta i pantaloni e ho perso di vista l'obiettivo» gli scappa un'altra risata, mentre io mi abbandono a un sorriso divertito. Si infila in fretta e furia una t-shirt e la felpa, piegandosi poi per guardare sotto il letto.
«Cette femme doit apprendre à laisser les choses en dèsordre» borbotta allungando una mano. «Non trovo mai le scarpe per colpa sua. Ha il brutto vizio di metterle a posto» sbuffa rumorosamente, alzandosi. «Ma io dico, ci vuole tanto a pulire senza riordinare? Adesso vai a capire dove cazzo le ha messe»
«Chissà come mai, ma vederti imprecare è divertente» commento io, seguendolo in corridoio.
«Questa scena si ripete tutte le mattine, se vuoi te la registro» sbotta lui, aprendo una porta a caso. «Eh, certo, le scarpe mica nella scarpiera» richiude la porta con un tonfo, aprendo quella successiva. «Ah ah» fa poi, alzando vittorioso le sue converse nere. Io rido, scuotendo la testa. Le infila di corsa, recuperando poi chiavi e portafogli da una ciotola vicino all'ingresso. Poi il suo cellulare comincia a squillare, proprio mentre sta chiudendo la porta di casa e io mi infilo in cappotto.
Lui ignora la chiamata e inizia a scendere le scale, prendendomi per mano.
E alla fine finisco sulla sua moto, dopo un ricatto bello e buono. Prima mi ha baciata, e poi mi ha messo il casco.
Sporco ricattatore.
Mi tengo a lui, completamente terrorizzata, mentre lui procede a zig zag tra le auto in via Cavour.
«Moriremo» sbotto spingendo le dita sul torace muscoloso. Lui ride, sorpassando un'auto mentre una Fiat poco lontana ci suona il clacson. Arriviamo in via Nazionale per grazia di Dio, e al semaforo Adrien rimane bloccato tra due auto.
«Ao, più verde di così non diventa!» picchietta le nocche contro il finestrino dell'auto affianco a noi, ferma nonostante il via libera del semaforo. Il tipo continua a messaggiare, quindi l'auto dietro di noi suona il clacson spasmodicamente, trapassandomi i timpani.
«Amà, che fai?» mi chiede il mio collega, mentre io scendo dalla moto raggiungendo la macchina di quel cafone che mi sta distruggendo le orecchie. Batto un pugno sul finestrino, costringendolo ad aprire.
«Mo' c'hai sonato, canta!» urlo rivolgendogli un dito medio. Una donna nella panda affianco lancia un fischio, applaudendo. Il tizio mi guarda allibito, mentre rimonto in sella dietro a Adrien.
Romana sì, stupida no.
«Certo, voi romani molto pacati» se la ride lui, rimettendo in moto quando l'auto davanti a noi si decide a partire.
«Ti devi far rispettare» replico io, ancora indispettita.
Quando poi arriviamo in pasticceria abbiamo il fiato corto e siamo pure in ritardo di mezz'ora. Io piombo un laboratorio seguita da Adrien mentre mi lego i capelli, sperando vivamente di non essere licenziata. Ad accogliermi è l'occhiataccia che mi rivolge Tommaso.
Madonna, questo.
Una piattola.
«Siete venuti insieme, voi due?» chiede senza curarsi di essere discreto.
«Già» è la risposta secca di Adrien, che mi supera e legge velocemente l'ordine.
«E come mai?»
«I cazzi tuoi, Tommà. Te li scordi sempre» ringhia il francese, recuperando un paio di bastardelle da un cassetto. Tommaso rimane impalato al centro della stanza, a braccia conserte e sopracciglia aggrottate, fissandolo con occhi di fuoco. L'altro alza quindi lo sguardo su di lui, richiamato dagli occhi pungenti di Tommaso.
«Che stai aspettando? Il piccione viaggiatore?» lo riprende schioccando le dita, guadagnandosi un'occhiataccia.
Io mi metto a lavoro su una crostata pere e cioccolata senza fiatare, sotto lo sguardo curioso di Giovanna e Chiara.
Lavoriamo per ore interminabili, curando soprattutto la parte del cake design per presentare al meglio la pasticceria. Quando finisco di decorare l'ultima torta a due piani sono le otto di sera, e nel laboratorio siamo rimasti io, Tommaso e Adrien. Nessuno parla, gli utensili sono gli unici che producono rumore e io non mi azzardo neanche ad alzare lo sguardo.
«Avete...uhm, fame?» dopo altri venti minuti di mutismo decido di spezzare quest'atmosfera da finale di Masterchef.
«Sì» e «No» sono le risposte contrastanti dei miei colleghi, che tengono la testa china. Non ho neanche capito chi ha detto cosa.
«Non vi va una pizza?».
Di nuovo, "no" e "sì".
«Vabbè, fate pace col cervello. Io vado a casa» sbatto uno strofinaccio sul bancone e infilo la torta nel frigo, prima di uscire di fretta dal laboratorio.
Questa faccenda che Tommaso mi odia se sto con Adrien e Adrien si irrita se rivolgo la parola a Tommaso mi ha rotto i coglioni.
«Amanda» mi richiama il mio collega francese, uscendo dal laboratorio.
Io mi volto, incrociando i suoi occhi. Si posa uno strofinaccio sulla spalla e viene verso di me, prima di baciarmi. Assapora le mie labbra facendomi sbilanciare all'indietro e mi morde lascivamente il labbro per poi mi lasciarmi andare, prima che io perda completamente la testa.
«Prendi un taxi, ve'?» mi chiede sfiorando le mie labbra con le sue.
«Prendo un taxi» confermo annuendo. Lui e 'sta fissa per la metro.
«Ti chiamo quando arrivi, ok?» mormora lui, quindi mi lascia un'ultimo bacio a stampo sulle labbra.
«Okay» sussurro mentre lui ritorna in laboratorio dopo avermi rivolto un sorriso.
Quando arrivo a casa sono a dir poco distrutta, quindi chiudo la porta senza fare rumore e rispondo subito alla chiamata di Adrien.
«Ma che stalker, sono appena arrivata a casa» ridacchio con lui, incastrando il cellulare tra spalla e orecchio mentre mi sfilo gli stivali con il tacco, che per oggi mi hanno torturata abbastanza. La sua risata mi mette di buon umore, così leggera, cristallina e bassa.
«Non ero un maniaco?» mi fa lui, con voce graffiante. Io entro nel salotto deserto e mi lascio andare sul divano, sprofondando accanto a Mops, ancora addormentato.
«Sei entrambi ora» rido io, tastando i cuscini con la sensazione che ci sia qualcosa di duro sotto la trapunta. Raddrizzo la schiena per infilare una mano sotto a un cuscino, dove un rettangolo spesso intralcia il mio riposo.
«Capisco. Aggiungo anche questa alla mia lista di personalità?» mi chiede divertito, mentre io tiro fuori dai cuscini il cellulare di Edoardo. Lo guardo per un'attimo, sempre con la stessa cover distrutta e il tasto home mezzo rotto.
«Dovrest-» mi blocco subito quando illumino lo schermo del telefono per controllare l'ora, scorgendo un messaggio che mi fa raggelare il sangue nelle vene. E potrei giurare di aver perso un battito.
Alexis-
Il pacco è arrivato, tu dove cazzo sei? La droga non aspetta.
Ahahaha pensavate che c'eravamo liberati di quel coglione.
E invece no. 😈😈😈
Abbiamo la conferma che l'adoratissimo (da nessuno) Edoardo si diverte a spacciare. Che bello, no?
Che succedere ora? Adrien c'entra in mezzo a questa storia?
Fatemi sapere che ne pensate eh.
Vi è piaciuto il capitolo? Era un po' di passaggio, ma il prossimo è fuoco puro🔥...quello dopo è pure peggio, e se non si fosse capito solo avanti con i capitoli e muoio dalla voglia di pubblicare tutto insieme solo che non posso😂😂😂😁
Tommaso è una piattola, diciamolo tutti insieme: CHE PIATTOLA.
Madonna quanto lo odio, peggio di Alexis.
Vabbè dai, vi lascio.
Andate in pace
Vi amo
Lily❤️❤️
Cette femme doit apprendre à laisser les choses en dèsordre= quella donna deve imparare a lasciare le cose in disordine.
je suis un idiot= sono un'idiota (come me che traduco queste cose)
mais je suis juste un crétin= ma sono proprio un deficiente.
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