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22. Due ore

Esattamente come premesso, venerdì mattina Adrien entra in laboratorio, con i capelli ancora umidi di doccia. Cerco di non pensare al profumo di bagnoschiuma che lo avvolge da capo a piedi, tagliando a metà un paio di fragole mentre mi ripeto che lo odio con molta poca convinzione.
Lui mi ignora, come se non esistessi, e non mi guarda nemmeno per un'istante, per poi salutare tutti gli altri con nonchalance, mettendosi a lavoro, affiancato da Giovanna nella creazione di due dozzine di cestini alla frutta.
Gli scocco un'occhiataccia, prima di decidere di giocare il suo stesso gioco.
Adesso ti ignoro così tanto che ti faccio dubitare di esistere.

Mi faccio aiutare da Tommaso a decorare dei biscotti di frolla, spiegandogli come glassarli senza applicare troppa pressione sui lati della sac a poche. Ignoro le pochissime e gelide occhiate che Adrien  mi rivolge e lavoro incessantemente tutta la mattina, facendo sudare a Tommaso i pochi compiti importanti che gli concedo di portare al termine. Mi porto avanti con le consegne di questa settimana, scaricando il mio stress sulla crema pasticceria e su Tommaso, che da povero succube della mia ira, si accinge a sfornare decine di lingue di gatto glassate.
In pausa pranzo mi arrivo un messaggio di Giovanna che propone una cena tra colleghi per conoscerci meglio. Accetto senza pensarci due volte, e poi consumo la mia insalata di pollo in silenzio, affiancata da Chiara che nel mentre intrattiene un'accesa discussione con il suo ragazzo.
«Aiutami» sussurra coprendo il microfono. Io sgrano gli occhi, conciando a tossire con un pezzetto di pollo che mi va di traverso.
«Cosa?» tossisco, prima di bere un po' d'acqua.
«Digli che sono svenuta, o non lo so, improvvisa» mi dice porgendomi il cellulare.
Che bel modo di svignarsela.
Come chiudere una litigata, metodo professionale.

«Ehm...pronto?» tossisco al telefono, mentre chiara alza i pollici per incitarmi a continuare.
«Chiara?» tuona un ragazzo dall'altra parte.
«Uhm...no, io sono Amanda»
«Amanda?»
«Amanda» confermo bevendo un'altro sorso d'acqua. «Chiara è...morta?»
«Che vuol dire che è morta?» ribatte lui, allarmato.
«No, no! Non morta, cioè quasi...nel senso che è molto stressata»
«Mi fai parlare con lei?» sbraita lui, che sarà sicuramente irritato al limite.
«Io...non posso. Lei è sotto la doccia»
«Sotto la doccia? Ma se era a lavoro un momento fa»
«Sì, beh, scusami, ho lasciato il gatto in forno...no, merda, non il gatto, scherzavo. Non chiamare il WWF! Ti giuro che ho il forno pulito, cioè le mani, no, i gatti! Aspetta, di che parlavamo?» sto andando nel panico, io non so mentire.
«Io-»
«Ti mando la foto del mio cane più tardi, io odio i gatti. Non proprio odio odio, però i cani sono meglio, voglio dire...hai capito no? Beh, com'è che ti chiami?»
«Matteo, ma-»
«Ci sentiamo più tardi, vado a mettere Chiara in forno, no-merda, non Chiara, cioè sì, senti, ciao eh» lancio il cellulare a Chiara, che sta ridendo piegata in due.
«Non è stato divertente» sbraito infilzando un pezzo di pollo con la forchetta. Lei annuisce tra le risate, rimettendo il cellulare in tasca.
«È stato spettacolare, dovresti farlo più spesso»
«Tu non mettermi in mezzo. Perché avete litigato?» le chiedo incastrando i miei occhi nei suoi per un'attimo. Lei prende un sorso del suo caffè, sedendosi davanti a me.
«Perché ci vorremo sposare tra qualche mese, ma io sono ebrea, lui è cristiano e non abbiamo ancora deciso chi si deve convertire»
«Matrimonio in comune e avete risolto»
«Sua madre non vuole» sbuffa lei, mescolando un'altra bustina di zucchero al liquido scuro.
«Allora non sposatevi. Chià, ma quanti anni hai?»
«Ventiquattro»
«E allora hai tempo! Mica c'è un rabbino che ti corre dietro con un'ascia. Ok, lo so, pessima battuta» alzo le mani, mentre lei ride ancora.
«È che voglio avere dei bambini il prima possibile. Stiamo insieme da quando abbiamo quindici anni e abbiamo già avuto tre aborti spontanei durante l'adolescenza, solo perché le nostre famiglie non vogliono farci avere figli senza un contratto matrimoniale sul tavolo»
«Posso darti un consiglio?» mi abbandono contro lo schienale della sedia, incrociando le braccia al petto. Lei annuisce, avvilita.
«Lascia stare tutte le stronzate delle vostre famiglie. Se vi vogliono bene davvero rispetteranno le vostre decisioni. Nessuno è per sempre, ma è meglio godersi degli anni felici con l'uomo che ami che aspettare un giorno che non arriverà mai in cui sarete tutti d'accordo» intercetto di nuovo i suoi occhi castani, sorridendole nel tentativo di confortarla.
«Grazie» mormora con un sorriso. Finisce il suo caffè in fretta, annuendo. «Credo tu abbia ragione» continua picchiettando le dita sul tavolo. «Te piuttosto, hai litigato con Adrien?»
«Io?» mi mordo il labbro, abbassando lo sguardo in un moto di consapevolezza. «No, perché?»
«Boh, stamattina sembravate nord e sud. Non vi siete parlati neanche una volta» replica scrollando le spalle. «Ma vabbè, magari sono io. Grazie del consiglio, avevo bisogno di un parere oggettivo» mi sorride un'ultima volta, prima di rientrare in pasticceria e lasciarmi sola con la mia insalata di pollo al gusto di cartone.

Quando ritorno in laboratorio la situazione non è cambiata; Adrien mi ignora, Giovanna gli sta appiccicata con una cozza, e Tommaso sforna lingue di gatto come se non sapesse fare altro. Sospiro rumorosamente, riprendendo il mio lavoro senza staccare gli occhi da una torta Mimosa finché Chiara non mi saluta, uscendo per ultima dal laboratorio ormai vuoto.
Mezz'ora dopo la fine del mio orario di lavoro entro negli spogliatoi deserti, stanca morta e incazzata.
Cos'abbiamo, tre anni?
Litighiamo e lui mi ignora. Davvero maturo, complimenti Leroy.
L'immaturità made in france è impareggiabile.

Mi cambio lentamente, infilando il cappotto con un sospiro, prima che mi sfugga dalle mani il mio orologio, che va a finire sotto la panca, infilandosi tra le fessure della superficie a listelli.
Mi chino sbuffando, allungando una mano per prenderlo, finché non vedo qualcosa di scuro abbandonato sul pavimento dall'altra parte della stanza. Raccatto il mio orologio infilandolo al polso, per poi avvicinarmi alla fila di armadietti dal lato opposto alla mia.
Un quadernino di cuoio è abbandonato a terra, sotto la panca. Una volta recuperato me lo rigiro tra le mani, scorgendo un paio di biglietti aerei che spuntano dal bordo. Lo apro, scorgendo un nome fin troppo familiare scarabocchiato sulla cima della prima pagina.
Adrien Leroy.

Sorrido tra me e me, scuotendo la testa. La sua calligrafia è un misto tra corsivo e stampatello, con la o leggermente deformata dalla fretta e la A di Adrien scritta in modo quasi indecifrabile.
Incastrati tra la prima pagina e la copertina ci sono due biglietti aerei, uno datato alle undici di sera di martedì; Roma Fiumicino-Parigi Roissy Charles De Gaulle, l'altro di stamattina alle quattro; Parigi Orly-Roma Fiumicino.
Avere in mano qualcosa di suo mi fa uno strano effetto, perché sorrido accarezzando i biglietti e mi trattengo dall'impicciarmi oltre.
Dovrei chiamarlo per dirgli che l'ho trovato?
Stringo con forza il quadernino, scuotendo la testa prima di recuperare la borsa e il cappotto. Lui non si farebbe problemi a ridarmelo domani mattina, e non ho voglia di essere trattata con quell'aria indifferente ancora.

Lo infilo nello scomparto interno della borsa e poi esco dalla pasticceria. In macchina rimugino sui biglietti aerei, e continuo a chiedermi perché sia andato a Parigi per solo due giorni, picchiettando le dita sul volante. Quando arrivo a casa non c'è nessuno, quindi mi cambio e poi tiro fuori il libretto, mettendolo davanti a me, sul tavolino da salotto, prima di sedermi a gambe incrociate sul divano, a fissarlo manco fosse l'oracolo della mia vita.
Dovrei dirgli che c'è l'ho io?
Magari sta girando mezza Roma mentre lo cerca, e io ce l'ho davanti come una perfetta stronza.
Dovrei aprirlo? Magari è vuoto. Potrei dare un'occhiata solo per vedere di cosa si tratta. Lui non se ne accorgerebbe mai. Forse è la lista delle sue amanti.

Con uno sbuffo faccio per aprire il quadernino, quando la serratura dell'ingresso scatta e dalla porta entra Grace.
«Ehi» mi saluta sfilandosi il cappotto. «Com'è andata a lavoro?»
«Uhm...bene. Tu tutto apposto?» lascio il quadernino sul tavolino, abbandonando l'impresa da spia killer professionista.
«Sì, sono passata con Giovanni a comprare i regali di Natale per mio padre. Tra un paio di settimane vado a Londra, visto che non ci vedremo per le feste. Festeggiamo durante il week-and in anticipo» mi sorride, abbandonando la borsa sulla panca dell'ingresso prima di avvicinarsi.
«Cos'è quello?» mi chiede con le mani sui fianchi, osservando il quadernino.
«Nulla» replico in fretta.
«Nulla?» mi chiede alzando un sopracciglio.
«È di Adrien. L'ho trovato negli spogliatoi» sbuffo incrociando le braccia al petto, prima di affondare tra i cuscini del divano.
«Gli hai detto che ce l'hai tu?»
«Ti pare? Abbiamo litigato e...» mi fermo, realizzando che Grace non sa nulla di quello che è successo martedì, né della litigata con Adrien, e tantomeno che Edoardo è in guai grossi e io sono tenuta all'oscuro di tutto. È un po' mi fa male non poterle dire tutto.
«Non vuoi parlargli?» mi incalza sedendosi accanto a me. Io annuisco, con lo sguardo fisso sul quadernino di cuoio marrone. Grace sospira, sfilandosi le scarpe per poi stendersi accanto a me. «Dovresti chiamarlo sai? Magari è importante per lui e ci sta in pena»
«Non credo. Uno stronzo come lui non sta in pena per un quadernino» ribatto dura. Grace ride, scuotendo la testa.
«Avete propio litigato di brutto»
«Già. Sono una brutta persona?» le chiedo affranta e in colpa per non averlo avvisato del ritrovamento.
«Ci hai guardato dentro?»
«No» non propio almeno.
«Allora sì. Ti lamenti tanto che non sai nulla di lui e non ti impicci dei fatti suoi quando puoi? Ti ho istruita male» ride ancora, scompigliandomi i capelli. «Io vado a farmi una doccia, tu scopri anche il gruppo sanguigno e poi chiamalo.» si alza e mi lascia un buffetto sulla guancia, prima di allontanarsi in direzione della sua camera. Io ritorno a guardare il quadernino sul tavolo, sbuffando mentre mi sistemo meglio sui cuscini.
Una sbirciatina. Piccola piccola.
Non succederà niente.

Afferro il quadernino e tiro l'elastico che lo tiene chiuso, aprendolo nuovamente alla prima pagina. Oltrepasso i biglietti aerei e sfoglio le pagine quasi completamente bianche dell'agenda. Arrivo a questa settimana, che è l'unica completamente piena. Mercoledì e giovedì sono occupati ad ogni ora della sua calligrafia, che riempie le righe con colori diversi, ora una penna blu, ora nera e alcune volte rossa. Un paio di impegni sono contrassegnati con una stellina, ma cosa più importante di tutte, è tutto in francese. Non c'è neanche una parola di italiano. Due pagine intere piene di appuntamenti che hanno tra parentesi quelli che credo siano i luoghi, un paio di numeri di telefono nelle pagine successive che citano dei nomi e un post-it dalla calligrafia femminile e rotondeggiante, accompagnato da un cuore. Un paio di pass sono infilati tra venerdì e sabato, fermati con una graffetta insieme a qualche scontrino e un biglietto dell'autobus.
«Merci, vous êtes le fils parfait. Doux comme du miel, beau comme le soleil, tu es un trésor. N'oubliez pas d'essayer des chaussures pour demain s'il vous plaît. Je suis sûr que vous vous amuserez.» leggo ad alta voce il post-it, arricciando il naso quando non riesco a pronunciare le parole. Afferro il mio cellulare, aprendo google traduttore.
«Grazie, sei il figlio perfetto. Dolce come il miele, bello come il sole, sei un tesoro. Non ti dimenticare di provare le scarpe per domani per favore. Sono sicura che ti divertirai» concludo lasciando saettare lo sguardo dal post-it allo schermo. Sorrido dolcemente, un po' intenerita da queste parole. Sotto al post-it c'è una scritta in stampatello: je ne me suis pas amusé. Ridacchio, afferrando il concetto della frase e poi proseguo, trovando un foglio da stampante piegato e incastrato tra martedì e mercoledì. È un programma stampato che si presenta ai miei occhi, evidenziato e arricchito di note, in francese ovviamente. Per fortuna il foglio è in inglese, quindi riesco a leggere senza problemi. Adrien Leroy alberga in cima alla griglia, seguito da una lista infinita di appuntamenti, orari, numeri di telefono e civici, poi altri nomi, frecce che portano a note scritte a mano lungo i bordi e altri appunti cancellati.

Leggo sottovoce qualche linea, mordendomi l'interno della guancia. E poi una lampadina mi si accende nel cervello: sua madre è una stilista! L'avrà accompagnata, magari le ha organizzato la sfilata.
Un primo piano di Adrien è stampato su un'altro foglio, spillato assieme al programma precedente. Accanto alla foto ci sono altezza (1.88cm, svelato il mistero), numero di scarpe, misure e alcuni cose cancellate con un pennarello nero. Ripiego i fogli e li rimetto dove li ho trovati, tornando alle pagine piene zeppe di cose in francese.
Ci sono delle parole che ricorrono in quasi tutti gli appuntamenti segnati, come se avesse fatto un po' le stesse cose, ma in posti diversi e a orari diversi.

Mi mordo il labbro, accusando un brutto senso di colpevolezza.
Adesso mi sento la coscienza sporca, perfetto.
Riprendo in mano il cellulare, convinta una volta per tutte a chiamarlo e dirgli che ho trovato il suo quaderno, quando un bordo bianco che sporge dalle ultime pagine attira la mia attenzione. Apro la pagina dove è abbandonata una polaroid con una margherita secca.
Nella foto c'è Adrien, sorridente come non l'ho mai visto, che ha al suo fianco una ragazza bionda con la quale non si può non notare la somiglianza, nonostante i lineamenti più dolci, e capelli chiari e lunghi. Lui la stringe a sé, facendo il dito medio a chiunque stia scattando la foto. Lei tiene in mano un paio di tacchi ed è a piedi nudi, seduta sul bordo di un palco con lui, sorridente.
Sotto alla foto la scritta "Je suis toujours là pour toi, petit frère" campeggia accompagnata da un cuore. Ecco, adesso so anche che ha una sorella, e che a quanto pare si fa davvero il culo per tutti, e mi piace ancora di più per questo, se possibile.
E all'improvviso mi sento quasi in colpa per aver continuato a chiedergli di raccontarmi di quello che fa Edoardo, per aver guardato nelle sue cose e per non aver capito che soffrono tutti, anche se sembrano duri come la roccia.
E mi fa strano, pensare che lui ha così tante cose alle spalle, che questi sono solo due dei suoi giorni.

Avvio la chiamata, senza neanche pensarci. Mi porto il cellulare all'orecchio richiudendo il quadernino. Adrien risponde dopo cinque squilli, facendomi perdere un battito.
«Amanda?» mi saluta con voce graffiante.
«Adrien, come stai?» non ho il coraggio di dirgli che ormai due ore fa ho trovato una cosa sua, e mi ci sono voluti centoventi fottuti minuti per decidermi a chiamarlo.
«Bene, perché?» mi chiede stranito, ed io sorrido tra me e me.
«Io...volevo parlarti»
«Cosa?» lo sento camminare, con il vociare di alcune persone in sottofondo mentre si allontana.
«Volevo parlarti, di una cosa» ripeto mordendomi nervosamente una pellicina del pollice.
«Amanda, ho dormito due ore stanotte, ti dispiace andare dritta al punto?» sbuffa impaziente. Vorrei dirgli che lo so, che ho visto l'orario del biglietto aereo e che si dovrebbe riposare, ma mi trattengo, mordendomi la lingua.
«Volevo avvisarti che ho trovato la tua...agenda?» azzardo incerta.
«Ce l'hai tu? Merde»
«Era sotto la panca negli spogliatoi»
«E mi chiami alle...otto e mezza di sera?! Cazzo, Amanda, a momenti tornavo in Francia per quella fottuta agenda. Sono pure passato in pasticceria un'ora fa, per controllare»
«Mi dispiace, sono stata impegnata» invento di sana pianta, sperando che se la beva. Impegnata a ficcare il naso nelle tue cose, rettifico.
«Dove sei?» mi chiede poi, mentre io lancio l'ennesimo sguardo al quadernino abbandonato tra i cuscini del divano.
«A casa»
«Arrivo» chiude la chiama, prima che io realizzi che Adrien Leroy sta venendo qui, e io sono in pigiama.



Eccomi dai
Ho avuto una pessima giornata e domani ho il test di matematica, ma per voi faccio di tutto...
Allora? Vi è piaciuto questo capitolo?
Fatemi sapere eh
Scusate ma sono talmente stanca che non riesco neanche a scrivere un'angolo autrice decente.
Adesso vi lascio, e vado a dormire fino a domattina😂
Spero vi sia piaciuto il chapter
Vi amo
Andate in pace
Lily❤️❤️

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