16. Piano fallito
«Non ti senti un po' agente dell'FBI?». Grace mi molla una gomitata nelle costole, invitandomi a chiudere la bocca. Alzo gli occhi al cielo, proseguendo a camminare accostata al muro sudicio di un palazzo in zona San Basilio.
"Vediamo solo dove va" si è trasformato in "seguiamolo finché non si ferma" dopo pochi minuti. Siamo diventate delle stalker professioniste in tre secondi, quando ci siamo accorte che la cosa andava per le lunghe.
Siamo pure vestite di nero, voglio dire.
Piedipiatti professionisti.
Urlerei "madama" se potessi.
Ok, basta.
La bicicletta di Grace ci ha permesso di seguire il mio consanguineo fino a un punto di Roma poco raccomandabile, soprattutto di notte.
Una cosa è sicura: non sta andando a San Lorenzo.
Osservo la sua figura alta nella penombra, seguendo Grace a passi incerti. I brividi mi attraversano la schiena, sotto il maglione nero che ho infilato prima di uscire.
Ho una brutta ansia addosso.
Edoardo si guarda attorno per un istante, fermandosi sotto un lampione, prima di alzare la serranda del negozio davanti a sé ed entrare, abbassandosela alle spalle.
«E ora?» sussurro a Grace, appostandomi dietro l'angolo del palazzo.
«Aspettiamo» borbotta lei, legandosi i capelli. Per lunghi e interminabili minuti osserviamo in silenzio la serranda chiusa, dalla quale non proviene nessuno rumore.
Venticinque minuti dopo la mia testa è già persa nei film mentali sulla vita segreta di Adrien.
Non è possibile che cambi umore così, completamente a caso.
Domani lo esaspererò finché non mi racconterà cosa gli è successo.
Il mio sguardo perso nel vuoto viene attirato dalle dita di Grace, che mi vengono fatte schioccare sotto il naso.
«Si è aperta la serranda, Amà» mormora sporgendosi dall'angolo del muro.
«Ma abbiamo un piano?» soffio affacciandomi con lei.
«Il piano è non farsi scoprire» replica scrollando le spalle.
Ecco. Non ci riusciremo mai.
Ma tipo M-A-I.
Assottiglio gli occhi, osservando la copertura di ferro alzarsi, mentre due figure ne escono. E alla fine, nel silenzio della notte, un lampione solitario dalla luce giallognola illumina i lineamenti contratti di Adrien.
No, no aspetta. Scusa, cosa?
Ecco perché è scappato via.
Mi si è appena accesa una lampadina nel cervello.
«Ma quello è-» Grace mi preme una mano sulla bocca, mentre io sgrano gli occhi. Il mio collega trascina un ragazzo sanguinante che grava sulle sue spalle. Appena la luce colpisce anche il volto del ragazzo riconosco il viso di Alexis, mezzo tumefatto e con un'occhio nero.
Un film. Sta diventato un film.
Mio fratello esce con aria circospetta dal negozio, abbassando la serranda con un movimento veloce, seguito dall'uomo che ho visto poche sere fa, a Trastevere.
«Se lo fai ridurre così ancora una volta ti spacco la faccia» ringhia Adrien, tenendo stretto il ragazzo a sé.
La sua maglietta mostra chiazze di sangue, mentre i muscoli delle braccia sono contratti nel tentativo di sorreggere Alexis.
«Non è colpa mia se è un'incapace» replica Edoardo, incrociando le braccia al petto.
«È tutta colpa tua, connard» sputa il francese, con gli occhi fissi in quelli di mio fratello. Contrae la mascella, senza lasciare il ragazzo neanche per un secondo.
L'uomo si intromette, con le mani in tasca e un brutto taglio sulla guancia.
«Sono cazzi suoi se non smette» replica lascivo.
«Sono cazzi vostri, che siete dei bastardi» replica il mio collega, che si zittisce solo quando l'uomo gli punta un coltellino alla guancia, premendo sulla pelle.
Grace preme ancora di più la mano sulla mia bocca, trattenendomi dall'urlare.
«Fatti i fatti tuoi e pensa a quel coglione di tuo fratello» ringhia abbastanza forte da farmi sentire le sue parole. Adrien non si lascia scalfire, alzando il mento in un gesto di sfida.
La lama scivola sulla sua pelle abbronzata, lasciando una linea rossa al suo passaggio.
Stringo il polso di Grace, mentre con l'altra mano cerco freneticamente il mio cellulare nelle tasche.
Il rumore del mio telefono che cade sull'asfalto, sfuggendo alle mie mani tremolanti, costringe l'uomo, mio fratello e Adrien a voltarsi. Grace mi tira con sé verso la parte opposta della parete, raccattando il mio cellulare da terra.
«Vado a vedere se c'è qualcuno. Tu porta Alexis in macchina» la voce di Adrien mi ghiaccia il sangue nelle vene, mentre comincio a gesticolare come una pazza.
Tento di trascinare Grace via di qui, ma lei mima delle parole che non capisco nella fretta di scappare, rimanendo ferma al suo posto. Tiro il suo braccio, mentre lei si divincola sgranando gli occhi in un segnale che non afferro.
I passi di Adrien si fanno più vicini, e lei alza gli occhi al cielo quando mi picchietto un dito sulla tempia, facendole capire quanto mi sembri matta al momento.
Mi copro gli occhi con le mani, in attesa di essere scoperta.
Piano fallito, cazzo.
Ripeto: piano fallito. RITIRATA!
Ma come ci finisco in queste situazioni?
«Ma che cazz-» la voce di Adrien si incrina, mentre mi viene pestato violentemente un piede.
Quando apro gli occhi incontro quello sgranati del mio collega, con la bocca tappata da Grace, che lo ha spinto contro il muro.
«Shhhh» gli fa lei, mentre lui aggrotta le sopracciglia. Si libera della sua presa in un'attimo, gettando un'occhiata all'angolo del muro.
«Ma che cazzo fate voi qui?» sbraita sottovoce, gesticolando. Mi porto un dito alle labbra, facendogli segno di stare zitto.
«Amà, ma quante canne ti fai? Cazzo, ma avete idea di cosa-» si interrompe, passandosi le mani sul viso in un gesto disperato. «Non dovreste essere qui!» sibila furioso.
«Hai detto di tenerlo d'occhio, e io l'ho fatto!» replico allargando le braccia.
«Ho detto di tenerlo d'occhio, non di seguirlo. Cazzo, siete in una situazione di merda e mi ci avete messo pure a me» ringhia risentito, inumidendosi le labbra.
«Per quanto volevo nascondermi il casino in cui si è ficcato Edoardo?» replico mollandogli un pugno sul braccio. Lui mi fulmina con lo sguardo, scuotendo la testa.
«Cazzo, ma sai che vuol dire stare da soli a San Basilio di notte, Amà? Adesso non mi sembra propio il momento giusto per le delucidazioni sui casini di tuo fratello»
«Devi solo dire che non c'è nessuno» soffia Grace, stringendosi nelle spalle.
«Dovete tornare a casa, subito»
«Ma che hai? Non è così pericoloso» gli fa la mia coinquilina, raffreddandolo.
Lui le scocca un'occhiataccia, irritato.
«Voi due state male» asserisce assottigliando gli occhi. «Aspettatemi qui» conclude svoltando l'angolo.
Grace mi sussurra qualcosa, che non sento neanche, tanto sono concentrata a sentire gli scorci di conversazioni tra i tre ragazzi. L'unica cosa che si sente è il rumore di una portiera che sbatte, il motore di una macchina e un saluto.
Dopo un quarto d'ora dall'ultima volta che l'ho visto, Adrien ricompare con le mani in tasca e una felpa nera e pulita addosso.
«Seguitemi» sbraita prima di cominciare a camminare verso un SUV nero. Avanza a grandi passi, lanciandosi un'occhiata alle spalle ogni tanto.
Salgo al posto del passeggero, godendo finalmente del caldo che regna nell'abitacolo. Dietro di me, Grace sbuffa, sistemandosi sul sedile di pelle nera. Adrien alza le maniche della felpa, accendendo il motore con un gesto fluido. Lo osservo contrarre la mascella, mentre esce dal parcheggio ed entra in strada, tenendo d'occhio le strade buie.
Mi sento un po' colpevole mentre lo guardo in tralice, osservando il contrasto dei capelli color miele con la felpa scura. Il suo profilo perfetto mi porta a stringermi nel maglione, presa da un moto di strana colpevolezza.
A volte mi sembra un po' un'angelo dannato.
Osservo le trade buie di Roma, illuminate solo dai semafori e dalle luci dei locali, scorrere sotto le ruote della macchina, scorgendo qualche buca ogni tanto. Tengo gli occhi fissi sul cruscotto mordendomi l'unghia del pollice, assorta nei miei pensieri.
Vorrei solo capire in che guai si stia cacciando Edoardo, ma non riesco a ragionare. Un terribile mal di testa mi attanaglia le tempie, mentre Adrien percorre velocemente via Merulana.
Si ferma un quarto d'ora dopo, trovando fortunatamente parcheggio davanti al portone di casa mia. Spegne il motore ed esce dalla macchina, senza proferire parola.
Saluta Grace con un cenno distratto del capo, mentre lei apre il portone entrando nell'atrio del palazzo. Mi rivolge un sorriso strano, prima di sparire su per le scale della nostra scala.
Io vengo trattenuta dallo sguardo furioso del francese accanto a me, che sento puntato sulla mia schiena.
Mi volto, sospirando, prima di incontrare i suoi occhi.
«Senti, io-»
«Tu un cazzo» mi interrompe il mio scorbutico collega, tirando fuori dalla tasca della felpa un pacchetto di sigarette. Ma da quando fuma? «Sei un'irresponsabile. Ma dico, a San Basilio, di notte, e pure sole! Hai idea di quello ti poteva accadere?» sbraita accendendo la sigaretta che si posa tra le labbra.
«Avevo bisogno di sapere in che casini si stesse cacciando» cerco di giustificarmi, appoggiandomi al legno scuro del portone.
«Hai rischiato di venire violentanta, derubata e chissà cos'altro» continua Adrien, in mezzo al marciapiede. Gesticola sclerando contro le mie scellerate azioni per dieci minuti buoni, con l'aria di uno che è uscito dalle grazie del signore.
Sta perdendo il senno. E agita la sigaretta brandendola come un'arma tra un tiro e l'altro.
«Ma mi spieghi cosa cazzo ti è passato per la testa? Cos'eri ubriaca? Mi è preso un'infarto quando mi sono trovato davanti te e Grace! Poteva succedervi di tutto, e nessuno vi avrebbe mai visto né trovato! Disparu!» spegne la sigaretta con la punta della scarpa, lasciandola a terra prima di mettersi le mani in faccio. E io rido.
«Oh mon Dieu, tu es fou!» sbotta lui, avvicinandosi a me. Io intanto mi premo una mano sulla bocca, per frenare la mia risata.
«Ti faccio ridere?» tuona incrociando le braccia al petto. Io scuoto la testa in segno di diniego, continuando a ridere.
«Ehm...mi dispiace?» accenno un sorriso, tentando di placare la sua furia. Lui alza un sopracciglio, perplesso.
«Amà, non farlo mai più» si inumidisce le labbra, incastrando i suoi occhi nei miei. Osservo le sfumature color oceano nelle sue iridi e sorrido, senza sapere cosa dire. Gli hanno iniettato del miele nelle vene. Da dove viene tutta questa preoccupazione?
«Non ti prometto niente»
«Tu me rendras maboul» borbotta ad un soffio dal mio viso.
Il suo respiro caldo si infrange sulla mia pelle, mentre il mio si spezza.
Si china per lasciarmi un bacio sulla guancia, posando delicatamente le sue labbra sulla mia pelle, prima di strizzarmi l'occhio e allontanarsi, lasciandomi sola sul marciapiede, con dei brividi che non mi spiego.
***
A svegliarmi, il giorno seguente, è la suoneria del mio cellulare, che mi trapassa la testa di prima mattina.
Chiunque mi stia chiamando si merita l'inferno. Ultimo girone.
Allungo una mano verso il comodino, afferrando il mio cellulare.
Rispondo senza neanche guardare il mittente, con gli occhi chiusi.
«Amanda!» la voce di Luca mi risuona nelle orecchie al massimo del volume, mentre io contraggo il viso in una smorfia.
«Questo si chiama risveglio traumatico, Lù. Ma che ore sono?» borbotto tirandomi a sedere. Lo sento sospirare, mentre mi passo una mano sugli occhi.
«Le otto»
«LE OTTO?!» urlo sgranando gli occhi. A quest'ora esatta io dovrei essere fuori di casa, vestita e profumata per un nuovo giorno, e soprattutto, sulla via del lavoro.
«Amy ricordati del regalo, ti ho chiamato per questo. Io sono in alto mare»
«Ma il regalo di cosa?» sbotto scendendo dal letto. Infilo le ciabatte, sbattendo il gomito contro lo spigolo della cassettiera.
«Il regalo di Anita. Lunedì è il suo compleanno, te lo ricordi sì?» mi ricorda con voce ovvia. Mi batto la mano sulla fronte, sibilando tra i denti insulti e imprecazioni.
«Ma certo. Io le ho preso un...» mi guardò intorno, in cerca di qualcosa di adatto ad Anita. «Un set di profumi!» concludo poi, adocchiando la tessera di Victoria's Secret abbandonata sulla scrivania.
«E io cosa le dovrei comprare?»
«Non so Lù, magari un libro»
«Un libro? Per Anita?»
«Ho capito, prova a chiedere a Sofia»
«Sei inutile, Amanda, ci vediamo agli allenamenti. Ah, sono le sette comunque» chiude la chiamata con noncuranza, mentre io alzo occhi al cielo spalancando le ante dell'armadio.
Quindici minuti più tardi raggiungo la cucina, dove Edoardo sta consumando la sua colazione.
Trovarlo così tranquillo, dopo quello che ho visto ieri sera mi fa strano. È come se non fosse la stessa persona.
Non abbiamo mai avuto grandi segreti da adolescenti, tanto che gli davo consigli per aiutarlo a conquistare Giulia, l'unica ragazza di cui si sia mai innamorato.
E adesso va in giro con uomini che tengono coltelli in tasca.
Bah. A volte mi viene da chiedermi se lo conosco ancora.
Scrollo le spalle, versandomi un po' di latte in un bicchiere.
«'Giorno» borbotto tirando verso di me la ciotola con i biscotti. Lui, ancora mezzo addormentato, mi rivolge un cenno del capo, con gli occhi schiusi.
Mangio in silenzio, accusando uno strano senso di stanchezza. Lo saluto con un bacio sulla guancia, prima di tornare in camera per infilare scarpe e cappotto. Per la prima volta da inizio settembre, indosso un vestito, color carta da zucchero, e poi esco di casa di corsa, questa volta davvero in ritardo.
Arrivo a lavoro cinque minuti prima del previsto ed entro in pasticceria insolitamente di buon umore.
Il mio buonumore viene spazzato via da Tommaso, che mi si para davanti riportandomi alla mente la conversazioni di ieri.
Ecco, dopo tutti i casini che sono successi mi manca solo lui.
«Ciao» mi saluta, a disagio.
«Ciao»
«Posso parlarti?»
«Ho poco tempo» replico gelida, incrociando le braccia al petto. Il suo sorriso sembra spegnersi un po', mentre si gratta la nuca.
«Cinque minuti, Amanda. Vieni, dài» mi dice aprendomi la porta della pasticceria. Torniamo in piazza Fontana di Trevi, camminando per qualche metro.
«Mi dispiace per tutte le cazzate che ho detto ieri. Scusami, era solo una brutta giornata» mi confessa infilando le mani in tasca. Si morde il labbro in attesa di una mia reazione, che non tarda ad arrivare.
«Hai detto propio un mucchio di stronzate, lo sai, sì?»
«E me ne pento» aggiunge arricciando le labbra. «Però tutti dicono delle cazzate ogni tanto»
«Già» replico soltanto, stringendomi nelle spalle. «Comunque fa niente, succede a tutti» lui mi dedica un sorriso, e il mio sguardo scivola alle sue spalle, dove Adrien cammina verso di noi, al telefono.
Quando mi vede lascia scorrere i suoi occhi sul mio corpo, senza perdersi un dettaglio, prima di rivolgerci un cenno di saluto ed entrare in pasticceria, continuando a parlare al cellulare.
Tommaso, confuso, mi sorride ancora, prima di tornare con me in laboratorio.
Boh. Non so cosa pensare.
Raga questo capitolo è completamente boh
Cioè ma tipo propio BOH
Non ci ho capito un cazzo manco io
Lasciamo stare
Che casino hanno fatto Edoardo e Alexis? Chi è Alexis? Perché ad Adrien gli si è fottuto il cervello quando ha visto Amanda a San Basilio?
LASCIATEMI SPIEGARE UN PO' DI COSE:
1) Amanda dice di voler urlare "madama" perché prima la polizia a Roma stava a palazzo Madama, e quindi se a San Basilio (zona di spaccio e pericolosa {il Bronx dei romani}) si urla madama, ovviamente si scappa. Cioè, gli spacciatori scappano. È tipo un segnale. (O almeno così ho letto sul giornale)
2) Adrien dice:
•scomparse=disparu (tutto merito di una mia compagna di danza francese se conosco questo splendido termine)
•tu es fou= sei pazza (alquanto vero)
•tu me rendras fou= mi farai impazzire
E niente, stasera sto un po' su di giri. Che poi voi leggerete questo capitolo domani mattina, dopo una notte di acute riflessioni, non importa.
Sappiate che sto facendo casino con la trama. La quarantena (ormai mezza finita) ha un brutto effetto su di me.
Ma comunque solitamente la gente non si disturba a leggere gli angoli autrici, quindi magari questa volta non mi prenderete per malata mentale.
Tra l'altro ringrazio Chiara per l'idea del miele nelle vene❤️
Beh, che ve ne pare di Amanda e Grace versione FBI?
Io amo sempre di più Adrien, ma questi sono dettagli.
Adesso mi sto dilungando troppo.
Cmq vi volevo dire che ho letto "una cenerentola a Manhattan" di Felicia Kingsley e volevo sapere se l'avete letto pure voi.
E niente, spero questo capitolo completamente boh non abbia fatto troppo schifo.
Probabilmente mi sono addormentata prima di revisionare, quindi se trovate errori pace👌😁
Andate in pace
Vi amo (con la mascherina)
Lily❤️❤️
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