12. Un'altra volta
Vi assicuro che se solo potessi, impedirei a Grace anche soltanto di varcare la soglia della cucina. Non è umanamente possibile fare così tanto casino per preparare dei biscotti.
Sembra una scena post invasione zombie alla ciliegia.
Come ha fatto a far finire dell'impasto sulla porta della mia stanza?
«Amy» mi saluta allegra. «Ho fatto i biscotti!» continua euforica.
Non si era notato.
Mops si alza in piedi sul divano, sventolando la coda scura.
«Giovanni ti ha chiesto di sposarlo?» alzo un sopracciglio, tenendomi alla larga dal bancone della cucina.
«Ho passato l'esame di Fisica Matematica, gruppo uno!» urla saltellando. «Ieri mi sono sbronzata, e stamattina ho preparato...beh, sembrano commestibili.» la sua felicità si spegne un po', mentre lancia un'occhiata a una teglia di biscotti informi farciti con quelle che credo siano ciliegie mezze sciolte.
Quando passerà Matematiche Complementari darà fuoco alla cucina.
È mezzo secolo che parla di quell'esame.
Da quando si è iscritta a Matematica per la precisione.
«Bello» Edoardo compare dietro di me, a torso nudo. Lo fulmino con un'occhiataccia, incrociando le braccia al petto. A Grace scappa una risatina mezza isterica. È ancora ubriaca.
«Vuoi assaggiarli?» mi chiede con un sorriso dolce come il miele.
Quando è sbronza diventa la ragazza più dolce e ingenua del mondo.
E questa cosa diverte moltissimo sia me che Giovanni.
«Certo» replico avvicinandomi. Sposto un po' di ciotole sporche e mi ritaglio un posticino a sedere. Lei mi porge un paio di biscotti che ha travasato in un piattino, assieme a un bicchiere di latte.
Assaggio un biscotto, sotto gli occhi perplessi di mio fratello e quelli entusiasti di Grace.
Non è poi così male.
Manca solo di organizzazione.
Sembra un po' un sopravvissuto alla guerra in Vietnam.
«Buono!» alzo un pollice, bevendo un po' di latte. Lei sfodera un'altro sorriso, battendo le mani.
«Tu ne vuoi?» chiede a Edoardo. Lui annuisce, e si siede sullo sgabello accanto al mio. Porge anche a lui un biscotto, barcollando un po'.
Edoardo addenta il sopravvissuto di guerra, con una smorfia.
Lo minaccio con lo sguardo, trapassandogli il cranio con gli occhi.
«Uhm...davvero buono» decreta con un'occhiolino. Grace ci scruta, spegnendo il suo sorriso.
Mio fratello è una banconota da sei euro.
«Avete litigato?» ci chiede addentando uno dei suoi biscotti.
«No» tuoniamo mentre lei contrae in viso in una smorfia.
«Ma fanno schifo» ridacchia abbandonando i resti della pasta frolla su un piatto. «Mi toccherà fare colazione per strada.» conclude con un sorso d'acqua.
«Che fai oggi?» mi chiede il mio consanguineo, in un blando tentativo di fare pace. Mi ha dato dell'accollo.
Non lo perdonerò così facilmente.
«Fatti miei. Non t'accollà» ripeto le sue parole, prendendo un'altro sorso di latte.
«Amà, dai, scusami» biascica lui, continuando a mangiare un biscotto sopravvissuto.
«No» replico secca, distogliendo lo sguardo. «Arènitte» sbotto poi, mentre la pazza romana dentro di me tenta di prendere possesso del mio corpo.
Tranquilla e pacata, Amanda.
Come una pariolina.
Che poi, pacati, è un'eufemismo.
«Daje, Amà» mi fa Grace, con una risata. Sta rinnegando il suo lato londinese ogni giorno di più.
Ridacchio anche io, scuotendo la testa.
«Non volevo darti dell'accollo. Sai che ti voglio bene» continua Edoardo, spargendo le briciole della pasta frolla in giro per il bancone.
«N'hai capito che tua sorella è incazzata con te. Devi fare qualcosa per farti perdonare» Grace scuote la testa con me, atteggiandosi nel suo pigiama azzurro.
«Te la stai a imbastì, Amà. Lo sai che sono scemo» mi fa lui, sporgendosi verso di me.
«Sì, infatti» replico amaramente.
«Davvero, scusami. Ho pagato pure la multa» mi fa sporgendo il labbro inferiore in un vano tentativo di sembrare innocente e dispiaciuto.
«Era il minimo, Edoà. Non mi piacciono tutti sti' misteri. Non so dove sei, con chi sei, però vivi con me e mi freghi la macchina» sibilo tamburellando le dita sul bancone.
«Lavoro a Testaccio. In un bar» mi fa inclinando la testa.
«Vabbè, senti, io devo andare» sbotto alzandomi. Lui mi tira per un braccio, fermandomi.
«Mi dispiace. So di essere un casino, faccio una cazzata dopo l'altra»
«Chiama mamma, per cominciare» gli dico con un'occhiata fredda. Lui sorride subito, capendo di aver fatto centro.
«Subito» mi fa schioccandomi un bacio sulla guancia. Si alza di scatto e se ne va in camera sua, lasciandomi perplessa con Grace, che ha osservato la scena in silenzio.
«Mah» pronuncia perplessa.
Già. Mah.
***
Quando arrivo in pasticceria, un'oretta più tardi, infilo la divisa velocemente, ed entro in laboratorio subito dopo. Mi lavo le mani mentre Giovanna mi ripete un paio di volte gli ordini di oggi, e poi lancio un'occhiataccia ad Adrien, immerso nella preparazione di una ganache al cioccolato.
Non ci parliamo da un paio di giorni a dire il vero.
Non che mi dispiaccia.
Tommaso, qualche metro più in là, taglia a fettine precise alcuni pezzi di ananas, senza mai distogliere lo sguardo dal suo lavoro. Chiara cerca di rallegrarlo, mentre lavora della frolla.
«Mi occupo dei Baci di Dama» replico distrattamente a Giovanna, sistemandomi sul bancone centrale.
Lei scompare, nell'intento di preparare della panna per i Maritozzi.
Lavoro in silenzio, immersa nei miei pensieri. Non mi curo di nulla, se non dell'impasto. Cucinare mi rilassa, lo ha sempre fatto. Soprattutto i dolci.
I miei pensieri passano in rassegna ogni cosa, a partire dagli allenamenti di pattinaggio, passando per quanto sia carino e buffo Marco mezzo sbronzo, con una breve fermata alle sciocchezze che Edoardo mi sta nascondendo, fino ad Adrien.
Che è bipolare. Soffre sicuramente di un disturbo della personalità.
Non c'è altra spiegazione.
Il giorno prima mi aiuta a preparare una torta, ride e scherza, poi se ne va con una modella a fare chissà cosa, e infine il giorno dopo neanche mi rivolge la parola.
Boh, chi li capisce i maschi.
E ovviamente l'oggetto dei miei pensieri si materializza al mio fianco, schioccandomi davanti al viso due dita.
«Possiamo cuocerli quei Baci di Dama o li vuoi asciugare con la forza del pensiero?» mi chiede sarcastico, con il tono più irritato della sua collezione.
Ah no, giusto.
Lui ha solo toni irritati.
«Mettili in forno, allora» sbotto fulminandolo con lo sguardo. Non sopporto né lui né la sua arroganza francese.
Lui mi sottrae dalle mani la teglia, avanzando verso il forno. Con un movimento elegante infila i biscotti nel forno e poi si volta nuovamente verso di me. Sembra sempre di più un Dio greco.
«Che hai?» mi chiede quasi seccato, appoggiandosi nuovamente al bancone.
Figuriamoci.
Non ha altre emozioni praticamente.
«Niente» replico sistemando un paio di leccarde sporche in una ciotola.
«Brutto segno» Tommaso mi affianca. «Quando le donne dicono niente c'è da nascondersi. Vuoi?» mi porge un piatto, dove ha sistemato dei brownie avanzati. Mi fa l'occhiolino, mentre assaggio un quadratino di buonumore formato cioccolata.
«Molto buono» commento sorridendogli.
I nostri sguardi felici vengono interrotti dalla voce seccata di Adrien.
«Non hai un cazzo da fare, tu?» si inumidisce le labbra rosse, con un'occhiataccia in direzione di Tommaso.
«Effettivamente, no» replica lui, abbandonando il piatto sulla superficie lucida del bancone.
«Sono dei brownie molto buoni, ne vuoi Adrien?». Il mio umile tentativo di spezzare la tensione viene ignorato, mentre i due ragazzi continuano a linciarsi con lo sguardo.
«Perché non aiuti Giovanna con i maritozzi, Tommaso?» il tono gelido di Adrien sarebbe capace di freddare il sole. Pronuncia il suo nome con enfasi, come se fosse una bruttissima parola.
La vedo male.
«C'è Chiara con lei» ribatte Tommaso, incrociando le braccia al petto.
Bravo Tommy.
Così mi piaci.
Fagli vedere che non è l'unico con le palle qui dentro.
«Puoi andare anche tu, con loro. Non è richiesta la tua presenza qui»
«Volevo chiedere un consiglio ad Amanda sui miei brownie»
«Ti consiglio di sparire prima che al direttore arrivi il tuo nome sotto la voce degli impiegati da licenziare» sibila Adrien, perfido, assottigliando gli occhi azzurri. Tommaso gli lancia un'occhiataccia, prima di allontanarsi.
«Sei odioso» decreto mettendo in bocca un'altro brownie.
«Mai quanto te. Sei pure bipolare, tra l'altro» mi risponde stringendosi nelle spalle.
«Io?!» sgrano gli occhi, sotto il suo sguardo attento. «Sei tu quello che prima fa tutto il simpatico e poi non saluta neanche» sbotto gesticolando.
Lui accenna un sorriso, piuttosto divertito. Adesso che gli prende?
«Sei malata nella testa, Santoro» mi prende in giro, scuotendo la testa.
«Senti Leroy, vattene a fanculo» concludo con uno sguardo verso l'orologio.
«Vado in pausa» saluto con un cenno i miei colleghi ed esco dal laboratorio.
«Amà, davvero, ma che cazzo hai?». Adrien mi segue negli spogliatoi, mentre io recupero il mio cellulare dalla borsa.
«Nulla che ti riguardi» ringhio sfilandomi la divisa bianca. Lo supero, uscendo dalla stanza.
«Non sembra» mi affianca, mentre percorro a grandi passi il corridoio fino al cortile interno del palazzo.
«Perché non te ne torni a torturare il povero Tommaso?» lancio la mia frecciatina, sbloccando lo schermo del mio telefono.
«Che, ti piace?» mi chiede reprimendo un sorriso.
«Ma perché lo odi così tanto?» abbaio incontrando il suo sguardo.
«Perché è un'idiota» replica stringendosi nelle spalle.
«Senti chi parla».
«Senti, Amà» mi fa appoggiandosi alla ringhiera delle scale. «Dimmi che problema hai e lo risolviamo. Non voglio grane sul lavoro».
«Non ne avrai, sta' tranquillo» soffio fredda, con una rabbia ingiustificata.
Ma che diavolo mi prende?
«Fa' come cazzo vuoi. Je ne te comprends pas» ringhia irritato. Gli lancio un'occhiataccia, mentre lui rientra in pasticceria.
Quando poi, dieci minuti dopo ritorno in laboratorio, è impegnato a urlare contro Giovanna per la pessima imitazione di un Maritozzo che ha fatto.
Tommaso lo scruta, tutto occhiatacce smorfie. Scrollo le spalle, iniziando a farcire e unire i Baci di Dama.
Dalla parte opposta al bancone si sistema poi Adrien, impegnato nuovamente a tagliare delle fettine di mele.
Ma che stronzo.
Lo fa apposta.
Pensa di risolvere i problemi tagliando la frutta?
Tommaso va casualmente ad affiancare Adrien, nel tentativo di creare una buona pasta filo. Giovanna intanto fa avanti in dietro per far controllare a un'irritatissimo Adrien ogni santo Maritozzo che fa.
La situazione sta diventando ridicola.
Anzi, la situazione peggiora quando Tommaso urta Adrien, mentre il coltello affilato finisce sulla pelle del mio scorbutico collega.
«Oh mio Dio» squittisce Giovanna, abbandonando un maritozzo in mano a Chiara. Si precipita da Adrien, che intanto ha iniziato a stringere il dito ferito con l'altra mano, assottigliando gli occhi. Si vede che il sangue fa abbastanza schifo a entrambi.
Mamma mia.
Non avevo calcolato la furia assassina di Tommaso.
Lo mutila di questo passo.
«A-abbiamo una cassetta del pronto soccorso?» singhiozza Giovanna, sotto il mio sguardo esterrefatto.
Vabbè dai.
Tutta questa scena per un taglietto.
«Vado a prenderla» sbotta Adrien, mentre il sangue che inizia a bagnare la mano. Contrae la mascella, urtando Tommaso per uscire dalla stanza in un gesto ben calcolato.
«Con quale mano ti medichi?» gli faccio notare mentre lui esce come un fulmine dalla stanza. Testardo.
«Continuate a lavorare.» mi rivolgo ai miei colleghi, un po' scossi. Fulmino Tommaso con lo sguardo ed esco dalla stanza. Raggiungo Adrien in bagno, che sta affogando il suo povero dito sotto l'acqua.
«Vattene» ringhia chiudendo il rubinetto con un gesto secco, rivolgendomi poi un'occhiataccia.
Lo affogo sotto il rubinetto.
È deciso.
«Smetti di fare tante storie e vieni qui», afferro la cassetta del pronto soccorso appoggiata al lavandino e la apro.
«Non voglio il tuo aiuto»
«Dite tutti così» lo prendo in giro, aprendo la confezione di acqua ossigenata. Lui mormora qualcosa a denti stretti, scuotendo la testa.
Tampona il dito con dello scottex, con la mascella contratta e gli occhi azzurri ombreggiati.
«Che fighetta». Provocarlo diventerà il mio sport preferito. «Si vede che stai per svenire»
«Mi fa schifo il sangue» ribatte osservandomi bagnare un po' di cotone. «E ti ho già detto che possiamo testare la mia virilità quando vuoi, anche qui» arrossisco, tenendo lo sguardo basso.
«Ti piacerebbe. Dito, prego» allungo la mano, prima che lui posi la sua sul mio palmo.
«A te di più, credimi» mi soffia nell'orecchio, provocandomi degli strani brividi.
Calma Amanda.
Calma.
Disinfetto la ferita lentamente, con il sottofondo di imprecazioni in francese che Adrien continua a mormorare tra i denti.
«Quanto ci vuole?» ringhia spazientito.
«Il tempo di farti svenire, fighetta».
«Provocami un'altra volta e ti ricrederai, Amanda».
Sto andando a fuoco.
Chiamate i pompieri.
Ehilà
Comincio col dirvi che fighetta è una specie di femminuccia, se non lo sapete
Probabilmente lo sapete, ma io tra termini romani e francesi non ci capisco più niente😂❤️
Te la stai a imbastì vuol dire che stai esagerando, e poi je ne te comprends pas vuol dire io non ti capisco.
Spero di aver detto tutto, nel caso nei commenti sono sempre disponibile
Tra l'altro questo capitolo doveva essere una cosa completamente diversa, ma l'ho scritto a mezzanotte e si sa che è il capitolo che sceglie te, non il contrario.
Fatemi sapere se vi è piaciuto.
Io amo sempre di più Adrien, e Amanda avrà filo da torcere per mooooolto tempo
Edoardo cosa nasconde? Voglio sentire le vostre congetture
Adesso vi lascio
Andate in pace
Vi amo
Lily❤️❤️
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