Quarto racconto
Scrivi almeno 500 parole su una storia d'amore e un giornale. Concentrati su descrizioni che utilizzino tutti e cinque i sensi.
Noah e Chan
L'asfalto polveroso di Abbey Street era inondato della luce aranciata del tardo pomeriggio. I marciapiedi ribollivano ancora dalla calura dell'ora di pranzo e a guardarli in lontananza pareva che emettessero ondate di fumo grigiastro.
Noah strinse le dita attorno a quelle più lunghe e affusolate di Chan e se lo trascinò dietro, attraversando la strada con passo svelto in corrispondenza delle strisce pedonali.
"Ouch! Sono proprio dietro di te! Non c'è bisogno che mi sbatacchi come uno strofinaccio impolverato!" esclamò, indirizzando un'occhiataccia gelida al suo ragazzo.
"Sei lento" rimbeccò quello, strattonandogli il polso come se servisse a farlo muovere. Al contrario, Chan si imbronciò e puntò i piedi a terra, cercando di appigliarsi al cemento con il retro delle sue Vans scolorite.
"Non ci vengo più da Brain Freeze con te! Mi tratti sempre male!".
Noah si arrestò improvvisamente e lasciò che il suo palmo destro scivolasse su quello di Chan, abbandonando la presa. Con i polpastrelli dell'altra mano saggiò nervosamente le pagine plastificate della rivista preferita del più piccolo e sospirò.
"Non ricominciare con questa storia. Non ti tratto male di proposito, è semplicemente il mio carattere. Lo sai bene" gli spiegò, facendo spallucce. Con la solita inespressività dipinta in volto, ne squadrò attentamente i tratti delicati e morbidi del viso, lasciandosi andare ad un mezzo ghigno.
Quando Chan ricominciò a parlare, Noah concentrò l'attenzione sul contorno delle sue labbra piene, non curandosi di ascoltare ciò che gli stava dicendo.
Avevano affrontato quella discussione almeno un centinaio di volte da quando si erano messi insieme e la conclusione era sempre la stessa.
Chan si lagnava per qualche minuto, usando la vocina più acuta di cui era capace e gonfiando le guance, già di per sè paffute, tanto da sembrare uno scoiattolo. Noah non riusciva a controllare il sorriso quando vedeva quell'espressione così buffa dipingersi sul viso del suo ragazzo.
Gli occhi sottili e allungati si facevano improvvisamente grandi, mostrando per intero le pupille nere e le iridi altrettanto scure. Il contrasto tra i capelli nero pece e le gote rosee, lo rendevano il diciottenne più carino che avesse mai visto. Senza dubbi.
"Ah! Basta! Cosa parlo a fare? Tanto non mi ascolti mai" sbuffò Chan qualche minuto dopo, afferrando bruscamente la mano aperta di Noah e avanzando ad ampie falcate verso il loro bar preferito.
Il maggiore si fermò appena qualche metro dopo, ignorando le proteste dell'altro e tirandoselo contro.
Nel giro di un istante, Chan si trovò spalmato contro il petto gonfio di Noah, con il mento puntuto posizionato sullo sterno e il palmo della mano libera premuto contro una clavicola.
"Che stai facendo?" gli chiese, sforzandosi di inacidire il suo tono di voce naturalmente melodioso. Noah gli strinse la mano un paio di volte, ad intermittenza, e con il palmo dell'altra gli carezzò lo zigomo destro, ora bollente.
"Quante volte ancora dovrò sentirti brontolare per la stessa stupida motivazione?" domandò di rimando, inclinando leggermente il capo. Chan si morse il labbro inferiore e tentò di distanziarsi dall'abbraccio forzato in cui era incastrato.
"Tante ... Tante volte quante mi tratterai male" balbettò, facendo forza con le braccia per liberarsi. Il sorriso di Noah si fece lentamente sempre più ampio.
Mollò la presa sulla mano del minore e gli fece scivolare le braccia attorno alla vita minuta, spingendoselo contro.
Chan perse il controllo sul suo stesso respiro per qualche secondo. Chiuse gli occhi e si lamentò profusamente, tentando di districarsi dalla stretta dell'altro.
Non che gli dispiacesse essere incastrato a quel modo contro il suo ragazzo, ma ragionare diventava praticamente impossibile.
"Va meglio così?" lo interrogò Noah, un sorriso sornione stampato sulle labbra carnose. "Dillo. In realtà il piccolo Chan vuole solo più attenzioni" proseguì, con tono progressivamente più impertinente.
Chan sbuffò contrariato e si agitò nuovamente contro il corpo più muscoloso del maggiore.
"No! Per niente. Odio le tue attenzioni! Preferirei rimanere chiuso in uno sgabuzzino buio con tuo fratello".
"Pabo!"Noah sentenziò e alzando il braccio sinistro lo colpì su una tempia con il giornale arrotolato.
"Yah! Neo pabo ya! Stavo scherzando!" esclamò, strofinandosi piuttosto energicamente il punto colpito. "Wae na hante geugeol chyeoss-eo?".
Noah fece scorrere il palmo di una mano dalla schiena di Chan al suo fondo schiena, stringendo aggressivamente una natica.
"Te l'ho mai detto che mi fai eccitare quando ti lamenti in coreano?".
"Aish! Sta zitto! Dagchyo!".
Pabo: stupido;
Neo pabo ya: tu sei stupido;
Wae na hante geugeol chyeoss-eo: perché mi hai colpito così?
Dagchyo: zitto!
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