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Capitolo 13

Lisbona, giugno 1752

Una tiepida brezza giungeva dal mare portando con sé l'odore di salsedine e di un'intima speranza.

Ferma dinanzi al pergolato, nel curato giardino, la giovane principessa del Brasile era in attesa del sopraggiungere della madre. Se ne stava lì, con le mani strette intorno al rosario e la mente persa in profonde preghiere. Poco distante, vi era la dama di compagna, intenta a cogliere la purezza di quello scorcio verde su una candida tela.

Maria Francesca, era così assorta nella preghiera, da non accorgersi di avere qualcuno alle di lei spalle.

"Vostra Grazia!" la voce profonda dello zio la fece sussultare, poiché era completamente impreparata a quel suono.

Margarethe balzò in piedi per ossequiare il duca e, nel farlo, fece cadere il tavolinetto con i colori. Impacciata e imbarazzata da quel fracasso, finì con l'arrossire come un pomodoro maturo.

"Continuate pure, lady Margarethe" le consigliò l'uomo senza scomporsi e con gentilezza, prima di rivolgere l'attenzione alla nipote.

"Attentate alla mia vita, Vostra Grazia?" replicò voltandosi per puntargli addosso uno sguardo ironico e un accenno di sorriso. La reazione dell'inglese alla sua presenza era sempre divertente.

"Giammai, principessa", replicò con un esagerato inchino, "sono venuto a salutarvi."

"Siete in partenza?" domandò dispiaciuta.

Don Pietro de Braganza era il fratello minore del padre. Un uomo sui trentacinque anni, ben simile a lui nell'aspetto quanto opposto nel carattere. Alto, ben più di lei, aveva gli occhi scuri e una perenne barba che gli conferiva un'aria selvaggia, la quale però, era in netto contrasto con il suo buon cuore.

"Sua Altezza Reale, il Re, mi ha gentilmente invitato ad andarmene."

"Per quale ragione?" inquisì la nipote, avanzando di un passo verso lo zio.

"Lo ignoro", ammise l'uomo con un sorriso gentile, "volevo solo salutarvi prima della partenza. Non avrei mai voluto che prendeste la mia assenza per una fuga."

Quelle parole, chissà perché, le riportarono alla mente Exeter e la sua assenza.

Un velo brunito le coprì la vista.

"Perdonatemi, Maria Francesca, non volevo turbarvi" asserì realmente mortificato.

"Non siete certo voi da biasimare" rispose solerte, prima di puntare lo sguardo in quelle iridi scure.

"Pietro, cosa fate qui?" la voce della Regina Marianna Vittoria li interruppe.

Si volsero entrambi nella sua direzione approntando un perfetto saluto.

"Vostra Grazia, sono in partenza" spiegò il cognato con un'espressione indecifrabile.

"Dove andate?"

"Via da qui."

"Centra de Carvalho, vero?" inquisì la regina avvicinandosi al pergolato.

"Probabile, non so quali siano i loro piani", ammise il duca di Beira, "ma non mi resta molto altro da fare se non obbedire."

"Dovete partire subito?" riprese la regina, "Oppure avete il tempo di fermarvi un po' con noi?"

"Sono desolato ma devo rifiutare, devo sistemare molte questioni prima della partenza e non posso proprio fermarvi."

"Buona fortuna, allora!"

"Buona fortuna, Vostra Grazia!" si accodò la principessa, percependo una sensazione strana che non si seppe spiegare. Non era il dolore provato per la partenza di Franklin, ma era ugualmente un dispiacere.

"Prendetevi cura di voi, Maria Francesca" asserì lo zio con un sorriso illeggibile, prima di congedarsi da entrambe, con lunghe falcate.

"Quali pensate siano le intenzioni del Ministro?" domandò la giovane continuando a fissare l'allontanarsi dello zio.

"Davvero non saprei, mia cara, ma di sicuro non sono buone" sentenziò la regina facendosi aria con un ventaglio.

"Il nonno lo detestava, perché il Re lo ha rivoluto a corte?"

"Tua nonna, credo" asserì Marianna Vittoria prima di fare un cenno ai servitori, "mi pare di ricordare, che ella lo tenesse in considerazione."

Maria Francesca prese posto accanto alla madre prima di sussurrare, "Sono oltremodo convinta, che il nonno avesse avuto delle buone ragioni per cacciarlo."

"Ne sono fermamente persuasa", concordò la regina dopo aver sorseggiato la propria bevanda, "ma Sua Maestà è incline ai di lui capricci."

"Un re manovrato non sarà mai un buon sovrano" confidò la giovane sottovoce. Il fiato che uscì fu talmente leggero che si perse subito con il vento.

"Per quanto io sia d'accordo, fai attenzione alle parole che pronunci. Chiunque potrebbe ascoltarti e riferire."

"È un pensiero condiviso da molti e non è riferito a nessuno."

La regina le sorrise e proferì piano, "Ricordati di non voltare mai le spalle a de Carvalho, egli porta con sé coltelli."

"Margarethe, lasciate quel cavalletto e venite a sedervi qui con noi" ordinò subito dopo Marianna Vittoria per smorzare quell'acre argomento.

La dama le raggiunse con un sorriso impacciato.

"Che cosa avete fatto alle mani?" seguitò la regina con un sorriso ironico e sorpreso allo stesso tempo. Di solito era una giovane molto elegante e attenta.

"Ho fatto un pasticcio con i colori" rispose arrossendo.

"Colpa dello zio", trillò la principessa divertita, "ogni volta si distrae e commette un disastro."

"Ma ora se ne è andato, Vostra Grazia, e non rischio ulteriori danni."

"Trovate interessante Don Pietro?" domandò la regina con un'espressione indecifrabile, "Sapete, che non va bene per voi, vero?"

"Vostra Grazia, la mia è solo un'agitazione passeggera", si affrettò a rispondere la dama, non volendo essere paragonata al proprio fratello, "conosco perfettamente il mio ruolo."

"Me lo auguro", continuò la sovrana, "non vorrei affrontare con voi un discorso come quello che feci a Exeter, che per giunta è stato vano."

La principessa si irrigidì nell'udire quel nome.

"Non ce ne sarà bisogno."

"Trovo questi discorsi superflui, Vostra Grazia", si intromise Maria Francesca, "Il duca è partito, non vi sarà alcuna tentazione per la cara Margarethe."

"La lontananza non sempre arreca giudizio", ribatté la madre guardandola negli occhi, "sussulti ancora nell'udire il suo nome e questo non va bene."

"Non posso cancellare il mio sentimento", replicò la giovane stringendo i pugni sul bordo del tavolo, "non è semplice come riporre un ritratto in un cassetto."

"In vero è esattamente così che deve essere, Maria Francesca, pietrifica il tuo volto e anche il cuore se necessario, altrimenti finirai per rendere loro tutte le armi disponibili per farti a pezzi."

"Loro chi? Di cosa state parlando?"

La madre puntò gli occhi cerulei su una vetrata al piano nobile senza aggiungere altro.

"Dovrei temere il mio stesso padre?" domandò incredula.

"Oramai è un Re. Questo significa che prima di ogni altra cosa verrà il bene del Regno, quindi, segui il mio consiglio e maschera meglio il tuo disagio, il tuo dolore, tutto. Non so quante volte io te lo abbia già ripetuto, ma se non mi ascolti, verrà il giorno in cui tutte queste mie parole diverranno inutili echi lontani."

"Avete ragione", mormorò la ragazza, "ma cosa c'entra questo ora?"

"Tu sarai il Regno, tutto quello che è di pertinenza dello Stato riguarda te."

"Siete sempre così enigmatica" si lasciò sfuggire la figlia, confusa.

"Non lo sono", rispose la regina, "cerco solo di consigliarti."

Un valletto sopraggiunse proprio in quel momento.

"Vostra Maestà!" ossequiò l'uomo, "Sua Altezza Reale, il Re, desidera conferire con entrambe."

"In questo momento?"

"Sì, Vostra Grazia" confermò congedandosi.

"Non ci avranno sentite?" chiese la principessa guardando il volto cereo della madre.

"Speriamo di no" replicò la sovrana e, rapide, si incamminarono verso lo studio reale.

Avanzarono in silenzio e ognuna sperava intimamente che non ci fossero ulteriori cambiamenti.

Nel mentre, la dama continuava a dipingere.

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