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Capitolo extra 9.5

Questo capitolo non è presente nella storia originale ma credo che sia fondamentale per approfondire il carattere dei gemelli, specialmente quello di Nicol. Inoltre mi è sembrato ingiusto non aver dato maggior spazio a Hope, un personaggio che amo. Vi ricordo che questa storia è stata scritta prima di Legacies quindi non la conoscevo, eppure ora mi sento di darle un minimo di spessore in più. Spero lo amerete e che apprezzerete l'impegno che sto attuando in questa revisione totale. Ho già notato alcuni errori di battitura, ma dovete considerare che ho ampliato tutti i capitoli, aggiungendo nozioni fondamentali, quindi è normale che mi sia sfuggito qualcosa. La prossima revisione credo sarà più semplice e dedicata solamente a quegli errori rimasti.

-Queste sono le chiavi della vostra camera, speravo di dormire io con Thomas ma così non sarà. Non è un problema per voi convivere, giusto?- chiese Ariel ondeggiando l'oggetto.
- No, non lo sarà- rispose secco il ragazzo afferrandole.
- Non lo sarà perché io non farò parte di questa cosa- Nicol sorrise aspramente, intromettendosi nella discussione di cui non faceva realmente parte, poi gettò i suoi bagagli per terra.
Il fratello si girò a guardarla stupito mentre Ariel cominciò a schernirla.

- Ma guarda, pensavo fossi solo un fedele cane che obbedisce agli ordini. Vuoi dirmi che conti qualcosa anche tu nelle decisioni?-
La mora fece un ringhio basso ma decise di lasciarla stare nella sua convinzione.
- Che vuol dire che non ne farai parte?- chiese Thomas, ma lei ignorò la domanda stupida e si voltò per andare via.
- Aspetta- il ragazzo adesso era di fronte a lei.

- Non parlo davanti alla troia saccente, mi spiace- e fece per muoversi, trovandosi bloccata nuovamente dal fratello.
- Sai che sono più forte, lasciami andare- ringhiò nuovamente, in maniera minacciosa, non scherzosa come sempre, e questo fece indietreggiare il ragazzo.

- Ti avevo avvertito, ma tu hai scelto lo stesso. Sono stufa Thomas, stufa dei tuoi comportamenti. Ho resistito quando hai ucciso la religiosa cercando di deviare il tuo odio e indirizzarlo verso creature spregevoli. Ho provato veramente a starti accanto ma questo è troppo. Non starò a guardare mentre compi un genocidio. Fanculo te e i tuoi problemi- e lo spinse facendolo quasi cadere dalla sorpresa.
Lo ammetteva, non aveva dato per nulla peso alle parole della sorella dette in macchina, gli era sempre stato accanto e pensava l'avrebbe fatto comunque anche se di contro voglia. Gli occhi cominciarono a pizzicargli e si sentì uno stupido bambino deluso.

- Dove andrai?- chiese solamente cercando di ricomporsi.
- Non lo so, non posso tornare a New Orleans come se nulla fosse nonostante vorrei solo abbracciare la mamma. Sì, la mamma. Ti ricordi di lei? Ha sacrificato tutto per noi e io questo non lo dimentico-.

- Non mi hai detto dove andrai-
- Sono affari miei- prese i suoi bagagli da terra senza smettere di fissarlo, poi si ricordò della vampira.
- Mi spiace dirti che sento qualcosa attorno a te- e mimò il suo corpo con le mani -non saprei dire bene cosa sia... mi sembra morte. Non credo vivrai a lungo-.
Sorrise e inclinò la testa lateralmente.
- Stai scherzando, vero?- chiese Ariel un po' spaventata.
Nicol la squadrò ed andò via senza risponderle.

La mora prese la metro e, vedendo gli occhi di un uomo su di lei, cercò di mettersi più dritta per non mostrare timore. In realtà non sapeva bene cosa fare, era spaesata. Non era facile ammetterlo, ma dipendeva in tutto e per tutto da Thomas. Si era crogiolata molto in quegli anni su qualsiasi azione, sapendo di averlo al suo fianco: persino per i compiti contava sul fratello. Sospirò, chiudendo gli occhi.

- Mamma sto bene, veramente- non poté non origliare la conversazione di una ragazza poco più lontana. Non fu una chiacchierata entusiasmante: la mamma le aveva chiesto se indossava il cappotto, se aveva i soldi dietro, quando sarebbe tornata. Domande normali, domande materne. La pazienza della ragazza infatti non durò molto, anche perché sembrava grande per certe cose, così le chiese di smetterla, disse che sapeva cavarsela.
Nicol aprì gli occhi e, con sguardo assente, ripensò a Caroline.

- Mi manchi- la giovane al telefono lo disse con affetto e amore, nonostante le domande insistenti della donna dall'altro capo.
Quelle parole scombussolarono la lupa, molto. Non sapeva cosa stava facendo, non ne aveva idea. Sentiva di aver sbagliato ogni cosa, di non aver mai dovuto assecondare Thomas né, tantomeno, parargli degli Originali. Si portò le mani sul viso e cominciò a contare, contò senza fermarsi per cercare di frenare un imminente attacco di panico. Lo sentiva, sentiva di essere al punto del collasso, su una metro diretta chissà dove, presa così, seguendo solo sensazioni. In realtà aveva capito dove la stavano spingendo, ma non capiva perché. Forse per sentirsi meno in colpa. Cosa impossibile.
Qualche ora dopo scese in Columbia per andare nell'Università dove studiava Hope. Ignorava cosa sarebbe successo, poteva soggiogare gli umani e i vampiri che non prendevano verbena, ma Hope era un tribrido. Thomas poteva manipolarle la memoria, solo lui. Pensando al da farsi, arrivò con la valigia che cominciava a pesare. Non aveva la resistenza dei vampiri, era forte, ma al momento i suoi erano getti di pura potenza accompagnati da lunghi minuti di ricarica.

- Chi sei?- domandò una donna, probabilmente la responsabile dei dormitori.
- Sono una nuova studentessa, non fare altre domande e trovami una stanza vicino a Hope Marshall- rispose soggiogandola.
Poco dopo si ritrovava a salire le scale, ad un passo dal lanciare il bagaglio.
- Vuoi una mano?- chiese una voce alle sue spalle.
Nicol si girò a guardare la figlia di Klaus.

- Sei nuova, vero? Questo posto è grande ma ci conosciamo tutte, più o meno- sorrise, un sorriso in grado di rincuorare l'animo della mora.
- Diciamo di sì- si limitò a dire.
- Dai, faccio io. Sembri parecchio affaticata- e le prese la valigia.
- Accidenti- borbottò per l'inaspettata pesantezza.
- Beh, in mia difesa posso dire che pensavo l'avrebbe portata il mio ragazzo. Se avessi saputo che non sarebbe stato così, probabilmente avrei messo meno vestiti- la voce le morì in gola durante la frase.
Sentì gli occhi verdi di Hope scrutarla con comprensione.

- A volte capitano certe cose. Non fartene una colpa, non ne vale la pena. Credimi, lo so. Sei al primo anno?-

- Secondo in realtà, prima dormivo nell'altra ala del dormitorio, ma mi hanno spostato. A proposito, mi chiamo Nicol, Nicol...- si fermò un secondo a riflettere -... Nicol Winchester-.

- Hope, Hope Marshal. Sai che mi sembrava di averti già incontrato? Sicuramente ci saremo già incrociate, strano per me non ricordare qualcosa- la squadrò e la lupa capì di essere stata poco prudente.

- Dov'è la tua stanza?-
- È questa qui- rispose un po' ansiosa.
Hope però riprese a sorridere genuinamente.
- Che coincidenza! Siamo vicine di stanza, buffa la vita. Adesso però entro a studiare o la laurea la saluterò in un'altra vita- scherzò e Nicol rise.
- Beh, stavo pensando che non conosco nessuno e che sei stata l'unica così maschile da aiutarmi con i bagagli- ironizzò per smorzare la tensione.

-Magari potremmo incontrarci e studiare assieme un giorno di questi- continuò.
Hope era imbarazzata e un po' confusa.
- Sai che probabilmente non facciamo gli stessi corsi e che, ad ogni modo, io sono all'ultimo anno quindi non studiamo le stesse cose, giusto?-
Nicol non ci aveva pensato, ma proprio per nulla.

- È solo che non ho amici... neanche nell'altra ala a dir la verità. Vorrei solo poter parlare un po' con qualcuno-.
Hope la scrutò studiandola, poi scrollò le spalle.
-Perché no-.

Nicol si sistemò nella sua camera e tra i vestiti, trovò il suo cellulare. Aveva completamente dimenticato di quel coso e, in realtà, ne fu felice. Se l'avesse avuto a portata di mano, avrebbe sicuramente sentito le incessanti chiamate di Thomas.
Provò ad accenderlo e, chissà come, ci riuscì. Non si era scaricato. Come previsto vide una dozzina di chiamate perse de fratello e ancora di più da sua madre. La casella vocale era piena di messaggi non ascoltati. Una parte di lei era consapevole del fatto che sentirli non era una buona idea, anzi era davvero un'idea pessima, però voleva davvero ascoltare la voce di sua madre. Insomma, Sapere che stava bene, sapere che era incazzata ma comunque al sicuro.
Si buttò sul letto esausta e fece partire l'audio più vecchio, risalente a circa dieci giorni prima.

- Nicol- la voce della madre era piatta, probabilmente per il fatto che le sue emozioni erano spente, -sapevo che mi avreste fatto qualcosa di questo tipo. Probabilmente dovevo essere più accorta, limitarvi, capire meglio i poteri di ognuno di voi. Le emozioni però fanno fare azioni stupide, mi impediscono di pensare con la testa e ho finito per fidarmi ciecamente di voi-.
Rimase in silenzio per qualche secondo.

- Credo che Thomas non abbia fatto comunque un lavoro fantastico, so di essere sempre stata "particolare" senza emozioni. Diversa dagli altri vampiri, ma non così. Una parte della mia umanità, per quanto piccola e nascosta, è ancora accesa. La percepisco dentro di me. Credo che sia dovuto al fatto che, per quanto una parte di me fosse stanca dei vostri comportamenti, l'altra parte non si era ancora arresa. Per favore, tornate a casa. Essere così è peggio di non avere emozioni, mi sento in un limbo-.
Il messaggio vocale terminò lasciando la ragazza con ancor più sensi di colpa, disgustata da sé stessa.

-Ho cominciato a nutrirmi, non posso farne a meno, né ho troppo bisogno. Credo che tutta questa situazione stressi il mio corpo: non sono in grado di controllarmi. Non mi era mai successo, solo quando ero incinta di voi sentivo questo appetito insaziabile ma ero riuscita a controllarlo. Non vorrei fare un azzardo, ma credo che la vostra vicinanza mi impedisse di perdere il controllo, ad ogni modo qualcosa è cambiato. Non intendo il fatto che, dalla vostra gravidanza, il sangue umano non riesce a sostenermi ma che anche il sangue vampiro sembra non bastarmi. Fatevi trovare, vi prego-.
La lupa non aveva il coraggio di interrompere lo scorrere incessante dei messaggi.

- Sono sempre io, sono con Klaus. Sì, un originale. Non credevo che l'avrei più rivisto ma, a causa vostra, ho dovuto. Giuro che me la pagherete per questa azione che sono stata costretta a compiere- la voce piatta risultava ugualmente minacciosa.
Passarono molti altri messaggi simili, messaggi che facevano sentire Nicol fuori dal suo corpo, incapace di muovere un muscolo.

- Nicol... Thomas...- adesso sua madre singhiozzava. Ciò portò la ragazza a controllare il periodo in cui era stato registrato. Era di pochi giorni prima, probabilmente dopo che le avevano riacceso l'umanità.

- Vi prego ditemi che state bene. Thomas, Thomas come sta? Non sapevo potesse sopravvivere ad una cosa come quella. Io...- si fermò a singhiozzare.
- Pensavo l'avesse ucciso. Pensavo vi avrebbe ucciso entrambi. Vi prego, vi scongiuro, andiamo via. Torniamo a casa, Klaus non è una persona da sfidare, non mettetelo alla prova o finiremo tutti male. Ancora siamo in tempo: lui tiene a me, ci lascerebbe andare se veramente non avete fatto nulla a sua figlia. Per favore- il tono supplichevole della madre spezzò la ragazza.
Nicol si portò le ginocchia al petto e nascose il viso tra le braccia. Non si accorse nemmeno di aver cominciato a piangere, almeno fin quando qualcuno bussò alla porta.
Finse di non essere presente, crogiolata dai suoi stessi singhiozzi, annegando tra le sue lacrime.
Sua madre stava passando l'Inferno ed era tutta colpa sua, in fondo era stata lei a far sapere a Thomas degli originali. Non l'aveva fatto per scatenare tutto ciò che era successo, ma perché aveva saputo che erano creature crudeli, potenti ma crudeli. Pensava che assecondandolo così, avrebbe assopito la rabbia e l'angoscia che si portava dentro. Si era sbagliata, si era sbagliata parecchio.

- Nicol?- il suo nome pronunciato da fuori la porta la costrinse ad alzare lo sguardo.
- Sì?-
- Sono io, sono Hope-.
A quelle parole, la piccola lupa si alzò velocemente e andò a guardarsi allo specchio asciugandosi le lacrime e cercando di togliere il rossore dal suo naso.

- Nicol, non so dove tu sia ma smettila di nasconderti. Non riesco a capire, pensavo che mi comprendessi, non puoi abbandonarmi così, non tu. Non puoi sparire così, è pericoloso! Klaus non è qualcuno da prendere sottogamba, dovremmo stare insieme per non essere vulnerabili-.
Non poté non fermarsi un secondo ad ascoltare, sperando in una sua trattazione, magari una frase che le avesse fatto capire che aveva cambiato idea. Thomas però non cambiava idea, era troppo testardo per farlo.

- Ariel ha provato a rintracciarti. È solo questione di tempo, i tuoi incantesimi saranno anche potenti ma noi abbiamo una congrega e...-
Istintivamente prese il telefono e lo schiacciò tra le sue mani.
Noi, adesso sono un noi.
- Nicol?- ancora quella voce.
- Ci sono!- respirò a fondo e si avvicinò alla porta.
Si guardarono negli occhi e la strega più grande avvertì una scossa, come se si fossero realmente già viste.

- Scusami, volevo solo sapere se fosse tutto apposto. Ho sentito piangere e pensavo fosse per il tuo ragazzo-.
La bruna alzò un sopracciglio.
- Hai sentito- scandì bene l'ultima parola -dalla tua camera?-
Forse solo in quel momento Hope si rese conto di quanto suonasse strano e poco normale, l'incertezza durò per un solo secondo, poi tornò a sorridere.

- Udito sopraffino. Lo so, sembra inquietante ma ci sono nata- si avvicinò scherzosamente, come se volesse rivelarle qualcosa.
- Chi lo sa, magari sono un supereroe- poi riprese a sorridere, una risata così genuina da coinvolgere anche Nicol.
Qualche istante dopo erano sedute comodamente sul letto. Hope scrutava la bruna con immensa attenzione mentre quest'ultima giocava un po' imbarazzata con la manica delle maglietta.
- Allora...-

- Allora- la imitò, poi di sottecchi guardò la strega, sorrideva e sembrava tranquilla, ma era una tranquillità quasi forzata.
Corrucciò le sopracciglia e fece finta di nulla, mostrandosi ancora triste.
Ti ho sentita piangere dalla mia stanza, quella frase.

- Piangevi per il tuo ex ragazzo?-
La osservò negli occhi: Hope sorrideva, ma era un sorriso diverso da quello che le aveva riservato in corridoio.
Decise di aspettare, così riguardò il letto e cominciò a spiegare che questo ragazzo era come un fratello per lei, anzi forse era sempre più stato quello che... un reale fidanzato.
La rossa ascoltava con attenzione, osservandola attentamente per un bel po', ma poi il suo sguardo si spostò finendo sul cellulare a terra. Nicol aveva dimenticato di toglierlo. Esso era praticamente accartocciato, come una banale lattina di Coca-Cola, e lei lo aveva visto chiaramente rimanendo indifferente. O almeno così voleva sembrare, indifferente, ma Nicol comprese.
Le afferrò il braccio e la guardò negli occhi con aria minacciosa.

- Hai già chiamato Klaus, non è vero?-
Per un nanosecondo, Hope, mostrò terrore nelle sue iridi, ma poi la paura lasciò spazio alla rabbia.
Guardò la mano della nemica e un rumore secco fece urlare la lupa.
Si ritrasse alzandosi mentre, con un colpo secco, rimise apposto l'osso.
- Ho sentito i messaggi in segreteria. Cosa mi avete fatto, luridi bastardi-
- Che raffineria- sbottò senza riflettere.
- State provando ad uccidere mio padre, la raffineria non sarà l'unico aspetto femminile a mancarmi-.

- Lo hai già avvertito?- chiese un po' spaventata per l'imminente arrivo dell'uomo.
Ci fu un secondo di pausa, poi Hope rispose di sì, fiera, accennando a cosa sarebbe successo non appena lui fosse arrivato.
Ecco, stava per avere un altro attacco di panico, aveva combinato un casinò ancora più grosso. Doveva rilassarsi, restare lucida e trovare una soluzione alla svelta. Il suo cuore smise di sbattere così forte e lei chiuse gli occhi, annullando l'incantesimo di protezione che alleggiava intorno a sé. Spero con tutta sé stessa che suo fratello la trovasse alla svelta, che la salvasse come al solito. Nel frattempo però non sarebbe rimasta ferma ad attendere, lanciò così un incantesimo su Hope per cercare di neutralizzarla. Tutto fu inutile perché esso le rimbalzò addosso come se fosse acqua.
La rossa attaccò mentre Nicol preparava la sua seconda mossa. I rispettivi incantesimi si incrociarono creando una bolla che diventava sempre più ampia e si avvicinava pericolosamente ad entrambe.

A few moments earlier
-L'ho trovata- Ariel sembrava confusa.
- Finalmente, cazzo. Siete una congrega veramente lenta- sbraitò Tommy avvicinandosi a guardare la carta.
- C'è qualcosa che non va, prima non riuscivo neanche a percepirla mentre adesso riesco a percepire perfettamente l'area in cui si trova. Come se avesse cessato ogni protezione-.
Tommy guardò il luogo sulla mappa e sbarrò gli occhi: era solo una città ma conosceva sua sorella, non poteva essere una coincidenza.
Corse fuori mentre si trasformava in un'aquila volando velocemente verso la destinazione.
Come cazzo ha potuto andare da Hope, è pazza.

Il suolo dall'Università tremava sotto i loro piedi, sentivano il suono dell'allarme propagarsi ovunque mentre le urla degli studenti evacuati diventavano ovattate pian piano che la nuvola le avvolgeva.
La lupa sentiva di star per crollare, ma non poteva mollare, non in quel momento, non quando Hope sembrava messa peggio. Aveva il naso pieno di sangue, mentre lei aveva solo qualche goccia appena uscita. La differenza tra loro non era molta, ma c'era. Nicol era un po' più potente.
Improvvisamente un rumore forte ruppe la finestra e una nube nera entrò nella stanza. L'attenzione delle ragazze vacillò e la bolla di potere scoppiò per il cambio repentino di intensità, scaraventando le ragazze al muro.
Nicol cominciò a vedere tutto appannato, i suoni ovattati. Le orecchie fischiavano mentre vedeva gli occhi di Thomas scrutarla preoccupati. A malapena percepì le mani del fratello sulla spalla. Si guardò intorno cercando di mettere a fuoco tutta la situazione: sentiva la testa bagnata.
Mise una mano dietro la nuca e sentì lo spigolo sporgente dietro di lei mentre la mano si impregnava di un liquido appiccicoso.
Sangue.
E dopo fu il buio.

Sentì le braccia di Thomas lasciarla andare su qualcosa di morbido, poi sentì delle lenzuola avvolgerla. Voleva parlare o muoversi ma si sentiva impotente, imprigionata dentro la sua testa.
- Cosa hai fatto con Hope- chiese una voce femminile.
- Le ho detto di dire a suo padre che è stato un incantesimo venuto male-.
- Sicuro che lo farà? Sai che il tuo non è un vero soggiogamento ma più una suggestione-
Sentì Thomas sospirare.

- Lo so, ma non lo aveva nemmeno chiamato. Non lo aveva avvertito della presenza di Nicol. Hope è una ragazza testarda, convinta di poter occuparsene da sola. Voleva dimostrare di essere in grado di badare a sé stessa, cosa pensi succederebbe se glielo dicesse? Andrebbe da lei, andrebbe a prenderla per tenerla al sicuro. Ho fatto leva su questa paura perché lei vuole veramente proseguire l'università-
Ci fu una pausa, poi dei passi direzionati verso di lei.

- Non possiamo esserne sicuri, ma è abbastanza-.
Nicol sentì la mente diventare nuovamente pesante mentre l'oscurità l'avvolgeva.
Cadde e si ritrovò a New Orleans, sentiva la testa rotta e sentiva che il suo corpo tentava di riassemblarsi e guarirsi, ma il colpo era stato troppo forte. Non voleva usare i suoi poteri, ma lo stava facendo. Si ritrovò accanto a sua madre, la quale abbracciava un uomo dai capelli scuri.
- Zio Enzo- bisbigliò mentre qualcosa la ricatapultava nel suo corpo.
- Sta guarendo troppo lentamente. È così da tutta la notte, quanto durerà?!- non riusciva ancora ad aprire gli occhi.

- Non so, probabilmente un giorno o due. Lo hai visto anche tu che quel potere era troppo da incanalare, voi due siete pur sempre delle creature delicate-.
Chiamò suo fratello, ma la voce le morì in gola e si sentì nuovamente sprofondare nei meandri della sua mente.
Always and Forever.
Always and Forever.
Always and Forever.
"Sei solo un bastardo. Un abominio!"
"Io mi ero aperta a quella donna e ora lei è morta"
"Questa era la nostra speranza. Questa era la speranza della nostra famiglia, lo capisci?"
Voci, voci, solo voci, voci senza senso, voci sconosciute.
Always and forever.
Luce.

A breve pubblicherò anche il capitolo extra 10.5

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