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- Si può sapere perché l'hai uccisa?!- urlò Caroline furiosa una volta saliti in macchina per tornare a casa. Thomas rimase in silenzio e si sorbì la ramanzina della madre mentre, intenta a guidare, lo guardava con furia dallo specchietto retrovisore.
Il ragazzo, intanto, soffermò il suo sguardo sulla strada lasciando che la mente si svuotasse e si abituasse al suono delle voce della bionda. Nicol, nel frattempo, si stava levando i punti con una smorfia di dolore.
-Smettila di ignorarmi e parla!- urlò frenando di botto e girando nel vialetto di casa.
La ragazzina si lamentò della poca delicatezza della madre e imprecò in maniera poco elegante inveendo poi contro il fratello per spingerlo a parlare prima che Caroline li avesse uccisi.
- Per pura noia e ti assicuro che era deliziosa. Di solito preferisco B positivo, ma il suo zero negativo era davvero ottimo - disse allora con un sorriso malizioso sul viso.
- Thomas tu mi farai impazzire! Devi smetterla di uccidere persone innocenti solo per cercare di far colpo su un uomo che neanche conosci- sbraitò.
- Una cosa che devo solo a te, madre... Se tu mi dicessi chi è sarebbe tutto molto più facile e, forse, dico forse, meno letale- constatò evidentemente scocciato.
- Ma perché ti ossessiona tanto? Noi siamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Noi abbiamo bisogno solo l'uno dell'altro-.
Il ragazzo rise, una risata amara e piena di rancore, poi scese dalla macchina e si diresse verso la porta lasciando le due in uno stato di confusione.
- Non ti azzardare ad andartene mentre ti parlo. Ricorda che sono pur sempre tua madre e sono io ad averti cresciuto, sono io ad averti partorito e sono io a rimediare ai tuoi casini!- continuò la bionda sbattendo lo sportello.
- Thomas!- urlò vedendo che il figlio non accennava a fermarsi.
Fu il limite, si voltò e sbottò tutto ciò che si teneva dentro.
- E mentre noi possiamo, no anzi dobbiamo, contare solo su di te, tu puoi far visita ai tuoi vecchi amici... E  puoi continuare a chiedere delle gemelle di darti una possibilità e puoi continuare a provare a parlare con loro-.
Caroline arrossì, non capiva come l'avevano saputo.
- È diverso, e poi non succederà più- disse sottovoce.
- Certo, ovviamente. So che la settimana scorsa ci hai riprovato e so che ti hanno sbattuto nuovamente la porta in faccia. Alla faccia del "ci bastiamo l'uno per l'altro", alla faccia della libera scelta. Persino quelle due che ti hanno voltato le spalle sanno la verità, ti conoscono e tu conosci loro. Ma noi non sappiamo chi è nostro padre, non lo conosciamo, non possiamo fare alcuna stramaledetta scelta! Sempre e per sempre... Un'invenzione del tutto senza senso considerando che non la rispetti nemmeno tu- urlò avvicinandosi e trovando Nicol pronto a bloccarlo.
- Dove ti è venuta in mente questa stupida promessa!- il suo viso era paonazzo, rosso dalla rabbia. Suo padre era diventato un'ossessione. Non pensava ad altro che a lui.
- Perché perdi un battito ogni volta che la pronunciamo! Non è una tua invenzione, non è vero?!-
Caroline balbettò un po' e poi disse che ovviamente era stata frutto della sua immaginazione, nient'altro.
- Smettila di dire cazzate, posso sentirlo e lo sai-
- Non sto mentendo!- alzò la voce nuovamente.
- Sì, sì invece-.
La bionda si portò le mani sul viso mentre Thomas continuava a gridarle che era una bugiarda e che li avrebbe divisi tutti e tre, che le sue bugie le avrebbero pagate care in un modo o nell'altro, così lei crollo rivelando un altro dettaglio su suo padre. Un dettaglio all'apparenza innocuo ma che avrebbe in realtà concluso e, allo stesso tempo, dato il via ad un'enigmatica e criptica partita di scacchi.
- È una promessa di tuo padre, okay?- urlò la bionda e poi tutto tacque. Thomas perse il suo colore rosso e si voltò aprendo la porta. La collera aveva lasciato spazio alla stanchezza. Caroline rimase un po' fuori a sbollire la tensione e a riprendere fiato mentre Nicol seguì il fratello di sopra e lo osservò aprire una birra e lasciarsi cadere sulla sedia. Rimasero in silenzio per un po' e mantennero quello stato anche quando la vampira, con un'aria estremamente stanca, li raggiunse.
- È stata una promessa fatta a te?- chiese d'un tratto Nicol.
Caroline era davvero stufa di dover mantenere segreti e così cominciò a rispondere a ciò che poteva.
- No. Era una promessa fatta alla sua famiglia, una promessa che mantiene tutt'ora- rise debolmente - La mantiene a modo suo, ma farebbe di tutto per la famiglia-.

Andò verso la cucina. Era piccola, ma perfetta per l'uso che ne facevano loro.
La loro era una casa di grandezze normali: un bagno, una cucina, un salotto, due camere e una piccola stanza da pranzo. Niente di troppo lussuoso, di bassi canoni per un vampiro ma comunque era tutto ciò che gli serviva e a Caroline questo senso di armonia piaceva.
- Dopo questa conversazione ho bisogno di una birra-.
Era quasi arrivata alla porta quando...
- Madre- la voce di Thomas era solenne, ma anche rassegnata.
- Si?- rispose anche se non voleva sapere ciò che stava per dire.
- Nostro padre è per metà lupo e per metà vampiro?-
Caroline sbarrò gli occhi. Il suo cuore palpitò, come ne sarebbe uscita? Non poteva dire di si, ma non poteva neanche mentire.
All'improvviso si rilassò, chiuse gli occhi e rispose:- No, non è per metà lupo e per metà vampiro-. Scandì bene le parole, poi guardò verso i gemelli sperando di non aver lasciato trapelare nulla dai suoi battiti. Non sembravano arrabbiati. Il suo cuore non aveva accelerato, quindi credevano dicesse il vero. Si sentì in colpa, ma si costrinse a rivoltarsi verso il frigo e a reprimere quel senso di colpa che si sentiva. Si convinse che era vero, vero quasi del tutto, loro padre, d'altronde, era vampiro, licantropo e stregone per un quarto. Scappatoia, ecco cosa aveva usato.

- Mi vuoi dire perché l'hai uccisa adesso?- chiese Nicol.
Thomas non rispose e indicò la camera nella quale si trovava sua madre facendole capire che non voleva sentisse. La bruna sorrise e schioccò le dita.
- Adesso non potrà più udirci. Ora rispondi-.
Thomas sospirò: -A me lei piaceva sul serio- ci fu un secondo di pausa -Ma quando abbiamo cominciato a baciarci intensamente, ho un po' perso il controllo-.
- L'hai uccisa per sbaglio?-
- No, certo che no, mi hai preso per un novellino? I miei occhi sono diventati rossi e le vene sono emerse rivelando il mio volto, tutto qua. Lei ha cominciato a urlare "mostro" dando di matto mentre io tentavo di calmarla. Le ho detto che non avevo alcuna intenzione di farle del male ma lei non mi ha ascoltato. Ha preso il suo crocifisso e me lo ha puntato contro, poi ha rotto la sua spazzola di legno e si è lanciata contro di me infilando quel paletto fatto in casa nel mio cuore-.
Thomas adesso aveva gli occhi lucidi mentre Nicol non si mosse perché sapeva che in quel momento non voleva la sua compassione o il suo affetto.
- Ho sussurrato il suo nome mentre il legno mi entrava dentro. Lo sentivo lacerare la carne del mio cuore... le implorai di fermarsi, ma l'unica cosa che ottenni fu uno sguardo carico d'odio e una spinta ancora più in profondità. Caddi a terra dal dolore e l'unica cosa che lei fece fu sussurrare che era stato fatto il dovere nei confronti di Dio. Disse che il "mostro" era stato fermato-.
Alzò gli occhi per guardare sua sorella mentre la mano si stringeva a pugno.
-A quel punto la rabbia mi accecò, tolsi il paletto e glielo conficcai nello stomaco. Lo toglievo e rinfilavo, avevo perso completamente il controllo e alla fine mi venne addirittura il voltastomaco per come l'avevo ridotta ma mi costrinsi a mantenere la lucidità per rimediare al casino. Infilai leggermente i canini nel suo corpo, non troppo in profondità così da confondere i cacciatori, ma abbastanza in fondo per far capire a nostra madre che c'entravo qualcosa. Per mamma sono un assassino psicotico ed è questo che i vampiri devono pensare. Devono temermi. Un giorno nostro padre sentirà delle voci su di me... Su di noi e verrà da noi-.
Con il palmo della mano asciugò una lacrima che era caduta silenziosamente sulla sua guancia e, quando tolse il braccio, ne uscì uno sguardo freddo, uno sguardo arrabbiato, uno sguardo che suo fratello poche volte faceva. Le vene dei suoi occhi emersero e i suoi occhi diventarono più rossi del sangue stesso.
- Verrà a cercarci e a quel punto noi sceglieremo se accoglierlo... O ucciderlo-.
Nicol ascoltò attentamente quel discorso e non mostrò stupore o timore per le parole e il tono di Thomas. Aveva ucciso una ragazzina e questo cominciava ad essere troppo persino per lei.
Si staccò dal lavello sospirando, poi lasciò la stanza.
- Dovevi soggiogarla- affermò fermandosi sulla soglia della porta senza guardare il fratello.




- Klaus fa freddo là fuori- disse Hayley.
Non era invecchiata di un giorno, come tutti del resto. In quel momento indossava solo una vestaglia e una mantellina per coprirsi le spalle come se effettivamente le servisse qualcosa per l'aria pungente della sera.
Klaus invece indossava la sua solita collanina d'argento ed una maglietta di cotone morbida ma aderente sul petto così da far intravedere i pettorali. I lineamenti del suo viso erano scolpiti e, mentre a primo impatto potevano apparire sgraditi, alla seconda occhiata diventavano affascinanti. La barba non era molta, quel poco che bastava per renderlo ancora più bello. Le labbra erano pronunciate e carnose mentre gli occhi erano di un verde scuro. I capelli erano corti al punto giusto: ricci con il ciuffo che, a volte, gli cadeva sul viso.
- Se cerchi Elijah è nell'altra stanza-.
Rispose in modo freddo e distaccato mentre con un rapido movimento della mano mandò giù un intero bicchiere di liquore.
- So dove è Elijah... Ma io dicevo a te. Questa notte c'è stranamente freddo e tu dovresti seriamente entrare-
- Come se potessi prendere il raffreddore-
- Non lo dico perché potresti prendere l'influenza... Ma perché sei solo, ti stai isolando sempre di più e questo non ti fa bene. Non fa bene a nessuno-.
L'Ibrido a quel punto si girò a guardare la madre di sua figlia.
La rabbia era accecante ma lui si trattenne, era anni che lo faceva. Aumentò la presa sul bicchiere così da scaricare la tensione.
- Non mi sembra di aver ucciso qualcuno. È almeno un decennio che non uccido nessuno, considerala una conquista personale- e ricominciò a guardare la luna.
Hayley così si avvicinò minacciosamente spingendolo a guardarla negli occhi.
- Il punto non è uccidere, lo sai! Ma chiudersi in sé stessi!-
- Io sto bene, ora per favore vattene, non puoi fare così ogni dannata sera, stai diventando asfissiante-
- No! Tu devi parlare con qualcuno... E stasera non me ne andrò finché non lo farai-
- Ti ho detto che sto bene-
- No invece- urlò.
- Che cosa dovrei dirti?! Che sono completamente solo?! Hope è andata via, al college mentre Cami è morta da tempo immemorabile oramai-.
Hayley si tirò indietro, Klaus aveva sbraitato, i suoi occhi erano gialli e le vene erano chiaramente visibili. Le sue innumerevoli zanne erano in grado di terrorizzare perfino un vampiro vecchio di secoli.
L'uomo guardò il terrore sul suo volto e allora si calmò, tornò normale e ricominciò a ricreare la sua corazza.
- Tu non sei solo: hai me, Freya, Elijah, Kol, Rebekah-.
La rabbia crebbe ancora di più e la pressione sul bicchiere fu tanta che esso scoppiò in mille pezzi.
- Ho voi dici? Freya ormai è sempre con quello stregone in giro per il mondo. Rebekah è via, non si sa dove... Kol è ancora alla ricerca di un modo per riportare in vita Davina. Tu... Tu ed Elijah siete così maledettamente felici che non riesco neanche a guardarvi-.
Gli occhi erano lucidi.
- Io. Sono. Solo- disse scandendo bene le parole. Poi, decidendo che quella conversazione era chiusa, tornò a guardare la luna.



- Sei sicuro di ciò che stai facendo?- chiese Nicol con tono basso.
Thomas annuì con fermezza e chiuse lo zaino. Aveva portato il minimo indispensabile: qualche vestito, sacche di sangue e caricabatterie. Non gli serviva altro, o almeno non gli serviva nulla che non fosse in grado di procurarsi lì.
Sua sorella allora, poco convinta ma decisa a continuare a tenere d'occhio suo fratello, chiuse la valigia e la prese con un po' di difficoltà.
- È ora di andare- disse il ragazzo mettendosi lo zainetto in spalla e avviandosi verso la porta.
- Certo- rispose lei affaticata.
Thomas a quel punto sbuffò, poi si girò e prese la valigia della sorella.
- Ma si può sapere che ci hai messo qui dentro?-
- Solo il minimo indispensabile- gli sorrise.
- E per fortuna. Immaginati se ti avessi detto di prendere tutto ciò che ti serviva... Avremo dovuto prendere una gru per sollevarla-.
Nicol rise leggermente e l'Ibrido ricambiò con uno sguardo pieno d'affetto.
Caroline nel frattempo si stava stirando, aveva dormito stranamente bene. Non c'era stato nessun rumore, nessuna lite, nessun omicidio, solo silenzio. Sorrise, ma poi il suo sorriso si trasformò in terrore: stava parlando di Thomas, il grande ibrido figlio di Klaus Mikaelson. In un lampo fu in cucina dove ritrovò i suoi figli, vestiti e muniti di valigie, davanti la porta. Ringhiò e prese il ragazzo dal braccio tirandolo addosso ad un muro.
Egli volò di qualche centimetro poi cadde a terra dopo aver sbattuto sulla parete.
- Si può sapere che cosa state facendo?- chiese Caroline.
Il suo viso era quello del classico vampiro a caccia. Il bianco dei suoi occhi era svanito lasciando spazio al rosso che contrastava il verde scuro delle sue iridi. Le vene erano visibili ed in continuò movimento mentre le zanne erano ormai uscite dalle gengive.
Il ragazzo pallido e dal fascino magnetico sorrise debolmente e chiese con fare ironico:- Stavamo andando in un altra città... C'è anche solo una remota speranza che tu ci lasci andare senza drammi?-.
- Ma ovviamente no! E poi dove vorreste andare senza di me?! Tu sei un pazzo omicida che uccide chiunque incontri- disse indicando il figlio - E tu sei una ragazza che non dice nulla di fronte ad un simile massacro-. Guardò Nicol che se ne uscì con una scrollata di spalle e uno sguardo furtivo all'orologio.
- Quindi no! Io non vi lascio andare-.
Detto questo incrociò le braccia e represse le zanne.
- Lo immaginavo-.
Thomas in un lampo afferrò la madre per il collo e la sbatté violentemente contro il muro.
- Sta ferma- ordinò. I suoi occhi non sbattevano mentre guardava quelli di Caroline. Nel dire quella semplice frase ci aveva messo tutta la forza di volontà del mondo: le sue pupille si erano rimpicciolite e allargate in una maniera inumana. Dopodiché lasciò Caroline e si allontanò di qualche passo.
- Perché non riesco a muovermi?- chiese spaventata prima di realizzare la verità dei fatti.
- Tu... tu controlli la mente- balbettò -ma questo non è possibile! Io prendo la verbena-.
Thomas si riavvicinò.
- È uno dei miei trucchetti, riesco a controllare umani e vampiri che siano o no sotto l'influsso della verbena- sospirò - Io non volevo arrivare a tanto ma tu non mi lasci altra scelta-.
Una lacrima rigò il volto del ragazzo e ciò fece capire alla vampira quanto la situazione fosse grave. Thomas non piangeva, mai.
- No... Non mi puoi fare questo, non costringermi a lasciarvi andare... Ti prego...-
I suoi occhi erano lucidi, aveva paura di ciò che suo figlio le avrebbe detto. Temeva cosa sarebbe stata costretta a fare
- Mi dispiace- sussurrò lui solamente. Si avvicinò e la fissò dritto negli occhi mentre le sue pupille si allargavano nuovamente.
- Tu ci lascerai anda...-
- Aspetta- disse Nicol avvicinandosi.
- Se la obblighi a lasciarci così il suo dolore sarà talmente alto che si ucciderà o chissà cos'altro. Non possiamo, non in questo modo. Dobbiamo trovare qualcos'altro- constatò.
Thomas allentò la presa per un secondo, mostrandosi smarrito, destabilizzato da quella visione della situazione. Guardò la sorella, dopodiché si soffermò sulla madre. Odiava quella donna... Lei gli negava la verità su suo padre, ma lui non le avrebbe mai potuto fare del male. " Sempre e per sempre" valeva tanto, non lo dava a vedere ma era così e in fondo, per quanto la odiasse, la amava allo stesso tempo. Ragionò qualche secondo poi corrucciò la fronte.
- Perché prendevi la verbena? Ai vampiri non serve a nulla-.
Sua madre rispose in maniera veloce e fredda, il soggiogamento funzionava- Per proteggermi da qualsiasi Mikaelson-
Adesso era Nicol ad essere confusa. Ovviamente aveva sentito parlare dei Mikaelson e delle avventure di quegli esseri. Alcuni dicevano che fossero personaggi immaginare, altri invece giuravano di averli visti agire, uccidere.
- Conosci gli originali?- domandò.
- Si-
-E come?- chiese nuovamente Thomas.
- Sono venuti a Mystic Falls, lì sono successe tante cose-
- Cose tipo cosa?-
- Smettila- Caroline si costrinse a girare gli occhi, riuscendo ad interrompere il contatto visivo.
- Come ha fatto?- chiese Nicol.
- Credo che il mio non sia un vero e proprio soggiogamento. Riesco a comandare lì dove la sua volontà è minore, a farle fare cose che nel profondo vuole fare. Riesco a farle dire solo cose che, evidentemente, non sono assolutamente segrete per noi... Guarda- prese il viso della madre e la guardò negli occhi - Chi è nostro padre?-
- Ho detto di smetterla!- urlò lei come risposta, spingendolo via e facendolo irritare.
Lui la bloccò di nuovo sul muro:- Spegni i sentimenti e goditi la vita-.
- No... No, no- implorò.
- Spegni i sentimenti- disse con più convinzione. Fu allora che la vide, vide l'umanità lasciare gli occhi di sua madre. Il suo respiro alterato tornò normale mentre lei chiuse violentemente gli occhi come per capire cosa fosse successo. Quando riguardò davanti a sé, non c'era più nessuno.

- Dove andiamo?- domandò Nicol, dopo pochi secondi, una volta arrivati all'aeroporto.
- Dobbiamo sbrigarci- disse solamente il ragazzo.
- Ti ho chiesto dove stiamo andando!- chiese ancora correndo per stare al passo con suo fratello.
- Thomas!- Sbraitò fermandosi.
- Che c'è?-.
Buttò le valigie e guardò la sorella alzando un sopracciglio.
- Dove. Stiamo. Andando!-
Lui sorrise. Il suo sorriso era il solito sorriso da bimbo monello. Sua madre non faceva altro che dire che assomigliava molto a quello dello zio Damon anche se lei non aveva mai visto tutta questa somiglianza.
- Andiamo a New Orleans-





Capitolo revisionato.
Parole: 3.060

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