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8. Goddess


A chi ha imparato che la passione, 

pur bruciando come un fuoco selvaggio, 

lascia nel cuore cicatrici indelebili e inesorabili verità.



Ryan

Il vederla allontanarsi da me in quel modo è stato come un pugno violento nello stomaco, una sensazione acuta che mi lascia senza fiato.

Mi chiedo, in silenzio e con amarezza: perché le sto concedendo così tanto potere su di me? Dovrei essere immune al suo atteggiamento, dopotutto non è né la prima né l'ultima donna che passa nella mia vita, non ho bisogno di tutti questi drammi.

Mentre mi perdo nel vuoto dei miei pensieri, i miei occhi si posano su una delle ballerine: lei, sospesa all'interno della gabbia rialzata, è incorniciata da un gioco di luci e ombre che trasforma il suo sguardo in un invito silenzioso. I suoi occhi, carichi di desiderio e di un'inquietudine che rispecchia la mia solitudine, mi stanno fissando intensamente. Non posso fare a meno di ricambiarlo, forse perché in realtà non scopo da troppo tempo. Una verità che mi tormenta.

In quell'istante, la ballerina scende, i suoi movimenti sono fluidi e decisi, quasi ipnotici. Si avvicina a me con un'aria audace, iniziando a danzare in maniera seducente su di me, facendo oscillare le linee del suo corpo, coperto da un intimo striminzito, in un gioco che sembra voler cancellare ogni mia resistenza.

Le sue labbra, morbide e invitanti, sfiorano il mio orecchio e lo mordicchiano lentamente, mentre le sue mani si posano sulla mia pelle, tracciando sentieri che mi fanno tremare dall'interno.

In quel frangente, mi sento diviso fra la disperazione e un ardente desiderio: le mie mani scorrono istintivamente lungo il suo corpo sinuoso, come se volessi impossessarmene in quell'attimo, cercando di domare il vuoto che mi divora da dentro.

Eppure, nel profondo, so che questo è il potere che vorrei avere. Non so a chi debba dare dimostrazioni, se a Chloe o a me stesso, per negare la mia debolezza; ma questi pensieri, bruschi e di possesso carnale, sono la mia disperata reazione contro una realtà che non riesco a controllare.

Quello che faccio, allora, è prendere il viso della ballerina con decisione, e con un gesto rude le infilo la lingua in bocca, come se volessi imprimere in lei, e in me stesso, l'idea che sono ancora io a comandare, anche se mi sento completamente smarrito.

Intanto, i miei occhi vagano per la sala, cercandola: lì incontro sul volto di Chloe, seduta al bar, due occhi grandi e tristi che scrutano la scena, saettando da me alla ragazza, con un misto di delusione e disgusto.

Sono uno stronzo, lo so bene. Non posso negarlo.

Non riesco a capire se il fine ultimo sia dimostrare qualcosa o cercare di convincermi da sola che nulla ha più il potere di ferirmi.

Mentre il bacio diventa un atto di possesso, i miei occhi non lasciano mai quelli di Chloe, cercando disperatamente di trovare in quegli sguardi una conferma che, nonostante tutto, io non sia recuperabile.

Non puoi salvarmi, bocconcino.


Chloe


Ogni istante in cui incrocio lo sguardo di Ryan mi scava l'anima, mentre le sue mani afferrano i capelli scuri della ballerina in un gesto violento e possessivo, e la sua lingua esplora la sua bocca con una maestria che mi fa tremare. Dentro di me, due pensieri lottano come in una guerra silenziosa: una parte di me vorrebbe essere al posto della ragazza, lasciarsi andare con lui in senza inibizione, abbracciare quel desiderio travolgente; l'altra, invece, è invasa da un fastidio profondo e una rabbia silenziosa, un senso di delusione che mi attanaglia lo stomaco.

La scena è intensa e contraddittoria. Da un lato, la passione di Ryan mi attrae in maniera inaspettata; dall'altro, la realtà si fa insopportabile: siamo qui per uno scopo ben preciso, eppure ogni gesto, ogni bacio che scambia con quella ragazza, sembra minacciare il fragile equilibrio di questa missione.

Non posso fare a meno di notare la prepotenza nei suoi movimenti, il modo in cui le sue mani scandiscono il corpo della ballerina, mentre mi sento sempre più distaccata e, al contempo, invasa da un dolore sottile.

Perché continua a guardarmi, mentre bacia lei?

Quell'immagine mi spinge a fuggire, a cercare rifugio da qualsiasi altra parte. Corro verso i bagni, dove mi rinfresco con l'acqua fresca del lavandino, cercando di spezzare questo senso di impotenza che mi ha pervasa. Mi appoggio al marmo lucido e sospiro, mentre il rumore dell'acqua mi ricorda che, nonostante tutto, devo cercare di ragionare lucidamente.

Proprio in quel momento, una voce familiare mi sorprende: «Chi l'avrebbe mai detto che in vita mia ti avrei visto dentro un night!»

Mi volto, e incontro lo sguardo di Paige, la mia ex migliore amica, con una bottiglia di vodka in mano e un sorrido beffardo che tradisce anni di segreti condivisi. Non ci siamo più viste da quel giorno nel bar.

«Paige» dico sconvolta di vederla qui. «Che ci fai qui?»

È seduta su una sedia posta all'interno del bagno.

«Dovrei chiederlo io a te» ridacchia. «Ah no aspetta, lo so già, vuoi scommettere?» dice puntandomi un dito contro, mezza brilla.

«Che cosa vorresti dire?» chiedo.

«Sei qui con Ryan, vero?» ride sulla fine, sembra molto divertita dalla cosa ma so che è l'alcool a parlare per lei.

Cerco di nascondere il tumulto che mi divora, ma decido di mentire.

«Non so di cosa tu stia parlando.»

Ma lei non ci sta, e fa un mezzo sorriso sarcastico.

«Non dire cazzate. Ryan era troppo strano, e vi ho visti insieme. Ora, vorrei solo capire che cosa state combinando.» si alza mentre lo dice e si avvicina a me. Le sue parole mi colpiscono come una doccia fredda, scuotendo ogni mia certezza. Mi sento smarrita, combattuta tra il bisogno di fuggire e il desiderio di affrontare la verità.

«Niente. Ti sarai sicuramente sbagliata.» Lei si avvicina talmente tanto a me che riesco a percepire la puzza di alcool. La bottiglia le cade dalle mani quando mi raggiunge, provocando un rumore sordo e una marea di pezzi di vetro a terra. Per fortuna era vuota. Gioca con delle ciocche dei miei capelli, mentre io la guardo cercando di capire che fine abbia fatto la mia migliore amica.

«Pensavo di essere stata chiara» dice «Te ne devi andare da qui» conclude.

«Io non vado da nessuna parte» sono decisa nella mia affermazione.

Lei fa un sorriso amaro. «Prendilo come un consiglio Chloe» prorompe. «Vattene da qui o ti farai davvero molto male» termina sussurrando le ultime parole al mio orecchio. Rimango attonita dalla sua dichiarazione, è una minaccia o lo sta dicendo per il mio bene?

Faccio per dire qualcosa ma non me ne dà l'occasione. «Ora scusami ma ho degli impegni» dice e si volta, calpestando con i suoi tacchi a spillo i vetri a terra. Raggiunta la porta si ferma con la mano sulla maniglia, e volta leggermente il viso verso di me. «Girare attorno a Ryan ti porterà solo guai Chloe, e te lo dico in veste di sua amica» per quanto odio nei miei confronti io possa percepire nella sua voce, sento sincerità e questa volta sembra più un consiglio che una minaccia.

Rimango per qualche secondo a pensare alle sue parole, ma stanca di tutta questa serata decido che voglio soltanto tornare a casa al momento. Evito tutti i pezzi di vetro a terra ed esco finalmente dal bagno. Entro nuovamente nella sala principale e cerco con lo sguardo Ryan, se lui ha deciso di rimanere a farsi la sua bella serata qui andrò via in qualunque altro modo.

Lo intercetto immediatamente seduto su uno degli sgabelli del bar. Sembra ancora immerso in quella notte di eccessi, bacia la ballerina che ridacchia accarezzandogli i capelli, mentre io, incapace di restare ancora qui, decido che è il momento di andarmene.

Rilascio un sospiro di frustrazione e decido la mia prossima mossa. Mi avvicino ai due come se nulla fosse, stanca di questa infinita notte.

«Io sto andando via» intervengo, portando Ryan a voltarsi nella mia direzione e di conseguenza anche la sua nuova amica.

«Tu saresti?» dice lei infastidita dalla mia interruzione.

Le rivolgo un sorriso stanco. «Nessuno» dico. «Vi lascio alle vostre cose» termino e faccio per andare via.

Prima che possa compiere qualsiasi passo, la mano di Ryan afferra il mio braccio, bloccandomi sul posto.

Mi volto nella sua direzione nuovamente, fulminandolo per il gesto brusco. Si alza dallo sgabello scollandosi di dosso la ragazza mora, per poi avvicinarsi.

«Tu non vai da nessuna parte da sola» sbiascica, con una voce che tradisce una sfumatura di preoccupazione, ma allo stesso tempo di possessività. «Ti accompagno io» aggiunge.

«E io?» chiede la ragazza, mortificata.

«Trovati qualcun altro» esclama noncurante e senza preoccuparsi di aver minimamente ferito i suoi sentimenti, mi trascina lontano dal bar, verso l'uscita.

Mi libero della sua stretta. «Non ho bisogno che mi accompagni» asserisco.

Alza gli occhi al cielo. «Smettila di fare la bambina» dice ma le sue parole trascinate mi fanno capire che ha bevuto più di qualche bicchiere.

«Hai bevuto?» chiedo.

«Qualcosa» risponde.

«Non verrò in macchina con te se hai bevuto, sappilo» sono categorica su questo, non ho intenzione di rischiare la vita se è ubriaco. Si avvicina alla mia spalla e dopo aver annusato in maniera molto poco discreta i miei capelli, lo vedo tirar fuori dalla tasca dei pantaloni le sue chiavi.

«Guida tu allora, bocconcino» mi mette le sue chiavi in mano e io spalanco la bocca.

«Sei impazzito? Guidare la tua auto?» se gli facessi un solo graffio probabilmente mi ucciderebbe.

«Mi fido di te» dice «Sei tu a non fidarti di me» continua puntandomi un dito contro quasi offeso. È decisamente brillo.

«E non faccio male a quanto pare» borbotto, ma poi mi rendo conto che non vale la pena litigare con lui in queste condizioni. «Forza, andiamo» lo prendo per il braccio e me lo trascino dietro, ma alla fine è lui ad afferrarmi per il fianco e a dirigere questa camminata fino alla sua auto.

Lo aiuto a sedersi dalla parte del passeggero e mi siedo al posto di guida. Noto una bottiglietta d'acqua all'interno della macchina, per cui gliela passo immediatamente.

«Devi berla tutta, subito» sono categorica. Lui fa un mezzo sorriso.

«Sei molto sexy quando dai ordini» le sue parole mi fanno arrossire, ma cerco di rimanere composta. Afferra la bottiglietta e non ci mette molto a finirla. Credo che l'alcool gli abbia davvero fatto venire sete. Lancio la bottiglietta ormai vuota nei sedili posteriori e metto finalmente in moto la macchina.

Prendo un respiro profondo, dal momento che è fin troppo tempo che non guido un'auto, e la mia ansia nel farlo non è mai passata. In più spero che Ryan non vomiti in macchina.

Non ho alcuna intenzione di andare nel suo quartiere a quest'ora di notte, potrà stare nel mio appartamento. Anche se sarà un'eccezione e non dovrà più ricapitare.

Durante il viaggio in auto sto attenta a rispettare qualsiasi limite di velocità e semaforo per evitare problemi. Dopo un paio di minuti lui si appisola accanto a me, ma lo lascio dormire per evitare che possa dire scemenze che mi distrarrebbero dalla guida. Quando raggiungiamo il mio palazzo, parcheggio accuratamente la macchina, non lasciandola in doppia fila come fa sempre lui, e finalmente lo scuoto per una spalla.

«Siamo arrivati Ryan» mormoro e lentamente apre gli occhi, guardandosi intorno.

«Perché siamo a casa tua?» chiede e si volta verso di me. L'acqua deve aver migliorato leggermente la situazione.

«Perché non guiderò in piena notte nel tuo quartiere, con te brillo» chiarisco piccata. «Puoi restare qui stanotte. Andiamo» dico e senza dargli il tempo di ribattere scendo dall'auto. Mi passo una mano sul viso. Sono stremata da questa serata.

Saliamo fino al mio appartamento in ascensore, in completo silenzio. Non so cosa dire e sembra che lui stia meditando sul senso della vita.

Una volta all'interno di casa mia lascio le chiavi all'ingresso e appoggio la borsa sul divano.

«Puoi sistemarti nella mia stanza, io dormirò qui» affermo, indicando il divano. Finchè non sistemerò la quantità di scatoloni nell'altra camera da letto è l'unica soluzione. «Se hai bisogno del bagno è alla fine del corridoio» gli indico la direzione a cui mi riferisco. «Non ho niente di più comodo da prestarti purtroppo» gli indico i suoi vestiti, ma penso che al momento sia l'ultimo dei problemi.

«Posso dormire io sul divano, non serve che mi lasci la tua stanza» suggerisce e capisco immediatamente che la sbornia gli sia leggermente passata.

«Nessun problema, sei un ospite» faccio spallucce. «Faccio solo un salto per prendere l'occorrente per dormire e poi ti lascio la stanza» gli dico e mi dirigo verso la camera. Prendo tutto ciò che mi serve ed esco per andare in bagno. A metà corridoio incontro Ryan.

«Tutta tua» dico indicandogli la stanza con un mezzo sorriso. «Se ti servono altre coperte sono in alto, a destra, nella cabina armadio» dico. Lui annuisce ma non dice alto. Lo sorpasso dirigendomi in bagno. Questa situazione è strana e ambigua, soprattutto dopo la serata appena trascorsa. Mi strucco e indosso la mia camicia da notte, per poi uscire e raggiungere il salotto. Sento la porta del bagno chiudersi nuovamente, quindi immagino che Ryan sia lì. Mi siedo sul divano e prendo la coperta, pronta per mettermi a dormire.

Il rumore dei passi nel corridoio mi costringe a voltarmi.

Ryan fa il suo ingresso in salotto, ma non è tanto questo a destabilizzarmi quanto il fatto che non posso fare a meno di notare che indossa solo i boxer.

Mi volto di scatto, imbarazzata, e fisso un punto accanto al divano.

«Perché ti sei spogliato?» chiedo senza mezzi termini, con una punta di confusione.

«Non posso dormire con i jeans» risponde lui con naturalezza, come se fosse la cosa più ovvia al mondo.

Non sapendo come replicare, resto in silenzio.

«Posso prendere un bicchiere d'acqua?» chiede, con un tono che ammorbidisce la tensione.

«Sì, certo, è in frigo» gli indico la cucina, evitando però di guardarlo.

Non posso fare a meno però, di dare una sbirciata: vedo i muscoli della sua schiena contrarsi mentre si china per prendere un bicchiere da uno dei ripiani, rivelando la miriade di tatuaggi che adornano la sua pelle, un mosaico di storie che vorrebbero solo essere studiate una a una.

Si volta e i nostri sguardi si incrociano per un istante, ma troppo imbarazzata per essere stata sgamata, distolgo lo sguardo.

«Beh, allora grazie» dice mentre passa accanto al divano. «E buonanotte.»

«Buonanotte» rispondo, e dopo che lui si allontana nel corridoio, mi distendo cercando di riprendere fiato.

Se pensavo che la serata fosse stata un disastro, non avevo fatto i conti con la notte. Continuo a girarmi e rigirarmi, invano. Il sonno non arriva, nonostante la stanchezza che mi attanaglia.

Alla fine, rinuncio al riposo e mi siedo, mentre la mente torna a ripassare l'intera serata, con ogni dettaglio che mi riporta a Paige. Realizzo di non aver detto a Ryan del nostro incontro in bagno e, colpita dall'angoscia, decido di andare in camera.

Starà già dormendo? Sono passate più di due ore da quando è andato di là, è ovvio che lo stia facendo.

Forse tentar non nuoce, così raccolgo quel poco coraggio residuo e mi inoltro verso la mia stanza, tremando, non tanto per la camicia da notte in seta troppo sottile, quanto per l'insicurezza che mi tormenta.

La porta è socchiusa; mi avvicino cautamente, affacciandomi all'interno.

Con mia grande sorpresa, trovo Ryan sveglio, appoggiato alla spalliera del letto, intento a fissare fuori dalla finestra.

La luce che penetra dall'esterno non fa altro che accentuare l'armonia dei tratti spigolosi del suo viso.

Improvvisamente, percepisce il rumore della porta che si apre leggermente e si volta verso di me, sorpreso tanto quanto lo sono io di vedermi qui.

«Che ci fai ancora sveglia?» chiede, la sua voce bassa e curiosa, mentre guarda l'orologio. Sono le quattro del mattino.

«Non riuscivo a dormire. E tu, perché sei ancora sveglio?»

«Neppure io ci riuscivo» risponde, e annuisco, riflettendo su come iniziare una conversazione che sembri avere senso.

«Mi dispiace, non volevo disturbarti, ma devo dirti una cosa. Ho pensato di vedere se fossi ancora sveglio» dico, gesticolando nervosamente.

Ryan mi regala un mezzo sorriso, probabilmente divertito dal mio essere impacciata, e mi indica il lato del letto accanto a lui.

Con un nodo in gola, mi avvicino e mi siedo, cercando di mantenere la giusta distanza.

Incrocio le gambe e, mentre cerco di tirare verso il basso la camicia da notte per non sentirmi troppo esposta, trovo già il suo sguardo in quel punto.

Tossicchio cercando di richiamare la sua attenzione.

«Ho visto Paige stasera» dico, e i suoi occhi si immergono nei miei con una profondità che mi scuote. È davvero difficile continuare a guardare solo il suo viso, ma devo concentrarmi per il bene di questa conversazione.

«Dove?» chiede, accigliato.

«In bagno, mentre tu-» inizio la frase ma poi non so cosa dire per evitare di passare da stupida. «Mentre tu eri impegnato a ballare» rivelo soltanto la metà di quello che avrei voluto dire. «Sono andata in bagno e me la sono ritrovata lì, con una bottiglia di vodka vuota.»

«Ti ha detto qualcosa?» chiede, e io annuisco immediatamente.

«Ci ha visti insieme, e ha capito che c'è qualcosa di strano» chiarisco, osservando il suo volto che si fa pensieroso. «Non dici niente?» insisto, e lui, passandosi una mano sul braccio finalmente prende parola.

«Sapevo che sarebbe successo prima o poi. Paige non è affatto stupida; sospettava qualcosa. Vederci insieme è stata solo una conferma, anche se non sa perché eravamo insieme. Per il momento è meglio così.» annuisce a sé stesso. «Ti ha detto altro?» chiede, e io alzo lo sguardo, cercando i suoi occhi.

«Sì» rispondo. «Mi ha detto che girare intorno a te mi porterà solo guai.»

La mia voce si affievolisce, mentre Ryan si fa ancora più vicino.

«E tu, cosa pensi?» mi chiede, a un palmo dal mio viso, mandandomi in confusione.

«Che cosa dovrei pensare?»

Il silenzio che segue è denso di significato.

«Dovresti pensare che ha perfettamente ragione.»

I suoi occhi glaciali sembrano raccontarmi qualcosa che va al di là delle parole, ma non riesco a decifrarli.

«So che ha ragione» concordo.

«E allora, che ci fai ancora in questa situazione?»

«Quale situazione?» rispondo, cercando di calmare il mio tumulto interiore.

«Quella in cui sto per baciarti, Chloe. Dannatamente tanto.»

In quell'istante, mentre il mio viso viene stretto tra le sue mani, sento che non posso più tirarmi indietro.

Lo voglio, con ogni fibra del mio essere. La sua bocca si posa sulla mia, la sua lingua esperta si mescola con la mia in un bacio avido, travolgente, che mi fa dimenticare ogni ragione.

Il bacio diventa un turbinio di emozioni: le sue mani afferrano i miei capelli, le sue dita scorrono lungo le mie cosce.

Ryan mi afferra portandomi sopra di lui. Inutile dire quanto il mio imbarazzo venga fuori, soprattutto quando la mia camicia da notte si solleva più del dovuto e il corpo bollente di Ryan è sotto di me.

Non riesco a farne a meno però. Afferro i suoi capelli mentre lui continua a baciarmi.

L'eccitazione di Ryan è palese e io capisco di dovermi fermare prima di arrivare al punto di non ritorno soltanto quando le sue mani salgono più del dovuto al di sotto della stoffa di seta. Fermo le sue mani e il bacio.

Ancora ansimante, restiamo così, con le fronti unite, mentre cerco di trovare le parole giuste per giustificare questa mia interruzione. Le parole però svaniscono nel silenzio, prima che riesca davvero ad elaborarle.

«Mi dispiace, io...»

«Nessun problema, bocconcino» dice lui, e i suoi occhi, colmi di lussuria mi fissano intensamente. «Hai fatto bene a fermarmi, perché da solo non ci sarei davvero riuscito» ammette e apprezzo questo suo lato per una volta.

Mi accarezza nuovamente le gambe, facendomi venire la pelle d'oca, che lui nota immediatamente e che lo fa ghignare.

«Sei una dea, Chloe Evans. E mi stai fottendo il cervello.»

Resto scioccata dalle sue parole; non mi aspettavo che potesse esprimere un pensiero del genere ad alta voce.

Non sapendo cosa dire, rimango in silenzio. Poi mi stacco leggermente, lasciando le sue mani cadere, e mi ricompongo, realizzando in quale posizione ci troviamo ancora.

Tossicchio leggermente, scendendo dalle sue gambe e mettendomi in piedi davanti al letto, cercando di riprendere il controllo.

«Sarà meglio che io vada a dormire» dico, grattandomi la testa, pur sapendo che l'adrenalina non mi permetterà di riposare davvero.

«Resta qui» dice Ryan, e alzo lo sguardo sorpresa. «Il letto è abbastanza grande per entrambi, non serve che tu stia su un divano scomodo.» Poi, con un sorriso divertito, aggiunge: «Guarda, metto un cuscino in mezzo se ti fa stare più tranquilla.»

Il gesto mi fa alzare gli occhi al cielo e, nonostante il mio imbarazzo, annuisco. Mi stendo nuovamente dalla mia parte del letto, voltandomi di spalle per evitare di incrociare il suo sguardo, mentre la consapevolezza di quanto sia accaduto mi inonda di timidezza.

«Buonanotte» dico piano.

«Anche a te, bocconcino» risponde lui, e presto il silenzio ci avvolge, conducendoci nel torpore del sonno.


* * * 


Il persistente suono del campanello mi strappa dal sonno, facendomi sobbalzare.

Un peso indescrivibile mi schiaccia il corpo, e quando mi volto capisco che il cuscino non è servito a nulla: io e Ryan siamo diventati un groviglio di corpi. Sospiro, frustrata per la situazione assurda, ma ricordandomi del campanello che ancora suona, cerco di spostare il corpo del tatuato per alzarmi.

Mi sollevo con cautela e, cercando di non svegliare Ryan, vado alla porta. Quando la apro trovo Alex davanti a me, con un sorriso gentile che cerca di dissipare la mia inquietudine. Il mio pensiero istintivo è solo la speranza che Ryan non si svegli proprio adesso.

«Hey» dico, con voce tremolante, mentre mi interrogo se farlo entrare.

«Buongiorno, ti ho svegliata per caso?» chiede dispiaciuto.

«No, figurati, ero già in piedi» rispondo, forzando un sorriso.

Alex mi guarda con circospezione, non molto convinto.

«Volevo chiederti se ti andasse di fare una passeggiata in spiaggia.»

La mia voce esita. «Adesso?» domando, mentre il pensiero dell'uomo che giace ancora nel mio letto mi attraversa.

«Sì...» annuisce. «Sei sicura di stare bene? Sei un po' strana.»

Le sue parole mi punzecchiano, ma non riesco a completare la frase, perché il mio incubo si avvera.

Improvvisamente, una voce alle mie spalle ci interrompe. «Colazione di gruppo?»

Mi volto e, con occhi spalancati, trovo la sua figura con un ghigno sul viso, appoggiata alla colonna del salotto, ancora in boxer.

Il mio cuore batte forte, e un senso di imbarazzo mi travolge.

Mi giro verso Alex, che ora appare scioccato.

«Io posso spiegare» dico, sollevando le mani in un tentativo disperato di difendermi.

«Stai scherzando, Chloe?» chiede, la delusione e lo stupore si mescolano nel suo sguardo.

«Non è come pensi, non è successo niente» gesticolo, cercando di far capire che la realtà è molto più complicata.

Il suo sguardo si sposta immediatamente su Ryan, in mutande, e mi accorgo che anche io se fossi al suo posto, non potrei fare a meno di giudicare.

«Ti avevo avvertito su di loro, Chloe. Perché non ti sei fidata di me?» la sua voce è ferma, delusa.

Una risata sarcastica dietro di me mi coglie di sorpresa.

«Ci sei rimasto male perché non sei riuscito a conquistarla, Brown?» Come sa il suo cognome?

La mia rabbia esplode. «Sta zitto Ryan!»

Mi volto di nuovo verso Alex, che ora lancia fiamme dagli occhi, visibilmente disgustato.

«Senti, possiamo un secondo-» provo a dire, ma lui scuote la testa, negandomi il permesso di finire.

«Devo andare» dice, voltandosi e prendendo le scale, lasciandomi confusa sull'arco della porta.

Sospiro mentre la chiudo, appoggiandomi con la testa su di essa e pensando amaramente di aver perso l'unico amico che avevo qui, solo per non avergli dato retta.

Sembra che io stia facendo l'esatto contrario di quello che tutti mi dicono.

Dietro di me, una voce canzonatoria si fa avanti. «Vorrà dire che si perderà la colazione.»

«Perché devi essere così stronzo?» chiedo, arrabbiata, mentre la sua voce continua a deridermi.

«Hai appena detto una parolaccia, bocconcino?» ridacchia, mentre ruba un pezzo della torta di mele che tengo sul piano bar della cucina.

Non rispondo, perché è vero, e so che non è da me.

Poi lo osservo: lo vedo seduto tranquillamente a fare colazione nella mia cucina, vestito solo di un paio di boxer e dell'inchiostro che ricopre la sua pelle, e vado in tilt.

Questa quotidianità, che ho sempre sognato con qualcuno di diverso, ora mi appare come una crudele ironia. Una quotidianità, che lui non potrebbe mai assicurarmi.

Ryan mi scruta con intensità, come se cercasse di decifrare il caos che ribolle dentro di me, e mi chiedo se sia il caso di parlare di ieri sera.

Ma cosa c'è davvero da dire? So che qualunque cosa io dica, finirò per ferirmi da sola.

«Senti, Ryan...» inizio, ma lui mi interrompe bruscamente.

«Devo vestirmi, ho un appuntamento e sono in ritardo.»

La sua voce, gelida e distante, mi ricorda che il Ryan di questa mattina è diverso da quello di stanotte.

Poco dopo, torna, impeccabile come sempre, e si avvicina alla porta. Si ferma per un attimo prima di andarsene definitivamente e mormora: «Poi ti cerco io.»

E in quel momento, capisco di aver sbagliato a lasciarmi andare in quel modo la sera precedente.


Vi chiedo per favore di aiutarmi  a far crescere la storia lasciando magari qualche stellina e commento, ve ne sarei grata🖤🦋

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