7. Damned Thoughts
A chi è sospeso tra il dovere e il rimorso.
A chi, in ogni sguardo, in ogni bacio rubato,
vive la verità di chi ha imparato a sopravvivere nell'oscurità,
dove l'amore è un atto disperato eppure di una bellezza crudele.
Ryan
Il buio del magazzino si fonde con la mia stanchezza mentre mi faccio strada tra le file di scaffali polverosi, finchè non scorgo Paige seduta nell'angolo più remoto. Lei, con la sigaretta tra le dita, sembra persa nei suoi pensieri, i suoi occhi quasi traslucidi nell'ombra offuscata da lampade tremolanti.
Paige è una presenza ambivalente in questo mondo caotico: è una stronza, sì, ma una stronza a cui tengo davvero. Ci siamo salvati a vicenda in situazioni disperate, e, nonostante tutto, so che senza di lei non sarei qui a raccontarlo.
L'ho trascinata in qualcosa di orrendo, è vero, ma mi piace pensare che forse senza il mio intervento le cose sarebbero potute andare in maniera ben peggiore.
Mi avvicino lentamente, cercando di non disturbare il silenzio di questo posto.
«Hey» sussurro, rompendo i suoi pensieri. I suoi occhi, consapevoli della mia presenza, si sollevano leggermente verso di me.
Con un gesto rapido estraggo dalla tasca quella somma di denaro guadagnata con le due spedizioni in cui ho coinvolto Chloe, e li posizioni sul tavolo logoro, sopra bustine e documenti impolverati.
Paige mi scruta con uno sguardo che è un misto tra incredulità e rassegnazione.
«Che cazzo fai?» esordisce, con la sua solita finezza, mentre le sue parole rimbalzano contro le pareti di metallo del magazzino.
«Prendili e basta» replico, cercando di mantenere una freddezza quasi meccanica. «È solo una piccola parte, ma intanto, dai questi a Robert e stai attenta.»
Le sue labbra si stringono in un'espressione di rabbia e frustrazione.
«Ryan, non fare la testa di cazzo. Che cosa stai fottutamente combinando? Non prenderò i tuoi dannati soldi!»
Sapevo già che le sue parole sarebbero state istintive, in reazione a tutto il casino che sto cercando di risolvere per lei.
Non posso fare a meno di sentirmi diviso tra il dovere e la colpa.
«Non sto combinando niente. Ti ho messo io in questa situazione, e ora ti aiuto a risolverla» dico, cercando di razionalizzare la mia parte più oscura.
Paige mi fissa, gli occhi colmi di una rabbia che quasi mi spezza il cuore. Se ne avessi uno, è chiaro.
«Non mi hai messo in questa situazione; è Robert che ci ha trascinati tutti in questa cosa. Non devi pagare un debito al posto mio!»
La tensione si fa palpabile e, in un attimo, le nostre parole si fondono in un sussurro di recriminazioni e verità scomode.
Sospiro, abbassando lo sguardo, e dico:
«Ti ci ho portato io da Robert...»
Ma lei, con voce più alta e vibrante, ribatte.
«Se non lo avessi fatto, chissà dove sarei ora, Ryan!»
Per un istante, il passato e le scelte prese riaffiorano in un turbine di emozioni. Poi, con un tono che tradisce una rassegnata dolcezza, aggiungo:
«La cosa è reciproca. Tu mi hai salvato, e io ho fatto lo stesso con te, Paige. Per sempre.»
Il silenzio che segue è pesante come una promessa non detta. Lei mi guarda, e a tratti mi pare quasi di leggere nei suoi occhi la gratitudine mescolata a un'amara accettazione. «Prendili e basta, per favore.» termino. Sa che non prego mai nessuno per cui sospira e annuisce.
«Sei un dannato cazzone, ma ti voglio bene» mormora infine, e io, alzando gli occhi al cielo, non posso che sorridere.
«Come siamo sentimentali oggi» ridacchio, mentre mi siedo accanto a lei e prendo un sorso dalla sua bottiglia di birra. In quel momento, la familiarità di quel legame ci fa dimenticare per qualche istante il mondo oscuro in cui viviamo.
Paige mi scruta attentamente, e la conversazione prende presto una piega improvvisa.
«Hai scopato?» chiede senza mezzi termini, come se fosse una banalità.
Alzo un sopracciglio, sorpreso dalla sua domanda.
«No, Paige, non ho scopato.»
Ma lei insiste:
«Hai l'aria di uno che ha scopato. Che mi stai nascondendo?»
Il mio sguardo si oscura al pensiero di due sere fa, quel bacio, quell'assaggio rubato dalla bocca della sua ex migliore amica, un momento che mi ha fatto sentire come se fossi in balia di una droga irresistibile. Un errore fatale, che ora mi punge l'anima e mi ricorda che, nonostante tutto, non avrei mai dovuto baciarla.
Mi maledico al solo pensiero. Detesto con tutto me stesso quella ragazza, non ha niente in comune con me e con il mio mondo, ma sarei un dannato bastardo se negassi il fatto che non ci penserei due secondi a scoparmela.
Mi autoconvinco che sia stato un atto obbligato dalla situazione, non potevo fare altro. Poi però penso che lo avrei fatto anche dopo in macchina e lì concordo con Paige: sono un dannato cazzone. Devo riuscire a scollarmi da tutta questa storia il prima possibile, poi Chloe tornerà alla sua vita e io alla mia.
"Non c'è niente da nascondere. Non essere paranoica" sbuffo, cercando di mettere ordine nelle mie contraddizioni.
* * *
Chloe
Il suono del campanello mi scuote dal mio torpore
È sabato, e so perfettamente che alla porta non può che essere Ryan. Dalla sera al luna park, il ricordo di ogni dettaglio è impresso nella mia mente, ripetendosi come un tormento ossessivo. Forse è colpa del fatto che non mi sono mai comportata realmente come una ragazzina della mia età a tempo debito, e non avendo avuto alcuna esperienza con i ragazzi, il mio cervello mi sta facendo vivere una seconda adolescenza.
So bene che Ryan e io non siamo fatti l'uno per l'altra: lui è il tipo di passione ribelle che brucia tutto intorno a sé, mentre io sogno un futuro con un ragazzo stabile, con la testa sulle spalle, un lavoro solido, una casa, e chissà, anche un bambino.
Inoltre, mi tormenta l'idea di aver dato a un bacio il peso di evitare problemi legali – una scelta che mi fa sentire in colpa e, al contempo, priva di qualsiasi serenità.
Questa sera, indosso una tuta comoda, in pieno relax, dal momento che non sono andata a lavorare. Ryan mi aveva già accennato che avrebbe portato qualcosa lui; quindi, non me ne sono preoccupata più di tanto.
Quando apro la porta, lo trovo lì, in piedi, con una busta tra le mani. La sua camicia nera, sbottonata nei primi bottoni, i jeans aderenti e, ovviamente, la sua inconfondibile giacca di pelle creano un'immagine che mi attira, nonostante tutto.
Non posso fare a meno di notarlo: il mio sguardo si è posato un po' troppo su di lui.
«Ciao» tossicchio, cercando di mascherare la mia ansia.
«Ciao» risponde, ma il tono è freddo, quasi distaccato. Poi mi porge la busta. «Metti questo, siamo già in ritardo» non sembra essere una buona serata.
«Vieni entra» alzo gli occhi al cielo sfilandogli la busta dalle mani. Chiudo la porta alle sue spalle, e con mani tremanti apro il pacchetto. Resto sbalordita di fronte al pezzo di stoffa al suo interno.
«Che significa?» chiedo, con voce alterata.
«Che cosa dovrebbe significare? È un vestito» risponde lui, con un tono che lascia trasparire noia e indifferenza.
«Avevano finito il filo per produrlo, per caso?» ribatto, sperando che almeno mi copra quanto basta. «Io non lo metto» dico, incrociando le braccia e lanciandoglielo contro, in un gesto di ribellione interiore.
Ryan sospira, come se ogni fibra di sé stesse subendo l'ennesima prova di pazienza. Si alza lentamente dal divano e si avvicina, facendomi fare qualche passo indietro, come se la mia presenza fosse una condanna. Mi sento come una preda, senza via di fuga, con il muro alle spalle che chiude ogni possibilità di evasione.
«Hai presente quanta pazienza sto avendo con te?» mormora, posando un palmo a pochi centimetri dal mio viso, la sua voce è bassa e tagliente. «Ti ho fatto una domanda» ripete, afferrandomi la vita con una presa ferrea.
«Io ti ho detto che non lo metto. È volgare, non ho intenzione di andare in giro vestita da puttana» rispondo, cercando di mantenere il controllo nonostante il battito del mio cuore acceleri.
Lui mi guarda in silenzio per un attimo, e io vorrei solo riuscire a distogliere lo sguardo dalle sue labbra.
«Non stai per uscire vestita da puttana, Chloe. Stai giudicando un vestito senza averlo mai provato. Se ti lasciassi i tuoi tailleur da perfettina, daresti solo nell'occhio.» Il tono è ambiguo, e mi chiedo se si stia riferendo solo al vestito. Ma poi rifletto sulla seconda parte della sua frase.
«I miei tailleur non sono da perfettina, sono professionali. Sono una ragazza seria, non so con quali tipi di donne ti relazioni di solito.»
Non voglio neanche pensare a quali tipi di donne frequenti in realtà.
Lui sospira nuovamente, e un messaggio sul suo cellulare rompe l'atmosfera.
Gli dà un'occhiata, poi si passa una mano sul viso.
«Ascolta, siamo davvero in ritardo, e questa gente non è così paziente come lo sono io con te. Quindi, puoi mettere questo dannato vestito e far finire la serata il prima possibile?»
Il tono è stracciante, quasi disperato. Guardo il pezzo di stoffa nelle sue mani e, con riluttanza, decido di non oppormi ulteriormente.
Prendo il vestito e mi dirigo verso la mia camera, dove, dopo averlo indossato, mi specchio a figura intera. Il vestito è nero, con spalline sottili e un taglio semplice, ma troppo corto per i miei gusti e per il senso di serietà che ho costruito nel corso degli anni. Nonostante ciò, devo ammettere che Ryan ha un certo gusto nel vestire, e soprattutto, ha indovinato la mia taglia. Dopo aver abbinato un paio di decolleté nere, pettinato i miei capelli biondi in morbide onde naturali e applicato
un filo di mascara e un rossetto rosa chiaro, decido di prendere l'occorrente per uscire.
Prendo la borsa e ci metto dentro telefono, soldi e chiavi raggiungendo nuovamente Ryan in salotto.
Lui è lì, con il cellulare in mano, e quando percepisce la mia presenza, mi scruta dalla testa ai piedi. Il suo sguardo mi fa sentire vulnerabile, eppure, in qualche modo, mi accorgo di provare un senso di potere nell'essere guardata così da lui.
«Cazzo» mormora, continuando a scannerizzarmi. Faccio saettare i miei occhi nei i suoi.
«Cosa?» chiedo.
«Cazzo... Siamo in ritardo, sì, cazzo siamo in ritardo» ribatte, muovendosi freneticamente verso la porta. Non perdiamo tempo e usciamo dal mio palazzo.
Non impieghiamo molto per raggiungere il night di cui parlava Ryan. C'è moltissima gente fuori e l'eco della musica si percepisce fin da qui fuori.
Mentre ci avviciniamo all'entrata, noto che ci sono molte ragazze sicuramente più svestite di me, e capisco che Ryan aveva ragione. Poi la sua mano sfiora il mio fianco con un gesto improvviso che mi fa tremare.
«Stammi attaccata, capito?» sussurra al mio orecchio, il calore del suo respiro mi provoca brividi sulla pelle.
Il bodyguard ci accoglie con un cenno del capo, permettendoci di entrare senza intoppi.
«Lo conosci?» chiedo.
«Mi deve qualche piccolo favore, diciamo così» si limita a dire. Oh, un altro cliente quindi.
Nel locale, la scena è surreale: tra le ballerine in intimo che danzano all'interno di gabbie rialzate e i giochi di luce, il senso di confusione si mescola ad una strana eccitazione.
«Ci sta aspettando vicino ai bagni» mi dice Ryan, e attraversiamo insieme un corridoio stretto, dove l'aria calda e l'odore di sudore creano un'atmosfera quasi claustrofobica. Raggiungiamo quasi i pressi dei bagni. Lì, un uomo sulla quarantina ci attende: il suo aspetto è serio, i capelli ordinati, e un velo di timidezza si riflette nel suo sguardo.
«Ti aspetto qui, fai quello che sai» mormora, mentre le sue mani esperte infilano delicatamente la merce all'interno del decolleté del mio vestito.
Arrossisco per il gesto, mentre lui mi sorride con una malizia che contrasta con la difficoltà della mia situazione. Mi allontano in silenzio per completare lo scambio.
Quando raggiungo l'uomo, noto qualcosa di diverso. Non è la solita tipologia che mi si è presentata fino ad ora. È un uomo che potrebbe facilmente passare per un commercialista o per un fisico, con i suoi occhiali a fondo di bottiglia. Quando arrivo davanti a lui mi sorride, ma sembra davvero terrorizzato da occhi indiscreti. Inaspettatamente mi porge la mano.
«Piacere di conoscerla, sono Leroy. Mi dispiace per il poco preavviso.» dice con voce sommessa e quasi imbarazzata.
In quell'istante, un senso di colpa mi attanaglia: sto aiutando un uomo che sembra tanto buono a farsi del male, e il peso di quello che sto facendo mi schiaccia. Il senso di nausea mi pervade e non vedo l'ora di andare via.
«Non si preoccupi» sussurro, mentre tiro fuori la bustina che Ryan ha riposto con cura nel mio vestito. Dopo lo scambio, Leroy mi passa i soldi, che metto prontamente al posto della droga. Lui infila rapidamente la bustina in tasca, e senza lasciargli il tempo di dire altro, mi giro e mi avvio di nuovo verso Ryan.
Quando mi vede arrivare di fretta, mi rivolge uno sguardo preoccupato e confuso.
«Che succede?» chiede, stringendomi il polso. Lo guardo ma non so descrivere esattamente cosa succede. Sento di aver appena contribuito al declino totale di un uomo per bene.
La mia voce è un sussurro, quasi rotta. «Penso di aver appena fatto qualcosa di terribile, Ryan... Io non so se posso continuare così. Quello era un uomo per bene e gli ho appena venduto droga.»
Mi passo una mano tra i capelli.
Lui mi fissa, serio.
«Chloe, quell'uomo potrà sembrare rispettabile, ma è lui che mi ha contattato. È un drogato, niente di più. Non sei tu a determinarne il destino. Se non l'avesse presa da te, l'avrebbe fatto da qualcun altro. Non giudicare un libro dalla copertina, bocconcino.»
Le sue parole, più dure, mi calmano parzialmente. So che ha ragione, eppure il senso di colpa non mi abbandona.
Ryan mi trascina via dal corridoio, e ci inoltriamo nella massa di persone sulla pista da ballo. Al centro del locale, tra il ritmo incalzante della musica e le luci stroboscopiche, improvvisamente mi afferra per il fianco, trascinandomi addosso a lui.
In risposta al movimento brusco, mi appoggio al suo petto, cercando stabilità.
«Che fai?» chiedo, confusa, mentre sento il battito del suo cuore a pochi centimetri da me.
«Ballo» risponde lui semplicemente, con un sorriso che cerca di disinnescare ogni tensione.
«Puoi scordartelo» ribatto. Non sono qui per lasciarmi andare.
«Siamo qui ormai» un sorriso furbo spunta sulle sue labbra. Alzo gli occhi al cielo.
«Non so ballare» confido, seria. Non sono mai andata a ballare, sembrerei un'idiota.
«Ti sembro uno che sa ballare?» mi chiede lui di rimando. In effetti, non lo vedo tra i suoi hobby. «Lasciati trasportare dalla musica» dice, e lentamente mi ritrovo a cedere, a chiudere gli occhi e ad abbandonarmi a quel momento di fugace libertà. Tra un passo e l'altro la mia mente lotta con il desiderio e la ragione. Ryan sorride sinceramente, facendomi imbarazzare quando mi rendo conto che mi sto davvero muovendo, e che lui ancora attaccato a me, sta seguendo il mio corpo.
«Perché lo stai facendo?» chiedo.
«Cosa?»
«Questo» indico con lo sguardo noi due.
«Per evitare che il tuo cervello vada in corto circuito» afferma, con tono ovvio. «Dovresti davvero rilassarti ogni tanto Chloe» dice. «Delle volte sembra che tu abbia una scopa ficcata su per il-» non gli lascio terminare la frase che gli do un pugno sul petto.
«Non è vero!» mi difendo. Lui ride.
«Sì, invece. Dovresti solo imparare a spegnere un po' il cervello.» Lo guardo, non lo sta dicendo con cattiveria e me ne rendo conto subito. So che ha ragione, ma è facile per lui parlare. Sapete quanto possa essere difficile provare ad avere sempre tutto sotto controllo? Non puoi mai permetterti di rilassarti completamente perché qualcosa potrebbe sfuggirti. Non riuscire a controllare le cose è sempre stata una mia paura. Ho sempre avuto il dannato timore di non essere in grado di affrontare quello che non era sotto il mio potere. Questo mi provoca ansia, parecchia ansia. L'unico modo per non averla è rimanere sempre vigile. Ma quanto deve essere bello non pensare per soli dieci minuti?
Lo guardo, e so che sta sentendo le rotelle nel mio cervello girare senza sosta. Per evitare però che possa pensare che io abbia davvero una scopa lì dove non batte il sole gli faccio un piccolo sorriso e continuo a muovermi a ritmo di musica. La canzone cambia, ce n'è una molto più movimentata. Chiudo gli occhi godendomi il ritmo incalzante e quando li riapro vedo che Ryan mi sta guardando. Più che guardando sembra che mi stia studiando.
«Cosa c'è?» domando curiosa.
«Niente» ribatte, serio, ma non sposta il suo sguardo.
Improvvisamente, il desiderio diventa troppo forte. La vicinanza di Ryan, il ghiaccio nei suoi occhi e il profumo della sua pelle mi fanno vacillare, e per un attimo mi sembra di voler cedere a quell'impulso proibito. Quando anche l'altra mano raggiunge la mia vita strabuzzo gli occhi. Repentino come una volpe, sfila il bottino che abbiamo ricavato dal mio petto, facendomi scorrere miriadi di brividi dietro la schiena. Non riesco a smettere di fissargli le labbra, rosse e invitanti, mentre la mia gola si secca al solo pensiero. Ma poi mi sento intrappolata nella mia stessa coscienza, nel pensiero che non sia una brava persona e quando lo vedo avvicinarsi, con un gesto brusco mi stacco, sentendo il cuore martellarmi nel petto.
Deglutisco visibilmente, mentre rilascio un grande respiro che non sapevo di aver trattenuto. Lui mi guarda con la stessa identica espressione, ma un cipiglio quasi infastidito prende subito posto sul suo viso.
«Io... Devo andare a prendere dell'acqua» balbetto, inventando una scusa che sa di debolezza. Sono un'idiota. Mi allontano in fretta verso il bar, dove prendo posto su uno sgabello, cercando di regolare il respiro.
Lo avrei baciato. Dannazione se lo avrei fatto.
Questo è quello che continua a ripetere la mia mente e anche il motivo per cui mi sto solo innervosendo.
Mentre sorseggio una bottiglietta di acqua naturale, osservo la pista, cercando il volto di Ryan tra la folla, l'unica ragione dei miei tormenti. Lo scorgo immediatamente.
Non ho sbagliato per niente a scappare.
La ballerina in intimo che ha la lingua infilata nella sua bocca me ne sta dando solo una dimostrazione.
Vi chiedo per favore di aiutarmi a far crescere la storia lasciando magari qualche stellina e commento, ve ne sarei grata🖤🦋
Ig: hidden_writer_books
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