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16. Silver knife, bleeding heart. (In revisione)


Ryan

Questa giornata va di male in peggio. Ho discusso per mezz'ora con Robert, e per poco non siamo arrivati alle mani. Si è salvato solo perché ha mandato alcuni scagnozzi e onestamente dieci contro uno non è che sia proprio equo. Come se questo non bastasse, stiamo avendo rogna con alcuni clienti che pretendono, ma non pagano. Non c'è cosa peggiore. E ovviamente sapendo che gli altri non sanno farsi rispettare come devono, Robert ha deciso di mandare me a rimediare.

Per concludere il tutto in bellezza sono nervoso marcio, sono giorni che non dormo perché penso costantemente a quello che è successo la scorsa settimana con la biondina. Non ci siamo più visti né sentiti. Lei ce l'avrà con me, ok forse ho esagerato, ma accusarmi in quel modo solo perché non riesce a risolvere i suoi problemi è stato troppo.

Finisco di caricare le ultime pistole da consegnare ai ragazzi, e nel frattempo mi metto un coltellino nella tasca, quando Paige entra nel capannone.

"Ci manchi soltanto tu oggi" sbuffo. Non ho voglia di litigare anche con lei.

"Andiamo, ce l'hai ancora con me per la sciocchezza dell'altra sera?" chiede ridacchiando. Paige è così, potrebbe dirti le peggiori cose, scatenare l'inferno, ma dopo qualche ora per lei non sarebbe successo nulla.

"Non è stata una sciocchezza" borbotto mentre finisco di chiudere la lampo. Lei nel frattempo prende posto sulla sedia davanti a me e mi osserva.

"Ti sei innamorato Ryan?" ride quasi sconvolta.

"Sei impazzita forse?" la guardo come se le fosse spuntato un terzo occhio. "Sono io che mi sono dovuto subire quella pazza isterica dopo" sbuffo. Lei si rabbuia.

"Non posso credere che tu l'abbia coinvolta in questa cosa. E alle mie spalle per giunta." alzo un sopracciglio, rigirandole la domanda.

"Ti importa così tanto di lei da preoccupartene?" chiedo. Mi guarda come se fosse stata colta con le mani nel sacco ma poi alza gli occhi al cielo.

"Non dire sciocchezze. Non la voglio in questa città, tutto qui. Non la tollero. Ti basta come risposta?" alza leggermente il tono di voce.

"Questo lo hai già detto l'altra sera, l'importante è che ti convinca tu di questo" ridacchio. Adoro farla incazzare. Infatti mi rifila subito un medio.

"Non hai ancora risposto al perché tu abbia deciso di coinvolgerla." cambia argomento.

"Perché con quel visino nessuno sospetterebbe di una come lei" spiego. "E non sono scemo, non avrei permesso che finisse nei guai" spiego, provando a rassicurarla da questo punto di vista.

Continua a giocare con le bustine di cocaina sul tavolo, pensierosa. "Ha sclerato parecchio?" domanda, provando a far finta che non le importi. Ti conosco troppo bene Paige. Mi siedo di fronte a lei, sospirando.

"Era molto ferita" dico e il suo sguardo si indirizza nel mio. "Non ha parlato per tutto il viaggio di ritorno" continuo. "Poi abbiamo discusso, ho detto delle cose che hanno peggiorato la situazione e la serata si è conclusa con lei che mi manda a fanculo" termino passandomi una mano tra i capelli. Non riesco a togliermi dalla testa il suo sguardo ferito.

Paige spalanca gli occhi. "Chloe ti ha mandato a fanculo?" lo dice quasi ridendo.

"Esattamente" affermo. Stavolta ridacchia rumorosamente. Nemmeno lei può credere che siano uscite delle parolacce da quella bocca. Dannata bocca.

Sembra poi riprendersi e tossicchia leggermente. "Hai fatto bene a ferirla." annuisce alle sue stesse parole. "Prima si allontanerà e meglio sarà per tutti".

Sarà davvero la cosa migliore per tutti?


Chloe

"Allora, come procede?" domanda Alex mentre prendiamo un buon caffè da Starbucks, al numero 100 di Washington Boulevard. Ammetto che tornare al lavoro il lunedì è decisamente difficile, ma iniziare la mattinata con una buona dose di caffeina e in compagnia del mio vicino è decisamente un buon modo per rendere la giornata migliore.

"Tutto bene devo dire. Sarà una lunga settimana però" ridacchio sbuffando. Tutto bene è un eufemismo. Non ho voglia però di opprimere Alex con i miei problemi dello scorso weekend. Non riesco ancora a capacitarmi di tutto ciò che è stato detto quella sera. E più di tutti non riesco a capire quali parole mi abbiano ferita di più.

Io ed Alex terminiamo i nostri caffè, mentre lui continua a raccontarmi di alcuni clienti assurdi che gli sono capitati durante la scorsa settimana.

Arrivo nel mio ufficio salutando Rose, e prendendo alcune cartelle che il signor Jones ha lasciato per me. Non ci sarà per tre giorni, in quanto aveva un viaggio di lavoro programmato da molto tempo e ormai non poteva più rimandare. Lavoro per tutto il giorno senza interruzioni, saltando anche il pranzo per provare a smaltire almeno la metà di tutte queste scartoffie. Quando butto un occhio verso la vetrata che da sulla città vedo che ormai è quasi buio inoltrato. Raccolgo tutte le mie cose e scendo in strada per cercare un taxi libero che possa riportarmi a casa. Sono stremata.

Per mia sfortuna, non ne vedo passare per almeno dieci minuti, così mi rassegno sbuffando e mi avvio a piedi. Non è troppo distante, ma avrei senza dubbio preferito non dover camminare. Manca ormai un solo isolato da casa quando il rumore di uno sparo mi fa bloccare sul posto. Sento delle voci non troppo distanti da me e l'occhio mi cade su un vicolo alla mia destra. Vorrei davvero correre via, ma la mia curiosità è più forte della paura stessa, così mi avvicino cercando di non farmi vedere, e mi apposto dietro ad un cassonetto della spazzatura.

Ciò che vedo sono un gruppo di ragazzi, due dei quali stanno tenendo per le braccia un uomo di mezza età che si dimena. Davanti a lui c'è un ragazzo, mi da la schiena, ma vedo la sua mano rigirarsi un coltello ormai insanguinato.

Traccia delle linee ben precise sulle braccia del malcapitato, e di tanto in tano applica una maggiore pressione, che genera dei tagli. Il sangue prende a scorrere lento, non avendo preso vene o arterie in particolare. L'uomo urla, e ogni volta che lo fa, riceve un calcio da quello che gli sta accanto.

"Te lo dico per l'ultima volta. Non osare mai più provare a fregarmi cazzo."

Quella voce.

Non posso crederci.

Ryan alza il coltello e lo punta alla gola dell'uomo, fin quando il mio grido involontario ferma quello che sarebbe potuto accadere.

"No!" mi tappo immediatamente la bocca con le mani, ma ormai il danno è fatto. Gli uomini si voltano verso di me, uno di loro mi raggiunge immediatamente, una pistola tra le sue mani.

Vengo bloccata immediatamente tra il suo corpo e il muro. L'unica cosa che riesco a sentire è il freddo metallo dell'arma contro la mia tempia.

"Adesso non potrai più raccontarlo a nessuno, stupida puttana." la sua voce mi raggiunge immediatamente. Deglutisco chiudendo gli occhi. Le lacrime solcano le mie guance. Sto per morire. Sento l'uomo toccare il grilletto e capisco che la fine è vicina.

Una folata di vento mi porta ad aprire nuovamente gli occhi e un braccio invade la mia vista. Ryan abbassa il braccio del suo amico, così come la pistola. Il suo sguardo è serio e le mani che ancora contengono il coltellino sono sporche di sangue.

"Portatelo via e fatelo pregare per la vita. Qui ci penso io." guarda solo il ragazzo accanto a lui, con una delle voci più glaciali che io abbia mai sentito. Il ragazzo mi guarda con disprezzo, ma alla fine obbedisce all'ordine. Vedo gli altri mettere una benda in bocca al malcapitato per non farlo urlare, per poi trascinarlo tra le vie buie di Los Angeles, accertandosi prima che nessuno sia in zona.

Lo sguardo di Ryan si sposta immediatamente su di me, e una nuova emozione mai provata fino ad ora si insinua nelle mie ossa.

La paura.

Il corpo prende a tremare, e quando lui fa un passo nella mia direzione, io ne faccio uno indietro, andando a sbattere contro il muro.

Il suo fiato caldo si scontra con la mia pelle e contrasta con quella che è ormai l'aria fredda della sera.

Il coltellino che ha tra le mani si avvicina alle mie clavicole, sporcandomi la pelle con il sangue di quell'uomo, e facendo scappare delle lacrime dai miei occhi.

Chi diavolo è l'uomo che ho davanti? E perché non mi sembra la stessa persona con cui stavo cenando nel mio appartamento solo qualche giorno fa?

"Hai paura?" queste sono le uniche parole che lasciano la sua bocca, in un tono piatto. Per una volta, non ha senso mentire. Voglio solo che tutto questo finisca.

"Sì." la mia voce è flebile, e bloccata dalle lacrime che cerco di trattenere.

"Fai bene ad averne." la glacialità con cui pronuncia queste ultime sembra perfino non appartenere a lui. Come se qualcuno si fosse impossessato della sua persona e avesse preso il pieno controllo.

Alzo leggermente lo sguardo. Ho bisogno di guardarlo negli occhi e capire perché sta facendo questo. Sussulto quando li vedo. Due occhi come pozze nere. Vendicativi, turbati, pieni d'odio. Questo è tutto quello che riesco a leggere.

"Che cazzo pensavi di fare?" scandisce ogni parola come se la sua voce fosse robotica. Con quel coltellino ancora puntato addosso non riesco a pensare lucidamente.

"Toglimi quel coso di dosso" la mia voce è provata, e la puzza di sangue mi sta facendo venire voglia di vomitare.

Allontana leggermente la mano, ma non per questo il suo sguardo cambia.

Sospiro leggermente sollevata.

"Chi diavolo sei tu veramente eh? È questo che fai? Uccidi le persone?" il terrore nella mia voce è palpabile e le lacrime scendono copiose sulle mie guance. Lui mi guarda serio, ha uno sguardo da pazzo.

"Paura di essere la prossima, bocconcino?" è serio mentre lo dice, e questo mi terrorizza solo di più.

Come è possibile che lui e quello che mi ha baciato più volte siano la stessa persona?

La paura mi sta uccidendo e la testa ormai mi gira per la confusione.

Ryan ha le mani sporche di sangue. Ryan stava per uccidere quell'uomo.

"Stai lontano da me!" in un impeto di rabbia lo spingo lontano, mentre prendo a singhiozzare. Sono una stupida. Sono scioccata da tutto quello che sta succedendo.

"Ti consiglio vivamente di sparire da qui entro cinque secondi. O sarò costretto a mantenere la mia parola" stringe i denti mentre lo dice.

Sento un dolore nel petto a pensare che fino ad ora, non ho capito davvero nulla. Mi stavo iniziando a fidare di qualcuno che seppur burbero sembrava una persona a posto. Penso alla cornice e mi viene di nuovo un moto di angoscia e delusione.

"Vorrei non averti mai conosciuto." sono le uniche parole che lasciano le mie labbra.

Quasi ride alle mie parole.

"Eppure eri così disperata di riprenderti la tua migliore amica che mi sei stata parecchio attaccata al culo" il suo ghigno è cattivo e vorrei solo sprofondare in un vortice senza fine.

"Non voglio vederti mai più in vita mia Ryan. Mai più." la mia voce si rompe mentre pronuncio queste parole, poi inizio a correre, il più lontano possibile da quel maledetto vicolo.

Perché diamine fa così tanto male? Perché sento che il dolore che provo nel petto potrebbe soffocarmi da un momento all'altro?

Vi chiedo per favore di aiutarmi  a far crescere la storia lasciando magari qualche stellina e commento, ve ne sarei grata🖤🦋

Ig: hidden_writer_books

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