Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

11. Voices (In revisione)

Sono sorpresa per non dire scioccata dalle figure che mi trovo davanti.

"Sorpresa!" gridano i due davanti al portone ed in un attimo sono su di me. I capelli biondi di mia madre mi offuscano la vista e il profumo inconfondibile di mio padre mi inebria le narici.

Casa. Ecco cosa sento in questo momento. Ed era ciò di cui avevo esattamente bisogno negli ultimi giorni.

"Io non so davvero cosa dire" balbetto troppo felice per formulare qualsiasi altra frase. "Che ci fate qui?"

"Volevamo farti una sorpresa" dice mio padre "Sai tua madre non faceva altro che pensare a te e quindi l'ho accontentata" dice con finto tono da duro facendomi sorridere.

"Io? Devo ricordarti che hai passato le ultime settimane a piangere?" dice mia madre facendo immediatamente borbottare mio padre e ridere me.

"Non sapete quanto sia felice di avervi qui, anche voi mi siete mancati immensamente" dico una volta allontanata dal loro abbraccio. "Dai entrate, non rimanete sulla porta!" dico e mi sposto per farli passare. Avevo dimenticato però un piccolo dettaglio.

Ryan.

Gli occhi dei miei genitori viaggiano per l'appartamento finchè non si fermano sulla figura del ragazzo accanto al mio divano. Mia madre inarca il sopracciglio incuriosita, mentre la faccia di mio padre esprime tutt'altro sentimento: gelosia.

"Lui chi è tesoro?" chiede mia madre mettendo su il suo sorriso migliore.

"Già, chi è?" chiede mio padre ma il suo tono è più seccato.

Non so cosa possano pensare sul momento, ma so per certo quello che penserei io. Un ragazzo super tatuato, palestrato e ricco di piercing nel salotto della loro bambina. Come minimo io sarei svenuta.

"Lui è Ryan" dico torturandomi le mani di nascosto. "È un mio amico" arrossisco tra me e me pensando a quello che sarebbe successo se i miei genitori non fossero arrivati. Ryan alza lo sguardo verso i due, e per una volta lo vedo a disagio. "Ryan, loro sono i miei genitori, David e Jennifer" finisco di fare le presentazioni e aspetto che facciano qualcosa loro. Ora sono io quella nervosa.

Ryan si schiarisce la voce. "È un vero piacere conoscervi signori Evans, ho sentito molto parlare di voi" dice e mette su uno dei suoi sorrisi migliori, per poi avvicinarsi e stringere la mano ai miei genitori. La mia mascella per poco non tocca terra. Quanto è bugiardo? E soprattutto come ha fatto a mettere su quest'aria da bravo ragazzo in quattro e quattr'otto?

Mio padre gli stringe la mano in una presa ferrea e vorrei davvero sotterrarmi. "E dimmi Ryan, cosa ci fai a quest'ora della mattina a casa di mia figlia?" non posso credere che l'abbia chiesto sul serio. Cosa pensa? Prendo una colorazione porpora e so che dovrei intervenire ma non ho idea di cosa dire. Per fortuna Ryan è più astuto di me e non si fa prendere in contro piede dall'interrogatorio di mio padre.

"Passavo di qui e le ho portato la colazione" fa spallucce con un viso angelico. Vi giuro che vorrei davvero farvi vedere la sua espressione in questo momento. Da oscar.

I miei sembrano crederci, quindi tento subito di cambiare discorso.

"Beh, perché non ci sediamo tutti quanti?" indico i divani e il mio invito è rivolto anche al ragazzo al mio fianco. Non vorrei passare per maleducata. Ci sediamo tutti e capisco di dover dire io qualcosa.

"Quanto pensate di restare?" chiedo, ma alla fine sono davvero interessata. Mi sono mancati così tanto.

"Non più di tre giorni tesoro, tuo padre purtroppo non è riuscito a prendere più giorni a lavoro" dice mia madre dispiaciuta. Anche a me dispiace che stiano così poco, ma sono lo stesso felicissima di passare tre giorni con loro.

"Sono davvero felice che siate qui, anche se solo per poco. Se mi date un momento faccio una telefonata in ufficio e chiedo se posso prendere questi tre giorni...non dovrebbero dirmi di no" dico e mi allontano per fare la telefonata. Sono sempre stata puntuale sul lavoro, per cui non mi sorprendo quando il signor Jones mi accorda il permesso. Tornando accanto a loro sento il silenzio imbarazzante che si è venuto a creare tra i tre. Faccio un sorriso e gli comunico che avrò del tempo per mostrargli un po' la zona in questi pochi giorni.

Ryan si gratta la nuca imbarazzato e si volta verso di me. "Ecco io andrei, non vorrei disturbare, magari avete tante cose di cui parlare" dice e io annuisco non sapendo davvero cosa dire. Non voglio che si senta a disagio o altro, per cui non ha senso dirgli di restare.

"Ma no Ryan, perché non resti qui anche per pranzo?" dice mia madre cordiale. Non era casa mia questa una volta?

"No!" dico subito ma viene fuori quasi più tipo un gridolino. Gli occhi dei tre sono subito su di me e mi vergogno per come ho reagito. Guardo Ryan, e a discapito di come potesse sembrare qualche istante fa, nei suoi occhi leggo uno sguardo di sfida. Che vuole combinare? "Cioè voglio dire, sicuramente avrà altro da fare" mi correggo.

"In realtà non ho impegni" mi lancia uno sguardo "Mi piacerebbe restare, Chloe mi ha parlato molto bene della sua cucina" si rivolge a mia madre come il paraculo che è. Quando mai gli ho parlato della cucina di mia madre? Falso.

Mia madre quasi arrossisce, e non la biasimo affatto. "Dammi pure del tu e chiamami Jennifer" rassicura il ragazzo accanto a lei. Non so più come riparare questa situazione.

"Non è ancora troppo presto per parlare di pranzo? Sono solo le undici!" dico io cercando di mandare via il tatuato che, a quanto pare, ha deciso di sfidarmi.

"Non è mai troppo presto per parlare di pranzo! Anzi vieni con me e mettiamoci subito all'opera" mi dice mia madre raggiungendo la cucina. Mi alzo per raggiungere mia madre quando realizzo una cosa. Ora mio padre e Ryan rimarranno da soli. Guardo il moro al mio fianco che sembra aver realizzato la stessa cosa. Sei voluto rimanere Ryan? Goditi mio padre allora. Faccio un sorrisetto beffardo.

"Divertitevi nel frattempo" dico con finto entusiasmo e mi dirigo in cucina ridacchiando. Quei due si ammazzeranno.

Quando raggiungo il bancone noto che mia madre ha già preso tutto il necessario dal frigo per preparare un ottimo arrosto, e anche gli ingredienti per quello che dovrebbe diventare un sugo per la pasta. Mentre lei si muove da una parte all'altra mi metto accanto a lei e incomincio a tagliare le carote.

"L'appartamento è davvero bellissimo Chloe" dice e io sorrido annuendo.

"E non hai ancora visto la zona, è davvero magnifica e le spiagge sono da sogno" confermo. Questo quartiere è stata una delle poche scelte giuste fatte da quando sono arrivata.

"Il lavoro come va?"

"Bene, impegnativo per il fatto che l'azienda si è appena trasferita ma mi trovo davvero bene anche con i nuovi colleghi e quelli che sono venuti qui con noi sembrano soddisfatti anche loro" faccio spallucce.

Vedo che mia madre rimugina su qualcosa. La conosco troppo bene, so che sta cercando un modo per chiedermi di Ryan.

"Mamma, chiedimi quello che devi e non girarci troppo intorno" dico alzando gli occhi al cielo.

"Ok" dice ridendo. Ormai sa che la capisco al volo.

"Quindi...dove hai conosciuto Ryan?" chiede mentre mette il soffritto nella pentola. Mi appoggio al bancone e incrocio le braccia al petto.

"Ci siamo conosciuti in un bar qui vicino e siamo diventati amici, tutto qui" faccio spallucce tentando di farla breve, ma queste poche informazioni non sembrano bastarle.

"Quando siamo entrati sono rimasta un po' sorpresa sai? Sembra così..." non sa come terminare la frase, e la capisco.

"Diverso da me?" concludo al suo posto.

"Non fraintendermi, sai che non ho pregiudizi sulle persone" mette le mani avanti "Ma so bene anche quanto tu invece abbia sempre fatto caso a queste cose e mi è parso insolito" dice. Quello che dice mia madre non fa una piega.

"Hai ragione, non sono caratteristiche che in genere mi fanno avvicinare alle persone...però come hai detto tu sto cercando di non avere pregiudizi e Ryan in fondo è una brava persona" faccio spallucce mentendo parzialmente a mia madre. Cara mamma, in fondo ma molto molto in fondo.

Mi guarda titubante, poi rivolge il suo sguardo alla pentola. C'è un momento di silenzio. Gira l'arrosto con un mestolo e per poco non mi fa andare di traverso la saliva. "Glielo hai già detto che ti piace?"

Sbarro gli occhi alle sue parole. "Mamma! Sei impazzita per caso?" come gli viene in mente una cosa del genere.

"Una mamma le capisce queste cose, si vede sai?" ok è decisamente impazzita.

"Devi cambiare oculista allora" confermo e lei alza gli occhi al cielo ridendo. "Questa volta ti sei sbagliata alla grande." Confermo di nuovo.

"Staremo a vedere" ridacchia, facendo alzare i miei occhi al cielo questa volta.

È da un po' che mi chiedo cosa quei due stiano combinando. "Secondo te papà ha ucciso Ryan?" le chiedo poi, e non sto scherzando.

"Vai a controllare, sia mai che rimango senza genero" lo dice con tono teatrale, facendomi spalancare la bocca e prima che io lasci la stanza le lancio un gambo di sedano che lei schiva abilmente ridendo.

Una volta raggiunto il salotto sono quasi allucinata dall'immagine che mi si presenta davanti. Mio padre e Ryan stanno scherzando, ridendo e dandosi pacche sulle spalle.

"Che mi sono persa?" la mia voce è più che sorpresa. La loro attenzione si sposta subito su di me.

"Niente di che tesoro, sapevi che Ryan è un tifoso del Chelsea?" dice con gli occhi che gli brillano e lì capisco subito. Mio padre è un tifoso sfegatato del Chelsea, ha l'abbonamento allo stadio e ogni qual volta gli è possibile va a vedere la partita. Con questa notizia Ryan ha preso davvero tanti punti.

Tant'è che, quando rivolgo il mio sguardo al ragazzo al suo fianco lui mi guarda già come per dire '1 a 0 per me bocconcino'. Dannato Ryan.

"No papà, sai non parlo di calcio con Ryan" alzo gli occhi al cielo. Mio padre sa quanto io odi il calcio. Il mio in realtà non è neppure un odio, è solo che non comprendo proprio il senso di correre dietro un pallone e sudare. Mio padre capisce al volo e ride, alzandosi e raggiungendomi. Mi avvolge in un abbraccio spacca ossa.

"Il tuo odio per il calcio non avrà mai fine" dice.

"Non lo odio, ma quando ero bambina non potevo mai vedere i cartoni per colpa di quelle dannate partite" rido sbuffando.

Mio padre annuisce verso Ryan. "Ha ragione, ma in compenso aveva trovato un passatempo migliore" conferma mio padre e io vorrei solo sotterrarmi visto che so già cosa sta per dire. "Si era fissata sul dover correre nuda in giardino!" dice e vorrei strozzarlo.

"Papà avevo tre anni!" lo rimbecco, mentre il moro ridacchia sul divano.

Ad interrompere questo momento, per fortuna, è mia madre. "David aiutami a disfare le valigie. Tesoro dov'è la camera degli ospiti?" chiede mia madre. Per fortuna sono venuti a ritirare gli scatoloni ieri mattina, o mi sarebbe toccato il divano.

"Seconda porta a sinistra nel corridoio" le dico per poi fare uno sguardo da assassina a mio padre "Tu. Sparisci dalla mia vista" dico minacciosa, anche se assomiglio di più ad un gattino. Lui, infatti, ride raggiungendo mia madre.

So già che Ryan stava solo aspettando questo per agire come un felino, per cui non appena rimaniamo da soli io mi rifugio in cucina per controllare le pentole sul fuoco.

Non sarebbe mai rimasto fermo in salotto, per cui lo guardo mentre mi raggiunge con passo felpato e la testa inclinata con quel dannato sorrisetto.

"Non dire una parola" gli punto il mestolo contro, che lui prontamente sposta con la mano, leccandosi il dito ormai sporco del sughetto dell'arrosto. Non posso fare a meno che far saettare i miei occhi ai suoi movimenti, ma accorgendomi del calore sulle mie guance mi volto e faccio finta di girare il cibo.

"Che strana abitudine quella di andare in giro nudi" dice cantinelante e io alzo gli occhi al cielo guardandolo nuovamente.

"Avevo tre anni Ryan. Tre." Chiarisco.

"Non è mai troppo presto" mi fa l'occhiolino, facendomi pentire di averlo fatto entrare questa mattina in casa.

"Tu piuttosto, perché sei rimasto?" incrocio le braccia al petto, inarcando un sopracciglio.

"Perché sapevo che ti avrei messa a disagio" ghigna. È stato diretto e schietto nel dirlo e io non posso davvero credere che quelle parole abbiano lasciato la sua bocca. Razza di...

"E io che volevo farti andare via per non metterti a disagio" dico incredula. Ridacchia nuovamente, e si avvicina incastrandomi tra lui e il bancone. Ho già vissuto una scena del genere, e sappiamo tutti come è andata a finire.

"Impossibile vedermi a disagio" si vanta, ma so che non è così.

"Eppure quando sono entrati i miei sembravi più che a disagio".

"Ero solo stato preso alla sprovvista" tenta di giustificarsi, certo come no.

"In più sei davvero un bugiardo patologico" gli punto un dito al petto. "Come diavolo fai a mentire così?" non so se lo sto chiedendo con rimprovero o ammirazione. Io sono negata nel dire bugie, mi sgamano dopo pochi secondi.

Fa spallucce.

"C'è almeno una cosa vera tra quelle che hai detto?"

"Tifo davvero il Chelsea" annuisce.

"Menomale, mio padre sarebbe morto altrimenti" ridacchio. Alza un sopracciglio, appoggiando le mani al bancone e abbassandosi alla mia altezza. Occhi negli occhi.

"Cosa?" chiedo vedendo come mi studia.

"Ti preoccupa tanto la sua approvazione?" mi chiede prendendomi alla sprovvista.

"Approvazione per cosa?" balbetto, la sua vicinanza non mi fa mai bene.

"Non lo so, dimmelo tu bocconcino" quando queste ultime parole lasciano la sua bocca, ormai le nostre labbra si sfiorano e riesco a sentire il suo respiro caldo sulla pelle. Penso di star andando in iperventilazione.

Sento dei passi lungo il corridoio e spingo immediatamente Ryan lontano da me. Quando mia madre mette piede in cucina deve trovarmi ancora sotto shock che cerco di riprendere fiato come se avessi corso una maratona. E Ryan accanto a me. Ci guarda sospetta.

"Ho interrotto qualcosa?" chiede.

"Assolutamente no!" dico più velocemente di quello che avrei voluto.

* * *

Mentre le mie papille gustative si sciolgono dietro all'ottimo arrosto di mia madre, lei decide di riprendere conversazione con il ragazzo seduto di fronte a me.

"Allora, Ryan, di cosa ti occupi?" chiede e per poco non mi strozzo con la carne, così come il moro.

"Ryan lavora in un bar" questa è la prima bugia che dico nella mia vita, e penso che la frase sia uscita talmente velocemente dalle mie labbra che perfino io faticherei a crederci. In mia difesa posso dire, che è sempre meglio questo che "Oh, sapete, ha un giro di spaccio e varie illegalità" con cui credo avrebbero un infarto.

"Anche un mio amico ha un bar, è bello impegnativo da quello che mi dice" commenta mio padre rivolgendosi direttamente all'interessato.

"Sì, lo è" borbotta Ryan. "Jennifer questo arrosto è davvero buonissimo" cambia poi discorso rivolgendosi a mia madre con un altro sorriso dei suoi.

"Ti ringrazio Ryan! Anche Chloe ha contribuito, è anche merito suo" dice lei guardandomi furba. Io mi chiedo solo cosa gli passi per la testa.

"Beh, allora complimenti anche a te bo- Chloe" mi dice guardandomi negli occhi, correggendosi sulla fine. Per fortuna aggiungerei.

"Grazie" borbotto guardando il mio piatto.

"Sei originario di qui, Ryan?" chiede mio padre mentre si versa un calice di vino.

Il moro si muove a disagio sulla sedia. "No, sono di Bristol" dice con poche parole. Ha detto Bristol? È inglese? Perché non lo sapevo?

Perché non sai niente di lui.

La stupida vocina nella mia testa non fa altro che sbattermi in faccia la realtà.

"Non ci credo! A solo due ore e mezza da noi circa" esclama mia madre "Come è piccolo il mondo" continua poi sorridendo.

"Già" anche Ryan sembra forzare un sorriso, ma noto l'aura cupa che lo ha investito all'improvviso.

"Ti sei trasferito qui con la tua famiglia?" chiede poi sempre mia madre curiosa. Faccio slittare lo sguardo su Ryan, perché anche io sono molto curiosa. Non parla mai di lui e vorrei solo ringraziare mia madre per le domande a raffica che sta ponendo, perché so che io non potrei mai fargliele senza poi dover litigare con lui.

"No, sono qui da solo" il tono con cui lo dice è secco e a tratti infastidito, tanto che perfino i miei genitori non si azzardano a fare altre domande. Capendo che spetta a me cambiare nuovamente discorso chiedo ai due notizie sui vari parenti, e mia madre è più che lieta di dirmi gli ultimi gossip di famiglia. Mentre le sue parole scorrono, il mio sguardo si sposta su Ryan. Sta pensando a qualcosa, non sta affatto ascoltando i nostri discorsi, e vorrei soltanto sapere cosa gli passi in questo momento nella testa, solo per capire cosa lo stia turbando.

Dopo pranzo i miei decidono di andare a riposare un po' in camera, il viaggio è stato decisamente lungo, così dopo aver salutato Ryan ci lasciano da soli in salotto.

Il moro non dice nulla, e io non sapendo cosa fare decido di riempire la lavastoviglie sparecchiando, mentre medito sul da farsi. Non diciamo una parola per tutto il tempo in cui faccio avanti e indietro tra il salotto e la cucina, e comincio ad infastidirmi. Mi fermo davanti a lui che ormai si è alzato dal tavolo.

"Che ti prende?" sbotto, perché non capisco questo cambio improvviso.

Mi sento una stupida anche solo a pensarlo, ma alla fine il fatto che lui è rimasto mi ha fatto quasi piacere, almeno finchè non ha cambiato di nuovo umore. Mi fissa ma non dice niente.

Allora capisco che è arrivato il momento di capire che cosa lo abbia infastidito tanto.

"Non mi hai mai detto di essere inglese" dico, ma neanche ora ottengo risposta. Mi sta studiando come se fossi un esperimento genetico. "O che sei arrivato qui senza la tua famiglia". Alle mie parole la sua mascella si tende e il suo sguardo saetta nel mio.

"Che stai cercando di fare Chloe?" finalmente si rivolge a me, ma il suo tono è tagliente.

"Che intendi?" di cosa mi sta accusando esattamente?

"Ti sto chiedendo a che gioco stai giocando" è serio?

"Non sto giocando a nessun gioco! Sei tu che sei diventato strano all'improvviso quando prima stavamo beniss-" ad interrompermi è la sua risata amara. Non lo capisco.

"Io non so che cosa tu ti sia messa in testa, o perché voglia farti i cazzi miei" pronuncia e le sue parole mi stupiscono. Perché si sta comportando così con me ora?

"Perché mi stai parlando in questo modo?" sono diretta nel chiederglielo. Non penso che dopo la giornata di oggi io mi meriti un trattamento del genere.

"Perché il tuo giochetto di fare i fidanzatini non ti porterà assolutamente a niente. Ed è bene che tu lo sappia. Non so cosa ti sia messa in testa riguardo questa giornata, ma se il tuo obiettivo è pensare di poter avere voce in capitolo su quella che è la mia vita ti sbagli alla grande. Non sei nessuno per me." Non appena termina il suo discorso i miei occhi sono sbarrati.

"Tu sei pazzo" le parole lasciano spontaneamente la mia bocca, e per la prima volta lo penso sul serio. "Sei tu che sei voluto rimanere a pranzo" chiarisco "Io non ho nessun progetto malato, tu devi farti curare lasciatelo dire!" le parole escono a raffica dalla mia bocca e lotto per non gridare e svegliare i miei genitori. "Il fatto che io e la mia famiglia siamo stati gentili con te oggi non ti da alcun diritto di trattarmi così adesso. E lasciatelo dire, sei davvero un ingrato." Gli punto il dito contro.

Mi guarda, ma sembra non volersi spostare dalla sua posizione. "Io me ne vado" dice soltanto.

"Bene, quella è la porta!" gliela indico. Le sue parole mi hanno ferita più di quello che avrebbero dovuto.

Senza dire altro lascia casa mia, e io non riesco a spiegarmi il vuoto che sento al momento.

Ryan

La serata passata in palestra non mi ha aiutato affatto a sbollire per ciò che è successo oggi. Dannata ragazzina del cazzo.

So perfettamente quello che aveva intenzione di fare. Incastrarmi. Non vedeva l'ora di sapere cose che mi riguardano.

Sei solo un codardo.

La vocina nella mia testa continua ormai a gridarlo a ripetizione, e io vorrei solo farla tacere. Non saprei dire se ha ragione o no, ma so per certo che quella situazione mi stava troppo stretta e sono dovuto andare via.

In quella casa era tutto fin troppo perfetto, tutti si volevano fin troppo bene. Una famiglia del mulino bianco che tentava di trascinarmi in qualcosa di troppo lontano da quello a cui sono sempre stato abituato, e ho sentito l'esigenza di scappare.

Allora lo vedi che ho ragione a dirti che sei un codardo?

Non so più come farla tacere, per cui penso che l'unico modo che io abbia sia quello di raggiungere gli altri allo Station 1640. Sono ormai le quattro del mattino, ma non ho dubbi sul fatto che i ragazzi siano ancora lì. Infatti, non appena imbocco nella zona riservata a noi li trovo tutti quanti lì a sballarsi. Nessuno osa dire niente, perché qui dentro funziona così, tutti si fanno i fatti loro. Il proprietario è d'accordo con la cosa, dal momento che finchè per lui ci sono guadagni non ci sono problemi. Gli sbirri non mettono piede qui dentro. La sua attività va talmente tanto a gonfie vele che ha fatto mettere delle camere al piano di sopra in modo che i suoi clienti possano trovare le comodità che vogliono in certi momenti. Inutile dire che le ho già provate tutte.

Dopo essermi seduto e aver bevuto un paio di birre, il visetto di Chloe mi torna in testa e non posso che infastidirmi di nuovo. Perché diamine non esci dalla mia testa.

I miei pensieri vengono interrotti dall'arrivo di una mora che conosco ormai fin troppo bene. Bonnie mi raggiunge e non si fa scrupoli a sedersi davanti a me su uno sgabello. Siamo seduti ad un piccolo bancone allestito per il privè e mi sorprende che non sia arrivata prima. Stasera indossa un vestitino nero e un reggicalze è visibile dall'orlo. Il rossetto rosso sulle sue labbra la rende ancora più appariscente.

Bonnie è una bella ragazza, ma è letteralmente una sanguisuga. In tutti i sensi.

"Che bel broncio che abbiamo qui" dice osservandomi e avvicinando una mano ai miei capelli. Le sposto bruscamente la mano, sa che odio le smancerie.

"Che cosa vuoi Bonnie?" le chiedo. Oltre il mio cazzo, vorrei aggiungere, ma sto zitto.

"Devo per forza volere qualcosa per parlare con te?" chiede sbuffando. "Ti vedo un po' nervoso" dice e solo dopo mi accorgo del fatto che si è alzata dallo sgabello e si è avvicinata a me. O meglio, si è posizionata tra le mie gambe leggermente divaricate.

La osservo senza dire nulla, non sono in vena di fare chiacchiere con lei.

"Forse dovresti sfogarti un po'" dice e mentre pronuncia queste parole, il suo dito con l'unghia laccata di rosso, si trascina dal mio collo al bordo dei miei pantaloni.

Io e Bonnie non scopiamo da molto tempo. Questo è il primo pensiero che mi viene in mente.

Da quando è arrivata Chloe.

Questi dettagli la vocina nella mia testa potrebbe anche risparmiarseli.

Deglutisco e cerco di scacciare via questi pensieri, mentre il mio sguardo segue la mano di Bonnie che sta già giocando con la cintura dei miei pantaloni nel bel mezzo del privè.

Lei non è Chloe, lascia perdere.

Questa cazzo di vocina ora mi ha stancato.

Incazzato come poche volte nella mia vita afferro la mano di Bonnie e la trascino con me verso le scale. Il suo rossetto rosso si apre in un sorriso vittorioso sapendo già che cosa accadrà da qui a qualche momento. Entro nella prima stanza che trovo aperta e la chiudo a chiave.

Non ho alcun interesse nello spogliarla, devo solo sfogarmi. La afferro per i capelli e la faccio piegare sul mobile all'ingresso della camera. Non ho tempo da perdere per portarla sul letto.

Non sono sorpreso nel vedere che non indossa l'intimo, forse lo avrei fatto nel caso contrario, trattandosi di lei. Libero velocemente il mio cazzo dalle mutande e dopo aver sfilato un preservativo dalla tasca dei jeans lo indosso. Senza ulteriori indugi entro dentro di lei cominciando a muovermi a ritmo sostenuto.

Ripenso a tutto ciò per cui mi sono incazzato nelle ultime ore, e come se sotto di me avessi una bambola gonfiabile non mi curo affatto delle richieste di Bonnie di andare più piano o del fatto che le sto facendo male. Me lo dice ogni volta ma poi torna sempre da me.

È tutta colpa di Chloe, non sarei così nervoso se non fosse per lei. Pompo più forte e maledico me stesso quando tra le mie mani, al posto dei capelli neri che sto tenendo, immagino quei lunghi capelli biondi, e al posto del viso della ragazza che ora è sotto di me vedo un paio di occhi azzurri compiaciuti e quelle labbra rosa carnose. Inutile dire che dopo qualche altra copiosa spinta che distrugge definitivamente Bonnie, vengo come un animale.

"Dannato bocconcino." sono le parole che lasciano la mia bocca, tra un ansimo e l'altro. Ma Bonnie è quasi svenuta, per cui non le percepisce.

Ho bisogno di un paio di bottiglie di Rum.

Finalmente la mia vocina partorisce un pensiero sensato, per cui prendo due bottiglie in stanza e mi dirigo verso il letto.

Vi chiedo per favore di aiutarmi a far crescere la storia lasciando magari qualche stellina e commento, ve ne sarei grata🖤🦋

Ig: hidden_writer_books

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro