Epilogo
La vita è un battito di ciglia. Credi di essere eterno, di poter essere insormontabile. Ed è proprio quando credi che puoi rimandare, perché di tempo ce né a sufficienza, ti rendi conto che il tuo orologio si è rotto, non ne hai prestato attenzione, si è fermato con le lancette. Ti è scivolato il tempo, come ti è scivolata la vita. Troppo breve, vissuta troppo intensamente, forse male, forse bene. Ma se il tuo cuore ha battuto almeno una volta, puoi dire di aver vissuto davvero.
6 anni dopo
Non avrei pensato che il tempo fosse volato così in fretta. Rose. La nostra piccola rosa. Cresceva ogni giorno sempre di più. Ricordo ancora cinque anni fa, nella sala parto. Quanto sudai, quanto i miei battiti fossero elevati. Le urla di dolore e gioia. Le parolacce che dicevo a James quando in sala parto mi teneva la mano e mi supplicava di stare calma e di non amputargliela poiché gli serviva per farmi godere. In quel momento le sue frecciatine che in un altro momento mi avrebbero fatto eccitare, m'infuriavano solo. Come lo sguardo dei dottori allibiti a quelle frasi.
"È una ragazza pretenziosa" si scusò ironico mentre gridai, per cacciare fuori il frutto del nostro amore.
"Fanculo Jamesss" gridai con quanto più fiato avessi, prendendone altro mentre l'ostetrica mi chiedeva di spingere e che vedeva la testa.
"Ci sei quasi Cindy, spingi" digrignai i denti emettendo un urlo che spaventò James, che osservò la scena, quasi svenendo. Ma non se ne andò restò lì fermo. Ad assistere alla nascita della nostra piccola. Era un bocciolo di rosa. E quando la posarono su di me pulita, ed avvolta in un telo bianco più grande di lei, la guardai.
James si sporse verso di me, asciugandomi la fronte e dandomi un bacio su di essa.
"Brava la mia perla. Abbiamo creato una rosa perfetta e delicata" guardai i suoi pozzi brillanti e lucidi, come piccoli frammenti e bagliori lucenti, accarezzando la manina piccola di Rose, che emise un piccolo versetto, storcendo le labbra e gli occhini ancora chiusi, e velati.
"È proprio bella come te" sussurrò cristallino.
Ed era lì che era tutto perfetto. Ci sposammo. Un matrimonio ristretto, intimo. Solo i parenti più importanti. Katy che era entusiasta e tra qualche settimana avrebbe partorito. Il suo viso era più paffuto e più bella che mai, come Kevin che la baciava sempre, si vedeva quanto amore c'era.
Daniel e Linda. Si erano fidanzati ufficialmente. Si congratularono con me e James, guardando la piccola Rose. L'attenzione era rivolta a lei.
Conobbi la madre di James. Le somigliava molto. Aveva i capelli corvini come il figlio e corti fin sopra le spalle, mentre i suoi occhi erano nocciola. Quei pozzi lì aveva ereditati dal padre.
Era una donna dolce, sensibile. Era così felice di avermi conosciuta. Mi avvolse subito in un abbraccio caloroso, complimentandosi con noi. Mi confidò che era felice che James avesse trovato una ragazza brava e bella come me. E che per qualsiasi cosa lei ci sarebbe stata, come una seconda madre.
C'era mio padre. Le gambe gli facevano brutti scherzi. Così gli prendemmo una sedia a rotelle. Mi confidò che quando ero piccola ero bianca come il latte, proprio come Rose. Sembravo così delicata che se mi toccava aveva paura che mi spezzassi. Per questo mi chiamava Rosebud. Ma se volevo sapevo pungere come le spine di quella rosa delicata. Per questo ero Strong.
Guardava affascinato la piccola che dormiva beata nel passeggino. disegnando i contorni del suo visino piccolo. Di quel nasino tenero e a patatina. L'avevo vestita di rosa cipria in tulle, ed una fascia con le perline bianche, come i calzini merlettati. Aveva ancora solo un anno. Ci eravamo sposati un anno dopo aver partorito perché avevamo preferito che ci fosse stata anche lei.
James era andato anche in carcere a trovare Rudy. Non voleva essere meschino come era stato lui. Infondo un tempo erano stati fratelli anche se mai di sangue. Lui si congratulò, e gli disse che ormai aveva vinto su tutti i fronti. Ma non si scusò mai per ciò che aveva fatto. Un'anima oscura non si può sempre cambiare. E lui aveva l'oscurità impregnata addosso. Un marchio.
Al matrimonio ci furono anche Josh e Sarah. Lei scoprì che non poteva avere figli. Così chiesero di adottarlo. E tra non molto sarebbe arrivato un bambino cubano di quattro anni. Lo avrebbero chiamato Christopher.
Ci sposammo in quel luogo di mare, che aveva visto il nostro ti amo e la prima proposta come la rivelazione che ero incinta. Un arco tutto adornato di fiori e lanterne che scendevano giù. Le sedie rivestite di bianco come il banco dove dietro vi era il prete. Era tutto candido, puro come il nostro amore.
Avevo un vestito di pizzo rivestito a sirena, con uno scollo dolce a cuore, ed una stola velata che mi coprisse il giusto dal refolo di vento armonioso che soffiava, spostando anche il ciuffo di James ed il sole rivelava meglio i suoi pozzi argentei.
La nostra notte di passione. Il suo membro che mi riempii come mai non prima. Il tenere Rose con noi e vederla dormire beata dopo averla addormentata beatamente, e teneva le manine all'insù chiuse in un pugnetto dolce e debole. Aveva gli occhi di James. Il mio volto ma i suoi occhi argentei. Era la nostra piccola rosa.
Ed ora eravamo qui. In Spagna. A Cala Estreta, vicino al villaggio di Palamós.
Noi quattro insieme. Io, James, Rose, e mio padre...dentro questo vaso nero. Avevamo sempre sognato di fare un viaggio. Di andare in molti posti. Questo era l'unico che mi aveva affascinata di più. Il mare cristallino, gli scogli. Potevo sentirne l'odore ed il vento calmo che tirava. Non era un impressione. Era davvero così.
Eravamo tutti e tre disposti in fila, su questo scoglio, ad ascoltare il vento calmo che smuoveva i capelli, e le onde dolci che s'infrangevano sulla riva.
Rose teneva la sua mano a James, mentre io tenevo stretto il vaso con mio padre.
Sorrisi al ricordo di noi due. Avevo sei anni proprio come Rose, quando mi mostrava le cartoline.
Una lacrima lenta rigò il mio volto, che lasciai lì. Doveva fare il suo tragitto come tutte le cose in questa vita.
"Mamma perché piangi?" Mi richiamò al presente la voce dolce di mia figlia. Mi piegai sulle ginocchia alla sua altezza, guardando James che si trattenne nel piangere.
Le scostai una ciocca castana che le era finita sulla bocca rosea a forma di cuore, e guardarla con tutto l'amore che provavo per lei.
"Perché sono felice. Tu lo sai cosa fare adesso vero?" Le domandai, vedendola annuire ed un sorriso di chi ancora non sa il male del mondo, nascerle sul volto innocuo. Lo stesso sorriso che avevo io.
"E che cosa facciamo?" Le domandai, stringendo di più il vaso, mentre un'altra lacrima arrivò, come il mio sorriso.
"Spargeremo la polverina magica che è dentro questo barattolo, nel mare" la sua vocina dolce e gracile, emozionata di lanciare la polverina. Che altro non era che le ceneri di suo nonno. Che l'aveva stretta tra le sue braccia esili e tremolanti. Che nell'ultimo periodo si sforzava a parlare e la notte piangeva come un bambino.
Pregai il signore di non farmi cadere in un pianto doloroso, sentendo il cuore cedere e stritolarsi. Un dolore troppo forte, da spiegare.
"Si piccola Rosebud" sussurrai dolcemente, mentre guardai il volto dell'uomo che amavo pararsi una mano sulle labbra, ed esalare profondi respiri per non piangere.
Aprii il vaso, con le mani che tremavano, e le feci infilare la piccola manina, per prenderne un po' e tenerla al sicuro nel suo piccolo pugnetto esile.
"Al mio tre" la guardai per vederla annuire contenta, con un sorriso contagioso.
"Uno...due...tre" contai, lanciando la polvere, svuotando tutto il vaso, come Rose che aprì il suo pugnetto. Guardai le ceneri elevarsi in alto, trasportate da quel refolo di vento dolce, ed adagiarsi sul mare.
"Ora sei parte integrante di questo papà. Avevamo detto di fare un viaggio. Eccoti qui con noi. Con la tua famiglia. Siamo venuti in Spagna. Quel posto che ti piaceva tanto. Grazie per avermi portata. Grazie per avermi fatto ammirare questa meraviglia. Ti voglio bene, per sempre, mio eroe" ingoia il magone che mi si formò in gola, vedendo le onde portare via le ceneri.
Guardai James un po' distante da me, con Rose. Rideva mentre la faceva volare con le gambe in aria, tenendola sotto le braccia. Guardando il suo vestitino azzurro come il mio, svolazzare in aria.
"Ancora papà" lo supplicò ridendo di cuore, come facevo io con mio padre.
"Non ti basta mai. Pretenziosa come tua madre" le scompigliò appena i capelli, guardando subito me con un bagliore nei pozzi luminescenti, facendomi l'occhiolino e buttandomi un bacio per minare un
"Ti amo perla" dove il mio cuore ricominciò a battere.
"Aspettatemi furfantelli" li presi in giro bonariamente, prendendo mia figlia per mano e James circondò la mia vita con un braccio. Tirandomi a se e girandomi il volto per baciarmi dolcemente, mentre Rose rise, e batté le mani. Così ci guardammo e ci sorridemmo. Con gli occhi. Con le labbra. Con il cuore.
Ora lo sapevo. In questa vita non esistevano diavoli o angeli. Eravamo entrambe le cose. Perché il male viene sconfitto. Il nero viene cambiato con il bianco. Non ci sono vincitori o perdenti. Siamo tutti uguali. E quando alzerai gli occhi al cielo e vedrai una stella. Quella è la persona a te cara. Ti sorride, ti protegge. È felice di ammirarti da lassù. Nessuno è mai solo. Ora lo sapevo. Sarò forte perché ho le mie forze con me. La vera parola che racchiude più di ogni altra forza, la più grande al mondo. L'Amore.
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