29
Finii il turno a lavoro. Daniel era rimasto quasi tutto il tempo lì. Gli avevo preparato degli sformati, che aveva apprezzato.
Ogni tanto mi lanciava occhiate e rideva se sbagliavo un'ordinazione al tavolo. Ed io per tutta risposta mi limitavo a fargli una linguaccia senza essere beccata da Cam.
Anche se aveva notato come mi guardava. E sicuramente qualcosa c'era, ma non era la stessa cosa.
Mi tolsi il grembiule, piegandolo sul baule verde, salutando Cam.
"Andiamo" richiamai l'attenzione di Daniel che sembrava assolto nei suoi pensieri, con il viso rivolto verso il vetro. Finché non si girò, annuendo per alzarsi ed aprire la porta, lasciandomi passare.
"Dove?" Domando girando il viso verso di me, riferendosi alla mia affermazione di prima.
"Devo andare a trovare mio padre. Ma tu...puoi andare a casa" parlai a spezzoni poiché cercavo goffamente le chiavi di casa, dentro la borsa. La giornata scorreva ma quando staccavo da lavoro sapevo che dovevo andare a trovarlo, ed un senso di panico e tristezza mi avvolgeva.
Mi fermò la mano che ancora frugava all'interno, poggiando la sua sulla mia.
Alzai lo sguardo mentre i suoi occhi blu erano dolci.
"Vengo con te. Se vuoi ovvio" affermò per poi pentirsene e ricevere una mia approvazione, se fosse una buona idea o meno.
Mi morsi il labbro, annuendo.
"D'accordo" esclamai, entrando dentro la macchina per dirigerci alla clinica.
Daniel parcheggiò nello spiazzato ghiaioso. L'unica volta che ero venuta in macchina era stata con James. Prima di ripartire per Miami. Mi era venuto a riprendere. Questa volta c'era Daniel con me.
Sembrò timoroso nell'entrare, ma afferrai la sua mano scontrando i nostri palmi, ed i suoi occhi si sgranarono. Mi rivolse un sorriso mentre lo incoraggiai a non essere così teso.
La signorina al bancone mi salutò e ricambiai, chiamando l'ascensore.
"Grazie" affermai sincera verso di lui, mentre le porte si aprirono con il loro rumore metallico e si richiusero.
"Per cosa?" Era al mio fianco, appoggiato con la spalla alla parete fredda, mentre abbassai lo sguardo.
"Per non lasciarmi...sola" proclamai fievole e grata, vedendo le porte aprirsi, poiché eravamo arrivati al piano.
Non rispose ma stirò solo un sorriso, appena accennato. Percorremmo quel corridoio spoglio, fino ad arrivare davanti alla porta. Non avevo più sospiri da cacciare fuori, così abbassai la maniglia.
Feci un passo dentro, ma mi ritrassi. Spalancai le iridi incredula, e le pupille si dilatarono. Ne ero sicura. Sbattei contro il petto di Daniel, che d'istinto poggiò entrambe le mani su i miei fianchi, come ad aver paura che cadessi.
Ma appena alzò lo sguardo da prima preoccupato su di me, capì. Si scambiarono un'occhiata gelida. Lo sguardo di James scivolò su Daniel. Nubi scure contro un cielo in tempesta. Finché non spostò gli occhi su di me.
Era lì. Mi fissava con i suoi pozzi dolci e sereni. Un tuffo al cuore. Il battito accelerò di nuovo. Prepotente, irruente, incontrollabile. Seduto su una sedia bianca, accarezzava la mano a mio padre che era steso sul letto. Finché non si girò anche lui, ed un sorriso luminoso apparve su quel volto pallido e smunto.
"Cindy...c'è James" proruppe con voce afona e debole mio padre. Mi voltai verso Daniel mentre James serrò la mascella puntando lo sguardo verso la finestra infondo alla stanza.
"Tutto ok?" Domandò a voce bassa, scrutandomi negli occhi mentre annuii. Lo sentii rilasciare la presa su di me, ed avanzai dentro.
Avrei voluto dire che non era tutto apposto, avrei voluto gridare che c'era James ed io
Non lo volevo lì. Non così. Non con Daniel. Tre uomini che avevano tracciato un percorso. Mio padre l'amore vero di una figlia. James che aveva il mio cuore e la mia anima. Daniel che era una boccata d'aria fresca.
Sentivo la stanza girare eppure rimanevo immobile. Bloccata senza via di fuga.
Gli accarezzai le nocche della mano, fuori dalla coperta, lasciata lungo i fianchi.
"Perché sei qui?" Domandai rigida ed ispida, continuando ad accarezzare la mano di mio padre che sembrava ghiacciata, senza guardarlo.
Si girò, e sentivo i suoi occhi muoversi su di me.
"Mi hanno chiamato. La signorina ha detto che chiamava il mio nome, e sono venuto subito appena ho saputo la...situazione" disse l'ultima parole in un sussurro smorzato. Era dispiaciuto.
Non credevo a ciò che diceva. Mio padre aveva chiamato il nome di James. Certo. L'unico che sapeva tutto. Che aveva sconvolto il corso della mia vita che già faceva schifo. Ma l'aveva stravolta in meglio anche se ora mi costava fatica vedere il bicchiere mezzo pieno. Con lui avevo scoperto quel sentimento di cui tanti parlavano. In cui non credevo. Lui aveva dato un senso alla parola amore.
"Cindy se vuoi vi lascio...soli" parlò Daniel dietro le mie spalle, mentre mi drizzai con la schiena, scuotendo la testa.
"No, resta. Puoi darci solo cinque minuti. Vorrei parlare con James" il suo nome dalle mie labbra scivolava delicato ma ripido. Una discesa facile da fare ma rischiosa perché aumentava la velocità, rischiando di non saper frenare prima di scontrarti contro qualcosa e farti male.
James guizzò lo sguardo su di me, incatenandomi. Sembrava sorpreso. Ma non oppose resistenza e si alzò in silenzio dalla sedia.
"Torno subito papà" mi chinai su di lui, lasciandogli un bacio sulla fronte che scottava. Ero preoccupata. La signorina mi aveva avvertito che aveva un po' di febbre. Ma ero sempre in ansia per ciò che aveva. Non ero apprensiva. Era normale preoccuparsi di chi ami. Era l'unico pezzo della mia vita. L'unica certezza. Mi sentivo tremare al solo pensiero di perderlo, e gli occhi divenivano umidi.
Aprii la porta, ingoiando il magone, sentendo la sua presenza dietro di me ed il suo profumo che mi inebriava e mi sconvolgeva i sensi. Si accendevano tutti al passaggio di James.
"Mi dispiace di essere piombato così qui" parlò mentre camminavo, in un angolo appartato per parlare lontano da gente che avrebbe potuto vedere e sentire tutto.
Mi girai fermandomi, ed appoggiandomi al muro bianco.
"Davvero? Sei dispiaciuto? Nessuno ti ha dato il permesso. Anche se mio padre aveva chiamato il tuo nome, potevi inventarti una scusa. Ne hai accumulate tante con me che le avevi esaurite? Ti avevo detto di non cercarmi" parlai senza freni. Ero fuori di me. Lui mi mandava fuori.
Mi guardò senza interrompermi, passandosi una mano tra i capelli.
"Sono qui per tuo padre. Non intralcerò la tua vita. Ora hai Daniel" ricalcò il suo nome in maniera tagliente. Come se si fosse appena tirato una coltellata.
Sgranai gli occhi, ridendo amaramente.
"Daniel è stato una presenza importante. Tu mi hai abbandonata, lui no" affermai assertiva. Lo stavo ferendo come lui aveva ferito me. Lo vedevo dai suoi tratti che erano divenuti più duri e spigolosi.
Si avvicinò a me, e spalancai gli occhi colta alla sprovvista, mentre chinò il busto verso di me, premendo una mano sul muro al lato della mia testa, e l'altra rilasciata lungo i fianchi. Era vestito con un jeans scuro ed un maglione di cotone nero. Era bello. La barba non curata. Ma così scura e seducente da rendergli lo sguardo ancora più intrigante.
Il cuore scoppiava, ed annaspavo per trovare il giusto equilibrio. Camminavo sospesa sopra un filo troppo sottile.
"Credimi Cindy, in ciò che sto per dirti. Credimi davvero. Che sto soffrendo, che non posso spiegarti il motivo perché non capiresti. Devo sistemare una cosa in cui tu non c'entri niente, ma devo farlo e non voglio avere segreti con te. Per questo ti ho lasciata libera. Non ti sto chiedendo di aspettarmi, il tuo cuore saprà dove andare. Ma ti prego con tutto me stesso, credimi quando ti dico che ti amo. Che un minuto con te vale più di tutti i respiri che faccio ogni giorno. Ora sei libera di non credermi, vorrei che tu tentassi." Rivelò tutto d'un fiato, quasi ad aver paura di perdere quelle parole mentre il suo pomo d'Adamo saliva e scendeva incontrollato. Gli occhi incollati su i miei. Passava verità. La vedevo così bene da poterla toccare con mano. Gli credevo. Gli credevo fermamente.
Ogni singolo respiro, ogni singolo battito, ogni singolo sguardo erano per lui, per noi. Non poteva dirmelo. Perché? Cosa aveva da nascondere, dove aleggiava la parte scura in cui non mi poteva coinvolgere.
"Mi hai allontanata James. Io voglio crederti. Ma perché non puoi dirmelo? Cosa ti ha spinto a lasciarmi sola. A spezzarmi in mille pezzi." Gli chiesi fievole. Non voleva rivelare nulla. Avevo bisogno di risposte.
"Non posso dirtelo. Ti prego" mi supplicò di nuovo, più vicino alle mie labbra. Ci guardavano in modo intenso. Ci trasmettevano tutto.
Mi avvicinai a lui, distanziando le nostre labbra che si reclamavano a vicenda, congiungendole in un bacio casto e dolce, che ricambiò.
"Ti amo perla, ricordalo. Anche quando non mi vorrai più, tu ricordalo" sussurrò sulle mie labbra che restavano sulle sua. Morbide e carnose come sempre.
Emisi un ansimo dolce, quando la sua lingua tracciò il contorno del mio labbro inferiore, per poi staccarsi.
Un lieve affanno, gli occhi lucidi di entrambi.
Avevo mille punti di domanda Nella testa, nel cuore non avevo dubbi. Ma quanto può resistere un cuore ai colpi?! Lo avrei scoperto in sua assenza.
Tornammo dentro, vedendo Daniel parlare con mio padre sulle partite di football, e mi nacque un sorriso così come a James.
"Non credo che i Miami Dolphins vinceranno contro gli Yankees" proruppe James beffardo, vedendo Daniel sollevare lo sguardo su di lui.
"Mi stai davvero parlando?" Domandò stranito Daniel, guardando poi me, senza trovare risposta.
"Ti parlo. So quello che devo sapere e mi basta. Ero venuto comunque per Maicol. Devo tornare via, ma tornerò il prima possibile" rivelò semplicemente, spiegando a mio padre quella sorta di promessa.
"Maicol lei continui a tifare per gli Yankees. Non dia retta a Daniel" gli confidò derisorio, mentre mio padre sorrise di cuore.
Si rizzò con la schiena, riportando l'attenzione su di me, per avviarsi verso la porta mentre rimasi lì. Incapace di fare tutto, di capire. Di cercare risposte.
"Ciao" sussurrò, vedendo quelle nubi sparire, quelle in cui mi perdevo e mi bagnavo. Sentendo il tonfo debole della porta richiudersi.
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