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26


Era trascorsa solo una settimana dal mio ritorno e già mi sembrava un'eternità da quando mi ero lasciata tutto alle spalle.

Katy mi aveva chiamato sul nuovo numero di cellulare, e le dissi tutto. Non se l'aspettava ed era triste, ma la rassicurai che forse un giorno avrei fatto ritorno e che se aveva bisogno io per lei c'ero. Da oggi pensavo solo a me e mio padre che non dava miglioramenti ma comunque ci speravo. Il dottor Rowley mi aveva detto che probabilmente era dovuto al suo continuo bere per svariati anni, e forse ereditato da qualche parente.

Inutile dire che i soldi ricavati dai gioielli di mia madre non mi erano serviti per tirare fuori mio padre. Aveva bisogno di stare in un posto più sicuro, e non potevo lasciarlo a casa da solo. Ma come sempre avevo bisogno di lavorare e non solo per un fatto di soldi, la mia mente richiedeva di essere occupata a tutte le ore, per non pensarlo. Avevo ancora il suo odore addosso, non riuscivo a cancellare la traccia del suo sesso dentro di me.

Probabilmente ero masochista ma il mio cuore aveva scelto, cosa potevo dire a mia discolpa? Non avevo motivazioni valide che tenessero. Mi aveva sempre cacciato in casini mi aveva fatto sempre del male ma tentava anche di proteggermi allo stesso tempo. Era il male ed era il bene e volevo tutto quello. Mi aveva lasciato la libertà di una vita senza di lui, lontano da un passato dove mi aveva procurato dolore.

Mi lavai velocemente, senza curarmi troppo dell'aspetto estetico. I capelli corti non mi permettevano molte acconciature ma era per quello che mi trovavo bene.
Mi infilai una camicetta azzurra con le maniche lunghe, ed un jeans stretto.
Dovevo avviarmi nel Fast-Food di Cameron con la speranza che mi riprendesse. Era l'unico che quando passai vidi un cartello affisso con scritto -cercasi cameriera/e part-time-
Probabilmente dopo la sfuriata avvenuta con James non avevo molte chance. Si era ritrovato un occhio nero per colpa mia. Solo che questa volta non sarebbe venuto a riprendermi.

Presi un profondo respiro e sicuramente mi avrebbe dato di una faccia di bronzo, a ripresentarmi per chiedere lavoro. Ma cosa avevo da perdere, quando perdi tutto?!? Nulla, mi risposi, quindi feci quel passo.
La porta di vetro si aprii e come sempre il tintinnio dello scacciapensieri accompagnava la mia entrata compreso un leggero venticello fino a richiudersi con un tonfo a pressione.

"Siamo ancora chiu...Cindy" rimase spiazzato e sbigottito non terminando la frase, quando dal foglio di parole crociate spostò lo sguardo verso la mia figura, e la penna era ancora impugnata sulla mano destra.

Gli accennai un sorriso, avviandomi al bancone bianco per sedermi sopra uno sgabello girevole.
"Ciao Cam" ricambiai il saluto mentre mi porse una tazza con del caffè dentro, che accettai volentieri.

"Come va con il boss?" Domandò facendo una smorfia, richiudendo il giornale e posando la penna nel portapenne, riportando l'attenzione verso il mio viso che a quella domanda cambiò espressione divenendo spento e spoglio.

"Scusa. È che non mi ricordo come si chiama." Si scusò non sapendo che non era per il soprannome affibbiatogli che avevo tramutato espressione ma bensì perché mi aveva riaffiorato lui che non avevo spazzato neanche per un milionesimo di secondo.

"Va tutto bene. Non stiamo più..." lasciai la frase in sospeso perché la parola insieme faceva male. Insieme eravamo tutto ed ora non eravamo nulla.

Sbruffò passandosi una mano su i capelli castani.
"Mi dispiace" rivelò semplicemente mentre scossi la testa, prendendo un sorso di caffè.

"Ho visto che cerchi personale" cambiai discorsi arrivando al punto per il quale ero lì, vedendolo annuire e ritornare normale per fissarmi negli occhi.

"Si, sono a corto. Luke mi ha mollato come un pesce lesso. Cazzone" aggiunse l'ultima parola più a se stesso che a me, mentre scoppiai a ridere. Era sempre il solito ragazzo divertente, quante volte da ragazzini giocavamo insieme tutti e tre, e mio padre credeva che un giorno mi sarei messa con lui. Questo prima di conoscere James e rimanerne folgorato quanto me.

"Non ti basto io?" Domandai derisoria, vedendolo sgranare gli occhi chiari e mormorare qualcosa sotto voce.
"Certo dopo l'ultima volta ti capi..." non mi lasciò finire che aprì lo sportello sotto al balcone, lanciandomi il grembiule.

"Il posto è di nuovo tuo. Ci vediamo domani mattina, chica" terminò portandomi a sorridere, mentre mi alzai dallo sgabello, afferrando il grembiule.

"Grazie Cam" affermai cristallina e sincera, mentre guardò la tazza.

"Non lo finisci?" Inarcò un sopracciglio scuro, intendendo il caffè.

Feci una smorfia, corrucciando le labbra.
"Da domani è meglio se ci penso io al caffè" ammisi derisoria mentre annuì ridendo, finché non uscii dalla porta, tornando a casa.

Estrassi la chiave dalla tasca entrando dentro, mentre mi affrettai a salire le scale e spogliarmi dei miei indumenti per infilarmi una vestaglia e farmi una doccia. Quando terminai la doccia, sentii lo scalino rotto scricchiolare debolmente, portandomi a sobbalzare.

Camminai con il cuore in gola ed in punta di piedi fino al comò per prendere l'ombrello affianco ad esso, impugnandolo come una spada, senza lasciarmi sopraffare dalla paura.
Rimasi ferma attaccata al muro freddo, finché non Vidii un'ombra allargarsi sul pavimento all'entrata della camera. Quindi mi mossi in fretta, roteando l'ombrello tirandoglielo in testa fino a farlo imprecare e barcollare all'indietro.

"Cazzo Cindy" sbottò toccandosi la testa, mentre mi resi conto che era Daniel?! Che diamine ci faceva lì e come era entrato. Sgranai gli occhi incredula.

Gettai l'ombrello a terra, aiutandolo a rimettersi in piedi indignata, per poi mollare la sua mano mettendomi a braccia conserte.
"Che ci fai qui? E come sei entrato?" Domandai stizzita e basita dalla sua presenza, senza neanche salutarlo. Infatti girò il viso verso di me con un'espressione inebetita e probabile ancora indolenzito per la botta.

"Ciao anche a te" si massaggiò nuovamente, scuotendo la testa.
"Non ti serve un bodyguard, almeno" aggiunse, ridestandosi e sistemandosi la camicia bianca, arrotolata fino ai gomiti.

Sbruffai avviandomi giù, vedendolo seguirmi, fino alla cucina. Aprii lo sportello del frigo, cercando il sacchetto del ghiaccio.
"Mettiti seduto" gl'intimai rigida mentre annuì con un sorrisetto sfacciato.

"Agli ordini padrona" si fece beffa di me portandomi a girarmi e ricevendo un'occhiataccia di disapprovazione, mentre alzò le mani.

Riempii il sacchetto, andandogli vicina, per alzargli la testa prendendogli il mento tra il pollice e l'indice per girargli il volto, appoggiandogli delicatamente il sacchetto sopra la tempia destra.
"È freddo" rivelò digrignando i denti, ciò che già sapevo.

"Davvero?" Domandai innalzando un sopracciglio, vedendolo mordersi il labbro inferiore, mentre una fitta mi arrivò dritta in mezzo alle gambe, portandomi a stringerle così come la vestaglia che avevo addosso. Il suo sguardo scivolò verso i miei movimenti portandolo a sospirare pesantemente.

"Quindi?" Domandai tentando di sviare ciò che sarebbe successo se saremmo rimasti entrambi zitti a fissarci come due animali affamati.

"Voi ragazze del Tennessee avete il vizio di lasciare le chiavi di riserva sotto le pietre" proclamò divertito, mentre risi alla sua rivelazione.

"Uhm...e sei qui perché?" Formulai la domanda più importante, andandogli vicino.

"Perché non mi hai salutato. L'ho saputo da Katy e non è stato neanche semplice. Credo che non gli vado più a genio da quando ci ha visto..." gesticolò in difficoltà, mentre gli presi la borsa del ghiaccio poggiandola sul tavolo.
Mi guardò stralunato, imprecando mentalmente, mentre mi chinai su di lui.

"Perché come ci ha visto?" Mi stavo divertendo a metterlo in soggezione. Non doveva invadere la mia privacy e sopratutto piombare così in casa mia. Se non avevo detto nulla c'era un motivo e con Katy avrei fatto i conti al telefono.

"Lo sai" affermò guardandomi negli occhi ed incatenandomi nel suo blu scuro e profondo quanto la voce rauca.

"Non mi ricordo" ammisi dispiaciuta, allontanandomi da lui mentre sentii la sua mano avvolgersi sul mio polso, facendomi cadere sulle sue gambe e scoprendole il giusto per permettergli di vedere le mie culotte in pizzo rosso, e sentirlo esalare un sospiro nella piccola cucina.

Lo guardai ed ora quella sbigottita ero io mentre nei suoi occhi si accese una luce di desiderio ed eccitamento. Un lampo che illuminò il suo blu.
Mi strinse contro di lui, pressando la sua mano sul mio fianco ed avvicinandosi al mio orecchio.
"Non provocarmi Cindy. Non credo che ti conviene" sussurrò rauco, poggiando una mano sulla mia coscia scoperta.

Sussultai a quel contatto, senza avere la forza di respingerlo. Perché nonostante tutto Daniel mi attraeva in una maniera strana. Anche se il mio cuore era di James. Stavo commettendo casini dentro di me, non avevo le idee chiare, eppure sapevo che volevo James.

Mi alzai, sistemandomi, guardandolo nel viso dove si formò un sorriso insolente, con le labbra incurvate lateralmente.
"Se sei venuto per salutarmi bene. Ci vediamo presto" affermai in soggezione e risoluta, sentendo la sedia strusciare sul parquet e vedendolo venirmi vicino.

"Sono qui per riportarti via" mi spiazzò con quell'affemazione risoluta, mentre abbassai lo sguardo su i miei piedi scalzi, scuotendo la testa per rialzarli su i suoi.

"Non posso. Mio padre sta male. All'alzheimer, un principio almeno e perciò non posso" rivelai quelle parole che pesavano come un macigno sullo stomaco dove avevo una voragine, e sentii di nuovo gli occhi velarsi finché la sua mano non si poggiò sulla mia guancia.

"Mi dispiace, io...io non lo sapevo" affermò fievole, portandosi il pollice e l'indice tra il setto nasale.

"L'ho saputo una settimana fa" ammisi facendo spallucce, vedendolo annuire debolmente.

"Perché sei andata via?" Riportò lo sguardo su di me, che feci un sospiro, scuotendo la testa.

"Non ho voglia di parlarne ora. Se vuoi puoi rimanere a dormire qui. Sul divano, ti racconterò tutto domani dopodiché non dovrai sapere altro" rivelai risoluta mentre ci guardammo e cercava di captare qualcosa che non avrebbe trovato, non avevo più nulla da rivelare negli occhi, avevo imparato a mascherare.

Annuì mentre andai su, ed aprii un cassetto per prendere una coperta tornando giù per porgergliela.
"Se hai fame c'è qualcosa nel frigo. Sono stanca, vado a riposarmi" affermai ispida le ultime parole e come sempre acconsentì salutandomi, vedendolo dalle scale sganciarsi i bottoni della camicia e sfilarsela, mentre guizzò lo sguardo su di me.

"Notte Cindy" mi salutò dolcemente ricevendo un sorriso da parte mia e chiusi la porta di camera dietro le mie spalle.

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