21
Pov. James
Ero passato a prendere Jennifer a casa. Si era agghindata con un vestito fin troppo succinto che lasciava spazio all'immaginazione.
"Ciao. Prima sera che usciamo insieme, pensi che sono troppo...come dire..." sembrava imbarazzata e a disagio. La guardai mettersi la cintura, serrando le gambe.
"Vai benissimo così" affermai semplicemente vedendo un sorriso nascerle sul volto.
Non pensavo che portandola in quel locale avrei trovato lei. Un pugno allo stomaco, un cratere che mi era arrivato dritto. Avevo ancora la mano fasciata dove mi ero fatto il tatuaggio. Jennifer l'aveva voluto vedere affermando un semplice "bello". Non poteva sapere la storia che vi era dietro e non l'avrei mai rivelata.
Ed ora era qui difronte a me, con quell'abito tipico irlandese ed il corpetto talmente stretto da mettere in evidenza il suo seno prosperoso, sembrava addirittura di più di ciò che ricordavo. Era difficile dimenticare il suo corpo e la sua pelle diafana. I capelli corvini più corti le conferivano un'aria più selvaggia più sexy. Sembrava diversa da come l'avevo lasciata una Cindy più sicura di sé. Ma quando tentò di aprire la bottiglia vedevo come le sue mani la reggevano tremanti, sapevo che il mio sguardo la stava mettendo in soggezione e Jennifer sembrava non curarsene.
Quando le presi la bottiglia dalle mani sentii una scossa che mi elettrizzò mentre le nostre pupille dilatarono in simbiosi. Uno sfioramento così semplice da portarmi ad avere urgenza di lei, di strappargli quell'abito di dosso e scoparla. Si perché non avevo più amore che circolava nel mio corpo. Le sue pietre mi trafiggevano come pezzi di vetro. Ma volevo infliggerle dolore, lo stesso che avevo provato io, lo stesso che ogni volta mi tormentava. Volevo godere del suo dolore.
Si tagliò con il ferretto, e non ci pensai due volte a prendere il suo dito e leccare il suo sangue dolce, il sangue di una perla. Quella che avevo perso. Mi guardò intensamente come affascinata ed eccitata dal mio gesto. Potevo ben credere che la sua intimità pulsasse di esigenza disperata.
Per fortuna tutto ciò cessò grazie a Jennifer che mi chiamò "amore" guardandola in cagnesco per proteggere qualcosa che credeva fosse suo. Ma non sapeva che io potevo essere solo di Cindy, ed ora invece non ero più di nessuno. Ero un uomo libero che soffriva. Rivederla non aveva giocato, non era in programma. Sperare di non rivederla mai e rincontrarla così come un fulmine in una notte tempestosa come la tempesta che si scatenava dentro di me.
Il capo la riprese con voce burbera, e si girò. Non la fermai, non ostacolai il suo cammino. Doveva allontanarsi di nuovo. Era stato un piccolo incontro che aveva scatenato un grande fuoco.
"Quella ragazza ti mangiava con gli occhi" mi fece presente spazientita Jennifer, mentre le versai in un flûte lo spumante. Per festeggiare che cosa?! Nulla, non avevo niente nessun motivo.
Aspettò la mia risposta indugiando su i miei occhi bassi, per poi portarli su di lei. -Un vero uomo ti guarda negli occhi quando ti parla- mi ricordavo ancora le parole stupide di mio padre.
"Una tua illusione. Svolgeva solo il suo lavoro" la congedai freddo, come il sorso di spumante che presi.
"No non era un'illusione. Lo vedo come ti guardano le donne J. Con desiderio vivo. Quella ti desiderava. Non riusciva neanche ad aprire la bottiglia. Incapace" continuò imperterrita, portandomi a stringere il flûte che si sarebbe rotto in frammenti capace di farmi male da lì a poco.
"Ti ho detto che è una tua illusione, cazzo. Si era tagliata e ho solo evitato che sporcasse il resto." La ripresi ispido e assertivo, vedendo il suo sguardo scuro tramutarsi. Abbassò la testa per scuoterla, portandosi il flûte sulle labbra scarlatte dove lasciò dei residui di rossetto.
Ogni tanto la vedevo di tralice, portare le ordinazioni ai clienti che l'ammiravano. Era come una rabbia indecifrabile che mi scorreva al posto del sangue. Non potevo fare niente, non eravamo più niente. Ero stato un fottuto coglione. Lo sapevo bene.
Mi alzai, facendo cenno a Jennifer di andare, mentre incrociai il suo sguardo sdegnato che sfuggì subito ai miei pozzi.
Aprii la portiera, aspettando che salisse per richiuderla. Feci il giro montando in macchina, stringendo il volante con le mani che prudevano.
"Ti vedo teso" pronunciò con tono preoccupato, mentre si girò appena con il busto dalla mia parte.
Mi voltai un secondo sfoggiandole un sorriso increspato lateralmente in modo sfacciato.
"Dovresti sciogliermi la tensione" proclamai rauco, mentre trasalì soffocando un mugolio di piacere, sentendo il mio pollice sfiorarle le labbra gonfie attraverso la stoffa delle mutandine.
Gettò indietro la testa sul sedile, aprendo di più le gambe. Strinse le palpebre non riuscendo a controllare l'ansimo che le sfuggì.
Quando mi bloccai, vedendola balzare con la testa e guardarmi truce.
"Perché ti sei fermato?" Domandò con il respiro affannato e voglioso, come una supplica lagnosa.
Le presi gentilmente la mano, portandola sul mio membro duro. Era duro per colpa di lei. Era così da quando i miei occhi si erano posati su quel seno che avrei preso a morsi.
Si lasciò andare ad un verso di apprezzamento, per sganciarmi i jeans e far scivolare i miei boxer.
"Brava bambina" la incitai usando un tono risoluto che non faceva trapelare neanche un po' di dolcezza che non avevo. Avevo esaurito tutto, fino all'ultima goccia.
Si abbassò mentre continuavo a guidare stringendo sempre di più la presa sul volante. Spostò i capelli corvini con un movimento della testa, iniziando a leccare per tutta la lunghezza, soffermandosi a fare movimenti rotatori sulla cappella.
Gemetti pensando di ricordarmi lei, così la spinsi più affondo, riempiendole la bocca, mentre ansimi graffiati uscivano dalle mie labbra.
Sterzai in una stradina, sentendo il bisogno di liberarmi di quei pensieri.
Spensi la macchina, mentre la fermai, tirandola su per baciarla in modo irruente.
Scostai il sedile, tirandolo indietro, per invitarla a mettersi su di me. Si mise a cavalcioni, mentre le spostai la stoffa delle mutandine, alzandole il vestito su i fianchi. Le accarezzai le natiche fresche, aprendogliele leggermente, per spingere verso il suo ano la punta del mio membro che pulsava.
Le strinsi forte i fianchi, mentre si morse il labbro sentendomi entrare in profondità, aggrappandosi alle mie spalle.
"Ah...James" sibilò con voce dolorante ed eccitata nello stesso tempo, quando senza darle adito la strattonai verso la mia durezza, vedendola sgranare gli occhi, iniziando a muovermi sotto di lei. La spingevo sempre più veloce, entrando ed uscendo ed il suo dolore da prima in viso si tramutò in piacere estremo. allargai sempre di più le natiche sentendola muoversi sul mio membro. Avvertii le sue gambe tremare, venendo travolta da uno spasmo.
Avevo bisogno di scacciare Cindy, avevo bisogno di togliermela dalla testa.
La sollevai delicatamente, prendendo la sua mano per avvolgerla sul membro, muovendo velocemente, finché non mi lascia andare ad un orgasmo, con le sue pietre difronte agli occhi chiusi.
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Questo è quello che avrei dovuto fare. Ed invece non andò così. Sarei stato uno stronzo senza cuore e senza sentimenti. Ero tornato il James di prima, ma nel rivederla riaffiorò tutto, sfociò in modo prepotente. Non potevo riavvicinarla a me. Non potevo dirle il perché.
"J. Perché ti sei fermato?" Mi ridestò dai miei pensieri mentre scossi la testa, ritornando a vedere i suoi occhi freddi e pieni di voglia insoddisfatta.
"Perché non ho voglia. Mi dispiace. Ti riaccompagno a casa" proclamai duramente senza curarmi sei suoi occhi velati. Ora solo quelle pietre erano tornate il mio tormento, e non potevo, non ci riuscivo.
Aprì le labbra per parlare ma le richiuse, serrando le gambe sul sedile.
"Ci vediamo" sussurrai debole quelle parole, vedendola aprire lo sportello e richiuderlo con irruenza.
Non mi faceva male. Non quanto vedere Cindy di nuovo.
Mi avviai con la macchina, guidando ad una velocità più alta del dovuto, per arrivare fino al mio locale. Potevano fermarmi per guida in stato di ebrezza, ma l'unico motivo di ubriachezza era Cindy. Ero ubriaco di lei e per questo non poteva esserci rimedio.
Scostai la macchina, sbattendo lo sportello, ed aprire togliendo il lucchetto al portone grigio.
Quando sentii qualcuno alle mie spalle mi girai e trovai Alex.
"Nottataccia?" Domandò solenne come se mi leggesse nel pensiero. Sapeva sempre tutto, cazzo!
Mi strinsi nelle spalle, accendendo l'interruttore che diede luce, non sufficiente per darmene anche dentro di me. Lasciai entrare Alex che si avviò verso il bancone di legno intarsiato per afferrare una bottiglia di Jack Daniel's e successivamente due bicchieri di vetro, versando quel contenuto dentro. Lo stesso che tra poco avrebbe infiammato il mio corpo, oppure avrebbe spento l'incendio che aveva causato la sua vista.
"James io non sono nessuno per dirti cosa fare. Ma stai male amico" mi toccò la spalla mentre avevo la testa tra le mani in piena combutta con me stesso.
Alzai lo sguardo verso il suo che trasmetteva sincerità.
"Lo so. Ma non posso ora" affermai debolmente.
"Se dopo fosse troppo tardi?" Domandò quindi di rimando. Una frase a cui non avevo pensato, perché faceva male pensarlo.
"Se fosse troppo tardi è perché lui è quello giusto, avrà quello che io purtroppo non ho mai potuto darle. Un vero futuro, una vera storia d'amore senza problemi" ammisi sentendo gli occhi pizzicare. Che cazzo di femmina stavo diventando. O forse ero solo un uomo innamorato perdutamente.
Tornai a casa salutando Alex.
Aprii la porta, venendo avvolto dal buio, sfilandomi il giubbotto di pelle, gettandolo sul divano e passarmi una mano furiosa tra i capelli. Finché non accesi l'interruttore della luce e mi voltai verso la cucina.
Era lì, con le gambe accavallate sull'isola laccata. I palmi delle mani ai lati dei suoi fianchi come per sorreggersi. Un trench beige lungo fino a metà coscia scoperta, e delle decoltee rosse.
Tirò appena indietro la testa, scuotendo i capelli castani più corti, appena sotto le spalle, tirandola di nuovo su.
"Ciao James" usò un tono seducente, mentre scivolavano sulla lingua in modo caldo quelle parole dalle sue labbra carnose.
Rimasi a fissarla, pensando che era un sogno. Troppo maledetto e fottutamente bello per vederla lì.
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