18
Pov. James
Ormai era passato un mese e poco più da quando avevo fatto ritorno a Miami. Il locale era venuto su bene, più confortevole e luminoso. L'avremmo inaugurato di nuovo la prossima settimana, il tempo di riempire gli scaffali con i miglior liquori, alcuni importati dalla Francia.
Mi allungai con il braccio verso il cassetto, estraendo il pacco di sigarette. Ne presi una tra i denti, accendendola ed aspirando quell'essenza per me vitale. Mi calmava e placava.
La nube si formò intorno a me, dissolvendosi piano, mentre sentii mugugnare Jennifer ed appoggiare il braccio sul mio addome scoperto.
"Ciao" si stiracchiò assonnata, scendendo con la mano giù. Strinse dolcemente i testicoli, massaggiandoli. Le sue mani sapevano lavorare bene almeno quanto la bocca.
Spensi la sigaretta nel posacenere fermandole bruscamente la mano.
"Voglio altro" le rivelai senza troppe cerimonie. Ero ritornato il James esigente, che prende e non restituisce.
Si leccò le labbra vogliosa, scivolando sotto le lenzuola.
Mi abbassò il pantalone, scivolando con la lingua lungo tutto il membro, dal basso verso l'alto. Mi lasciai andare contro il poggiatesta di pelle. Le presi i capelli, attorcigliandoli intorno alla mia mano per spingerla in profondità. Gemevo serrando gli occhi, lasciando i pensieri fuori.
Quelle fottute pietre, la sua bocca perfetta e carnosa. Dio cosa avrei pagato per sentirla stretta sul mio membro che al suo pensiero divenne più rigido mentre andava più veloce ansimando eccitata. Dovevo scordarla, lasciarla nel cassetto dei ricordi, ma quando fottevo l'unico modo per liberarmi come meglio potevo era di riviverla, di pensare al sapore della sua pelle, i suoi seni sodi e quei capezzoli da leccare finché non sentivi la salivazione venire a mancare. Le sue cosce toniche strette sul mio bacino, ed il modo di scostarsi le mutandine ed infilarlo piano muovendosi sinuosa su di me. Il modo con il quale mi tirava i capelli e mi graffiava. Cazzo! Fottevo per lei.
La spinsi di più, sentendo montarmi la voglia, sempre più prepotente mentre chiedeva di rallentare, ero al culmine. Rilasciai lentamente la presa sul suo cuoio, esigendo che prendesse ogni singola goccia.
Si tirò su massaggiandosi la cute.
"Avevi voglia o qualcosa ti turba?" Chiese dopo essersi ripresa, con il suo tono curioso, come se ad ogni mio gesto dovessi darle una spiegazione.
"Avevo voglia di scoparti la bocca" rivelai crudo, incurvando le labbra in un sorriso sfacciato e da stronzo che ero tornato. Vedevo come stringeva tra le mani il lenzuolo e serrava le gambe. Aveva voglia lo leggevo nel suo sguardo più chiaro e lussurioso.
"Ho da fare, meglio se vai via" mi alzai raccogliendo i boxer ed i pantaloni, lanciandole il suo vestito che afferrò tra le mani, accigliandosi.
"Mi stai cacciando?" Domandò ispida alzandosi dal letto per venirmi incontro, mentre presi una maglia dal comò.
"Vedila come vuoi, ma devo andare" la ripresi senza curarmi che le stavo facendo del male, e le stessi facendo capire che oltre al sesso non volevo altro, ma ero stato chiaro e diretto.
"Non cambierai mai vero?" Mi domandò lasciandomi intendere a cosa si riferisse, aggiustandosi le spalline sottili del vestito corto ed infilandosi i tacchi appoggiando un palmo al muro.
La guardai senza rispondere, perché solo una persona mi aveva cambiato la stessa che ora mi aveva fatto ritornare lo stesso. Annuii aprendo la porta.
"Ci vediamo J." Affermò sapendo che l'avrei richiamata quando avevo bisogno di staccare da tutto. Perché quando chiudevo gli occhi mi appariva lei, quando li riaprivo tornavo alla realtà.
Uscii di casa, decidendo di correre, ed ogni volta che lo facevo il tragitto mi portava davanti al palazzo di Kevin, come una settimana fa. Ero andato davanti, mi ero fermato sul marciapiede difronte a quel palazzo spoglio quasi come la mia anima, puntando gli occhi in alto, sulla sua piccola finestra con le tende chiuse. Chiusi gli occhi, concentrandomi sul suo viso, che mi apparve davanti.
Le sue pietre mi guardavano con dolcezza e mi accarezzò piano la guancia.
"Buon compleanno Perla" sussurrai, riaprendo gli occhi vedendo di nuovo la strada. Era così vicina ma così lontano, lontano come stava diventando il nostro amore, un ricordo che avrei portato nel cuore per sempre, perché nessun'altra avrebbe preso il suo posto.
Come adesso, che passavo davanti. Gettai un'occhiata ma non mi fermai, vidii la tenda scostarsi leggermente, ed i suoi capelli fare capolino, poggiando un palmo sul vetro freddo, quando si girò, richiudendo la tenda. Corsi più forte che potevo, per dimenticare tutto. Non l'avevo vista bene ma quel poco bastava per lacerarmi di nuovo.
Ti odio, ti odio con tutto il cuore perché non sarà più capace di battere senza di te, vivevo per i tuoi ansimi, vivevo per vedere i tuoi occhi affondare nei miei, non accorgendomi che chi annegava senza avere via di uscita ero proprio io.
Tornai a casa, vedendo Evelin pulire con l'aspirapolvere, canticchiando. Si girò rivolgendomi un sorriso.
"Buongiorno signorino James" mi salutò come il suo solito, staccando la spina dell'aspirapolvere, che faceva arrivare la sua voce più bassa.
"Qualcosa non va?" Indugiò sul mio sguardo spento, mentre alzai gli occhi sulle scale.
"No niente Evelin, devo solo farmi una doccia" proclamai, mentendo come ero solito fare ultimamente. Mi conosceva sapeva che non ero sincero, mi avviai su per le scale lentamente.
"Quello che non si dimentica è perché non può essere passato" udii la sua voce dietro le mie spalle, riattaccando la spina dell'aspirapolvere ed il rumore a seguire. Sapeva sempre trovare metafore del cazzo, veritiere ma sempre del cazzo erano, perché era passato e lì sarebbe rimasta.
Mi feci una doccia calda, ed il vapore appannava anche i miei pensieri. Chiusi gli occhi poggiando i palmi sulle piastrelle fredde, lasciando che l'acqua mi scorresse addosso, serrando la bocca. Richiudendola per asciugarmi e vestirmi con un jeans scuri, una polo nera ed un giubbotto di pelle cognac, avviandomi verso il locale.
Entrai salutando Alex, che andò dietro al bancone, aprendo una bottiglia di whisky e versarlo in due bicchierini da shot.
"Ci pensi James? Tra una settimana partiremo di nuovo. Sono eccitato, elettrizzato. Sei sempre stato come un figlio per me e vederti ripartire da zero mi mette adrenalina addosso" confessò facendo scontrare il bicchiere con il mio, mentre sorrisi, guardando il locale che ormai aveva preso forma.
"Già. Mi sembra incredibile. Stavolta non ci saranno più intoppi ad impedircelo, senza Josh non sarà lo stesso, ma lo capisco" ammisi pensando a quanto fosse felice con Sarah. Ogni tanto mi chiamava per sapere come stavo e come mentivo agli altri mentivo anche a lui. Daniel non l'avevo più sentito, e da una parte era meglio così o gli avrei spaccato la faccia. Un amico, un fratello. Con quale cazzo di coraggio mi ha potuto guardare negli occhi. Al diavolo Tutti.
Alex fece il giro del bancone, tirandomi una pacca sulla spalla. La barba gli era cresciuta, e i tatuaggi erano moltiplicati, rendendoli visibili attraverso la maglia di cotone nera a mezze maniche.
"Hai qualche consiglio del cazzo anche te, come la mia domestica?" Lo beffeggiai vedendolo ridere di gusto unendomi a lui.
"Nessun consiglio del cazzo. Sai come la penso e non te lo ripeterò. Domani iniziamo con i provini" mi avvisò con il dito, uscendo dal locale, infilandosi il giubbotto di pelle nero. E potei sentire il rombo della sua Harley Davidson Rossa rombare fino a diventare un suono appena udibile, riempiendomi un altro bicchiere di whisky.
Lo sbattei sul tavolo, vedendo un'idea balenarmi in testa. Volevo avere qualcosa marchiato sulla pelle, un segno indelebile. Nonostante l'avessi nel cuore lo volevo anche sulla pelle, volevo sentire il dolore dell'ago che mi trapassava per lei.
Entrai in macchina, innestando la prima, con le mani strette intorno al volante, per non avere ripensamenti. Sfrecciavo veloce verso la mia metà, che sembrava l'unica cosa importante in quel momento. Parcheggiai la macchina al lato di un marciapiede, scendendo.
Feci un passo pesante verso la porta del negozio di tatuaggi, per spingerla del tutto ed entrare. Non si torna indietro James. Mi ripetei mentalmente.
"Salve. Posso esserle utile?" Una ragazza dai capelli blu e rossi a cresta piena di tatuaggi su i bracci ed il collo e miriadi di piercing e dilatatori su i lobi dell'orecchio, mi sorrise gentilmente.
"Si. Vorrei farmi un tatuaggio" confessai assertivo, senza la voce che tremava. Sapevo che lo volevo.
"Bene" affermò, scostando una tendina mentre attendevo impaziente.
"Mike sta finendo un tatuaggio e poi sarà subito da lei" m'informò cordiale, spiegandomi con il dito che potevo sedermi.
Le gambe erano in agitazione, alzandosi ed abbassandosi mentre ticchettavo i polpastrelli in modo irrequieto sul ginocchio sinistro. Quando vidii dalla tendina azzurra plastificata, uscire un ragazzo alto con la testa rasata ed un fulmine sulla tempia destra. Indossava una canotta bianca aderente mettendo in mostra i tanti tatuaggi e il fisico prestante e massiccio.
"Devi farti un tatuaggio?" Chiese nella mia direzione, guardandomi.
Mi alzai annuendo.
"Si" fu la mia semplice risposta, pacata. Forse non avevo l'aria di uno che poteva farsi un tatuaggio ma dovevo marchiarla, l'avrei allontanata dal cuore ma sulla pelle no. Sarebbe stato più semplice forse o magari no.
"Bene. Seguimi" fece un gesto con la testa, intimandomi di seguirlo, attraversando la tendina, per sedermi sopra un lettino bianco.
Vedevo che puliva gli arnesi, allacciandosi un grembiule nero.
"Dove lo vuoi?" Mi domandò, dandomi le spalle, mentre non ci pensai su neanche un secondo.
"Voglio un bocciolo di rosa blu, lungo tutto il pollice destro, comprese le spine sullo stelo" rivelai sicuro.
Si girò dalla mia parte sfoderando un sorriso come per lasciarmi intendere che ero un tipo sicuro di me, il che gli faceva piacere.
"Sai, molti quando entrano qui non hanno un'idea precisa. Alcuni sfogliano per ore i depliant altri vanno via, ma tu...sei così sicuro che credo ci sia una storia dietro al tatuaggio che vuoi farti, ed ogni tatuaggio che contiene una storia è qualcosa di prezioso" mi confidò, infilandosi i guanti in lattice bianchi. Mentre lo osservavo.
"Ma a te non serve realmente un tatuaggio. Hai tutto impresso nella tua testa. Vuoi solo marchiarti per ricordartelo sempre quanto quella rosa può far male, e sperare di vederla crescere" si girò di nuovo verso di me, prendendo un panchetto nero girevole, sedendosi. Lo fissai negli occhi neri, sembrava conoscermi bene. Ero divenuto un libro aperto.
Non risposi, stendendo il braccio sul bracciolo, mentre iniziò il suo lavoro. Il dolore all'inizio divenne solo un pizzico subito dopo. È come uno schiaffo. Prima senti dolore poi solo prurito che si attenua sempre di più fino a scomparire. E speravo che il dolore e la delusione che provavo sarebbe svanita esattamente così.
Quando finì mi avvolse il tatuaggio con della pellicola, sorridendomi soddisfatto.
"Un bel tatuaggio. Ci vediamo ragazzo" mi salutò come se sapeva che l'avrei rivisto, mentre salutai anche la ragazza dietro al bancone avviandomi di nuovo in macchina. Solo che non sarei più tornato. Avevo lei sulla mia pelle e ciò mi bastava.
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