17
Avevamo passato la giornata in tranquillità, ma in realtà era di nuovo una maschera che mi stavo mettendo, ancora per reggermi, per aggrapparmi.
Ero una Cindy diversa ma ero sempre la stessa. Si può essere due personalità opposte così contemporaneamente?! Non ci credevo neanche più. Ma qualcosa era cambiato da quando James aveva sciolto il nostro legame. Ero stata un mese ad afferrare quella speranza vana. Ed oggi che era il giorno del mio diciannovesimo compleanno, l'avevo abbandonata del tutto. Non si può rimanere aggrappati a qualcosa e tirare se dall'altro capo della corda non vi è nessuno.
"Che ne dite di uscire un po' stasera...Cindy a te va bene?" Proruppe Kevin, rivolgendo la domanda più a me che a Katy e Daniel. Vedevo il suo sguardo su di me, era tutto il giorno, tentava ancora di capirmi e come sempre ci riusciva.
Sospirai debolmente. Avrei voluto dire di no, che non era una grande idea. Ma come tutto il giorno, i loro visi illuminati mi fecero cedere ad un "ok" quasi smorzato dalla voce incerta che cacciai fuori a fatica, come sillabe e vocali che ti rimangono intrappolate.
Si avviarono nella camera a prepararsi raggianti, mentre Daniel si avvicinò a me, entrando nella mia camera. Non perché avesse avuto il mio consenso, ma solo perché sapevo che non l'avrei fermato neanche volendo.
"Sei sicura di voler uscire? Se vuoi resto a farti compagnia" il suo tono ora era più basso, più delicato. Gli davo le spalle non perché volessi ignorarlo, più che altro perché voltandomi avrebbe trovato ciò che cercava nella sua domanda.
"Sì certo" riuscii a dire senza cedere al tremolio, aprendo le ante dell'armadio, facendo finta di ispezionare i vestiti.
"Allora guardami" una semplice affermazione così risoluta da farmi trasalire. Deglutii affaticata e socchiudendo gli occhi un attimo per imprecare mentalmente, mi voltai con un vestito qualsiasi in mano.
Si avvicinò lentamente, togliendomi il vestito di mano, adagiandolo sul letto con delicatezza e compostezza, quella che aveva sempre avuto, quella che mi ricordava James.
"Perché non ti sei fatta quasi mai sentire?" Era una domanda ed una constatazione ovvia. Fissava il mio viso in ogni minima parte, talmente vicino da sentire il suo respiro scivolare sulla mia pelle.
Avrei voluto abbassare lo sguardo, ma era meglio tenerlo saldo ed ancorato a lui.
"Non avevo novità sensazionali" rivelai pungente, facendo spallucce.
Mi girai di nuovo, ma la sua presa sul mio polso mi riportò al punto di partenza.
"Cindy ti ho detto che per qualsiasi cosa ci sarei stato. Che non ti avrei abbandonata, ma hai lasciato in parte che lo facessi...anche io" sull'ultima parola gli morì la voce, mentre risi amaramente e debolmente.
"Anche io cioè come ha fatto James, era questo che volevi intendere vero? Che mi ha abbandonata e non tornerà. Ma sai che c'è, ci sono abituata agli abbandoni. Sembra che lo scopo delle vite altrui sia -Abbandonare Cindy-" ricalcai le ultime parole con una voce che neanche mi apparteneva, ma usciva dal petto e si scatenava fuori.
"Ma io non voglio lasciarti sola. Non spingermi fuori dalla tua vita Cindy. Non escludermi, non farlo" erano parole supplichevoli, le stesse che volevo sentire ma non ero certa che le volessi udire da lui. Da lui che mi ricordava James in ogni gesto il più perfetto ed imperfetto. I suoi occhi che anche se di un altro colore e di un altro taglio, vigevano vigili
Su di me, non mi lasciavano via di uscita.
"Perché non dovrei farlo? Dammi un motivo valido" aggiunsi in fretta, per non dimenticarmene. Avevo il cervello in panne, e dovevo già combattere con i miei mostri interiori che non ne volevo altri.
Si avvicinò mentre arretrai di scatto, non sapendo cosa fare. Ma ciò che trovai dietro fu solo il muro freddo.
Portò le mani sulla parete ai lati della mia testa. Vedevo i muscoli tesi e le spalle ancora più ampie de possibile. Ogni centimetro del suo corpo flettersi verso di me, ed i suoi occhi in cerca dei miei e delle sue risposte.
Abbassò lo sguardo, sussurrando un quasi impercettibile "non ci riesco, non ci riesco proprio".
Non capivo, ero sempre più confusa. Parlava con se stesso ma sapeva che lo sentivo anche io.
"Non riesci c..." non finii la frase, che mi permette l'indice sulle labbra aride, facendomi concentrare sul suo sguardo.
"Non riesco a starti lontano, non riesco a fingere. Non ci riesco cazzo" pronunciò digrignando i denti su l'ultima parola.
Lo fissavo con gli occhi sgranati. Forse non volevo capire ma sapevo dove stava andando a parare e dove portava quel discorso.
Si avvicinò ancora di più e non riuscivo a respingerlo completamente. Forse era solo la voglia di sentirmi amata da qualcuno o forse era solo...non lo sapevo. Aveva ragione mia madre su una cosa. Non si può sapere sempre cosa fare, certe volte il cuore gioca per noi. Che sia un cuore intatto o che sia scalfito.
"Credo di esser..." non terminò la frase, che Katy dall'altra parte della stanza ci ridestò. Ci staccammo entrambi come se avessimo appena preso una scossa.
"Siete pronti?" Chiese di nuovo aspettando una nostra risposta.
"Si solo un attimo" alzai di più la voce per farmi sentire. Non riuscii a guardare Daniel negli occhi, sgattaiolando in bagno per infilarmi
Il vestito. Poggiai i palmi sul lavandino, dopo essermi sciacquata il viso accaldato ed ancora rosso. Mi guardai allo specchio.
"Chi sei Cindy? Perché non ti riconosco più. Cosa stai facendo? Hai davvero bisogno di un appiglio per scordarti per sempre di James. Lui che non tornerà e lo sai bene" ripetei le parole che mi frullavano nella testa da parecchio, forse troppo tempo. Mi ero ripromessa di cambiare, di essere diversa. Dovevo tentare. Basta lacrime, basta compiangersi. Tu sei forte anche da sola, il tatuaggio impresso sulla pelle lo conferma.
Chiusi gli occhi, rigettando un sospiro troppo pesante e troppo immenso per quel piccolo bagno. Afferrai la maniglia di ottone, spingendola giù.
Daniel era sul letto, con la testa tra le mani. Probabile stesse combattendo anche lui con i suoi mostri interiori. Ognuno di noi è in conflitto con se stesso, nel bene e nel male.
Mi avvicinai con cautela, poggiando una mano sulla sua spalla, mossa da una gravità maggiore.
Lasciò la presa delle sue mani, alzando lo sguardo verso di me. Uno sguardo colpevole.
"Mi dispiace Cindy...non so che mi sia preso" mi confidò soavemente.
Gli offrii la mano per farlo alzare, sovrastando la mia figura. Era più alto di me, ma non così tanto da non riuscire a vedere a pieno i suoi occhi tristi ma anche desiderosi.
"Andiamo" affermai, senza aggiungere altro. Non era il Momento di affrontare qualcosa più grande di me, di noi.
Arrivammo ad un locale, aperto da poco in città. Il Blue Sunny. Per tutto il tragitto in macchina eravamo stati abbastanza silenziosi, solo le canzoni a farci da sfondo per animarci e qualche battuta tra me e Katy. Daniel era un tipo taciturno e a parte dare ragione a Kevin su alcune cose da ragazze, ci tenevamo a distanza, lui sul lato destro, io pressata il più possibile vicino allo sportello sul lato sinistro.
Sentivo ogni tanto il suo sguardo su di me, ma mi concentravo guardando fuori, più che alla sua immagine che si proiettava riflessa sul vetro.
Katy sembrava una bambina in mezzo a mille caramelle, mentre Kevin la teneva stretta, cingendole la vita, sussurrandole parole all'orecchio che non capivamo, ma dall'espressione sognante e le risatine di Katy insieme al Rossore sulle guance, mi lasciava intendere che erano battute spinte.
Entrammo dentro. Era accogliente senz'altro. Le pareti beige con quadri affissi sopra con bordature dorate. Due banconi per le bevute, uno a destra uno a sinistra, ed un'ampia sala al centro con tavoli e nel mezzo della gente che ballava, accompagnati dalle note della ragazza che cantava sul palco un ritmo blues, dolce ma sensuale.
Ci avviammo verso il bancone delle bevute. C'era ancora un po' di tensione tra me e Daniel e non volevo. Per una volta avrei voluto che una serata fosse spensierata e mi lasciassi andare al divertimento quello che provavano le ragazze della mia età.
"Cosa vi porto?" Ci chiese il barista. Un ragazzo giovane con i capelli corvino. Dalla pelle dorata mi lasciava intendere che non fosse americano, e dal suo accento capivo ancor di più che doveva essere argentino.
Guardai Katy pensarci un po' su, mentre Kevin ordinò senza esitazione una vodka liscia e Daniel un bicchiere di cointreau. Chiesi al barista di prendere la sua stessa cosa.
"Cindy è forte per te" si girò di poco verso di me Daniel, mentre lo rassicurai.
"Ho voglia di cambiare" alzai le spalle, vedendo portarci le ordinazione per avviarci verso i tavolini neri tondi.
"Ti ricordo l'ultima volta che volevi cambiare" mi riprese sornione. Sapevo a cosa si riferisse. All'incontro avvenuto in cucina a casa di Sarah. Mi morsi il labbro non sapendo cosa rispondere, portandomi il bicchiere sulle labbra, per sentire subito il liquido ambrato scorrere lento nella mia gola, e bruciare quanto bastava.
"Noi andiamo a ballare, volete unirvi?" Ci chiese una Katy divertita, intrecciando le dita tra quelle di Kevin.
"Dai venite" ci supplicò quasi Kevin vedendo il mio sguardo restio.
"Non credo che...va bene" cedetti sotto il broncio di Katy che esultò entusiasta alla mia rassegnazione, rivolgendole un sorriso.
Guardai Daniel, facendogli cenno con la testa di venire, mentre dissentì scuotendo la testa.
"Andate pure, io finisco di bere" c'intimò anche se era più rivolto a me il suo sguardo. Un misto tra preoccupato e freddezza. Non ci feci caso, trascinandomi sulla pista, avvolta dalle note della cantante con una voce straordinaria. Aveva cambiato genere, soffiando una melodia di Beyoncé. La conoscevo grazie al vasto repertorio di Katy. Non ero mai stata molto informata su i cantanti in voga, avevo altre preoccupazioni anche se ero molto giovane.
Solitamente avrei seguito i movimenti di qualcun'altra, prendendo spunto, ma invece feci come meglio credevo. Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare completamente dal brano, annullando il resto, ricordandomi solo come ballavo quando le sue nubi mi squadravano e m'incendiavano anche con i vestiti addosso.
Le voci delle persone erano sempre più distanti, annullai tutto, concentrandomi, in un posto solo mio. Accarezzai con entrambe le mani il mio profilo, coperto da un vestito di raso azzurro, portando i bracci in alto, e ad alzarmi alcune ciocche di capelli, ondulando la testa. Finché non sentii due mani forti su i miei fianchi.
Avrei potuto inchiodarmi, girarmi e tornare al mio posto, ma il suo profumo mi fece continuare a muovere, e la testa era leggera, volevo sentirmi libera e spensierata.
"Sto lottando Cindy, credimi" sussurrò fievole vicino al mio orecchio, quel tanto da solleticarmi la pelle ed i sensi che avevo acceso per scordarmi di tutto. È più facile spegnere i sentimenti ed accendere altro.
"Non lottare allora" riuscii a dire, mentre le sue mani pressavano di più su i miei fianchi, quasi a volermi tenere incatenata lì. Quando lasciò piano la presa, staccandosi del tutto.
"Invece devo" soffiò debolmente, ma la voce traballava, per ciò che era giusto e ciò che era irrazionale, difficile da controllare. Abbiamo istinti che non possiamo comandare.
Pensavo a James, sempre, costantemente. Ma cercavo qualcosa che mi tirasse fuori da un circolo vizioso, dal vicolo buio da cui non avevo uscita, non da sola. Non mi capivo e non mi avrebbe capito nessuno, ma certe volte siamo disposti a tutto per tornare nel presente e scacciare anche se per poco il passato, che sapevo sarebbe tornato prepotentemente a tormentarmi.
Aprii gli occhi, girandomi, vedendo un Daniel spingersi a fatica fuori dal locale. Gettai un'occhiata verso Katy e Kevin ancora assolti nel loro ballo sensuale che li avrebbe portati a spegnere le fiamme subito dopo.
Afferrai la giacchetta, posta sullo schienale della sedia, dove l'avevo lasciata piegata, infilandomela subito. Non m'importava dei capelli che vi erano rimasti all'interno. Uscii aprendo la porta, guardando a destra e a sinistra, vedendolo avviarsi verso la macchina.
Mi mossi presa da una forza superiore a me, quasi correndo per raggiungerlo, gridando il suo nome.
"Daniel aspetta" avevo quasi il fiatone che mi spezzava la voce normale.
Rimase immobile sul posto, con le mani conficcate nella tasca, senza voltarsi, permettendomi di raggiungerlo del tutto con qualche semplice passo, avvertendo il respiro e il battito tornare normali.
"Aspetta" ripetei di nuovo ad un passo da lui, poggiandogli la mano sulla spalla, che scostò.
"Non vuoi capire che è meglio se vado via? Si è vero ti ho chiesto di non allontanarmi, ma ogni volta che sei vicino a me ho paura, paura di me stesso, dell'emozioni che non riesco a controllare. Tu sei qualcosa di proibito, sei libera ma legata da un filo che non vedi e non vuoi sciogliere, ed io non posso stare fermo senza..." si fermò un attimo prendendo un altro respiro, più grosso di quello precedente. Stavo in silenzio ad ascoltarlo, volevo che mi dicesse tutto, che si sfogasse, mentre qualcosa si smuoveva al mio interno.
"Senza dirti che...cazzo non è proprio possibile che mi sia innamorato di te. Non so com'è accaduto, non lo so davvero. Vorrei dirti il giorno preciso, il momento, ma non c'è, non esiste un momento specifico. Quando ho accettato l'idea di James di aiutarti, non potevo prevedere quello che hai suoi occhi era così evidente. Sei qualcosa di puro, lo porti dentro, e mi spinge a maggior ragione a lasciarti andare" ammise infine, serrando le labbra in una linea, emettendo un sospiro quasi uno sbuffo, socchiudendo le palpebre.
Non sapevo cosa dire, mi toccai le labbra incerta, insicura, come sempre.
Eliminai del tutto la distanza, stringendo in un pugno della mano, la stoffa della sua giacca di pelle aperta, attirandolo verso di me, per alzare lo sguardo su i suoi occhi. Le stesse emozioni contrastanti che avevo anche io.
Ci fissammo per qualche secondo parlandoci con lo sguardo, ed appoggiò la fronte contro la mia sospirando pesantemente.
"Mi disp..." non lo lasciai finire, portando un dito sulle sue labbra, facendolo scorrere lentamente fino al mento sentendo la ricrescita pungermi dolcemente. Non volevo sentire altre scuse, e colpe che non aveva.
Mi feci più vicina, ed il cuore era più in subbuglio, il suo respiro più corto, accarezzandomi la guancia mi tracciò con il pollice le labbra che si schiusero.
"Dio Cindy" con quelle parole mi sfiorò delicatamente il labbro superiore con il suo inferiore, sentendo una lieve scossa far muovere qualcosa, pressandomi contro il suo petto, facendo combaciare quasi del tutto le labbra. Sentii un brivido salirmi lungo la spina dorsale. Era un bacio lento ma conteneva passione. Ansimai sulle sue labbra leggermente screpolate mentre un gemito fuoriuscì dalle sua, lasciandomi andare alla sua lingua delicata, che sapeva amarmi. Finché la voce di Katy in lontananza ci fece staccare di nuovo, da qualcosa di irreparabile, da emozioni che non controllavamo.
Avvertii il mio respiro irregolare quanto il suo, il cuore riconnettersi piano per riprendere la normale funzione. Gettai un'occhiata verso Daniel che invece restò con lo sguardo fisso sul punto in cui si avvicinava Katy, lasciandomi solo il profilo da scrutare, distogliendo lo sguardo.
"Andate via senza dirci nulla? Complimenti" si beffeggiò prima di farmi la linguaccia.
"Lo sento che siete stanchi, aspettiamo Kevin e poi andiamo" c'intimò dolcemente, aspettandolo, vedendolo arrivare in lontananza.
Rientrammo di nuovo in macchina, fino a tornare a casa.
Kevin e Katy salirono come sempre per primi ed ero di nuovo sola con lui.
Girovagai con lo sguardo, per riuscire a cavare fuori qualche parola.
"Daniel io..." mi bloccò alzando una mano.
"È tutto apposto. Ci sentiamo quando vuoi Cindy" mi rivolse un sorriso stiracchiato, portando di nuovo le mani in tasca ed avviarsi alla macchina. Per ora era meglio così.
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