16
Era passato 1 mese ormai dal mio ritorno. Eravamo appena entrati nel mese di Maggio, quel periodo che adoravo poiché non sentivi né caldo né freddo. Non avevo ancora incrociato la strada di James, e da una parte era stato meglio così. Non avrei potuto reggere le sue nubi fredde e spoglie senza cadere in altri pianti.
Avevo deciso di cambiare la mia io esterna, ma sopratutto dovevo cambiare quella interiore. Lo dovevo per andare avanti.
I primi giorni erano stati difficili, camminavo per le strade di Miami nella speranza di vederlo, e molte volte mi sono sentita attirata da una parte irrazionale di andare davanti casa sua ed abbattere i muri che aveva innalzato. Ma poi arrivava la mia parte razionale a rendere tutto lucido e far sì che non mi facessi ulteriore male.
Daniel lo sentivo solo per messaggi, e neanche spesso. Più che altro erano messaggi di cortesia e domande sul come stavo. La risposta era sempre quella più giusta da dare ma anche quella che mentiva, nonostante non mi potesse vedere.
Katy era tornata all'Arts Ballet Accademy, e stava migliorando sempre di più. Il rapporto con Kevin andava a gonfie vele e non potevo che essere pienamente felice per loro. Dopo tutto il periodo oscuro che hanno passato anche per causa mia, era giusto che vivessero la loro quiete, ed anche io senza più Rudy a giro, anche se la mia quiete interna ancora non era arrivata.
Avevo trovato lavoro come barista in un locale nei dintorni. Spesso mi venivano a trovare Katy e Kevin, rasserenandomi le serate, specialmente quest'ultimo quando qualche ragazzo tentava di abbordarmi, liquidandolo seduta stante. Mi mettevo a ridere di gusto, era protettivo e potevo capire il perché, e gli ero assolutamente grata.
"Buongiorno dormigliona" esultò la voce di Katy squillante, irrompendo in camera, aprendo le tende, facendo filtrare la potente luce del giorno in camera, mentre ero ancora assonnata.
"Katy" la ripresi biascicando, stiracchiandomi debolmente. Per sentirla accomodarsi sul letto o forse era meglio dire, buttarsi a peso morto.
"È il tuo grande giorno. Tanti auguri a te, tanti auguri a te" canticchiò con una felicità che sprizzava da tutti i pori, lanciandomi un cuscino contro, ridendo.
Mi alzai su, stropicciandomi gli occhi appannati dal sonno, guardandola con disappunto.
Mi schioccò un bacio sulla guancia, abbracciandomi anche se ero ancora intorpidita, ricambiai genuinamente.
Mi lasciò del tempo per farmi una doccia, specchiando di un riflesso di una Cindy più vecchia di un anno ma con lo stesso animo. I capelli erano ancora corti fin sopra le spalle, ma gli occhi verdi avevano perso la lucentezza.
Mi tolsi dal mio riflesso come se mi facesse male e non accettassi più niente di me stessa, infilandomi un jeans ed una maglia a maniche lunghe intrecciata.
Chiusi la porta di camera, andando in soggiorno, trovando un Kevin dare fiato ad una trombetta tenendola tra le labbra, esclamando un "Auguri Sugar" venendomi incontro per abbracciarmi. Abbracci che solo lui sapeva darmi.
Ed anche se non ero in vena di fare festa, li vedevo così contenti che non era giusto spezzare quella felicità che dipingeva i loro volti armoniosi.
Sentii il campanello suonare, andando ad aprire, mentre Katy tentava di fare una torta sotto lo sguardo perplesso di Kevin, che ammonì subito con un'occhiataccia, vedendolo alzare le mani in aria.
Aprii la porta, vedendo l'unica persona che avevo sentito in questo mese.
"Ciao Cindy" mi salutò con voce roca, innalzando un vassoio incartato, rimanendo a fissarlo sulla porta. Una camicia di lino azzurra con due bottoni sganciati ed un jeans scuro. La mascella contratta e fresca di rasatura ed i suoi occhi blu dipinti che mi scrutavano. Prima di scusarsi con un gesto imbarazzato, portandosi la mano dietro la nuca e far apparire un sorriso.
"Mi hanno detto che è il tuo compleanno. Auguri" si congratulò con me, mentre mi spostai, facendogli spazio per entrare.
"Ciao Daniel. Grazie" replicai con un filo di voce.
"Non ti dispiace se ho invitato anche Daniel vero?" Mi chiese Katy senza alzare lo sguardo su di me, continuando a sbattere le uova con la forchetta.
"Amore se usi il frullatore sarebbe meglio" la riprese con tono gentile Kevin, mentre Katy sbuffò passandosi il dorso della mano sulla fronte, sporcandosi di farina.
"So quello che faccio" ribatté acida, aprendo lo sportello per prendere il frullatore. Sorrisi debolmente a quella scena, abbassando lo sguardo per rialzarlo piano verso Daniel che mi scrutava.
"Grazie dai pure a me" indicai il vassoio con uno sguardo, vedendolo porgermelo, andando a metterlo nel frigo.
"Come stai?" Mi chiese quasi in un sussurro come per paura di farsi sentire, chiudendo il frigo e girandomi dalla sua parte.
Ingoiai il magone che si era formato in gola. Stavo bene?! Affatto. Ma era la risposta più semplice da dare.
"Bene grazie" lo rassicurai alzando ed abbassando la testa.
Il suo modo di fissarmi mi metteva a disagio e sentivo crescere qualcosa dentro. Forse perché sapeva leggermi quasi quanto quei pozzi scuri che mi avevano trascinato nel fondale prima di essere spazzata via.
"Sono contento. È bello sapere che stai bene" rivelò guardandomi attentamente con la bocca serrata in una linea. Sapeva che stavo mentendo ma gli ero grata che non facesse domande. Sapeva come la pensavo a riguardo e che in parte sentivo i sensi di colpa lacerarmi lentamente.
"A tavola ragazzi" elargì Katy, battendo le mani come se si complimentasse da sola. Ed in realtà le ero riconoscente. Stava facendo tutto questo per me, per farmi stare meglio, e non pensare a James. Ma nulla avrebbe potuto cambiare il peso che sentivo addosso.
Annuii verso di lei, con un Daniel che mi seguiva, scostando la sedia da sotto il tavolo. Aveva cucinato un vero pranzo, non sapevo se essere contenta o preoccupata. Katy non era mai stata una grande cuoca, ma il suo sorriso gioioso, era troppo bello sul suo volto per rifiutare tutto ciò.
Mi porse il piatto con dello spezzatino di vitello e dei piselli. L'aspetto e l'odore erano invitanti. Inforcai la carne, masticandola sotto i denti come se fosse chewing-gum.
"Fa schifo vero? Oddio fa schifo" ripeté disperata e mortificata, più a se stessa che a noi che per non offendere scuotemmo la testa per dissentire, continuando a masticare ancora il primo boccone che ormai era poltiglia ma non ne voleva sapere di andare giù.
Ci prese con irruenza i piatti sotto al naso, muovendosi per la cucina come se fosse stata un robot programmato, afferrando il telefono.
"Chiamo l'uomo della pizza. Si decisamente" continuò ancora a borbottare, e non sapevo se ci volesse informare o si volesse convincere da sola, e la sua espressione delusa mi fece stringere il cuore.
Posai il tovagliolo sul tavolo, alzandomi seguita dallo sguardo di Daniel su di me che era rimasto silenzioso, tossendo solo per il boccone, mentre un Kevin la rassicurava, stringendola a se.
"Katy...ascolta sei stata perfetta. Non avrei potuto desiderare compleanno migliore. È la prima volta che lo festeggio con degli amici. Era da quando avevo sette anni che non spegnevo più delle candeline. Il pranzo non sarà stato perfetto ma il resto lo è, eccome" ingoiai il groppone che si era fermato in gola, alla menzione di quella rivelazione. Ed era vero tutto. Katy aveva dato un senso al sentimento amicizia e così anche Kevin.
Ci stringemmo tutti e tre in un abbraccio, vedendo i suoi occhi velarsi di gioia, come i miei. Perché sapevo che tra le loro braccia era il posto più bello che avessi conosciuto. Dopo quelle di chi non potevo più stringere.
Daniel era rimasto tutto il tempo a fissarmi, mentre parlavo fievole ed a tratti la voce tremava, ma cercavo di controllarla come il battito nel petto.
Non abbandonava mai la mia figura, come per paura che potessi svanire da lì ad un momento, come per farmi rimanere impressa nella sua testa. Mi scombussolava, e non lo capivo bene.
Forse non era stata una grande idea averlo lì, ma prima o poi avrei dovuto fare i conti con tutto, e sicuramente partire da lui era più semplice ma allo stesso tempo complicato.
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