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26


Mi risvegliai a poco a poco, la testa rimbombava, avevo un vuoto nel petto, mi sentivo indolenzita, ed un puzzle d'immagine della sera precedente mi scorrevano in seguenza davanti, come quei mini libri che li apri e fai scorrere le pagine veloci come se fosse un video animato.

Gli occhi erano appiccicati ed appannati, intorno a me erano tutto avvolto da un buio fitto e pesto, non vedevo neanche un filo di luce.

Provai a poggiare un palmo sul muro, rizzandomi su con la schiena, anche se mi prudeva come se avessi tanti spilli infilati dietro.
Dovevano essere i graffi che riportavo.
Avevo freddo, mi tolsi tutto il rimanente della stoffa del vestito a fatica, poggiandomelo sopra come una coperta, per ripararmi.

Avevo rischiato ed ora pagavo il prezzo per la libertà che mi sarebbe arrivata, dovevo solo sperare che l'uomo che mi avrebbe comprata come un oggetto, non mi avrebbe tenuto incatenata.

Mi ricordai del nome che mi chiamava. James, dove sei? Cosa fai? Ti sei dimenticato di me? Perché io di te non mi sono dimenticata, il mio cuore non ti può cancellare, ho stampato il tuo nome come una pressa che ti timbra, e non posso toglierti, non ne ho la forza.

Cosa servirebbe dire che mi manca? La sua assenza si stava facendo sentire prepotente più che mai. Ed anche se dovevo pensare solo a lui, mi apparve il sorriso di Luke davanti, quei sorrisi raggianti, che non nascondono nulla ma solo la semplice verità.

Sentii dei passi avvicinarsi, mi avvolsi le gambe con le braccia, quando scattò la serratura. Vedendo la figura imponente di Rudy stare sulla soglia ad osservarmi ed anche se non vedevo il suo volto, sentivo la sua fierezza e l'immensa soddisfazione nel vedermi così, nuda ed indifesa, calata la maschera della finta Cindy perché ciò che aveva davanti era quella che vedevo nello specchio ogni giorno, la vera Io.

Avanzò piano, socchiudendo la porta.
"Cindy...Cindy...Cindy" ripeté il mio nome come se avesse un registratore, e premesse sempre il pulsante sulla stessa parola.
Quando si chinò su di me.
Tremavo come una foglia quando soffia il vento.

Mio padre mi chiamava da piccola 'Strong Rosebud' per questo decisi di tatuarmi una rosa con la scritta Strong.
Ma in quel momento ero tutto tranne che forte.
Ero solo un bocciolo di rosa che non si voleva aprire, e più passava il tempo più temevo che il mio bocciolo appassisse piano senza mai sbocciare.

Restai muta. Vedevo i suoi occhi luccicare nel buio della stanza, sembravano gli occhi dei gatti che risplendono nel buio e ti fissano.

"Tu sai cosa accadrà vero? Oh sì che lo sai. Ah no aspetta lo so io. Te li dirò semplicemente" il tono beffeggiatore che usava m'irritava e mi faceva sentire come se avessi una tempesta dentro.

"Oggi verrai esposta davanti a molti clienti del locale, ma solo chi mi darà la somma più alta si aggiudicherà il premio, in questo caso Te. Mi frutterai molti soldi, con quell'aria da puritana, perbenista, suora. del cazzo" digrignò i denti sull'ultima parola, acchiappandomi il mento tra le dita con forza, scrutandomi con cattiveria.

"Fammi un cenno se hai capito. Hai perso la lingua tagliente non è vero?" Mi fece dire sì con la testa, stringendo sempre di più mentre omettevo un grido che strozzava la gola.

Mi aprì con forza la bocca, mentre cercavo di dimenarmi con scarsi risultati, quando m'infilò una pasticca facendomela inghiottire.
Rialzandosi in piedi.

"Starai buona per un bel po' così. Buon riposo" con quelle parole lasciò la stanza, mentre sentivo la testa diventare leggera, viaggiando mentalmente. Finché non chiusi le palpebre cadendo in un baratro nero, senza poter risalire.

Pov.James

Mi stavo fumando una sigaretta in santa pace, rigettando il fumo che si dissolveva sopra di me, nel cielo che mostrava nubi.

Sembrava riflettere perfettamente il mo stato d'animo.

Ero perso nei miei pensieri quando il poliziotto mi richiamò per entrare dentro con una certa fretta.
Sbuffai lanciando la sigaretta, schiacciandola con la suola delle scarpe.

Varcai la soglia dell'entrata, quando mi scortò verso la sala.

"Hai una visita dal tuo avvocato" m'informò lasciandomi come sempre davanti la parete di vetro, dove vidii la testa abbassata di Daniel, alzandola piano incontrando i miei occhi.

Aveva uno sguardo preoccupato e timoroso, irrigidii la mascella, corrugando la fronte, mettendomi a sedere.
Era la prima volta dopo una settimana che lo vedevo. Una settimana che mi aveva torturato, non ricevendo nessuna fottuta notizia. Tutto ciò mi mandava in bestia, covando mille pensieri anche i più peggiori.

"Ciao James" soffiò fuori le parole esile.

"Di qualunque cosa si tratti parla" asserii, saltando i convenevoli. Ero avido di sapere, qualunque cosa fosse stata, ma non mascheravo l'ansia che si stagliava addosso come acqua sugli scogli.

"Non ho buone notizie" ammise cupo, fissandomi affranto.

Il cuore mi saltò in gola, portandomi a spalancare gli occhi, mentre serravo i pugni, avvertendo un'esigenza repellente di scaraventarlo contro qualcosa.

"Che cazzo vuol dire Daniel? Eh?! Dimmelo" digrignai i denti fuori di me, tirandomi i capelli indietro come un pazzo, frustato.

Mi rivolse uno sguardo, per poi estrarre un foglio piegato in quattro, dalla tasca laterale del jeans, porgendomela da sotto il vetro.

"Leggi" affermò serio.

Presi un respiro, guardando lui e subito dopo il foglio, quasi timoroso di aprirlo, e cazzo se lo ero.

Alzai la mano prendendolo e spiegandolo.
Lessi tutto d'un fiato, con il cuore che martellava, bussava prepotente dentro la gabbia toracica come se volesse uscire, per non sentire più dolore.
Lo rilessi di nuovo, più lentamente.
L'occhio cadeva sempre sulla solita frase, leggendola veloce, piano, scandendo bene ogni singola lettera.

-Cindy all'asta- in tutto il discorso solo quello riuscivo a percepire, era il concetto finale.

Alzai piano gli occhi verso Daniel che rimaneva imperterrito con il suo sguardo verso di me.
Annuì debolmente.

"James io..." Iniziò a dire ma lo bloccai con un' alzata di mano, scacciando via le sue parole come un fastidioso ronzio che girava nella mia testa.

"Comprala" asserii senza mezzi termini. Le parole morivano in gola ed insieme ad esse anche io lentamente. Impotente di fare qualsiasi cosa.

"Sai che non ti potrò tirare fuori di qui nel tempo prestabilito. Dovrò gareggiare con somme alte per potermela aggiudicare" m'intimò tentando di spiegarmi ciò che sarebbe successo.
Non m'importava, sarei rimasto lì dentro anche tutta la vita perché per me lei lo era, da quando i suoi frammenti si erano scagliati contro di me, come vetri che ti trapassano l'anima lasciando cicatrici che non fanno male.

"Posso anche marcire dentro questo buco di merda, ma te la tirerai fuori. Qualsiasi sia il prezzo da pagare, lei non sarà mai oggetto di desiderio di nessuno." Rivelai tagliente, accartocciando il foglio in una mano, stringendolo con tutte le forze che avevo.
Sentivo un'emicrania che mi comprimeva, ero sicuro che fossi rosso, rabbia scorreva nelle vene insieme a sangue caldo, pulsava, lo sentivo.

Si passò una mano sul viso, prendendosi il mento tra le dita, annuendo un attimo dopo.

"Se un anno fa mi avessero detto che James Miller si sarebbe innamorato gli avrei probabilmente riso in faccia" tentò di alleviare la tensione, accennando un debole sorriso.
"Stai rinunciando alla tua libertà per lei" constatò rivelando ciò che già sapevo, il punto era che non m'interessava.
La promessa fatta a suo padre, l'avrei rispettata, protetta da chi non ero io.
Per quanto potessi mantenere la promessa in realtà lo facevo per altro.

La prima volta che sfiorai le sue labbra. Credo di essere caduto definitivamente dentro la trappola. Avevo ceduto, un frutto proibito attira sempre più di ciò che puoi avere.
Sapevo che stavo cedendo la parte migliore del mio cuore a lei. Glielo lasciai prendere, perché solo un'anima pura può far tornare alla luce un'anima nera, come ero io.

"Lo so" solo due parole, tutto quello che sapevo.
Portai un palmo aperto sul vetro.
"Tirala fuori" sussurrai le ultime parole vedendo i suoi occhi blu accendersi confermandomi che avrebbe fatto di tutto. Prima di andare via.

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