19
Pov.James
Mi alzai dal materasso logoro stropicciandomi gli occhi, passandomi una mano sul volto, prima di alzarmi e sciacquarmi con un po' di acqua presa da una bacinella, togliendomi la canottiera che più che bianca ormai era beige, rovesciandomela addosso strofinandomi con una saponetta consumata.
Senti il suono di un bastone sbattere sulle celle di ferro, voltandomi.
"Ti ho portato la colazione" affermò il poliziotto, allungandomi un pezzo di panino incartato in un fazzoletto.
"Grazie" lo ringraziai fingendo gratitudine, scartandolo e addentandolo come se mi avesse porto una succulenta bistecca.
Rimettendomi a sedere sul materasso.
"Preparati tra 10 minuti il tuo avvocato ti vuole vedere" aggiunse prima di girare sugli stivali lasciandomi finire la mia merda di colazione.
M'infilai la camicia scuotendola ed i pantaloni, agganciando la cintura. Erano solo 3 giorni che ero rinchiuso in questo posto schifoso, e l'unica cosa che mi tormentava era lei.
Dopo 10 minuti passati a fissare il muro, come se fosse un panorama stupendo, sentii il rumore di chiavi e la cella che viene aperta, permettendomi di uscire per quei fottutissimi 5 minuti che avevo, accompagnato dal poliziotto che mi prese i polsi stringendoli tra loro, dietro la schiena, mettendomi le manette come se fossi una persona pericolosa, per scortarmi nella sala d'incontri. dietro ad un vetro scorsi il volto del mio avvocato ed amico.
Mi sedetti venendo liberato dalle manette, poggiando i gomiti difronte a me.
"Ciao James, come stai?" Chiese, scrutandomi dispiaciuto.
"Che cazzo di domanda è?" Sbottai incazzato come se fosse ovvio che non me la passavo bene, sembrava una presa per il culo.
"Domanda stupida hai ragione, è di routine" aggrottò la fronte scusandosi, tornando a fissarmi.
"Parlami di lei" precisai senza mezzi termini, andando dritto al punto, ed era l'unica cosa che m'interessava sapere.
Lo vidii abbassare lo sguardo per riportarlo su di me, incrociando le dita tra loro.
"Sta bene, ma ha lo sguardo spento, vede ma in realtà solo la superficie, come se ciò che la circonda non abbia più senso. Rudy gli sta alle calcagna ma non ha sospetti" rivelò sicuro, aspettando una mia risposta, che non arrivò, annuendo solamente, prima di essere interrotto dal poliziotto facendomi alzare rimettendomi le manette.
"Continua a darmi informazioni, sono l'unica cosa che mi fa andare avanti" sussurrai piegandomi davanti al vetro.
Prima di essere riaccompagnato nella mia nuova casa.
2 Giorni Prima
"Avrei una chiamata da fare" intimai al poliziotto, che mi guardò scocciato, accompagnandomi al telefono.
"Sbrigati" affermò voltandosi.
"È il mio avvocato" rivelai congelandolo con lo sguardo.
Al terzo squillo rispose, attimi che sembravano eterni, sapevo che non dovevo sprecare neanche un secondo con parole futili, per un cazzo di penny che avevo.
"Pro..."
"Daniel, sono James, ho bisogno del tuo aiuto, non farmi domande, ti chiedo troppo forse ora. Centrale di polizia di South Miami" parlai a raffica, cercando di non scordarmi nulla, anche se le parole uscivano da sole senza pensarle prima di parlare. Pressando mi la cornetta sull'orecchio tanto da farmelo indolenzire.
"In che guaio ti sei cacciato?" Esultò esausto, mi conosceva bene, fin troppo.
"In nessun cazzutissimo guaio, sono stato raggirato e fregato, ho bisogno del tuo aiuto sei l'unico che può aiutarmi e l'unico di cui mi fido" aggiunsi prima di sentire il rumore della linea interrotta, sbattendo la cornetta sul muro.
"Almeno che non vuoi essere accusato anche di vandalismo, ti conviene tornare in cella, il tuo tempo è scaduto" m'intimò il poliziotto, con un ghigno divertito, prima di sbattermi dietro quella cella, provando a dormire.
"Mi hai lasciata sola James, avevi detto che mi saresti venuto a salvare" cercai di avvicinarmi a lei, ma ad ogni passo che facevo, sembrava sempre più lontana ed offuscata.
"Non è come sembra Cindy" gridai, vedendo una nube propagarsi difronte a me rendendomi la visibilità scarsa.
"Ormai mi appartiene" la sua voce malvagia, riecheggiava in quella nube, arrivando dritto al mio udito, come un eco.
"No, cazzo, non te la lascerò mai" girai su me stesso, tirandomi i capelli come un pazzo, cercando il suo viso.
Quando sentii la sua mano sulla mia spalla, e il suo respiro regolare vicino al mio orecchio.
"Ormai gli appartengo, mi hai lasciata lottare da sola, mani che non sono tue mi toccheranno, urlerò di un piacere che non sarà procurato da te" sussurrò quelle parole pungenti e al contempo melodiose, quando mi voltai non vedendola più, buttandomi a terra su i ginocchi, venendo avvolto dall'oscurità.
Mi tirai su dal materasso, sentendo la fronte accaldata e madida, passandomi sopra il dorso.
Era un sogno cazzo, ma certe volte i sogni sembrano più veri della realtà.
La paura di perderla per sempre assillava la mia mente, la paura di saperla da sola, uomini che non ero io, mani su di lei che non erano mie. Girava tutto nella mia testa come se avessi preso una sbornia colossale.
Questa volta doveva filare tutto liscio, non avevo ancora un piano in mente, sapevo che ogni volta che li facevo, venivano distrutti e abbattuti come castelli di sabbia, restando con un pugno di mosche tra le mani.
L'unica cosa che sapevo era che Rudy amava chi pagava, ricevere la sua fiducia non sarebbe stato semplice.
Pov. Cindy
Rimuginai tutta la notte su quell'uomo, sul perché mi avesse protetta da Rudy, senza darmi una spiegazione.
Mi domandavo che fine avesse fatto James, e la paura s'insinuava prepotente, senza lasciarmi scampo.
Mi sentivo rinchiusa in una gabbia d'orata, come se fossi preziosa ed intoccabile. Solo che sapevo che ero stata graziata da qualche santo, ed il pensiero che un uomo mi avrebbe toccato non mi avrebbe lasciato la mente libera.
Mi portai le gambe al petto, dondolandomi sul letto come una bambina che aveva avuto un incubo ed aveva paura dei mostri.
Quando vidii Rudy spalancare la porta entrando, facendo il giro della camera, fermandosi, sedendosi sul letto.
"Cindy, mi hai stupito, non credevo andassi senza ribellarti, evidentemente mi sono sbagliato" mi alzò il mento guardandomi negli occhi freddi, ormai non avevo più veri sentimenti da mostrare.
"Già, si cambia" alzai le spalle, sentendolo più vicino al mio viso, avrei potuto spostarmi ma avrebbe capito, restai immobile aspettando che finisse di prendersi gioco di me.
"Una perla cambiata" soffiò quelle parole a pochi centimetri dalle mie labbra, ed un singhiozzo ottuso salì spontaneo arrivando a colpire i miei occhi chiusi, facendo fuoriuscire una piccola lacrima bagnandomi le ciglia impastate di mascara, ricordandomi la sua voce quando mi chiamava così.
Mi poggiò un palmo freddo sulla guancia rovente.
"Santare..." La voce di Linda arrivò dritta al mio udito, spezzando a metà la parola.
"Noto che ho interrotto qualcosa" constatò acida, sentendo Rudy alzarsi dal letto, facendomi rilasciare l'ossigeno trattenuto come se fossi stata in apnea per troppo tempo.
"Quante cazzo di volte ti ho detto di bussare?" Ringhiò irruente verso Linda, che abbassò lo sguardo mortificata.
Mi sembrava indifesa, come se fosse gelosa di quell'essere viscido.
"Scusami" accennò fioca, prima che Rudy ci lasciò sole sbattendo la porta, facendola sobbalzare.
Chiuse le palpebre stringendole, per alzare lo sguardo al cielo, impedendo sicuramente di piangere e mostrarsi in realtà una persona debole che ha un cuore che batte.
La vidii ricomporsi, per mettere su una faccia stizzita.
"Preparati ti aspetta un'altra serata, finta Santa" aggiunse in modo aspro, avvicinandosi alla porta, ma la bloccai.
"Provi qualcosa per Rudy, è inutile che lo nascondi" insinuai colpendola nel suo tallone d'Achille.
Si girò cupa fissandomi.
"Sono cose che non ti riguardano, non credi.
Fatti i fatti tuoi, pensa a soddisfare i clienti non a quello che faccio io. Non siamo amiche ricordalo, non lo saremo mai" sbottò piena di astio prima di uscire dalla porta, portandomi a fissare un punto vuoto di quella stanza, respirando, facendomi coraggio.
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