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Capitolo 51

DANTE

Amare una persona
amplifica le proprie paure.

La verità era semplice: temevo ciò di cui ero all'oscuro. L'inquietudine mi perseguitava e l'ansia, consumava ogni barlume di raziocinio. Ero un cerino in preda ai morsi delle fiamme dell'insicurezza. In cuor mio speravo che fosse eccessiva apprensione, la mia – e non un tragico presentimento.

Il mio sesto senso era in completo allarme. Quanto vorrei sbarazzarmi di tutta questa angoscia. La vita sarebbe stata facile, senza.

I party di fine anno si svolgevano tutti nella vecchia magione comunale, ex proprietà di una nobile famiglia scomparsa e dimenticata. Era stata lasciata alle cure delle scuole vicine, adibita per eventi come questo.

Giungemmo con l'arrivo dei primi tuoni. Presto avrebbe iniziato a piovere, sfidando i festaioli più temerari a restare e fronteggiare il temporale.

Mio fratello e io, del tutto fuori target, risaltavamo più di altri – nulla di nuovo, considerato che attiravamo l'attenzione comunque. Grazie alle nostre altezze e origini miste, ci distinguevamo dalla etnia europea. A ogni angolo, gruppi di ragazzi e ragazze si scansavano al nostro passaggio, squadrandoci con fare ostile e curioso allo stesso tempo.

Li ignorai e passai oltre, esplorando i dintorni, alla ricerca di Edith e Deva.

«Non è invecchiato di un giorno questo posto», commentò Dristan al mio fianco, vagamente a disagio.

«Infatti, è da brivido», mi lasciai sfuggire, rivivendo la scena del suo primo bacio con Elida fra le mura. «Vorrei solo dimenticare», mormorai talmente piano, da lasciare che la musica sovrastasse le parole.

Era una villa di fantasmi, per me.

All'improvviso udimmo delle strilla femminili provenire nel giardino sul retro. La maggior parte delle persone si precipitarono fuori a controllare, creando ben presto un muro invalicabile. Bloccarono le vie di fuga, interessati a quello che stava accadendo aldilà delle mura.

«Che diavolo succede?!», sbottò mio fratello.

«Una rissa tra due tizi, ma sono state coinvolte anche delle ragazze e qualcun altro», ci informò uno degli spettatori. Indietreggiava man mano che la folla avanzava e si infoltiva, spintonandosi fra loro per avere la visuale migliore.

«Dobbiamo trovarle prima che si possano far male», anticipai, ispezionando i ragazzi, ammassati gli uni contro gli altri: «Conoscendo nostra sorella, avrà trascinato Edith in prima fila ad assistere», digrignai i denti, frustrato nel trovarmi circondato da ombre e sconosciuti.

«O a partecipare», ironizzò lui.

Un brivido mi solcò la spina dorsale, incrementando i miei timori: «Non dirlo, potrebbe essere vero», lo pregai.

«Ma non lo è, giusto?», chiese conferma lui, leggendovi in faccia la mia stessa apprensione.

«L'ha colpita!», ascoltammo il commento di qualcuno.

«Bastardo!», aggiunse un altro fra le urla indefinite di altri.

«Puta tu Madre, qué verguenza. ¡¿Cómo te atreves?!», udimmo ancora.

Tua madre puttana, che vergogna. Come ti permetti?!

Questa voce femminile appartiene a...

«Deva!», chiamammo all'unisono, provando a fendere la  giovane folla per correre da lei e aiutarla.

Con molta difficoltà, tra spallate e diverse bracciate, riuscimmo a raggiungere il giardino, trovandoci a qualche metro di distanza da Deva, seduta sgraziatamente sul prato, che sbraitava contro a un paio di rissosi, e Edith, avvinghiata a nostra sorella... e col volto ricoperto di sangue.

Vidi rosso.

Dentro e fuori di me c'era talmente tanta confusione che a stento riuscivo a percepire il battito del mio cuore.

Mi precipitai da loro, seguito a ruota da Dristan.

«¿Dios mio, qué pasó?», domandò a loro, sconcertato.

Entrambe erano state percosse.

«Quello stronzo del mio ex ci ha aggrediti. Stefano gli sta dando una bella lezione, ma lui ha condotto con sé i suoi amichetti del cazzo, e hanno scatenato questa rissa», si agitò Dee, inviperita col gruppo bellicoso.

Strinsi i pugni lungo i fianchi. «Chi l'ha colpita?!», le chiesi con la stessa foga, «Mostrami chi è stato».

«Sono stati quei due! Volevano farmi del male e lei si è messa in mezzo per proteggermi», indicò un paio di figure vicine, intente a fare il tifo per Thomas.

«Sto bene...», cercò di formulare Edith, ma con la voce impastata dal dolore. Seguì un suono che fu raccapricciante: sputò un grumo di sangue.

Prima che potessero afferrarmi, e trattenermi, gridando di frenarmi, piombai sui due ragazzi e li massacrai allo stesso modo.

Dovevano soffrire.

Non udivo niente.

Non sentivo niente.

E non volevo fermarmi.

C'era solo la mia sete di vendetta e il suono delle sirene, in arrivo.

*Angolino dell'Autrice*

- 1 ALLA FINE DI QUESTA SECONDA PARTE

P. S.

Il 18 di settembre si celebra la repubblica del Cile, ma i festeggiamenti si protraggono anche oltre. Infatti, si svolgeranno per tutto il week end! \^^/

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