Capitolo 37
EDITH
Chiunque abbia detto che: "La notte porta consiglio" sarà stato chiaramente un bugiardo. Mi rigirai nel letto, incapace di rilassarmi, fino all'alba; la mente annebbiata dal sonno arretrato e il fisico debilitato dalla stanchezza che implorava pietà, erano segni inequivocabili della vecchiaia. Avevo vent'anni e a volte pesavano come se ne fossero stati il doppio.
Adocchiai la piccola libreria che custodivo gelosamente nella stanza. Avrei voluto trovare le risposte che cercavo scritte nei libri di testo; ma non osavo sperare nell'impossibile. Un libro testimoniava una storia già accaduta, e questo non sarebbe mai cambiato. L'unica conclusione possibile, a cui giunsi, era che avrei dovuto indagare.
L'incontro della sera precedente era evidente che doveva essere andato male. Solo che non ne comprendevo il motivo. Dante era scappato via senza neanche accettare una singola goccia d'acqua, congedandosi nel minor tempo possibile. Perché?! Avrei dato qualsiasi cosa per leggergli nella mente, e scoprirne la causa. «Forse Micol l'ha terrorizzato col suo sguardo assassino», mugugnai a me stessa, pensierosa e frustrata dalla situazione. Alla fine sospirai, rassegnata all'idea di dover affrontare l'argomento sia con le nostre famiglie che con lui... E già temevo la risposta.
Mi sembrava di camminare sulle uova. Ogni passo, compiuto con leggerezza lungo il tragitto della frequentazione, si rivelava essere periglioso quanto quello precedente. Nulla era facile, persino l'amore, istintivo e naturale, risultava difficoltoso. «Forza e coraggio, Edith», mi incoraggiai, raggruppando le forze per alzarmi, vestirmi, e pedalare sino al luogo destinato, munita della sola determinazione. Non prestai attenzione all'abbigliamento o all'acconciatura sfatta, afferrai le chiavi della bicicletta e uscii di casa.
La frescura del primo mattino mi regalò un dolce brivido quando montai sul sellino, salutandomi con la quiete della città. Presto Milano si sarebbe animata del traffico mattutino. Maggio era l'ultimo mese primaverile, giugno segnava l'inizio dell'estate come agosto la sua fine. Forse un'altra vacanza insieme a Dante non sarebbe stata nociva quanto la prima. O per lo meno me lo auguravo.
***
Pervenni nel quartiere d'alta borghesia prima di quanto mi sarei aspettata, trovando la villetta a schiera bagnata dall'aura dorata del sole. Nell'accostare la bici al basso cancello in ferro battuto, scorsi Fabian sulla soglia di casa, intento a recarsi in studio. In completo elegante, coi capelli impomatati, e rasatura appena fatta, avrebbe potuto anche sfilare per Giorgio Armani invece d'essere un giovane avvocato. «Ah! Hallo Edith», mi salutò in tedesco, aggrottando le sopracciglia solo quando notò la buffa t-shirt che sfoggiavo: «Bel pigiama», si complimentò assai perplesso.
Smottata dal sellino, mi guardai anch'io, contemplando l'abbigliamento in cerca di stranezze: era una maglietta rosa di Hello Kitty. «Non è un pigiama», mi limitai a borbottare, oltrepassandolo e intrufolandomi dentro. Gli passai vicino al punto che avrei potuto urtarlo e respirarne l'odore di colonia.
«Non è nemmeno bella se è per questo», mi prese in giro lui, scansatosi lo spazio necessario per farmi entrare.
Gli sorrisi mio malgrado: «Tu sì che sai come far breccia nel cuore di una ragazza», lo punzecchiai.
Fabian ricambiò, congedandosi con un cenno del capo: «Un giorno faremo shopping insieme».
«E quello stesso giorno ti vedrò indossare una maglia di Hello Kitty», aggiunsi, sempre più divertita.
«Non sfidarmi, starei un incanto anche con quella», proclamò voltandomi le spalle. E su questo nessuno dei due aveva dubbi.
Chiusi la porta rallegrata dal nostro scambio di battute, e piombando nel silenzio totale dell'ingresso. Distratta da Fabian, non avevo fatto caso a quanto fosse tranquillo; e poco dopo compresi anche il perché.
Dante era immerso in un sonno profondo, accoccolato sull'immenso divano, in salotto. Il sole filtrava dai fori delle persiane, creando sagome luminose sulla coperta di pile. Danzavano sul suo corpo, valorizzandone il busto nudo. Osservai il viso, alla ricerca di qualche segno, un dettaglio, un indizio che fosse sveglio; ma i lineamenti distesi rimasero immutati quanto il suo respiro. Mi ritrovai a sorridere. Sembrava un ragazzino piuttosto che un uomo. E vidi molto di sua madre. Chissà se n'era consapevole?
Forse sì.
Con estrema cautela mi sistemai accanto a lui, incastrandomi fra le braccia e le sue gambe, vigile nel farlo il più delicatamente possibile. Non volevo svegliarlo; ma quando mi convinsi d'esserci riuscita, corrugò le sopracciglia, schiudendo l'occhio destro.
Arrossii un poco: «Ciao», mormorai imbarazzata.
«Come hai fatto a entrare?», mugugnò ancora assonnato.
«Mi ha aperto Fabian, era intento a recarsi a lavoro», risposi colpevole, incassando il capo fra le spalle.
«Ovviamente», sottolineò caustico, «Sono stato sveglio tutta la notte ad allenarmi. Sai che riposo solo di giorno», si lamentò.
Tanta fretta la sera prima per una sessione in palestra?
Avevo dimenticato quanto potesse essere permaloso. Mi schiarii la voce: «Potrei... potrei cantarti una ninna nanna per conciliare il sonno... e farti passare il malumore, anche», aggiunsi involontariamente.
Lo sentii ridacchiare contro l'incavo del collo, ma parve pronto a sbranarmi: «Addirittura? Bueno, maestrina, canta para mi», il tono grondava rabbia.
All'improvviso, stretta a lui, mi sentii a disagio. I tendini dei muscoli si tesero sotto il mio tocco, come se fossero stati pronti a sottrarsi. Deglutii imbarazzata, intonando la ninna nanna che conoscevo a memoria. L'avevo cantata spesso ai bambini delle materne, cullandoli nello stesso modo in cui coccolavo Dante adesso, accarezzandogli la nuca e giocherellando coi suoi capelli scuri.
Non so se l'effetto fu quello sperato; il suo fisico si rilassò, allentando la presa, e beandosi del mio calore corporeo.
Se la notte non portava consiglio, forse l'avrebbe fatto il giorno.
*Angolino dell'Autrice*
Finalmente ho aggiornato! Raga scusate, scusate, scusate tantissimo per il ritardo x(
Le vacanze sono ufficialmente concluse e già ne sento la mancanza <\3
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