Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 21

DANTE

Disprezzavo le stazioni ferroviarie: il viavai dei treni, il chiasso dei ritardatari, gli annunci, l’ingombro dei bagagli altrui. C’era qualcosa di nostalgico nel partire a bordo di un vagone passeggeri...

Ma io in mezzo a un oceano di treni,
nel cielo delle locomotive ti riconoscerei per una certa aria
di lontananza, per le tue ruote
bagnate laggiù, lontano, e per il tuo trafitto cuore che conosce la indicibile, selvaggia, piovosa, azzurra fragranza!”, rimembrai il testo di Pablo Neruda in Ode ai treni del sud. La sensazione fu la stessa: una malinconia grondante di tristezza, e un pizzico di speranza dedicato al futuro. Esistevano legami che non potevano essere spezzati. Dristan e Deva erano i miei fratelli, e sarebbero stati tali a prescindere dalla distanza, dal tempo, dai sentimenti, e dalla morte. E anche dopo.

Li abbracciai per un tempo infinito, stringendoli a me con vivo vigore, promettendo loro che sarei tornato presto a trovarli. «Non sparire di nuovo, Gaviota», mi pregò lui, accennando al testo più famoso di Luis Sepúlveda: “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”*. Uno dei suoi preferiti; lo leggeva da bambino, proteggendomi in qualche modo dagli incubi del razzismo che subivo a scuola. Il quale a mia volta lessi a nostra sorella per lo stesso scopo, insegnandoci che la diversità era un’arma da fruttare a proprio vantaggio contro l’ignoranza della gente. Poco importava se non condividevamo i tratti occidentali e la cultura millenaria; noi eravamo i gabbiani a cui i gatti avevano insegnato a volare.

Elida e Edith rimasero in disparte, giocando con Sofia finché non fu l’ora di separarsi. Avevo già notato in precedenza la stranezza del comportamento di quest’ultima; ma affibbiai la causa alla separazione. Quando fummo a bordo del Freccia Rossa - in ritardo sulla tabella di marcia - intuii che qualcosa fra noi non quadrava. Seduta al mio fianco, notai il modo in cui cercava di non incrociare il mio sguardo, di evitare il tocco non necessario, e comunicare il meno possibile. Dietro le lenti scure la osservai di sottecchi, ignorando la macchia indistinta di verde e azzurro al di là del finestrino chiuso: «Ehi, va tutto bene?».

Lei scrollò le spalle con finta indifferenza: «Benissimo, non preoccuparti». Non mi guardò nemmeno quando lo disse, la cortina di capelli la nascose allo sguardo che le rifilai in talice.

Delicatamente, scostai la folta ciocca dietro l’orecchio destro: «Sicura? Perché a me non sembra...», mormorai, attirando il suo interesse.

«Sono solo stanca. Riposo un po’», liquidò i miei sospetti, allontando la mano.

Non le credetti neanche per un secondo, tantomeno desistetti nell’accarezzarla. Con cautela ruotai il busto nella sua direzione e accostai la mancina al mento, sollevandolo verso l’alto per guardarla dritto negli occhi. Aggrottai le sopracciglia: «Hai pianto?».

Si scostò da me con un gesto brusco: «Non sono affari tuoi», gracchiò sul punto di singhiozzare.

«Perché, che succede?», chiesi, frastornato dal suo malumore.

Trattenne il respiro prima di parlare, scuotendo il capo: «Non dovresti confessare sentimenti di cui non vuoi affrontarne le conseguenze. Non puoi giurare di amarmi e scappare via subito dopo averlo fatto», sbottò tutto in una volta, attirando l’attenzione dei pochi estranei seduti nei dintorni.

Fu come ricevere un pugno allo stomaco. «Edith...», le intimai con un’occhiata, già irritato dal suo tono accusatorio. Cosa ne sapeva lei delle mie paure, di ciò che non mi faceva dormire la notte?!

«No, Edith un corno! Se pensavi che avrei lasciato perdere ti sbagliavi di grosso», bisbigliò infuriata. Il treno procedeva a velocità costante, diretto a Milano Centrale.

Il suo stato d’animo contagiò il mio: «Hai ragione, cosa vuoi che ti dica?! Mi dispiace, non volevo confidarti niente, ma non riuscivo più a trattenermi! Lo sapevo che non avrei dovuto farlo, ma ti sto implorando implicitamente di dimenticartene perché è quello che farò io. Va bene adesso, sei soddisfatta?!». Non avrei voluto ferirla, tantomeno essere brutale; invece la allontanavo nella maniera peggiore. Accadeva ogni volta che mi si presentava l’occasione. E smarrivo le mie piume.

Non si può volere una relazione esclusiva se non si era fatti per i rapporti di coppia monogami. Prima o poi le persone si lasciano andare, perché mutano, cambiano, e non rimangono mai le stesse. Come si poteva progettare un futuro insieme se era destinato a cessare?

«Dimentica tu, allora! È la maniera migliore per non voler essere ricambiati, giusto? Fallo, dimentica tutto, ma non coinvolgermi in questo. Non farò finta che non sia mai successo e non lascerò che questo ricordo venga corrotto da uno stupido litigio». Adesso piangeva.

Non era quello volevo. Era... complicato.

Il mio cuore ebbe una contrazione nel vederla allontanarsi: «Dove stai andando?!».

«Altrove, non ce la faccio a stare qui», commentò con voce rotta e angosciata. Non aggiunse: “Con te”, ma sospettai che lo pensasse. Pronunciai il suo nome, ma lei non mi diede retta.

Una nonnina dalla chioma inamidata, il volto increspato di rughe profonde, e occhiali spessi come fondi di bottiglia, mi fissò per un lungo istante: «Che aspetti, ragazzo? Valle dietro!», mi incitò, indicando la direzione da percorrere.

Il mio corpo le ubbidii prima di riflettere. «Edith!», rinnovai, standole alle calcagna. Lei continuò il percorso imperterrita, elargendo un’ottusa distanza. «Edith Costanza fermati subito!», comandai ad alta voce, bloccando i suoi passi. Notai le spalle sussultare, troppo esili per non restare sorpresi di quanto fosse fragile; avrebbe potuto spezzarsi da un momento all’altro sotto il mio tocco.

Edith emanava luce. Era un sole raggiante. La luna piena in estate. Era questo e molto altro.

Appena la raggiunsi le cinsi i fianchi, stringendola a petto, e appropriandomi di tutte le sue lacrime. Mi odiai anche stavolta.

*Angolino dell'Autrice*

Bella a tutt*, come state? Spero bene <3

Venerdì, 3 marzo, è stato il mio compleanno e quindi è stato anche il compleanno di Edith!

Auguri in ritardo piccola Ida! <3

Nel pezzo “Quando fummo a bordo del Freccia Rossa - in ritardo sulla tabella di marcia - intuii che qualcosa non quadrava.” avrei voluto recitare l’audio di tik tok: “Anche essendo un orsetto di poco cervello, comprese che qualcosa non andava” xD

*Luis Sepúlveda: è stato un altro grande scrittore cileno, morto nel 2020 a causa del COVID, Gaviota significa gabbiano in spagnolo.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro