𝚝𝚑𝚎 𝚋𝚘𝚢𝚜
➥✱ alert :: questa è la side story su Bob e Futa
➭ ✧❁ disclaimer :: uno dei personaggi è asessuale e crede nella cristalloterapia. vi prego di non lasciare commenti inadeguati riguardo entrambe le caratteristiche e di non mancare di rispetto a nessuno, o sarò costretta a risolvere la cosa con la violenza
⟿ ✿ TW :: ci sono menzioni di abuso
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La prima volta che me ne sono effettivamente reso conto, contro ogni ideale legato a cosa comporti un coming out, la prima volta che qualcuno ha detto quella parola davanti a me, mi è sembrato di tornare alla vita dopo anni passati a scavare sotto terra.
Mi è sembrato di essere qualcuno.
Di trovare pace.
Di aver capito, finalmente, chi ero.
Avevo quindici fierissimi anni e mezzo, ricordo, tenevo i capelli più lunghi di adesso e mi piaceva legarli, avevo comprato i miei primi cristalli ad un mercatino dell'usato mentre Teru cercava di contrattare con sua sorella per farsi comprare la sua prima giacca di pelle vegana, e ancora non ero perfettamente conscio di essere innamorato di Bob.
Ma prima che mi innamorassi di Bob, ce n'è voluto, di tempo.
Ho sentito la parola "asessuale" scendere dalle labbra della compagna della madre di Terushima.
Sì, la mamma di Terushima è la donna più incredibile del mondo, sì, Yūji non è l'unico bisessuale della famiglia e sì, la signora sta con un'altra signora da anni.
Messe da parte le curiosità, procediamo su di me.
Io non avevo mai sentito parlare di asessualità in tutta la mia vita.
Ma allo stesso tempo, ne avevo sentito parlare da me stesso, come dentro di me.
All'epoca, a quindi anni e mezzo, avevo un ragazzo. Ricordo che ce l'avevo, non credo potrei mai dimenticarmelo.
Quel ragazzo, però, non era quello con cui sto adesso. Non era Kazuma Bobata con le sue battute di merda e gli occhi taglienti, era un'altra persona.
Una di cui non dimenticherò mai il nome.
Ma della quale mi rifiuto di dirlo.
Il mio ragazzo dell'epoca, era carino. Di quel genere che piace tanto alle ragazze, credo, sulla linea del fascino di Terushima. Ovviamente in quanto a seduzione femminile il buon Yūji è sempre stato pressoché inavvicinabile, ma possiamo immaginare che l'intenzione fosse quella.
Tranne che a lui le ragazze non piacevano.
A lui piacevano gli uomini.
E a lui ero piaciuto io.
Il giorno in cui la compagna della madre di Terushima mi ha guardato e mi ha detto quella parola, è stato quasi un'epifania.
Lei, che di anni ne aveva una decina meno delle nostre madri, a me e Bob sembrava più un'amica e una confidente, che una vera e propria figura materna.
Non che abbia mai provato a diventarne una usurpando il ruolo della persona con cui stava.
La mamma di Teru è sempre stata una e una sola, chiaramente e senza dubbio una madre incredibile con o senza partner.
In ogni caso parlavamo del più e del meno, credo, in attesa che Yūji e le sue sorelle smettessero di discutere sull'ennesimo argomento triviale, e ricordo anche di aver mugugnato qualcosa come "non so come affrontare la prima volta".
Il mio ragazzo dell'epoca, parlava spesso di prima volta.
Normale, se hai sedici anni.
Lei si era avvicinata scostandomi i capelli dalla fronte.
"Se non ti senti pronto, non farlo. È semplice."
"Il problema non è che non sia pronto, ma che ho la sensazione che non lo sarò mai. Mi fa... strano pensarci. Mi mette a disagio" avevo risposto, e lì, era spuntata fuori.
"Takeharu, bambino mio, non è che magari semplicemente la cosa non fa per te? Sai che cosa vuol dire essere asessuale?"
Da lì, discesa.
Discesa, davvero.
Mi sembrò di rimettere tutto nell'ordine giusto, di capire così tante cose di me che mi sembrava di non aver mai riconosciuto in tutta la vita.
"Asessuale".
Asessuale, cazzo.
Niente di sbagliato.
Solo un orientamento come un altro.
Le persone importanti a cui dirlo, all'epoca, non erano tante. La mia famiglia è sempre stata solo il mio papà, che la mamma era morta da tanto, e a lui l'ho detto quasi subito.
Bob e Teru erano con me quando l'ho capito.
E poi c'era lui.
C'era il mio ragazzo.
Ero persino felice di dirglielo, ricordo. Pensavo che si sarebbe messo finalmente l'anima in pace, senza avere più dubbi sul fatto che non mi piacesse, capendo perché non volevo averla, quella cazzo di prima volta.
Eravamo da me.
Non c'era nessuno a casa.
Ricordo di avergli dato un frammento di ametista e uno di quarzo citrino, in mano, per depurare le energie negative, alleggerire l'ambiente, farlo sentire a suo agio.
La mia prima volta, fu terrificante.
La mia prima volta iniziò con "pensi davvero che dei sassi mi faranno cambiare idea?"
Iniziò con "fidati, guarda che se lo faccio io ti piace, non devi inventarti scuse".
E finì con me che piangevo, sul materasso, a chiedermi perché fosse successo nonostante avessi detto di no.
La seconda volta, provai con l'agata marrone. Aiuta ad allargare le prospettive, a vedere le cose in un modo più ampio, ad eliminare pensieri ossessivi.
"Continua ad essere un sasso inutile, Takeharu. E tu sei gay, non asessuale. Smetti di ripeterlo come se fossi io quello cattivo, qui."
La terza, il quarzo rosa. Allevia le tensioni sessuali.
"Spogliati, non m'interessa di cosa hai raccolto per terra".
La quarta, la quinta, la sesta, la settima e la decima, non ho provato con niente.
Che il mio incubo non se ne andava, e non sarebbero state delle pietre, a mandarlo via. Non funzionavano, non aveva senso crederci.
Ho continuato a dire "no" quasi tutte le volte, ma poi alla fine rimanevano soltanto le lacrime e la sensazione di essere sporco dentro. Pregavo che finisse e rimanevo lì.
Magari era vero, che l'asessualità non esisteva.
Ma mi chiedevo che cosa mi sarebbe dovuto piacere.
Avrei dovuto lasciarlo? Certo, che avrei dovuto. Ma avevo quindici anni e mezzo.
A quindici anni e mezzo pensi che le cose accadano per colpa tua, ti convinci di voler essere migliore, e se come me nella vita hai perso qualcuno di importante ti attacchi forte, alle persone.
Ricordo di aver pianto tanto, quei giorni lì.
Com'ero finito così?
Che cosa avevo fatto, io, di male?
Non riuscivo a dirmelo, che la parola che quella persona aveva usato su di me era "abuso", ma lo sapevo e mi sentivo così... impotente.
La violenza sessuale non è per tutti uguale nel senso che non tutti la superano allo stesso modo.
La mia era...
Mi sentivo schiacciato.
Mi sentivo come se qualcosa mi avesse contaminato fino a credere di meritarmelo.
La violenza sessuale è diversa.
Quella da sconosciuti, dicono le persone con cui faccio terapia di gruppo, ti fa sentire insicuro, terrificato alla sola idea di uscire di casa, inaffidabile.
Quella da amici, conoscenti che mai hanno manifestato interesse nei tuoi confronti ti fa sentire un bugiardo, un idiota, uno che mente e non comprende la situazione.
Quella da chi invece queste interazioni con te è lecito che le abbia, è così subdola da entrarti sottopelle.
Che cosa avrei potuto dire?
Il mio ragazzo mi ha violentato?
Era "il mio ragazzo".
Non mi avrebbe...
Il tempo passava, i giorni scorrevano, e io non facevo niente.
Mi sembrava ogni istante di essere sempre più solo. Solo, solo, solo.
Terushima era così sospettoso, ma così ingenuo. Tende a fidarsi naturalmente delle persone, è raro che si trovi nella situazione di dire "questo tipo mi fa ribrezzo" senza che ce ne sia una causa.
E Bob...
Bob era distante.
Non capivo perché, all'epoca.
Non ne comprendevo il motivo.
Me lo disse tempo dopo, il perché. E ricordo che mi fece battere il cuore come non me l'aveva mai fatto battere nessuno.
La situazione è finita...
In realtà mi piace credere che sia finita per un braccialetto di malachite. Mi fa sembrare tutto più vero, mi fa credere in qualcosa che mi fa sentire a mio agio, mi dà potere.
Me l'ha regalato Bob al mio compleanno.
La situazione è iniziata ch'era aprile, è andata avanti fino alla metà di luglio.
Il quindici di luglio, Bob mi ha regalato un braccialetto di malachite.
Lo stesso giorno, con quel braccialetto a cui mi ero così fortemente attaccato indosso, con l'idea che quello non me l'avrebbero mai tolto, il mio ragazzo dell'epoca ero stato costretto a vederlo.
E nell'attesa che entrassimo in salotto, aveva detto che mi avrebbe portato di sopra.
Che il sesso il giorno del compleanno è sempre migliore.
Senza quel braccialetto di malachite non so se le cose sarebbero cambiate.
Ma la malachite è la pietra del cambiamento. È di un verde intenso, boschivo, striata di tonalità concentriche, più scure.
Dicono che la malachite non la devi toccare, se non vuoi che la tua vita si sovverta.
In quel momento era l'unica cosa che desideravo davvero.
E Bob ha sentito.
Bob ha sentito la parola "sesso".
Bob è entrato là dento, ha spalancato la porta perché fossero tutti a sentirlo, e ha detto qualcosa che mi ha salvato la vita, credo.
"Takeharu è asessuale. A lui non piace il sesso, nemmeno il giorno del compleanno. Di cosa cazzo stai parlando?"
Del resto ricordo Terushima che lava il pavimento con la faccia di quella feccia orribile che pensavo mi amasse, mio padre che piange all'ospedale mentre confermano che sì, ci sono palesi segni di abuso e...
Bob che non se ne va.
Che non se n'è mai andato.
Che ha stretto quel braccialetto ancora di più, sul mio polso, e ha sorriso accarezzandomi i capelli, dicendomi che non era colpa mia, che avrebbe pagato, che sarei stato libero.
Mi ha chiesto scusa, ma solo mesi dopo.
Mi ha detto che non c'era stato perché non riusciva a vedermi con qualcun altro.
Ed è in breve come io e Kazuma, alla fine, ci siamo messi assieme.
Con un braccialetto di malachite.
Mi sveglio di soprassalto dal mio pisolino che non sono più in una casetta piccola a piangere il mio dolore da solo, ma su un letto, a Tokyo, a casa mia, al sicuro.
Bob ha il telefono appoggiato al petto, le gambe incrociate e aggrotta le sopracciglia guardando lo schermo.
− Mi hai detto che facevi un pisolino e hai dormito quattro ore. Sei andato in letargo? – chiede, non distogliendo lo sguardo dal cellulare.
Sorride.
Non rispondo.
− Hai fatto un brutto sogno? –
Mi avvicino appena verso di lui.
Scuoto la testa.
− Un po'. Ma poi c'eri tu e la tua brutta faccia mi rilassa sempre. –
Questa volta, si gira.
Ha l'espressione preoccupata, mentre mi squadra il viso.
Ma non vede segni della disperazione che ci si accampa nei momenti peggiori, per cui immagino che si rilassi, almeno un po'.
− Vieni qui, guarda. – mi dice.
Mi avvicino.
Apre un braccio per chiuderlo sopra la mia spalla, mi stringe finché non ho la testa sul suo petto.
La schermata mostra il negozietto di gioielli fatti a mano da cui compro tutte le mie cose preferite.
− Ho letto che l'angelite aiuta contro i brutti sogni. Ne fai spesso, ultimamente. Ma non ho idea di cosa ti piacerebbe. –
Sorrido contro di lui.
− Tu non credi nei cristalli, Bob. – rispondo.
Non ci crede.
Non ci ha mai creduto.
È ateo, crede nella scienza, studia Medicina.
− E allora? Tu ci credi. –
Penso che sia uno dei motivi per cui credo che non lo lascerò mai. Non che sopporti me e le mie pietre, ma che non gl'importi nulla delle cose che ci rendono diversi, che io gli piaccia per come sono e basta.
Si sporge verso il comodino.
− Anzi, guarda. –
Prende il mio corallo rosso, o come piace chiamarla a lui quando vuole fare il drammatico, la "pietra del sangue", e me la appoggia in faccia.
− Prendi queste energie positive. Toh, prendine ancora un po'. –
Scoppio a ridere.
Non funziona esattamente così, ma è... adorabile.
− Non ridere, sto assorbendo la tua ansia. Nel tuo quadernetto magico che non dovrei assolutamente toccare ma hey, tutti abbiamo dei difetti, c'è scritto che aumenta le forze di aggregazione e ti fa sentire a casa. –
Me lo batte piano contro la fronte che non smetto di ridere.
− Sta funzionando? Ti senti a casa? Ti senti aggregatissimo? –
Non smetto di ridere.
− Un attimo, un attimo. –
Poggia il telefono, si sporge ancora.
Con l'altra mano prende il Cristallo di Rocca che mi ha regalato Terushima due anni fa – l'ha rubato a casa di un ragazzo con cui ha fatto sesso e che ha detto che usava le posate di plastica per cui se lo meritava – e ricomincia nel rituale.
− Ora ti senti meglio con te stesso? –
Sì, di base sono letteralmente a letto col mio ragazzo che mi spiaccica i cristalli addosso, lo so. È stupido, ma lo trovo tenerissimo.
− Abbiamo ancora dell'incenso? Sono sicuro che se metto su l'incenso tutte tuttissime le energie negative andranno a fare in culo e sarai la persona più positiva del mondo. Fammi andare a dare un'occhia... −
Lo interrompo chiedendo pietà.
Lascia cadere i cristalli via da me, li riprende e li rimette dov'erano, poi mi guarda sorridendo.
− Stai meglio? –
− Sto benissimo. Ma non sono i cristalli. –
Alza le sopracciglia e fa una faccia offesa.
− Come no? E la mia magica cristalloterapia? Guarda che non è che solo perché non ho il mega vestito da super mago sono scarso, ok? –
Rido ancora.
− Volevo dire che sei tu, a farmi stare meglio, Kazuma. –
Ammutolisce, diventa tutto rosso, poi mi strizza la testa fra le braccia e mi bacia sonoramente la fronte.
− Sei un dolcetto, tu. – borbotta.
Si rimette sul letto, apre il braccio e questa volta non c'è bisogno che mi trascini, mi metto addosso a lui senza che me lo debba neppure chiedere.
Io e Bob... facciamo sesso, a volte.
La mia asessualità è moderatamente fluida.
In generale non mi definisco respingente, ai rapporti sessuali, solo non m'interessano.
Alcuni momenti mi fa senso anche solo il pensiero.
La cosa che apprezzo di Bob, però, è che qualsiasi sensazione io provi nei confronti della mia sessualità lui è sempre lì, sorridente, ad accettarla.
Da quando ho subito... quello che ho subito, ho sempre avuto timore che fare sesso mi rendesse meno valido come asessuale.
Che farlo fosse come dimostrare che quella persona aveva ragione, a dire che l'asessualità non esiste.
Ho imparato, e questo è anche grazie a Bob, che non è così.
Non lo facciamo spesso e non lo facciamo di certo perché io ne abbia voglia o desiderio.
Certe volte mi sembra di avere come un prurito da grattare, e so che per i maschi, i maschi biologici, è del tutto naturale a volte avere questa sensazione.
Non mi rende meno ace, perché non è che sia un interesse che parte da me.
È una reazione del mio corpo.
Bob fa quello che chiedo, come lo chiedo, e mi ama un po' nel mentre.
La cosa che mi rende meno a disagio, del fare sesso con lui, quella che mi fa dire "va bene" nonostante la cosa non sia di mio interesse, è che lo fa con talmente tanto amore, con talmente tanta calma, che non mi fa sentire come se stessi facendo quello.
Mi sembra che mi coccoli.
E prima che il disagio spunti fuori, sono soddisfatto, non ho più nessun prurito, e Bob mi sta pettinando i capelli nella doccia.
Riprende il telefono in mano, ricomincia a scrollare la pagina Etsy totalmente tranquillo.
Punta il dito verso una collana sottile.
− Questa? Starebbe bene con il collarino di turchesi che ti ha fatto tuo padre, non pensi? –
Stringo la visuale.
− Di cosa è fatta? –
− C'è in argento, in filo di cotone, d'oro bianco, d'oro rosa e credo di lana ruvida. –
Ci penso un po' su.
Mio padre mi fa i gioielli in casa.
Come ho detto, è un uomo solo, ma è molto dolce, nei miei confronti. So che non ha superato quello che mi è successo, che va in terapia regolarmente, ma una delle cose che fa per me è andare a raccogliere cristalli o a comprarli nei mercatini e farci qualcosa per me.
Mi piace tanto.
La trovo una cosa molto dolce.
− Filo di cotone mi piace. Il metallo mi fa sentire meno le vibrazioni. –
− Oh, come vuoi. –
Fa per premere sull'icona del carrello ma lo blocco.
− Cerca la Tormalina Nera. È una pietra di protezione. – chiedo.
− Protezione? –
Nonostante non capisca, obbedisce.
Si aprono diverse opzioni, le squadro con calma.
− Per Yamaguchi. Essere il ragazzo di Yūji non è facile, non con tutta la gente che quel cretino ha mollato. Un po' di protezione non gli farà male. –
− Oh, capisco. Tu si che sei un mago santone gentile. –
Rido e lo pizzico sulla guancia.
− Sei uno scarafaggio. –
− Tu un verme. –
Scegliamo di comune accordo un anellino con le pietrine piccine, tutte attaccate.
Yams si è fatto un piercing al naso, e questo dovrebbe andare bene.
− Dove credi che siano? –
− Chi, Greta Thunberg e la sua Principessa Sirena? –
Scoppio a ridere a sentire gli appellativi.
L'umorismo di Bob è indecente, idiota e caotico come lui, ma mi fa sempre ridere parecchio.
− Ah-ah. –
− L'ultima volta si prendevano in giro a vicenda perché Teru si è salvato sul cellulare di Yams come "incredibile uomo con gli addominali". –
− Ah, wow. –
Bob alza le spalle.
− Sono due decerebrati. –
Annuisco.
− Come noi, dopotutto. –
Aspetto che Kazuma finisca di inserire i dati per pagare, lo ringrazio quando vedo che non ha messo l'indirizzo Paypal del conto condiviso ma il suo, come volesse farci un regalo, e mi rintano di più fra le sue braccia.
Mi accarezza i capelli con calma.
− Lo sai vero, che sei la mia patata preferita? – mi chiede, dopo aver definitivamente appoggiato il telefono sul letto.
No, non fatevi domande.
Bob mi chiama con qualsiasi appellativo immaginabile. "Patata" è uno dei più normali. Sicuro meglio di "dolce macaron ai frutti rossi" o "colibrì", posso garantire.
− Del mondo? –
− Del mondo intero. –
Infila le mani attorno a me e mi stringe.
Una delle prime volte che abbiamo fatto questo, rimanere ore a letto a farci le coccole e basta, intendo, gli avevo chiesto se gli sarei piaciuto di più se fossi stato... insomma... non come sono.
Si era così offeso, quella volta.
"Se avessi voluto qualcuno di diverso, non sarei qui ora. Io sono qui con te, a fare questo con te e non ti permettere mai più nella vita di dire una cosa del genere."
Oh, Bob, cosa ho fatto per meritarti.
− Mi chiedo perché avessi pensato che ci fosse un amore diverso da quello che mi dai tu. – confesso, a voce bassa, attaccando il naso alla sua guancia.
Respira piano.
− Perché le persone sono cattive, e perché non ho avuto il coraggio di farmi avanti prima. –
Bob, piccolo, ingenuo, ridicolo Bob.
Si sente così in colpa.
Anche Teru si sente in colpa, ma è diverso.
Yūji reagisce al senso di colpa con una rabbia di fuoco, una protezione ferrea, uno sguardo costantemente guardingo. Non permette che mi parli nessuno che non conosce, mi tiene sempre un occhio addosso, mi difende a spada tratta in tutto.
Ma Kazuma... Kazuma si sente in colpa per non aver avuto la possibilità di fermare tutto.
Per non aver fatto qualcosa prima.
− Avevi quindici anni, Bob, non c'era fretta che ti facessi avanti, era normale che avessi dei dubbi, non hai fatto niente di male. –
Scuote la testa.
− Normale un cazzo. Se fosse stato normale tu non avresti dovuto subire tutte quelle cose. –
Alzo una spalla.
− Non è colpa tua. –
Rimaniamo un istante in silenzio.
Ho uno schema preciso, in mente, di cose che sono a mio agio a fare e cose che non apprezzo particolarmente.
In generale detesto che le persone mi tocchino o mi si avvicinino troppo.
Da Yūji e ultimamente anche da Yamaguchi accetto il contatto, ma solo se è tranquillo e pacato.
Bob può...
Baciarmi.
Baciarlo mi piace.
Lo fa sempre in un modo tanto dolce che non ha nessun secondo fine.
Mi stampa le labbra addosso e si scosta appena.
− Hai ripreso il nostro braccialetto? – mi chiede, poi.
Alzo il polso.
L'ho ripreso ieri.
L'ho dato a Terushima prima che si mettesse con Yams. Gli ho detto che era la cosa più preziosa che avessi e che avrebbe cambiato la sua vita, ma che volevo darlo a lui perché volevo che fosse felice.
Me l'ha restituito e l'ho rimesso fieramente.
− Sei stato davvero gentile a prestarlo a quel pezzente. – commenta, ridacchiando.
− Oh, non sono stato gentile, sono stato misericordioso. Non ne potevo più di Yūji in mutande che frigna perché Yams non lo caga mentre guarda Sex & the City, ti prego. –
L'immagine è esilarante.
Triste, ma esilarante.
− Ho una compilation di foto di Yūji che si sfonda di gelato da mettere al suo prossimo compleanno, in compenso. –
Intreccio le dita con le sue.
− Sei un genio del male. –
Rimaniamo intrecciati ancora un po'.
È la mia cosa rilassante, stare qui con Bob. In pubblico non siamo espansivi per niente, un po' perché i ragazzi della nostra età se sanno che sei impegnato ti fanno improponibili battute sessuali che mi mettono a disagio, un po' perché di natura siamo abbastanza riservati.
Ma ci piace stare insieme, stare vicini e stare attaccati, a casa.
Dormicchio ancora, un po' dormicchia anche Bob, e alziamo le chiappe dal letto solo all'ora di cena.
A nostra discolpa non avevamo voglia di studiare.
Mettiamo piede in cucina che penso i due idioti che stanno nella stanza a fianco abbiano avuto idea di mettere su la cena, ma sono avvinghiati l'un l'altro in un bacio discretamente appassionato.
Quando Bob si schiarisce la gola e piazza una pacca ben direzionata sul culo di Teru, si staccano immediatamente.
Yūji mi guarda.
− Sesso sì o sesso no? Mi sotterro o mi vergogno moderatamente? Caccio questo tentatore fuori di casa o può restare? –
Yams gli tira una manata sulla spalla.
Sorrido.
− Nessun problema. –
Si asciuga la fronte con la mano da sudore che non ha mai versato.
− Menomalissimo. Tadashi non campa se non lo nutro. È bisognoso, sai com'è, ha sempre bisogno di... ahia! –
La seconda manata gli è arrivata sul naso.
− Scusaci, Futa. – dice, osservando il suo ragazzo a metà fra l'odio e l'eccitazione.
Si scollando dal bancone uno alla volta.
− Che avete preparato? – sento chiedere a Bob, che ha osservato la scena ridendo dietro le quinte dall'altra parte della cucina.
− Noodles alle verdure. Non avevo inventiva. –
Tadashi alza le sopracciglia.
− E io non so cucinare. –
E noodles alle verdure siano, ho mangiato ben di peggio.
− Poi usciamo? – aggiunge Yūji, sporgendosi per prendere i patti fondi dallo scaffale.
Bob stringe le braccia al petto.
− Futa? –
Sorrido.
− Per me va bene. Ma niente gara a chi beve di più che sono stanco di lavare Yams ubriaco e sono stanco di svegliami addormentato per terra. –
Tadashi aggrotta le sopracciglia.
− È successo solo una... −
− E mi è bastata. Ti sei fatto lavare i capelli due volte e hai iniziato a chiamarmi "mammina". –
Arrossisce.
− Non è vero! –
− È verissimo. –
Terushima riempie i piatti uno alla volta e aspetta che Bob li sporga sul tavolo, io e Yams ci sediamo e aspettiamo gli altri due.
Quando mi sporgo per spostare la sedia a Bob vedo gli occhi di Yamaguchi brillare.
È un ragazzo molto tenero, è sempre felice quando vede effusioni fra noi due.
− Poi mi dai una mano a mettere la crema sul tatuaggio? – mi chiede ancora, mentre sistema le bacchette sulla mano.
Terushima mette il broncio.
− Perché Futa sì e io no? –
− Perché tu fai tutto tranne che metterci la crema, quando ti chiedo di farlo. –
Bob ride con la bocca piena e mugugna un "pervertito" al nostro amico.
− Certo, quando vuoi. –
− Grazie, Futa, sei il migliore. –
Siamo andati a tatuarci assieme.
I miei tatuaggi sono sempre profondamente nonsense, vado e mi faccio tatuare la prima cosa che mi viene in mente, perché sono fortemente convinto dell'importanza dell'istinto, nella vita.
Ora ho un salice piangente sulla bassa schiena, non so nemmeno io perché.
Yams ha abbracciato la sua essenza e ha scritto la frase di una qualche canzone di Melanie Martinez che Teru gli ha dedicato lungo la spina dorsale.
Inizio anch'io a mangiare, con calma.
− Ah, ieri ho trovato una pietra per terra mentre tornavo dall'Uni. Non so se sia di qualche valore ma l'ho raccolta, magari è qualcosa! – sento aggiungere dal piccolo, adorabile, innocente Yamaguchi che sorride a trentadue denti.
Sorrido anch'io.
− Oh, grazie mille. Dopo la guardo. –
− Sì, ti prego! –
È così tenero.
Mi sento davvero come se finalmente facesse parte della famiglia anche lui.
Mangio ancora un po', Bob che mi stringe ogni tanto il ginocchio da sotto il tavolo, sento tutto il nervosismo fluire via.
So che ero tranquillo anche prima, ma qui lo sono di più.
Non molti ci credono, alle vibrazioni e alle energie dell'aura altrui, ma io ci credo.
E l'energia delle aure di Bob, Terushima e Yamaguchi, mi fa sentire davvero, davvero a mio agio.
Così a mio agio che...
− Yams, tu ti trovi bene con noi? – mi scappa dalle labbra.
Alza lo sguardo completamente confuso, mi guarda negli occhi.
− Ma che domanda... certo che mi trovo bene. –
A mio agio, così tanto che le parole non pesano, che la verità fluisce.
− Anche io mi trovo molto bene con te. Vorrei dirti una cosa che mi riguarda, ti va di sentirla? –
Spalanca gli occhi castani.
Sa, Yamaguchi sa bene.
Non è un ragazzo stupido, non lo è mai stato.
L'ho visto, incrociare le sopracciglia confuso mentre Terushima cacciava persone che mi parlavano, l'ho sentito chiedere al mio amico cosa significasse la frase "se ti fa avvicinare al suo amico coi capelli neri allora prova qualcosa per te", so che sa che c'è qualcosa riguardo alla mia persona che mi rende fragile.
Non ne ho parlato, prima, perché dirlo mi rende vulnerabile.
Ma...
− Takeharu, sei sicuro? –
Sguardo guardingo di Kazuma di lato che mi fa venire le ginocchia molli.
Lo guardo.
− Ah-ah. Non dovrei? –
− È la tua vita, fai quel che vuoi. Vorrei solo che tu fossi sicuro. –
Teru non sa cosa fare, lo vedo, ha istinto di protezione nei miei confronti ma di Yams si fida ciecamente, per cui sta zitto.
Ma Kazuma mi fissa come volesse comprendermi con la sola occhiata che mi lancia.
− È il momento. Non mi piacciono i segreti. Non mi piacciono più. –
Mi guarda un istante ancora.
Poi si china e mi bacia appena le labbra.
− Come credi, Haru. –
Mi giro verso Yams che ha legittimamente gli occhi spalancati, l'espressione confusa e lo sguardo perso.
− Io... −
− Ascoltami, Tadashi. – lo interrompo.
Ammutolisce.
− Ti voglio bene. Sei parte della famiglia. Vorrei che lo sapessi anche tu. – spiego.
Annuisce appena.
Prendo fiato.
Posso dirlo?
Certo, che posso dirlo.
Che non fa più paura, quell'immagine, ora. Non sono più un ragazzino che piange perché il suo "no" non ha valore, non sono più una creaturina timida che teme e che spera nonostante non abbia nulla, non sono più solo.
Sono...
Rispettato.
Valido.
Onesto.
Adulto.
Nessuno mi dice più che non vale, il modo in cui mi sento e mi identifico.
Nessuno mi dice più che i miei sono solo sassi inutili.
Sono pieno, così pieno d'amore, ora, che per la paura, lo spazio è finito.
− Sono stato violentato dalla persona con cui stavo, cinque anni fa. –
La reazione è violenta.
Sono lacrime, la reazione.
Immagino non se l'aspettasse.
− Oddio, Futa, ma... −
− È stato processato e messo in un centro rieducativo per minori. Ha ammazzato una guardia un giorno e l'hanno spostato in un carcere ai diciotto anni. Non so nemmeno in quale buco l'abbiano ficcato. –
Piange, so che piange.
Piange per me, piange per il mio dolore.
− Sto bene. Sono felice, con Kazuma, con Teru e con te, ora. Sono tanto, tanto felice. Volevo solo che sapessi cosa mi fosse successo. Condividere questo mi fa sentire più reale. –
Si asciuga la faccia, Terushima lo abbraccia di lato e ha le lacrime agli occhi anche lui.
− Sono davvero orgoglioso che siate tutti la mia famiglia, ragazzi. –
La mia voce è pacata, tranquilla.
Lo è sempre stata.
Ma non mente quasi mai, le ho insegnato a non farlo più, a non nascondere nulla.
Bob mi si avvicina.
Mi bacia la tempia.
− Guarda, hai fatto piangere il pasticcino. –
Sorrido.
− Sopravviverà. –
Yams annuisce, poi si alza dal tavolo con le gambe un po' mollicce.
− Mi abbracci? –
Mi alzo anch'io.
− Vieni qui, scemo. –
Mi abbraccia forte e mi infradicia la maglietta, ma mi sento felice mentre lo fa.
Mi sento felice anche quando si stacca e fa la stessa cosa col suo ragazzo, quando Bob mi tiene la mano e quando smette di piangere per una qualche sua battuta senza senso.
Ci risediamo a tavola per finire di mangiare e mi capita di sentirmi leggero, felice, come se tutto attorno a me fosse fatto di qualcosa di morbido e soffice.
Guardo il mio polso.
Avevo sedici anni appena compiuti, quando ho guardato quella pietra per la prima volta, sperando che avrebbe distrutto tutto e mi avrebbe finalmente tolto la paura dal petto.
Ora ne ho venti.
La riguardo.
E credo che le cose siano cambiate davvero, in così tanti modi, da sembrare assurde.
− Il nostro braccialetto è più forte di un terremoto incredibile, Haru. – mi sento dire all'orecchio.
Sorrido da parte a parte.
Mi appoggio contro una spalla.
− Credo che sia perché lo siamo noi. −
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