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capitolo 98 - Andrea

Andrea

Andrea

Percorro questo corridoio con foga, mi sento incazzato con lui, con il mondo, con il destino amaro che mi ha giocato un bruttissimo scherzo, con me stesso per essermi lasciato consumare fin'ora da sentimenti marci e ricaderci.

Entro nella sala riunioni, intorno al lungo tavolo rettangolare sono già seduti i soci e l'avvocato dell'azienda, nonché pochissime persone coinvolte del reparto amministrativo.
Gwenda mi fa un sorriso complice, ammiccando spudoratamente, mi volto verso le mie sorelle, sedute vicino l'una all' altra, sono visibilmente agitate, soprattutto Niva, che sta letteralmente stritolando la mia pallina rossa antistress.
Davide mi fa un cenno con la testa, chiedendomi tacitamente se va tutto bene, a noi serve poco per intenderci, non c'è bisogno di parole.
Noto subito la sua mano che accarezza la schiena di Grace per confortarla e sono felice che lui sia sempre presente, per me e anche per lei.
Sono tutti al proprio posto, l'unico a venirmi incontro è il padre del mio migliore amico, ed è inequivocabile il suo stato d'animo.

«Andrea, spero che andrà tutto bene, perché io qui mi sto giocando tutto tradendo tuo padre.»
Gli tiro una pacca sulla spalla sinistra e lo fisso con determinazione.
«Fidati di me.»
La mia sicurezza gli permette di tirare un sospiro, ma servirà più di questo per tranquillizzarsi, almeno credo di essere riuscito, per un attimo, ad infondergli il coraggio che serve per affrontare la riunione.

Vado a sedermi al posto che in genere occupa mio padre, e lui, entrando e vedendomi lì, mi regala un sorriso amaro.
Eppure, nonostante io abbia atteso questo momento da anni, immaginando ogni parola che gli avrei potuto e voluto dire, sognando la sua faccia sconfitta, pregustando la vittoria per la sua disfatta, adesso, che sto vivendo tutto questo, mi sento nel posto sbagliato.

La riunione ha inizio.

«Chi è a favore per la rimozione del presidente?»
La votazione è partita e lui non ha scampo.

Tutti a questo tavolo, tranne il diretto interessato e l'altro socio, ignaro di tutto, appoggiano la mozione a sfavore del presidente in carica, ed è solo grazie a questa alleanza che superiamo la percentuale delle sue azioni.

« Resto sempre il maggior azionista della società.»
Sottolinea mio padre, ma ciò che dice mia sorella, è il colpo di grazia per lui.
« Mi dispiace, caro papà, ma questo non ti da nessun potere su questo posto.»
Sventola fra le mani un documento firmato proprio da lui, è scritto nero su bianco che delega ogni potere al presidente in carica, e lui sta perdendo questo titolo.

« Io non ho firmato nulla.»
Le strappa quel foglio per leggerlo.
«I documenti che ieri ti ho fatto firmare, ricordi? Bisogna sempre leggere prima, me lo hai insegnato tu.»
Il ghigno sul volto di Niva è pari alla nostra vittoria, mentre nostro padre incassa con dignità.

« Proponiamo Andrea Milani, attuale vicedirettore della società a subentrare come presidente esecutivo, candidandomi come sua vice.»
La voce di Niva riecheggia nella sala, di nuovo tutti pronti ad alzare la propria mano, e qui giunge la fine di questa vendetta.

Non ho incrociato il suo sguardo nemmeno per sbaglio, evitando di proposito questo pericolo.
Se fossi stato l'Andrea di qualche mese fa, avrei voluto godere nel vedere il suo ego che si frantumava, facendo in modo di fargli vedere il mio volto sorridente.
Oggi, nel vederlo così, provo un'emozione che non mi piace, non mi fa sentire bene come credevo.
«In quanto nuovo presidente, farò aggiungere una postilla su quel documento, per far sì che tu abbia comunque il diritto di far parte di questo consiglio, e di questa azienda; la tua.»
Le mie parole alimentano lo sconcerto di Niva che tenta di richiamarmi ad alta voce e più volte, ma al momento la ignoro, invece da Grace e Davide ottengo un sorriso.

Certo, gli abbiamo dato una bella lezione, ma sono stanco della vendetta, della rabbia.

Mi avvicino a lui, mentre tutti stanno lasciando la sala, l'aria sconfitta dovrebbe darmi piacere, ma non lo fa.
«Puoi ancora redimerti, se davvero tieni ai tuoi figli, più di questa azienda, puoi dimostrare che ci vuoi nella tua vita, e che tu voglia far parte della nostra, ma senza inganni o ricatti, spetta a te.»

Poggio la mano sulla sua spalla, sorprendendo me stesso e lui, mai avrei immaginato di riuscire a dargli una seconda possibilità.

Fisso l'orologio appeso al muro della sala riunioni, le lancette dei secondi corrono, quelle dei minuti continuano il proprio cammino, ed io, attendo di firmare dei documenti che permetteranno di ufficializzare i nuovi cambiamenti aziendali.
La voglia di scappare da qui è talmente forte da farmi camminare avanti e indietro, come se fossi un animale feroce in gabbia, che pretende la sua libertà, come io, finalmente, pretendo e merito di essere felice, di lasciarmi tutti gli anni bui alle spalle.

Sblocco lo schermo del telefono e trovo un messaggio di Chloe dove mi dice di aver superato i controlli in aeroporto, infine mi chiede come stia andando qui e ribadisce la sua tristezza nel non poter passare queste feste con me, il suo 'ti amo' è il colpo di grazia.

Grace mi si avvicina abbracciandomi.
« È finita. Sei sicuro che non vuoi venire in Italia con me per Natale? Potresti provare a cercare un volo, magari sarai fortunato.»
Non ho più passato un Natale in famiglia da quella notte, da quando la mamma era viva e, dopo tutti questi anni, mi sembrerebbe strano, quindi le dico che non andrò con lei.

Riguardo l'orologio e ciò che vedo mi fa iniziare a respirare sempre più in modo concitato.
È quasi ora del suo volo.

Seguo con gli occhi quella maledetta lancetta muoversi, la mia gamba inizia frenetica a ballare ritmicamente su e giù, finché do di matto.
Mi alzo dalla sedia e corro verso il mio ufficio, afferro le chiavi dell'auto dalla scrivania e il cappotto buttato sulla sedia, vado all'ascensore e premo più volte, il pulsante per richiamarlo, convulsamente, ma non ho abbastanza pazienza, né tempo per aspettarlo.
Decido di scendere dalle scale, forse è meglio dire, tentare di non precipitare giù da queste e senza rompermi l'osso del collo, riesco ad arrivare al piano terra.
Qui trovo Davide che mi guarda allucinato e un tantino preoccupato.
«Che diavolo sta succedendo adesso? Dove stai andando?»
Mi affianca afferrandomi quando rischio di cadere a causa del cappotto che mi cade dalle mani per finirmi fra i piedi.
« Non posso lasciarla partire così.»
Immagino il mio sguardo spiritato al momento, ma mi sembra di impazzire, l'unica cosa che voglio fare è raggiungerla.

Spingo la porta a vetri ed uscendo, lo spettacolo che mi si presenta, è una città innevata, gli spazzaneve fanno avanti e indietro per liberare la strada, ma con lentezza, bloccando, ahimè, la mia auto.
Porto entrambe le mani fra i capelli, mi sento sconfitto, sapendo di non poter fare nulla per raggiungerla ormai.

Una pacca sulla spalla attira la mia attenzione, è mio fratello.
« Forza, ti porto io da lei.»
Le sue parole sembrano portare speranza illuminando i miei occhi ormai spenti.
Lo seguo di corsa verso la sua auto, per fortuna parcheggiata lì di fronte e libera da ogni ostacolo.
Passa solo un minuto e siamo già in viaggio verso l'aeroporto.

Sono alla guida e spingo il piede sull'acceleratore, faccio anche sorpassi azzardati, soprattutto considerando in che condizioni possa essere la strada, data la neve.
Premo sul clacson per avvisare gli altri automobilisti della mia fretta e impreco davanti i semafori rossi, l'ultimo lo ignoro, scusandomi con il mio amico per la multa che arriverà, ma non ho abbastanza tempo e ormai sono troppo vicino per rinunciare.
Davanti l'aeroporto, nonostante la tripla fila in cui mi trovo, freno ed esco dall'auto lasciando lo sportello aperto, corro verso le porte automatiche che si aprono con una lentezza disarmante, quindi mi infilo fra di esse non appena lo spazio me lo permette.

Corro verso l'enorme tabellone che riporta le partenze, leggo il Gate e con irruenza mi dirigo verso quella direzione seguendo i cartelli che mi segnalano la via giusta.
Cerco di farmi largo dalla calca di gente che popola questo posto, rallentando, per altro, la mia corsa.
Arrivo finalmente, con il fiatone davanti l'ingresso che porta ai controlli di sicurezza, chiedono ovviamente la carta d'imbarco prima di procedere, ma io non ho un cazzo di biglietto.
Tento di spiegare alla guardia che voglio solo vedere la mia ragazza, che si starà di sicuro già imbarcando, ma vengo respinto e mi sento un idiota.

Cosa pensavo di ottenere?

Il mio telefono squilla e rispondo con un tono deluso.
«Fratello, buon Natale, salutami i nonni.»
Mi volto vedendo Davide sorridermi e farmi cenno indicando il cellulare che ha stretto in mano.
Poi il suono di una mail mi fa fissare lo schermo di questo, la apro e appare la carta d'imbarco per il volo che sta per partire a breve, con una cifra saldata assurda.

Alzo gli occhi scioccato, urlo un enorme 'grazie' verso il ragazzo che è un pezzo fondamentale della mia vita e vado incontro alla guardia di prima.
Supero i controlli facilmente, non avendo bagagli e corro a perdifiato verso il Gate che a breve chiuderà le porte.
Mostro la carta d'identità e quella d'imbarco e la signorina mi informa di aver avuto fortuna, perché mancano solo venti minuti alla partenza.
Lei stessa tenta di comunicare con l'equipaggio sull'aereo, così da potermi dare la possibilità di non perderlo e farmi salire a bordo.

Mi fiondo lungo il piccolo corridoio collegato proprio al mio aereo e l'hostess mi attende lì, mi rimprovera per il ritardo e mi scuso, ma sto già scrutando i passeggeri alla ricerca della mia ragazza.
Cerco di riacquistare fiato, mentre fisso ogni persona seduta, fino a quando non la vedo, a cinque sedili più avanti, la sua testolina buttata nella borsa in cerca sicuramente delle cuffiette per farsi aiutare dalla musica e affrontare il decollo.

L'hostess mi richiama in malo modo per farmi prendere posto, ed io, cerco un modo per poter avere vicino Chloe.
La signora che dovrebbe essere la mia vicina per questo viaggio interminabile, mi guarda con un enorme punto interrogativo quando le dico, sedendomi, che ho bisogno del suo aiuto.

Le spiego sinteticamente di questa mia bravata, del fatto che la mia fidanzata abbia paura di volare e che sono qui per dimostrarle quanto la ami e il mio cambiamento.
Per fortuna si intenerisce e vedo i suoi occhi marroni formare dei cuoricini, la sorte è dalla mia parte una volta tanto e acconsente a prendere il posto di Chloe e, lasciarle il suo, senza che le offra del denaro, perché la mossa successiva sarebbe stata quella.

Si alza, afferrando la sua borsa e va dritta dalla mora, le osservo bene, l'anziana le dice che al posto ventisette C troverà una sorpresa, mentre Chloe la fissa stranita.

Finalmente si volta, e quando i nostri occhi si incontrano, posso solo sorridere.
Lei ci mette qualche secondo a farlo, troppo spaesata da quello che sta succedendo.

Incitata dalla signora e dall'hostess che annuncia ai passeggeri di sedersi perché siamo pronti a decollare, finalmente Chloe si alza e viene a sedersi al mio fianco.
La sua bocca è spalancata per lo stupore e non riesce ad articolare una frase di senso compiuto per altri cinque minuti, ma solo versi sconnessi.
Un vero miracolo.

« Ma che ci fai qui? Come è possibile?»
Sbatte più volte le palpebre e mi tasta il braccio con l'intento di accertarsi che sia tutto vero.
Dopo una breve risata, che trattenevo da minimo dieci minuti, accarezzo il suo volto e la bacio.
Torno a respirare, torno ad essere finalmente sereno.

« Sono qui per essere un nuovo Andrea, al tuo fianco.»
Le dico staccandomi a malavoglia dalle sue labbra e godendomi il suo sorriso.

Tenendola stressa, sono pronto per questo nuovo capitolo della mia vita, fatto di noi.

Ciao a tutti, questo è stato l'ultimo capitolo, un po' lungo, ma spero non pesante e che vi sia piaciuto. ❤️
Pronti per l'epilogo?

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