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capitolo 72 - Chloe

Chloe

Chloe

Saluto i miei genitori e chiudo la videochiamata, fra quasi venti giorni mi aspetta un aereo per riportarmi nella mia amata Italia, che mi manca enormemente.
Passerò le feste di Natale con la mia famiglia e non vedo l'ora di riabbracciarli tutti, la mamma è in fervore, mi manca addirittura Jolly, ed io e quel gatto ci odiamo, così tanto che ha rischiato diverse volte di finire nel forno.

Infilo un pantalone elegante e degli stivaletti con il tacco, un golfino marrone con delle perline e passo al trucco, niente di appariscente.
«Sofy, sei pronta?»
Urlo a quella ritardataria della mia amica, non voglio far aspettare Erik e Thomas, il nostro nuovo collega che in azienda ha preso il posto di...
Scuoto il capo, non voglio neanche nominarlo, neanche pensarlo, sto andando avanti con la mia vita, fatta a pezzi da qualcuno che dall'inizio mi aveva messa in guardia da sé stesso.

È solo colpa mia se non gli ho creduto e ho rischiato il cuore mettendolo in gioco, puntando tutto su una partita persa dal principio, perché diciamocelo, le carte che avevo in mano erano pessime.
Ma io, da buona ottimista, o sognatrice, fin troppo, credevo di trovarmi forse in un stupido film romantico e di riuscire a guarire il cuore spezzato dell'orco, stile cartone la bella e la bestia.
Ma non ho fatto i conti con la realtà, lui ha giocato un po' con me, ha deciso che non ne valevo la pena in fondo e, da principe, è ritornato bestia, o forse lo è sempre stato, perché non mi trovo in una favola Disney.

Giorno dopo giorno, fra lacrime e dolore, ho preso ago e filo, cercato di ricucire i pezzi di me.
Alcuni, dopo di lui, purtroppo, non combaciano più fra loro, perché l'amore ci cambia, il dolore ci cambia, ma con pazienza, sto ancora cercando di fare ciò che posso per non lasciare spazi vuoti fra un frammento e l'altro.

«Credo che stenderò Thomas stasera.»
Sofy entra nella mia stanza e fa una piroetta per mostrarmi il suo vestito arancione, forse un po' troppo fosforescente.
«Di sicuro ti vedrà.»
Cerco di trattenere una risata ma lei mi fa una linguaccia, segno che ha capito la mia ironia.
Da quando due settimane fa è venuta a prendermi a lavoro e lo ha conosciuto per caso, non fa altro che progettare questo incontro e fantasticare su loro due, povero Thomas.
Devo dire che è un ragazzo in gamba, il capo ci ha appena affidato una grossa campagna pubblicitaria e per le prossime settimane lavoreremo gomito a gomito.
Per fortuna andiamo molto d'accordo e, grazie ad Erik, che conosce tutti, abbiamo avuto modo dal primo giorno che ha messo piede in azienda, di instaurare un rapporto confidenziale passando spesso del tempo tutti insieme, anche con qualche pausa pranzo fuori.

Prendiamo i cappotti e usciamo di casa, l'aria è davvero gelida e alzo la mia sciarpa enorme bianca fino a coprire il naso, non perdo tempo e sono la prima a salire in auto di Thomas, che ci aspetta proprio di fronte il palazzo, è stato così carino da insistere nel volerci venire a prendere insieme ad Erik.
«Ciao ragazze, come state?»
I suoi occhi neri esprimono dolcezza, accompagnati da un sorriso sincero.

Lungo tutto il tragitto fino al ristorante chiacchieriamo tutti e quattro del più e del meno, osservo dal sedile posteriore la città attraverso questi vetri totalmente oscurati e, mi rendo conto che è la prima volta che faccio un'uscita spensierata fra amici da quando...

Per fortuna l'arrivo al ristorante mi distoglie da pensieri poco gradevoli, si tratta di un locale semplice a Manhattan, affollatissimo purtroppo e, mentre siamo in fila per entrare, l' enorme grattacielo di fronte espone proprio la locandina dell'ultima campagna pubblicitaria alla quale ho lavorato con Andrea.
Maledizione, possibile che ogni cosa debba farmi pensare a lui stasera?
Sembra che più io voglia liberarmi di lui, del suo ricordo, e più trovo un appiglio per restare ancorata a quell'uomo in qualche modo.

Ci sediamo al nostro tavolo e l'atmosfera che si crea fra noi quattro è quella fra vecchi amici, animata da risate e brindisi, forse fin troppi, e lo testimonierebbe l'uscita di Sofy, ma no, è solo la solita.
«Come vorrei accarezzare la tua barba.»
Il filtro bocca cervello difettoso di questa pazza colpisce ancora.

Thomas la osserva confuso sbattendo gli occhi, cercando di capire se abbia frainteso o meno.
« Ha detto che ti dona la barba.»
Cerco di salvare come sempre il salvabile per evitarle figuracce, certo, aiuterebbe se lei ora non lo stesse fissando con occhi a cuoricino e sorriso da ebete mentre ha il viso poggiato alla mia spalla.
«Smettila.»
Le sussurro a denti stretti dandole un piccolo pugno sulla gamba con l'intento di risvegliarla dalla trans, ma Erik, che ha bevuto qualche bicchiere di troppo, decide di non aiutarmi affatto.
«Sofy ha una cotta per te, Thomas.»
Sbarro gli occhi mentre il povero soggetto di queste avance moleste diventa leggermente rosso dall'imbarazzo, e la mia amica non si scompone più di tanto, anzi, parte all'attacco.
« Hai la ragazza? Ho qualche chance?»

I miei occhi stavolta sono chiusi, vorrei scappare via, e mi chiedo perché io debba sempre ritrovarmi in queste situazioni.

«È possibile che sia interessato ad un'altra ragazza, mi dispiace Sofy.»
Risponde cordiale lui, prima serio ma poi accennando una piccola risata, non potendone fare a meno.

Apro gli occhi e trovo due pozze nere puntate su di me, ma solo per un istante, non so se dover interpretare questa coincidenza in qualche modo, o come tale, ma decido di non volerci pensare per adesso.

«Peccato, avremmo avuto dei bei figli secondo me.»
Trattengo il respiro, mi giro verso la mia amica che deve essere per forza ubriaca per dire una cosa del genere, per fortuna Thomas invece di chiamare qualcuno per farla internare, scoppia a ridere di gusto portando la testa indietro.

A fine serata Sofy ed Erik, sbadigliando, salgono in auto sui sedili posteriori, a guardarli dall'esterno sono proprio carini, poggiati l'uno all'altra, quasi già sonnecchiando.
In effetti il vino era forte e loro ne hanno approfittato.
Io e Thomas, lungo il tragitto ripercorriamo le idiozie dette dai due amici che, poggiati al sedile, quasi russano.
« Secondo me farebbero una bella coppia questi due, dovremmo cercare di combinare qualcosa.»
Thomas ha idee orribili.
«Per carità, già li devo sopportare separatamente, non oso immaginare se fossero una coppia, andrei direttamente al manicomio.»
Scoppio a ridere all'idea di Sofy ed Erik insieme, e Thomas mi segue a ruota, siamo fermi ad un semaforo e per una sera mi sento bene, serena, ma tutto cambia all'improvviso quando mi volto per caso verso l'ingresso di un lussuoso ristorante che ha delle luci appariscenti.

Il mondo si ferma.
Devo sbattere più volte le palpebre, credendo di avere una sorta di allucinazione, dopo più di un mese Andrea è lì, a pochi metri da me e, anche lui sta guardando nella mia direzione.

La sensazione di serenità che stranamente, per qualche ora mi stava accompagnando, dopo diverso tempo, eccola uccisa in un solo attimo nel rivederlo.
È bastato così poco per sentire strappare tutto ciò che credevo di essere riuscita a ricucire nel mio essere, con costanza, con fatica.
Tutti i passi avanti che ingenuamente mi ripetevo di essere stata in grado di aver fatto, sono diventati polvere, grazie ad un sguardo.
Occhi che, nonostante la distanza, sembrano stiano urlando dolore.
Occhi che ancora una volta, come la prima, vogliono solo trarmi in inganno.

Stavolta no.

Il semaforo scatta verde e Thomas riparte portandomi via da lui e dal suo ricordo, da questo dolore che devo solo lasciare indietro, lasciare su quel marciapiede.

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