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Capitolo 7- Chloe

Chloe

Finisco la mia relazione e la stampo, mi sposto muovendomi con tutta la sedia, grazie alle rotelle, dalla scrivania fino alla stampante poco distante, prendo i fogli e torno alla mia postazione provvisoria.
Amo questa sedia, adoro questa scrivania, mi piace persino la spillatrice che ho in mano, guardo con occhi sognanti la foto sullo sfondo del desktop davanti a me, il mio bel Mark con la sua famiglia, credo.
In realtà si tratta di un collage, tante foto, c'è il mio Mark ovunque, allungo il collo per controllare al di sopra dello schermo che dalla porta aperta non sembri arrivare nessuno, nulla all'orizzonte.
Mi appiccico con la faccia allo schermo per studiare le foto, ad ognuna sorrido e sospiro con occhi a cuoricino, soprattutto su quella di lui in costume, quei suoi pettorali e la tartaruga scolpita...
<<Stai sbavando sulle foto di Mark per caso?>>
Scatto in piedi impanicata, facendo cadere i fogli dalla scrivania, non so neanche io il perché abbia questa reazione, sinceramente non mi aspettavo che arrivasse Andrea e mi ha fatta spaventare, tanto fossi concentrata su...su...
<<Assolutamente no.>>
Cerco di raccogliere questo disastro bofonchiando e lanciandogli occhiatacce mentre lui, ridacchiando, se ne va alla sua scrivania.


<<Puoi annunciarti la prossima volta per favore, invece di farmi prendere un colpo?>>
Torno alla postazione di Mark che gentilmente mi ha ceduto oggi visto che lui era impegnato fuori sede, purtroppo aggiungerei.
<<Devo annunciarmi nel mio ufficio? Ma certo madame.>>
Imita un inchino abbassando mezzo busto, ma fingo di non vederlo, spillo la mia relazione e mi siedo continuando il mio lavoro quando una visione appare davanti l'ingresso.


<<Ciao ragazzi, sono venuto solo a prendere un fascicolo e scappo.>>
Non posso non sorridere ricambiando il suo che è meraviglioso, lo vedo avvicinarsi e cercare nell'armadietto dietro di me, il suo profumo speziato mi investe e mi dico che questa è l'occasione che aspettavo, non posso farmela sfuggire, anche se non siamo soli.
Proprio mentre è sulla soglia e sta per scomparire mi faccio coraggio e lo richiamo, non è il solo  a guardarmi, ma ho purtroppo anche tutta l'attenzione di quel ficcanaso di Andrea, ma devo ignorarlo, anzi sfruttarlo.
<<Caroline ci ha invitati domani sera alla mostra d'arte di una sua amica, se sei libero vuoi unirti? Mi farebbe molto piacere.>>
L'ho detto, cavolo ce l'ho fatta, lo vedo rifletterci ma subito sorride.
<<Certo, fatemi sapere dove e a che ora, adesso vado.>>
E fugge letteralmente via lasciandomi lì, a riflettere sulla mia vittoria, sulla prossima mossa da fare, su come dovrà essere ora il mio approccio, su cosa indossare quella sera, fino a quando un applauso non mi ridesta dai miei pensieri facendomi voltare.

<< Non credevo ci saresti riuscita, complimenti.>>
Mi schiarisco la voce e continuo nel mio lavoro, la cosa che lo fa impazzire è quando lo ignoro, ho iniziato a capirlo.
<<Che ci trovi poi in lui?>>
Visto? Continua a parlare e poi accusa me di importunarlo di proposito ininterrottamente.
<<Per carità, è un bravo ragazzo, se la cava nel suo lavoro, ma non è niente di ché come bellezza, c'è di meglio in giro.>>

Automaticamente la mia sopracciglia sinistra si alza e le mie dita che picchiettavano sulla tastiera del computer si bloccano, la testa lentamente si muove verso la direzione di quel pallone gonfiato, muovo i piedi verso la parte opposta della stanza spostandomi con tutta la sedia, mi avvicino a lui che mi fissa stranito.
<<Questo di meglio lo avrei per caso davanti?>>
Se dovesse rispondere di sì gli scoppio a ridere in faccia, come fa a paragonarsi al mio Mark?
Per un attimo abbassa lo sguardo e sorride, poi sembra diventare serio e mi guarda dritto negli occhi, avvicina il suo busto verso la mia figura, una mossa che mi sorprende, e per mettere distanza poggio la schiena alla sedia.
I suoi occhi cangianti sono talmente magnetici da catturarmi completamente, iridi nocciola chiarissimi misti a frammenti di un verde luminoso, non riesco a distogliere l'attenzione.
<<È possibile.>>
Per un attimo, un solo attimo il suo sguardo si concentra sulle mie labbra, o magari ho immaginato tutto io perché si allontana.
<<Ordiniamo il pranzo.>>
Scuotendo la testa acconsento tornando alla mia postazione muovendomi su queste ruote.
<<La smetti di gironzolare per l'ufficio in questo modo e ti comporti da persona normale?>>
Ad un tratto il suo tono è irritato, credo non abbia tutte le rotelle al proprio posto, povera me, cambia umore ogni minuto.
<<No. Mi piace, soprattutto ora che so che ti infastidisce.>>
Faccio spallucce e riporto gli occhi sullo schermo del mio PC.

Il pranzo riesce ad arrivare appena in tempo, prima che svenga, decidiamo di non spostarci in sala relax ma restare lì in quell'ufficio, ognuno alla propria scrivania.
Sbircio il suo misero sandwich con prosciutto e mi sto già pregustando la mia insalata super speciale.
<<Brava, a certi uomini piacciono le donne che mantengono la linea. >>
Mi sembra sinceramente compiaciuto commentando il mio pranzo, ma il suo sguardo cambia non appena scarto l'imballaggio scoprendone il contenuto.
<<Scusa ma quella cosa sarebbe?>>
Guardo la ciotola davanti a me, poi guardo lui, riguardo la ciotola, riguardo lui.
<<Una bella insalatona mista.>>
Eppure è palese, esiste anche qui in America, infatti l'ho ordinata, pur apportando qualche modifica.
<<Cosa ci hai messo dentro? Sta per scoppiare quella cosa che tu chiami insalata.>>
Continua a fissare il mio pranzo schifato.
<<Andrea è una semplice insalata, lattuga, pomodori, carote, tonno, melanzane grigliate, peperoni, ceci, mozzarella, funghi, olive, cetrioli... >>
<<Basta non continuare, mi arrendo io per te, vedo che volevi restare leggera.>>
Addenta quel triangolino misero che ha nelle mani e che mi fa una tristezza infinita.
<<Certo, domani ho intenzione di mettere un vestito per l'occasione quindi devo mangiare leggero per non gonfiarmi.>>
Scoppia a ridere e ad un tratto il suo boccone gli va di traverso, inizia a tossire forte e il colorito del suo volto è quasi fucsia, decido di dar ascolto alla vocina buona che mi dice di aiutarlo.
Un po' mi preoccupo, anche se questa sarebbe l'occasione giusta per liberarmi di lui, potrei dire che è stato un incidente, morte naturale, ho provato ad aiutarlo ma si è strozzato, non c'è stato nulla da fare.
Dovrei approfittarne, invece no, vado da lui e gli do colpetti sulla schiena, gli porgo la mia bottiglietta d'acqua, le porte del paradiso sono aperte per me solo per questo, lo so.
Si riprende e mi fissa truce.
<<Sto bene, grazie. Non mangerò più con te, mi hai fatto ridere e mi stavo per strozzare, lì dentro ci manca solo un tacchino vivo e la definisci una semplice insalata per stare leggera.>>
Continua a sorseggiare la mia acqua, gliela strappo dalle mani e torno alla mia scrivania, ma tu guarda questo cafone.

Non gli rivolgo parola, nonostante noti i suoi continui approcci e perenni occhiate, questa campagna pubblicitaria sarà molto lunga e metterà alla prova la mia pazienza.

<<Allora, conosci il posto della mostra? Oppure vuoi chiedere al tuo Mark di passare a prenderti?>>
Poggia il mento sul palmo della sua mano guardandomi ironicamente, mentre io continuo ad immaginare di alzarmi e andare a prendere quella mazza da baseball autografata, posta sulla mensola dietro di lui e spaccargliela in testa.

Dite che mi potrebbero arrestare?
Troppi testimoni qui in ufficio in effetti.

<<Sono curioso di capire quale sarà il tuo approccio, come lo farai innamorare di te, io potrei darti qualche consiglio, cosa piace agli uomini, cosa odiamo, in genere cadete sui soliti scivoloni e ci fate scappare.>>
Non sapevo di avere davanti un latin lover.
<<So perfettamente come conquistare un uomo e poi il mio Mark non ha nulla a che vedere con te.>>
Ride lo sbruffone.
<<Invece l'esperto di mostre come vorrebbe abbagliare Caroline, sentiamo.>>
Si alza, si indica per intero con entrambe le mani.
<<Innanzitutto parto avvantaggiato direi.>>
Mi alzo avvicinandomi non potendo e fare a me, indico con la mano la sua figura.
<<Solo per questo teatrino, perdi punti, quindi se vuoi consigli su cosa vogliono le donne, mio caro, fammelo sapere, potrei insegnarti molto di questo mondo a te evidentemente sconosciuto.>>

Si avvicina a me e il suo viso è a pochi centimetri.
<<Dillo che vorresti essere al suo posto.>>
Io accorcio ancora le distanze, tanto da poter sentire il suo respiro caldo sulle mie labbra, solo per dimostrargli che non mi fa nessun effetto e giuro che è così.
<<Nemmeno nei miei incubi.>>
Però, non capisco perché mi stordisca questa vicinanza, siamo davvero troppo, troppo vicini, e i secondi passano mentre i nostri occhi restano incatenati fra loro, mi ritraggo di scatto e prendo la borsa.

Meglio tornare a casa per oggi.

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