capitolo 63 -Chloe
Chloe
In casa di Andrea non ci sono foto, in genere ne trovi di famiglia sparse ovunque, scatti con amici di serate spensierate, momenti della propria infanzia, oppure attimi importanti della tua vita da ricordare, come qualche ricorrenza speciale, invece lui ne possiede solo una.
Sul suo comodino c'è una bella cornice d'argento con all'interno una foto che ritrae lui e la sorella, sono poco più che adolescenti, avrà avuto circa vent'anni credo, sono stretti alla madre, sullo sfondo i nonni materni, al mare in Italia.
Dai loro volti si legge amore e leggerezza, credo sia stata una bella giornata, un ricordo felice da conservare gelosamente, soprattutto considerando ciò che successe poco tempo dopo.
Gli chiesi una sola volta perché non ne avesse altre, l'unica risposta fu che gli faceva troppo male ricordare ciò che non ha più, mi limitai a stringerlo forte a me, cercando di alleviare il dolore che lessi nei suoi occhi, nonostante fossi conscia che era impossibile riuscirci.
Mi sono ripromessa di fargli una piccola sorpresa per il suo compleanno, che sarà fra due settimane, e fargli superare questo blocco che ha verso i ricordi.
Sono una parte fondamentale della nostra vita, anche quelli che ci feriscono, ma soprattutto quelli belli, il ricordo delle persone che ci hanno amate, è grazie a quei piccoli frammenti di momenti strappati al tempo che li portiamo sempre con noi, anche quando siamo lontani, anche se non ci sono più.
Mi sono svegliata diverse mattine con quella foto davanti gli occhi, e pochi giorni fa, per un attimo, ho avuto paura di vedere un fantasma.
Gli stessi lunghi capelli ramati, un colore brillante e particolare, il sorriso che coinvolge gli occhi, labbra piene e carnose, uno sguardo dolce ma che abbaglia, perché i suoi occhi sembrano due fari rossi, assurdo, non ho mai visto occhi così e, lei è identica alla madre, Grace è la copia vivente della madre.
Sono passati quattro giorni da quel pomeriggio, quando aprendo la porta dell'ufficio Andrea rimase senza parole e immobilizzato, mentre delle braccia magre si stringevano con fervore al suo collo di getto, poi si riprese e strinse a sé la sorella facendola volteggiare in aria, il suono delle loro risate riempì la stanza.
È stato bello vederlo felice, genuinamente emozionato, ho osservato in disparte per diversi minuti lui chiederle perché fosse lì, come fosse arrivata, quando, perché non gli avesse detto nulla del suo arrivo, ed è stato tenero vederlo stringerla di nuovo a sé di getto mentre lei spiegava semplicemente che voleva fargli una sorpresa.
Nei suoi occhi ho visto una luce che non ho mai visto in tutti questi mesi, certo, lo conosco da poco, ma hanno letteralmente brillato, e sono stata felice che avesse un pezzo della sua famiglia con sé, perché so bene cosa significa essere lontano dai propri affetti, anche se io ho Sofi, e lui ha Davide, non è la stessa cosa.
Le presentazioni sono state un tantino imbarazzanti, considerato che fosse palese cosa stessimo facendo nell'ufficio, soli, chiusi a chiave, dopo l'orario di chiusura, e lo ha capito anche lei dato il suo sguardo imbarazzato quando ha fatto notare che stava aspettando il fratello all'esterno dell'azienda ma non voleva saperne di uscire, quindi è salita a cercarlo.
Quelle poche ore successive passate insieme a cena sono state piacevoli, Grace è simpatica e alla mano, mi sono trattenuta poco per non essere invadente e per lasciare loro spazio, ma è da quella sera che vedo il mio ragazzo solo in ufficio e, considerato che ha molto lavoro, non ha quasi neanche il tempo di salutarmi se non con un fugace bacio all'arrivo e quando va via.
Ora sto aspettando lui e Grace, seduta in questo ristorante, in compagnia di Davide, che sembra molto nervoso visto che continua a fissare la porta d'ingresso e si sistema il maglioncino bianco per l'ennesima volta.
«Hai già visto Grace in questi giorni?»
Alza di scatto gli occhi incontrando i miei.
«Perché avrei dovuto?»
Non mi aspettavo una risposta del genere, sembra ad un tratto essersi messo sulla difensiva e non ne capisco il motivo.
«Bhe, siete cresciuti insieme tu e Andrea, quindi deduco che ci sia un ottimo rapporto anche con lei.»
Il suo sguardo per un attimo resta fisso in un punto indefinito della sala, sono quasi tentata di voltarmi per capire se stia guardando qualcosa o qualcuno, o semplicemente stia ponderando una risposta giusta da darmi, magari si è solo perso in qualche ricordo.
In quel momento la mia attenzione viene catturata dal mio fidanzato che fa il suo ingresso nel ristorante, avrei voglia di corrergli incontro e stringerlo a me per dirgli di scappare di qui e rintanarci da soli da qualche parte così che io possa strappargli di dosso quella giacca sportiva blu, ma non posso.
Andrea mi saluta con un bacio sulla guancia e mi stringe a sé per un attimo, io vorrei prolungare questo contatto ma faccio la brava e cerco di camuffare la mia delusione con un sorriso.
Grace mi saluta allegra e mi fa i complimenti per il outfit, nonostante abbia indossato semplicemente un maglione color argento lungo fino al ginocchio con dei stivali alti.
Il suo entusiasmo sembra spegnersi però nel momento in cui i suoi occhi incontrano quelli di Davide, si salutano freddamente con un abbraccio fugace, quasi come se fossero estranei, il ché ha davvero poco senso.
La serata procede tranquilla, mi trovo bene con Grace, mi sembra una ragazza solare e dolce, racconta aneddoti carini capitati in Italia facendomi venire a volte il magone per la nostalgia, lo ammetto.
Ad un certo punto della serata la mano birichina di Andrea cercava di intrufolarsi sotto il mio maglione, ma nonostante mi manchino certe attenzioni, ha dovuto accontentarsi solo delle ginocchia, non avrei potuto permettere ciò che poteva combinare quello sciagurato, malgrado il suo sguardo di rimprovero mentre lo bloccavo.
Adoro quando ha questi momenti, per quanto non abbia nessuna intenzione di confessarglielo, ma a tutto c'è un limite, soprattutto se al tavolo con noi c'è sua sorella e il suo amico.
«Vi rubo un attimo Chloe ragazzi.»
Quel mascalzone si alza e mi porge la mano, non sapendo cosa fare, accenno solo imbarazzata un sorriso e afferro la mano del mio ragazzo, lasciandomi trascinare verso una piccola sala da ballo adiacente.
Altre coppie già ballano, ma di certo lui non ha intenzione di fermarsi qui, mi porta oltre e girato l'angolo, davanti la porta che dà l'accesso alle toilette, afferra il mio viso e mi bacia.
Sprigiona una passione incontrollata, quasi ho la sensazione che mi giri la testa e, vorrei abbandonarmi alle sue mani calde che mi stringono il lato b con forza portandomi sempre più vicina al suo corpo.
Vorrei non essermi lasciata coinvolgere dal momento e non aver affondato le mani nei suoi capelli mentre mi portava la gamba destra intorno al suo bacino per far combaciare meglio le nostre intimità.
Maledetti vestiti.
Ed è impossibile non percepire la voglia che ha di me da questa vicinanza, ed è altrettanto difficile staccarsi e far prevalere la ragione per evitare che ci sbattino fuori di qui e magari denuncino.
« Non possiamo.»
Cerco di staccarmi da lui, dalle sue labbra che mi fanno impazzire, dal suo profumo che mi inebria i sensi, dal suo corpo che mi accende facendomi perdere tutti i freni inibitori.
« Mi manchi piccolo koala, voglio averti di nuovo avvinghiata a me, voglio essere di nuovo dentro di te.»
Queste parole sussurrate al mio orecchio con la sua voce roca e piena di lussuria, mi fanno quasi mancare il respiro, per un attimo mi balena in testa l'idea di proporgli di chiuderci nei bagni o correre a casa, ma mi schiarisco la voce e prendo un grosso respiro.
«Amore, non è possibile per quanto, credimi, lo vorrei tanto anche io.»
Aggiusto il maglioncino lungo il mio corpo e sistemo i capelli con le mani, faccio un passo per avviarmi verso il nostro tavolo ma la mano di Andrea mi blocca.
Mi volto e lo osservo con la fronte aggrottata non capendo cosa stia succedendo, soprattutto visto che sul suo volto aleggia un sorrisetto strano.
«Come mi hai chiamato?»
Solo dopo questa domanda mi rendo conto del nomignolo usato, per camuffare l'imbarazzo alzo gli occhi al cielo ma lui deve fare il solito sbruffone.
«Mi piace, d'ora in poi potrai chiamarmi sempre così, anzi, dovrai farlo.»
Quasi mi fa ridere la sua espressione compiaciuta, ma ad un tratto diventa serio, ha una strana espressione, intreccia le sue dita alle mie e le osserva.
«Mi hai cambiato la vita.»
È solo un sussurro, non so nemmeno se volesse dirlo a me o se lo stesse pensando a voce alta, poi il suo verde misto mi inchioda sul posto travolgendomi con emozioni che mi trascinano alla deriva.
Resto senza parole, perché non ci sono, solo con il battito del mio cuore impazzito, sorrido, scioccamente quasi con gli occhi lucidi, stringo la sua mano saldamente, intenzionata a non lasciarla più.
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