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Capitolo 47 - Andrea

Andrea

Dopo soli quindici minuti siamo già in auto, la prima cosa che fa Chloe è accendere la radio e iniziare a cantare, io sorrido e le prendo la mano, non posso farne a meno e questo gesto la fa sorridere.

Arrivati da lei, saliamo a casa sua, il suo stato d'animo è assoluto nervosismo relativo al ritardo che inevitabilmente avremo, e non riesco a tranquillizzarla in alcun modo perché per lei sarebbe la prima volta.
Corre nel suo appartamento, la vedo sfrecciare dalla stanza al bagno ed io, attirato dal brontolio del mio stomaco, inizio a rovistare in cucina alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti.

«In genere nei miei sogni il bel ragazzo è nudo in cucina, mentre mi prepara la colazione.»
La vocina di Sofi mi fa voltare, la trovo in piedi dietro di me che sbadiglia, con tutti gli occhi impiastricciati neri di trucco sbavato e rossetto sbiadito sulla guancia sinistra.

«Buongiorno Sofi.»
Si siede al tavolo guardandomi ed iniziando ad accennare un sorrisetto stile joker, fa quasi paura, stavolta davvero, anche se non credo sia il suo intento.

«Allora?»
Inizia a fare su e giù con le piccole sopracciglia.

« Mi vedrai spesso.»
Sentenzio sorridendo felice per la prima volta dopo tanto tempo, dandole conferma che la serata ha portato buoni frutti per il futuro fra me e la sua amica.

Sofi si alza e si avvicina a me, credevo per congratularsi, o abbracciarmi, mi aspettavo di tutto, che ne so, una pacca sulla spalla, perfino una carezza sulla testa come si fa con i cagnolini, invece, mi tira un pugno sul braccio e mi osserva severa.
«Presentami qualche tuo amico allora, ma che sia un bonazzo come te, o mi riprendo Chloe.»
Confuso, inizio a tastare il mio braccio e a fissarla incredulo mentre va via, all'improvviso la sento urlare che nella credenza troverò dei muffin prima di scomparire dietro la porta della sua stanza.

Anche lei è bipolare, povero me.

Chloe finalmente dopo venti minuti è pronta, con un muffin in bocca usciamo di lì mentre mi spinge fuori dalla porta farfugliando che è tardissimo.
«Ho avvisato John che saremo arrivati in ritardo, non ci sono problemi, tranquilla.»
Si blocca diventando rigida a causa di questa mia informazione, i suoi occhi si assottigliano e si sporge verso di me.
« Il capo sa di noi?»
Scrollo le spalle serenamente prima di rispondere.
« Praticamente sì.»
Mi becco un altro pugno sul braccio, nello stesso punto in cui mi ha colpito prima la sua amica, mi uscirà un livido di sicuro.

« Perché glielo hai detto? Ora che penserà di me visto che sono una stagista e tu un agente senior?»
Si lamenta facendosi film drammatici senza che ci sia bisogno.
Afferro le sue spalle attirando tutta la sua attenzione.
« Chloe, non c'è nulla da nascondere, voglio vivermi quello che sta nascendo fra noi a pieno e vedrai che non ci sarà alcun problema in ufficio, neanche per John.»

Evita il mio sguardo e sfugge al mio tocco avviandosi giù per le scale, continua a tenere gli occhi persi in un punto nel vuoto e la sua testolina è lontana anni luce per tutto il tragitto in macchina fino in azienda, e questo non mi piace per niente.

Parcheggio nel sotterraneo e scendo dall'auto, ma lei resta inchiodata lì dentro, come se fosse incollata a quel sedile, non capendo cosa stia succedendo risalgo sedendomi accanto.
La sua chioma scura si gira nella mia direzione e gli occhi si muovono spostandosi di continuo fra me e le sue mani, che tortura, ma prima di aprire bocca, perde il coraggio e il suo sguardo resta fisso a terra.
« Non diciamolo a nessuno stamattina, dammi il tempo di...»

Le sue parole non le capisco, ma prima di rovinare tutto e pensare male mandandola al diavolo, decido di calmarmi e chiedere spiegazioni, quindi la interrompo subito.
«Chloe, te ne sei pentita?»
La mia domanda è diretta e forse il tono un po' duro, ma devo sapere, perché la mia mente sta già esplorando ogni tipo di scenario contorto e pessimista dove lei fa marcia indietro.

Allarmata afferra con entrambe le mani il mio braccio, come se si aspettasse una mia fuga, ma io voglio solo mettere in chiaro le cose, sto cercando un dialogo stavolta, non ripetere gli errori del passato.
«No.»
I suoi occhi impauriti cercano i miei e la sua presa si fa sempre più salda per cercare di trattenermi, questa sua reazione mi tranquillizza molto.

«È solo che ... ieri sera ho visto Mark per chiudere questa frequentazione ma, poi sono corsa da te lasciandolo al ristorante senza una spiegazione e senza chiudere ufficialmente con lui.»
Sussurra l'ultima frase quasi sentendosi in colpa e di sicuro è così conoscendola, io, invece, mi irrito nel capire che è lui che cerca di tutelare con la sua richiesta.

D'altro canto, in questo momento sto gongolando, nella mia testa ho l'immagine di quell'idiota da solo ad un tavolo, in un lussuoso ristorante, che guarda correre via la mia ragazza, abbandonato, e godrò ancor di più nel vedere la sua faccia quando ci vedrà insieme.
Proprio lui che credeva di avere la vittoria in pugno, come se lei fosse un oggetto da rivendicare non appena si è reso conto che gli stava sfuggendo di mano il giocattolino.

«Non siete mai stati una coppia, comunque glielo dirò io, in fondo lo vedrò tutti i giorni, condividiamo lo stesso ufficio.»
Evito di precisare che potrebbe quindi capitare che mi sfuggano anche battutine quotidianamente.

Ma come se mi avesse letto nel pensiero, inizia a guardarmi truce.

«Che c'è?»
Cerco di fare inutilmente il finto tonto.

«Andrea, è corretto che glielo dica io, magari verrò più tardi nel vostro ufficio per proporgli un caffè.»
Mi si forma una smorfia spontanea, indipendentemente dal mio volere a queste sue parole, ma per il momento lascio perdere perché siamo in ritardo e non voglio litigare, godendomi anzi il bacio, seppur fugace, che mi regala, ma il caro Mark se ne accorgerà presto di doverle stare alla larga.

Saliamo al quinto piano, le porte dell'ascensore si aprono e avanziamo nella sala comune salutando qualche collega, mantenendo la solita distanza fra noi, quando invece io vorrei solo entrare qui dentro con la sua mano stretta alla mia.
Soprattutto quando vedo Mark sull'uscio della porta del nostro ufficio scrutare avidamente la figura di Chloe arrivare davanti a lui.
«Buongiorno Mark, vorrei scusarmi con te per come sono corsa via ieri sera, vorrei spiegarti alcune cose, magari più tardi prendiamo un caffè insieme.»
Il suo tono è abbastanza rammaricato, so che si sente in colpa e non vuole ferirlo, ciò che non ha capito è che non ferirà i sentimenti di nessuno qui, se non l'orgoglio di questo ragazzone, ma guarirà.

«Mi hai lasciato al ristorante come un idiota, per farti perdonare dovrai accettare un invito a casa mia per cena.»
Non posso vedere l'espressione di Chloe, visto che si trova davanti a me, ma bensì, vedo benissimo quella del mio caro collega e soprattutto quel luccichio negli occhi, sta già immaginando scenari proibiti che non vivrà mai.

« Non credo proprio.»
Avvolgo con possesso le spalle della ragazza che ho davanti con il mio braccio e la stringo a me fissando severo Mark, il suo sguardo è sorpreso.

La voglia di spaccargli la faccia è forte, ma mi trattengo.

Non potevo restareimpassibile e temo che non lo sarà nemmeno Chloe una volta rimasti soli, datal'espressione sul suo volto.

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